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Diffamazione e diritto di critica: limiti e giudicato

La Corte di Cassazione conferma la condanna al risarcimento per un giornalista che aveva accusato una collega di diffondere dati falsi per favorire una parte politica. La sentenza stabilisce chiari confini tra diffamazione e diritto di critica, sottolineando come l’attribuzione di una condotta deontologicamente scorretta e faziosa superi la critica legittima. Viene inoltre chiarito che, a seguito di annullamento di una sentenza penale per i soli effetti civili, il giudice civile gode di piena autonomia e non è vincolato da un eventuale giudicato penale parziale.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diffamazione e Diritto di Critica: la Cassazione traccia i confini

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 16905/2025, offre un’importante lezione sui delicati equilibri tra diffamazione e diritto di critica, specialmente nel contesto giornalistico. Il caso, che ha visto contrapposti due noti professionisti dell’informazione, ha permesso ai giudici di chiarire quando un’accusa di parzialità politica cessa di essere una critica legittima per diventare un illecito civile. L’analisi si è concentrata anche su complessi aspetti procedurali, definendo l’autonomia del giudizio civile per il risarcimento del danno rispetto a quello penale.

I Fatti: Dall’Accusa in TV alla Battaglia Legale

La vicenda ha origine da un servizio televisivo in cui una giornalista riportava alcuni dati sulle intercettazioni. Il giorno seguente, un altro giornalista pubblicava un articolo su un quotidiano nazionale, accusando la collega di aver diffuso ‘balle’ e ‘cifre a casaccio’ per ‘supportare le balle’ di un noto esponente politico, allora a capo del Governo.

Questo articolo ha dato il via a un lungo iter giudiziario. In primo grado, il giornalista autore dell’articolo veniva condannato per diffamazione. Successivamente, la Corte d’Appello penale lo assolveva, ritenendo le sue affermazioni un legittimo esercizio del diritto di critica. La questione giungeva in Cassazione penale, che annullava l’assoluzione limitatamente agli aspetti civili, affermando un principio chiave: criticare l’esattezza dei dati è lecito, ma accusare un collega di averlo fatto deliberatamente per favorire una parte politica è un’offesa alla reputazione professionale. La causa veniva quindi rinviata a una Corte d’Appello civile, che condannava il giornalista al risarcimento del danno. La sentenza in commento è la decisione finale della Cassazione Civile su questo ultimo provvedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso del giornalista, confermando in via definitiva la sua responsabilità civile e la condanna al risarcimento dei danni. I giudici hanno smontato la tesi difensiva principale, basata sulla presunta formazione di un ‘giudicato assolutorio parziale’ in sede penale che avrebbe dovuto impedire al giudice civile di riesaminare i fatti.

Le Motivazioni: Analisi sul Diritto di Critica e il Giudicato

Le motivazioni della sentenza sono dense di principi giuridici di grande rilevanza, che toccano sia il merito della questione (i limiti della critica) sia gli aspetti procedurali (i rapporti tra giudizio penale e civile).

Limiti del Diritto di Critica: Oltre la Verità del Fatto

La Corte ribadisce che il diffamazione e diritto di critica sono concetti distinti. Sebbene la critica possa essere aspra e polemica, non deve mai degenerare in un attacco personale fine a sé stesso. Nel caso di specie, il punto di rottura non è stata la contestazione dei dati presentati dalla giornalista, ma l’attribuzione di un’intenzione fraudolenta: quella di aver consapevolmente disinformato il pubblico per un tornaconto politico.

Questa accusa, secondo la Corte, colpisce direttamente il nucleo della deontologia professionale di un giornalista, minandone la credibilità e l’indipendenza. Un’affermazione così grave, se non supportata da prove concrete, esula dalla critica e integra pienamente la diffamazione, poiché lede l’onore e la reputazione della persona.

Autonomia del Giudizio Civile e Inapplicabilità del Giudicato Penale

Un altro pilastro della decisione riguarda la procedura. Il ricorrente sosteneva che l’assoluzione in appello penale, anche se poi annullata, avesse creato un ‘giudicato parziale’ su alcune frasi, impedendo al giudice civile di riconsiderarle. La Cassazione ha respinto con forza questa tesi.

I giudici hanno spiegato che, quando la Cassazione penale annulla una sentenza ai soli fini civili ai sensi dell’art. 622 del codice di procedura penale, il giudizio che ne consegue davanti al giudice civile è pienamente autonomo. Non è una mera prosecuzione del processo penale, ma una translatio iudicii che apre una fase del tutto nuova, governata dalle regole civilistiche. In questo contesto, il giudice civile ha il potere e il dovere di riesaminare tutti i fatti per accertare la sussistenza di un illecito e del relativo danno, senza essere vincolato dagli esiti del giudizio penale. Pertanto, l’invocato giudicato penale non poteva avere alcun effetto preclusivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza stabilisce due principi di fondamentale importanza pratica:

1. Nel dibattito pubblico e giornalistico, la critica deve rimanere ancorata ai fatti e alle opinioni, senza trasmodare in accuse sul piano personale e deontologico, a meno che non si disponga di prove solide per sostenerle. Attribuire a un collega un’intenzione manipolatoria per fini politici è un’accusa grave che, se infondata, comporta il rischio di una condanna per diffamazione.
2. Dal punto di vista processuale, viene rafforzata l’autonomia del giudizio civile di rinvio per il risarcimento del danno. La vittima di un reato, anche a fronte di un’assoluzione penale poi annullata per i soli effetti civili, ha pieno diritto a una nuova e autonoma valutazione dei fatti in sede civile, dove le regole probatorie sono diverse (basta la regola del ‘più probabile che non’) e l’obiettivo è il ristoro del danno subito.

Accusare un giornalista di parzialità politica è diffamazione?
Sì. Secondo la Corte, attribuire a un giornalista la volontà deliberata di diffondere informazioni inesatte per avvantaggiare una fazione politica è un’accusa intrinsecamente offensiva che lede la reputazione professionale e supera i limiti del diritto di critica, specialmente se non è supportata da prove.

Un’assoluzione in sede penale impedisce al giudice civile di riesaminare gli stessi fatti per il risarcimento?
No. La sentenza chiarisce che, nel caso specifico di annullamento di una sentenza penale con rinvio al giudice civile (ex art. 622 c.p.p.), il giudizio civile acquista piena autonomia. Il giudice civile non è vincolato dalle conclusioni del processo penale e deve riesaminare autonomamente i fatti per decidere sulla domanda di risarcimento del danno.

Qual è la differenza tra critica e diffamazione nel giornalismo secondo questa sentenza?
La critica è legittima quando si esprime un’opinione su fatti di interesse pubblico, anche con toni aspri, ma rispettando la verità sostanziale e la continenza espressiva. Diventa diffamazione quando si trasforma in un attacco personale, attribuendo al destinatario condotte deontologicamente scorrette (come la disinformazione intenzionale e faziosa) senza alcuna prova, con l’unico scopo di lederne la reputazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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