Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34635 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34635 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31378/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale come in atti
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di BARI n. 849/2021 depositata il 6/05/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 7/06/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il quotidiano La Repubblica sul numero del 30/03/2012 pubblicò, sulle pagine locali dell’edizione di Bari, un articolo , a firma della giornalista NOME COGNOME, sull’attività ispettiva svolta dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (in seguito: N.O.E.) di Bari sul sito, nei pressi della città di Monopoli, in cui era ubicata l’attività di produzione di antifurto della RAGIONE_SOCIALE Società a responsabilità limitata con socio unico, (in seguito RAGIONE_SOCIALE) oltre che di altre aziende, tra le quali un’autocarrozzeria .
La RAGIONE_SOCIALE si ritenne lesa nella reputazione e convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari, la giornalista autrice dell’articolo, NOME COGNOME l’editore del quotidiano , il caporedattore NOME COGNOME e il direttore responsabile NOME COGNOME al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, oltre che alla reputazione anche da illecito uso di dati personali.
La domanda venne rigettata dal Tribunale.
La RAGIONE_SOCIALE appello e la Corte territoriale, con sentenza n. 849 del 6/05/2021, ha accolto l’impugnazione e ha condannato la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido al risarcimento dei danni, liquidati in euro ventiduemila cinquecento (€ 22.500,00).
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME ed NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione articolato su cinque motivi.
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE a socio unico.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 7/06/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono i seguenti cinque motivi di impugnazione:
primo motivo: ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 21 Costituzione, 2043 cod. civ., 51 e 595 cod. pen. e 11 della Legge 8 febbraio 1948 n. 47, cd. legge stampa, in relazione ai principi elaborati della giurisprudenza in tema di legittimo esercizio del diritto di cronaca, specificamente in ordine alla verifica della sussistenza del parametro della «verità» dei fatti.
secondo motivo : ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 21 Costituzione, 2043 cod. civ., 51 e 595 cod. pen. e 11 della Legge 8 febbraio 1948 n. 47, cd. legge stampa, in relazione ai principi elaborati della giurisprudenza in tema di legittimo esercizio del diritto di cronaca, specificamente in ordine alla verifica della sussistenza del parametro della «continenza» espositiva;
terzo motivo: ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 1223, 2043 e 2059 cod. civ. laddove la Corte di Appello ha ritenuto provata la sussistenza del danno non patrimoniale in via presuntiva in carenza di ogni allegazione avversaria, senza avere la Corte svolto una preventiva valutazione circa la sussistenza di un nesso di causalità effettivamente immediato e diretto tra il danno non patrimoniale lamentato e l’articolo contestato ;
quarto motivo: ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 2697, 2059, 2056, 1226 cod. civ. e dei principi giurisprudenziali che regolano il ricorso alla valutazione
equitativa nella liquidazione del danno non patrimoniale da diffamazione a mezzo stampa;
quinto motivo: ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 120 cod. proc. civ., laddove la Corte di appello ha condannato i convenuti alla pubblicazione della sentenza.
I primi due motivi di ricorso, incentrati sulla verità dei fatti esposti nell’articolo e sulla continenza dell’esposizione, possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.
I detti motivi sono infondati.
La sentenza della Corte distrettuale è analiticamente motivata e analizza l’articolo pubblicato il 30/3/2012 su le pagine locali de La Repubblica di Bari in relazione al contenuto del verbale dei Carabinieri del N.O.E. del 9/2/2012 e rileva le discrasie peggiorative, già dall’intitolazione e dalle foto, posto che dal verbale degli operanti si rileva agevolmente che alla RAGIONE_SOCIALE nulla di specifico era stato contestato e neppure erano stati apposti i sigilli alla sua sede e comunque al suo sito di produzione e alla sua sede, riguardando le contestazioni, l’apposizione dei sigilli e il provvedimento di sequestro penale i luoghi specifici (piazzale e tettoia) dove era svolta l’attività di autocarrozzeria dalla RAGIONE_SOCIALE e da persona collegata al socio unico della RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME) ma senza che questa specifica delimitazione dell’ambito fisico di incidenza dei provvedimenti restrittivi dell’attività di autocarrozzeria fosse fatta trasparire dal tenore dell’articolo, che, anzi, appare volto consapevolmente e complessivamente ad attirare la RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di generale disvalore per l’attività svolta nell’area oggetto di accertamento da parte dei Carabinieri e dell’autorità giudiziaria penale.
Ciò è di per sé sufficiente a ritenere violato il requisito della verità dei fatti, posto che dal tenore complessivo dell’articolo traspare un riferimento alla RAGIONE_SOCIALE di fatti non ad essa ascrivibili o comunque imputati dalle autorità procedenti. Sul punto giova ribadire che (Cass. n. 11769 del 12/04/2022 Rv. 664805 01) la provenienza delle notizie sui fatti da atti giudiziari non esime il giornalista dal rispetto, nel riferire i fatti stessi, della verità degli stessi, pur non essendo necessaria né la verifica della fondatezza del fatto riportato nell’articolo , né l’indicazione specifica della fonte, purché dal contesto dell’articolo risulti con chiarezza la natura giudiziaria della fonte stessa.
Peraltro, l’articolo del quotidiano La Repubblica del 30/03/2012 è connotato da espressioni, riportate in sentenza, e riferite al sito ove insisteva anche la sede della Block Shaft, quali « mare e ulivi inquinati da solventi chimici … inferno di olii esausti », « rifiuti pericolosi » che non risultano specificamente riferibili alla sola attività dell’autocarrozzeria, alla quale erano stati apposti i sigilli da parte degli agenti operanti, cosicché il tenore complessivo dello scritto giornalistico era suscettibile di ingenerare nel lettore, anche cd. medio, l ‘impressione che la situazione di inquinamento ambientale, connotata anche dallo sversamento in mare delle acque reflue residuanti dalle lavorazioni effettuate nel sito, fosse ascrivibile anche alla produzione di antifurto ivi svolta dalla RAGIONE_SOCIALE
Detta impressione era, altresì, suscettibile di essere rafforzata dall’essere l’articolo corredato di fotografia raffigurante la sede della detta società e dallo stesso titolo dello scritto giornalistico, nel quale era riportata l’espressione «… Sigilli alla Block Shaft », cosicché il requisito della continenza, avente funzione normalmente scriminante, risulta chiaramente violato.
Questa Corte ha, invero, affermato, recentissimamente, che (Cass. n. 15755 del 5/06/2024 Rv. 671260 – 01) pur nel c.d.
giornalismo d’inchiesta -in cui i fatti, esposti nel rispetto del criterio della verità, possono essere analizzati, interpretati e posti in correlazione tra loro, col contributo di originalità proprio dell’approfondimento giornalistico -il giornalista è scriminato allorché rimanga chiaro, all’interno dell’articolo, quali sono i fatti obiettivi e quale la loro lettura e valutazione, cosicché non sia alterata la percezione del lettore.
I motivi terzo e quarto, incentrati sull’allegazione e prova e sulla liquidazione del danno possono, pure, essere congiuntamente esaminati, n quanto strettamente connessi.
La Corte territoriale ha adempiuto l’obbligo motivazionale richiamando i principi in tema di allegazione e prova del danno, affermando, con valutazione di merito, che la RAGIONE_SOCIALE aveva adeguatamente allegato i danni, suddividendoli, peraltro in un’ampia gamma, e ha proceduto, richiamando i parametri di cui alla Tabelle milanesi, alla commisurazione dei danni, escludendo voci ritenute non provate o comunque ritenute non sussistenti.
La sussistenza del danno alla reputazione commerciale è stata ritenuta sulla base delle allegazioni costituite da articoli di giornale e pubblicazioni correlate e della notorietà nel mercato dell’antifurto commercializzato dalla società, noto appunto come antifurto RAGIONE_SOCIALE.
Giova, peraltro, ribadire che, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata alla pag. 13 della motivazione, la prova delle conseguenze della diffamazione può essere fornita anche mediante presunzioni (Cass. n. 24474 del 18/11/2014 Rv. 633450 -01), assumendo, come idonei parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale (Cass. n. 13153 del 25/05/2017).
In ordine alla commisurazione dei danni, la Corte ha correttamente effettuato la liquidazione equitativa (così, da ultimo,
Cass. n. 8248 del 27/03/2024 Rv. 670567 – 01), agganciandola, invero, a una serie di elementi, quali la notorietà a livello nazionale, e non meramente locale, del marchio dell’antifurto prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE e la diffusività della notizia, adeguatamente prospettati dalla società e non adeguatamente contestati dalla difesa dei convenuti (Cass. n. 18217 del 26/06/2023 Rv. 668473 01).
La liquidazione operata dalla Corte territoriale, inoltre, ha specificamente tenuto conto della circostanza che l’articolo , pur se era inserito nelle pagine locali, era stato pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale, il che aveva aumentato la diffusività a un numero indeterminato di fruitori.
La liquidazione del danno, pari ventiduemila cinquecento euro, peraltro, si è attestata, nella sentenza impugnata, nel livello basso della forbice di cui alle Tabelle del Tribunale di Milano per il caso di diffamazione a mezzo stampa e con altri mezzi di comunicazione di massa, atteso che la forbice parte da un ammontare risarcitorio di ventunomila euro per arrivare a quello di trentamila.
Con riferimento al quinto, e ultimo, motivo di ricorso, incentrato sull’ordine di pubblicazione della sentenza, richiesta dalla RAGIONE_SOCIALE deve ritenersene l’infondatezza, poiché non risulta smentita l’affermazione, di cui al controricorso, dell’essere l’articolo ancora presente sui siti internet, cosicché l ‘ordine di pubblicazione della sentenza, di cui all’art. 120 cod. proc. civ. , il cui ambito risulta essere stato ampliato dall’art. 45, comma 15, della legge n. 69 del 18/06/2009, che ha introdotto la possibilità di procedervi anche su testate radiofoniche o televisive o su siti internet, è ancora misura idonea al risarcimento del danno in forma specifica, tenuto conto della circostanza che la RAGIONE_SOCIALE è tuttora attiva sul mercato nazionale degli antifurto.
In conclusione, tutti i motivi di ricorso sono inammissibili o infondati.
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza solidale dei ricorrenti e sono liquidate, in favore della controricorrente , come da dispositivo, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia.
La decisione di rigetto del l’impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di