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Diffamazione a mezzo stampa: critica e verità dei fatti

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di diffamazione a mezzo stampa, confermando la condanna di due giornalisti per le affermazioni contenute in un loro libro. La vicenda riguardava presunti legami tra un ex sindaco e un imprenditore locale. La Corte ha stabilito che, sia nell’esercizio del diritto di cronaca che in quello di critica, il presupposto fondamentale è la veridicità dei fatti. Poiché i giornalisti non hanno provato la verità delle loro insinuazioni, la Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la libertà di stampa non può basarsi sull’alterazione della realtà fattuale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diffamazione a mezzo stampa: la Cassazione traccia il confine tra critica e alterazione dei fatti

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: il limite tra il legittimo esercizio del diritto di critica giornalistica e la diffamazione a mezzo stampa. La Suprema Corte, con una decisione netta, ribadisce un principio cardine: la libertà di espressione, anche nella sua forma più critica, non può mai prescindere da una base fattuale veritiera. L’alterazione dei fatti, anche se finalizzata a sostenere una tesi, fa venir meno la scriminante del diritto di critica e configura un illecito civile.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla pubblicazione di un libro d’inchiesta da parte di due giornalisti. Nel volume, si narravano le vicende legate a un progetto edilizio in un comune lombardo, che prevedeva la costruzione di un cinema multisala in un’area destinata a parco pubblico. Gli autori del libro collegavano questo progetto a un noto imprenditore, a loro dire contiguo ad ambienti della criminalità organizzata.

Il libro insinuava un rapporto amichevole e di favore tra l’imprenditore e l’allora sindaco del comune, il quale aveva deciso di non impugnare una sentenza del TAR favorevole al progetto. Per avvalorare questa tesi, gli autori menzionavano presunte fotografie che ritraevano il sindaco e l’imprenditore ‘abbracciati come due fidanzatini’.

L’ex sindaco, sentitosi diffamato, avviava un lungo e complesso iter giudiziario che, dopo varie fasi tra procedimenti penali e civili e diversi rinvii, giungeva nuovamente al vaglio della Corte di Cassazione per la decisione finale sul risarcimento del danno.

La Decisione della Corte d’Appello e la diffamazione a mezzo stampa

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello aveva confermato la condanna dei giornalisti al risarcimento del danno, quantificato in 20.000 euro. Secondo i giudici di merito, il contenuto del libro era oggettivamente diffamatorio perché rappresentava il sindaco come un soggetto incline a favorire un imprenditore discusso per via di rapporti amicali. La Corte territoriale aveva concluso che, per escludere la diffamazione a mezzo stampa, è necessario rispettare il criterio della veridicità della notizia. Nel caso di specie, non solo non era provata l’esistenza di rapporti confidenziali, ma le presunte ‘varie fotografie’ si riducevano a un unico scatto in cui i due soggetti apparivano insieme a un’inaugurazione, ma non abbracciati, smentendo di fatto la narrazione del libro.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato i motivi di ricorso presentati dai giornalisti, confermando la decisione d’appello. Il punto centrale della motivazione, la vera ratio decidendi, è che il presupposto della veridicità dei fatti è imprescindibile sia per l’esercizio del diritto di cronaca sia per quello di critica.

I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene il diritto di critica permetta una lettura personale e valutativa dei fatti, non consente in alcun modo la loro alterazione. La critica deve fondarsi su eventi storici realmente accaduti e riportati correttamente. Inventare o ‘colorire’ i fatti per rendere una tesi più suggestiva non è permesso e fa venir meno la protezione legale (la cosiddetta ‘scriminante’).

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che i giornalisti avessero travalicato questo limite. L’affermazione su presunte foto di abbracci confidenziali, rivelatasi falsa, non era un dettaglio minore, ma un elemento centrale usato per costruire l’immagine di un politico colluso. Mancando questo presupposto di verità, l’intera costruzione narrativa perdeva la sua giustificazione e diventava un attacco diffamatorio.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi del danno in re ipsa, chiarendo che, sebbene nella diffamazione il danno non patrimoniale non richieda prove materiali come la perdita di guadagni, la sua esistenza deve essere comunque allegata e provata, anche tramite presunzioni. La quantificazione del danno, basata su parametri come la diffusione dello scritto e la posizione sociale della vittima, è stata ritenuta corretta.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito per il mondo del giornalismo e dell’informazione. La libertà di stampa e di critica è un pilastro della democrazia, ma non è un diritto senza limiti. La sentenza riafferma con forza che:

1. La verità dei fatti è il fondamento: Qualsiasi esercizio del diritto di cronaca o di critica deve partire da una base fattuale solida e veritiera. Non è lecito alterare la realtà per sostenere una propria narrazione.
2. La critica non può essere pretesto per la diffamazione: Mentre la critica consente interpretazioni soggettive, non può trasformarsi in un’aggressione alla reputazione altrui basata su fatti non veri o distorti.
3. Il danno da diffamazione va provato: Il pregiudizio all’onore e alla reputazione non è automatico, ma deve essere dimostrato dalla parte lesa, che può avvalersi di elementi presuntivi per convincere il giudice dell’esistenza e dell’entità del danno subito.

Il diritto di critica giornalistica può prescindere dalla verità dei fatti narrati?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il presupposto della veridicità dei fatti è fondamentale e imprescindibile sia per l’esercizio del diritto di cronaca sia per quello di critica. L’alterazione dei fatti storici, anche se finalizzata a sostenere una tesi, non è consentita e fa venir meno la scriminante.

Cosa succede se una sentenza d’appello che assolve viene annullata dalla Cassazione con rinvio?
L’ordinanza chiarisce che l’annullamento della sentenza assolutoria di appello non comporta la ‘riviviscenza’ della sentenza di condanna di primo grado. La causa deve essere nuovamente giudicata dal giudice del rinvio, che dovrà riesaminare il merito della questione.

Nella diffamazione a mezzo stampa, il danno deve essere provato o è automatico (in re ipsa)?
Il danno non è ‘in re ipsa’, cioè automatico. La parte che si ritiene danneggiata deve fornire la prova della sua esistenza e della sua entità. Tuttavia, questa prova può essere data anche attraverso presunzioni, basate su elementi come la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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