Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13126 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10353/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliazione telematica , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, MAURO EZIO, CAPODACQUA EUGENIO, domiciliazione telematica
,
dell’avvocato
RIPA
COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 130/2022 depositata il 27/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 130 del 2022 della Corte di appello di Venezia, esponendo, per quanto qui ancora di utilità, che:
-aveva convenuto il giornalista NOME COGNOME, unitamente al RAGIONE_SOCIALE e a NOME COGNOME, quali editore e direttore responsabile della testata RAGIONE_SOCIALE, per ottenerne la condanna al risarcimento del danno indicato come subìto a causa della pubblicazione di quattro articoli, tra l’agosto del 2008 e l’aprile del 2009, relativi a fatti di ‘ doping ‘ riguardanti il mondo sportivo del ciclismo, in cui si attribuivano falsamente al deducente fatti quali, in particolare, la radiazione dal RAGIONE_SOCIALE e l’essere stato destinatario di una connessa condanna penale definitiva;
-i convenuti si erano costituiti in giudizio evidenziando come il contenuto e la diffusone degli articoli, e dei video, costituissero espressione dei diritti di cronaca e di critica oltre che d ‘ inchiesta giornalistica relativa a un tema d ‘innegabile interesse pubblico;
-il Tribunale aveva rigettato le domande affermando che «le espressioni utilizzate dal giornalista hanno un tono del tutto adeguato alla critica svolta e non trascendono in alcun attacco personale nei confronti dell’attore, fornendo dell’intera vicenda una interpretazione originale e soggettiva. L’oggetto della critica, in definitiva, rimane genericamente e nel suo complesso il fenomeno del doping o riguardando soggetti diversi dal COGNOME. COGNOME.
Invero la continenza formale non può equivalere a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio ed anodino, in quanto in essa rientra il libero ricorso a parole sferzanti e pungenti, specie quando abbia ad oggetto un tema di grave interesse pubblico. … Risulta, inoltre, integrato il requisito della pertinenza dovendosi considerare di utilità sociale e di indubbio interesse pubblico la critica svolta con riferimento a fenomeni, come il doping, che intaccano la serietà e la credibilità degli sport, nonché la salute, soprattutto degli atleti, soprattutto quando tali episodi coinvolgono anche esponenti dell’arte medica, come nel caso di specie»;
-il deducente aveva impugnato la sentenza lamentando il mancato accertamento ovvero la mancata considerazione della falsità delle notizie date, tale da superare il limite per il lecito esercizio del diritto di cronaca e integrare la fattispecie della diffamazione: in particolare, sarebbero state inveritiere le notizie della radiazione dal RAGIONE_SOCIALE, essendosi invece lo stesso dimesso, e l’attribuzione di una condanna penale definitiva in appello, avendo invece proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’ appello penale in questione;
-la Corte di appello aveva riformato parzialmente la decisione di prime cure, ritenendo la natura diffamatoria degli articoli a firma di COGNOME pubblicati in data 23, 29 e 30 aprile 2009 su La RAGIONE_SOCIALE, osservando che «il COGNOME. COGNOME non era stato ‘ radiato ‘ dal RAGIONE_SOCIALE in quanto il deferimento agli organi di giustizia sportiva si era concluso con l’archiviazione, senza esame del merito, e ciò in quanto l’appellante, dopo l’inizio della procedura di deferimento, aveva revocato la propria adesione di tesserato al RAGIONE_SOCIALE e, non essendo più tesserato, non poteva
più essere ‘ radiato ‘ . Inoltre, il COGNOME. COGNOME, alla data del 30.4.2009, non era stato ancora «definitivamente» condannato per le conCOGNOMEe di ‘doping’ poste in essere in occasione del giro d’Italia del 2001, atteso che proprio in data 30 aprile 2009 la sentenza d’appello era stata impugnata con ricorso per Cassazione»;
-la Corte territoriale aveva affermato quindi la responsabilità in via solidale, dell’ editore e del direttore responsabile per omesso controllo, ordinando «ai sensi dell’art. 9 l. n. 47 del 1948 la pubblicazione per estratto … della … sentenza, a cura e spese degli appellati, sul quotidiano La RAGIONE_SOCIALE e sul sito internet repubblica.it»;
-con ordinanza n. 7757 dell’8 aprile 2020 questa Corte aveva cassato la decisione di secondo grado osservando come fossero da considerarsi marginali le inesattezze che non mutano in peggio l’offensività della narrazione, e, per contro, come potessero essere rilevanti le imprecisioni volte a stravolgere il fatto vero in maniera tale da renderne offensiva la sua attribuzione a taluno, sicché, discutendosi della rilevanza giuridica delle accertate inesattezze, ossia della loro idoneità a diffamare, «dalla motivazione della sentenza impugnata traspare che la Corte ha omesso di effettuare una concreta verifica, limitandosi a considerare come inesatte di per sé queste due affermazioni (la radiazione e la definitività della sentenza), e a ritenere insita nella inesattezza stessa la offensività del narrato, tanto è vero che ne ricava altresì la non continenza dei toni»; la pronuncia aveva dunque concluso osservando: «è la regola di giudizio che è errata, in quanto assume che l’inesattezza di per sé comporta diffamazione, mentre l’inesattezza ha quell’effetto solo se
trasforma il fatto da ‘ vero ‘ a ‘ falso ‘ ma in modo che quest’ultimo sia diffamatorio »;
-la Corte di appello in sede di rinvio aveva rigettato le domande sottolineando che «il COGNOME. COGNOME – quale medico di atleti nel mondo del ciclismo – già prima della pubblicazione dei brani di cui è giudizio era stato condannato dalla Corte di Appello di Venezia ad un anno e quattro mesi di reclusione per avere ceduto e/o somministrato sostanze vietate insieme al ciclista NOME COGNOME; dopo avere già subito una condanna confermata in grado di appello per fatti di doping, era stato coinvolto ed indagato dalla Procura della RAGIONE_SOCIALE presso il Tribunale di Padova nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘ Via col doping ‘ per aver praticato l’ozonoterapia, pratica non consentita in strutture private e molto rischiosa, ad una atleta appena quindicenne, sotto gli occhi del padre; circostanza questa che, denotando la reiterazione di censurabili comportamenti contrari alla professione medica, aveva inCOGNOMEo l’Autorità Giudiziaria ad applicare al COGNOME. COGNOME la misura cautelare dell’obbligo di dimora . Inoltre, il 18 febbraio 2011 la Corte di cassazione ha confermato la condanna disposta a carico del COGNOMENOME NOME COGNOME dalla Corte di appello di Venezia (sentenza n. 282/2009 … ) … per il reato di prescrizione e somministrazione di sostanze dopanti di cui all’art. 9 della legge n. 376/2000. Condanna che era stata già disposta in primo grado dal Tribunale penale di Padova -sezione distaccata di Este con la sentenza n. 114/2005 -per effetto della quale il COGNOMENOME COGNOME è stato sottoposto a procedimento disciplinare e a sospensione dall’esercizio professionale da parte dell’RAGIONE_SOCIALE. Alla luce dei fatti sopra riportati e in
applicazione della regola di giudizio indicata dalla Suprema Corte, la decidente Corte di appello di Venezia non può che concludere nel senso della assoluta irrilevanza ai fini della lesione della reputazione del COGNOME. NOME, delle inesattezze ravvisate negli articoli, inesattezze e/o imprecisioni marginali rispetto al nucleo essenziale della notizia e, soprattutto, inidonee ad alterare la struttura del fatto narrato, il quale sarebbe stato, comunque, astrattamente produttivo di danno anche se diffuso con rigorosa esattezza»;
resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
le parti hanno depositato memorie;
rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, cod. civ., 21, Cost., 51, 595, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato e violato la regola dettata in sede di legittimità per il giudizio di rinvio:
rapportando il fatto falso, rappresentato dall’inesattezza riportata nell’articolo, non a quello vero per vagliare il mutamento dell’offensività in tesi diffamatoria della narrazione, bensì alla reputazione del medico;
non considerando che le falsità riportate erano gli unici riferimenti al deducente contenuti nei brani in discussione riferiti;
sovrapponendo il vaglio dell’incidenza reputazionale, afferente al danno conseguenza, a quello dell’offensività della narrazione, inerente al danno evento, nel caso consistente nel peggioramento in tesi apportato dalla ‘inesattezza’ non secondaria, limitandosi a sostenere che le notizie, seppur riferite in modo veritiero, sarebbero state in ogni caso produttive di danno;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, cod. civ., 21, 27, 117, Cost., 6 C.E.D.U., 51, 595, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato e violato il vincolo proprio del giudizio di rinvio, dando valore, al fine di valutare la portata diffamatoria delle false affermazioni di cronaca anche giudiziaria, a una condanna penale non definitiva, con correlata lesione della presunzione di non colpevolezza;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, cod. civ., 21, Cost., 51, 595, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato e violato il vincolo proprio del giudizio di rinvio, dando valore, ai fini in discussione, a fatti pacificamente e documentalmente successivi alla pubblicazione degli articoli di stampa, e in particolare all’indagine penale denominata gergalmente ‘Via col doping’, con connesso obbligo cautelare di dimora risalente al 26 ottobre 2009 , poi peraltro annullato in sede di riesame il 20 novembre successivo, e alla «conferma», in sede di giudizio di legittimità, risalente al 18 febbraio 2011, della condanna penale statuita a carico del deducente dalla Corte di appello di Venezia;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, cod. civ., 21, Cost., 51, 595, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di esaminare e statuire riguardo al superamento del limite della continenza, vagliando anche gli ‘occhielli’ tra cui, in particolare, quello che aveva fatto inequivoco riferimento al deducente essendo formulato ‘Un medico radiato per amico’;
considerato che
il primo, terzo, e quarto motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati nei termini che seguono;
come visto, è stato accertato dai giudici di merito che le pubblicazioni in questione contenevano due notizie inesatte, con attribuzione di circostanze false:
NOME non era stato «radiato» dal RAGIONE_SOCIALE in quanto il deferimento agli organi di giustizia sportiva si era concluso con l’archiviazione, senza esame del merito, e ciò perché, dopo l’inizio della procedura di deferimento, lo stesso aveva revocato la propria adesione di tesserato al RAGIONE_SOCIALE stesso e, pertanto, non poteva più essere radiato;
NOME, alla data del 30.4.2009, non era stato ancora «definitivamente» condannato per le conCOGNOMEe afferenti a ‘ doping ‘, poste in essere in occasione del giro d’Italia del 2001, atteso che proprio il 30 aprile 2009 la sentenza d’appello era stata impugnata con ricorso per Cassazione , disatteso solo successivamente, nel febbraio 2011;
questa Corte, come parimenti visto, con ordinanza cassatoria dell’8 aprile 2020, n. 7757, ha dettato (a pag. 6) al giudice del rinvio «la regola di giudizio … nel senso che sono da considerarsi marginali quelle inesattezze che non mutano in peggio l’offensività della narrazione , e che, per contro, sono rilevanti le imprecisioni che stravolgono il fatto “vero” in maniera tale da renderne offensiva la sua attribuzione a taluno. Ove, cioè, si ritenga che il fatto “vero” non è offensivo ed è dunque da tale da rientrare, per la sua “verità”, nel diritto di cronaca, le inesattezze che lo riguardano, per avere rilevanza giuridica, devono essere tali da trasformare quel fatto da inoffensivo a diffamatorio. La valutazione di tale rilevanza non costituisce accertamento in fatto, ma giudizio di valore, e dunque giudizio circa la rilevanza giuridica della inesattezza . Inoltre… ai fini di un tale giudizio la rilevanza delle inesattezze va colta non valutandole di per sé, ma per il peso che esse hanno sull’intero fatto narrato, al fine di stabilire se siano idonee a rendere il fatto “falso”, e, oltre che tale, diffamatorio»;
la Corte territoriale, sul punto, ha valutato irrilevanti le due inesatte circostanze attribuite all’odierno ricorrente per le ragioni sopra riportate, e in specie, al di là delle affermazioni generali o assiomatiche, ha (pagg. 22-24 della sentenza in questa sede impugnata):
valorizzato due condanne penali da parte di giudici di merito e un rigetto di correlato ricorso per cassazione, però successivo alle pubblicazioni perché pronunciato nel 2011;
ii) valorizzato una indagine penale pacificamente successiva alle pubblicazioni, come allegato e documentato in ricorso (pagg. 23-24, doc. 15), con annessa misura cautelare emessa sempre dopo le pubblicazioni (pag. 24 del ricorso, doc. 17), il tutto oggetto di allegazioni assertive e risultanze documentali svolte e acquisite nelle fasi di merito;
così facendo ha poggiato la decisione su fatti diversi dalla pubblicazione, e potenzialmente rilevanti per apprezzare il danno conseguenza, perché rapportando la falsità delle circostanze evidenziate alla reputazione dell’odierno ricorrente e non al narrato proprio degli articoli , come avrebbe dovuto fare per vagliare, secondo il mandato cassatorio, la sussistenza o meno dell’incremento di offensività, nel contesto degli stessi , delle due circostanze inveritiere, ovvero la radiazione rispetto alle dimissioni, e la condanna definitiva rispetto a quella che tale non è (cfr. anche Cass., 26/06/2020, n. 12903, secondo cui la verità dei fatti oggetto della notizia non è scalfita da inesattezze secondarie o marginali che, non mutando in peggio l’offensività della narrazione , non alterano, nel contesto dell’articolo , la portata informativa dello stesso rispetto al soggetto al quale sono riferibili);
inoltre, ha operato una valutazione viziata perché poggiata su fatti, come detto, temporalmente successivi agli articoli della
testata giornalistica (cfr., sul punto, Cass., 16/05/2017, n. 12013, citata dalla difesa ricorrente), pure in tal caso eludendo una portata implicita del vincolo proprio del giudice del rinvio;
infine, nulla è stato detto dalla decisione di rinvio, al fine di apprezzare l’eventuale mutamento peggiorativo comportato dalle circostanze non vere innestate su vicende accadute, dato dalla continenza, o meno, delle espressioni usate (si pensi, in particolare, al necessario vaglio dell’occhiello così formulato ‘Un medico radiato per amico’, tanto più perché evocativo di una delle due false circostanze);
rimane logicamente assorbito il secondo motivo; spese al giudice del rinvio;
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo, terzo e quarto motivo, assorbito il secondo, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23/02/2024.