Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16814 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16814 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23676/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei liquidatori, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, titolare dell’RAGIONE_SOCIALE NOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE); pec: EMAIL;
-controricorrente-
e sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME NOME, titolare dell’RAGIONE_SOCIALE NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE); pec: EMAIL;
-ricorrente incidentale-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 778/2022, depositata il 08/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME adiva, dinanzi al Tribunale di Sondrio, la RAGIONE_SOCIALE, lamentando l’omessa flaggatura della richiesta di accesso alla riserva nazionale PAC 2015- 2020, che gli aveva causato danni pari alla differenza tra i contributi percepiti e quelli che avrebbe ottenuto qualora le domande fossero state inoltrate anche per la riserva nazionale, quantificati dal CTP in euro 238.785,48.
Con sentenza n. 492/2019, il Tribunale di Sondrio accertava e dichiarava l’inadempimento da parte della convenuta delle obbligazioni assunte con la delega per la presentazione della domanda unica di aiuto, ai sensi del Regolamento CE 1307/2013, e la condannava al risarcimento dei danni cagionati all’attore, quantificandoli in euro 238.785,48, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 778/2022, depositata in data 08/03/2022, ha respinto l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE, ha confermato l’avvenuto inadempimento del contratto di mandato ed ha condannato l’appellante al pagamento, a titolo risarcitorio, della minor somma di euro 178.189,24 .
Ai fini che ancora rilevano in questa sede, ‘per completezza di esame, ha ritenuto estranea al giudizio ‘l’ulteriore questione oggetto di conclusionali e repliche relativa alla legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE, sollevata da quest’ultima in sede di
note ex art. 190 cod.proc.civ. (…) in quanto mai tempestivamente allegata in primo grado nel contraddittorio delle parti, ma solo successivamente alla precisazione delle conclusioni’.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo.
Resiste e propone ricorso incidentale NOME COGNOME, basato su un motivo.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale
1) La ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5 cod.proc.civ., per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e/o omesso esame di un fatto decisivo risultante dagli atti processuali.
Secondo quanto viene qui rappresentato , ‘Dalla narrativa di controparte nonché dalla documentazione prodotta in atti’ emergerebbe che NOME COGNOME, in data 09.05.14, aveva conferito a RAGIONE_SOCIALE mandato finalizzato anche alla compilazione e presentazione della domanda unica di aiuto. Successivamente, la domanda unica 2015, che è oggetto dell’odierno ricorso (siccome la domanda 2016), sarebbe stata predisposta e rilasciata da RAGIONE_SOCIALE NUMERO_DOCUMENTO. In altri termini, la ricorrente assume di non essere il soggetto cui era stato conferito il mandato per la compilazione della domanda unica e di non aver predisposto e rilasciato detta domanda. Un ente diverso, il RAGIONE_SOCIALE, con altro codice fiscale e altra partita IVA, avrebbe ricevuto il mandato da NOME COGNOME ed una società ulteriore e diversa, RAGIONE_SOCIALE SO402, avrebbe predisposto la domanda. In mancanza di alcun nesso con dette
società, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia liquidato la questione del suo difetto di legittimazione passiva con una erronea declaratoria di tardività, ‘in quanto mai tempestivamente allegata in primo grado nel contraddittorio dello parti, ma solo successivamente alla precisazione delle conclusioni’, perché il difetto di legittimazione passiva può essere eccepito in qualsiasi momento del processo, anche in fase di gravame o nell’ambito del giudizio di cassazione, non incorrendo, appunto, in decadenza alcuna, trattandosi di una mera difesa, non soggetta a decadenza, ex . art. 167 cod.proc.civ. (Cass., Sez. Un., n. 2951/2016).
Il motivo è inammissibile.
Pur essendo vero che il difetto di titolarità, attiva e passiva, può essere eccepito in qualunque momento del processo, e finanche nel giudizio di cassazione, trattandosi di una mera difesa non soggetta alle decadenze processuali, ferma la formazione del giudicato interno, non è meno vero che i fatti e/o i documenti su cui si fonda la difesa/eccezione devono aver fatto ingresso nel thema decidendum e nel thema probandum nel giudizio di primo grado, atteso che la proposizione di una mera difesa non è soggetta a decadenza, come correttamente rileva la società ricorrente, ma incontra, pur sempre, il limite rappresentato dal necessario riferimento a fatti risultanti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisiti al processo.
Questa Corte ha già avuto occasione di precisare che la mera difesa, al pari dell’eccezione in senso lato, non è condizionata all’onere di allegazione dei fatti per essa rilevanti, né al rispetto dei termini di preclusione fissati per l’esercizio dei poteri assertivi delle parti, ma è inequivocamente condizionata all’emergenza ex actis degli elementi sulla cui base essa può essere rilevata d’ufficio o ‘dedotta dalla parte interessata’. Cass., Sez. Un., 07/05/2013, n. 10531, risolvendo un contratto tra opposti indirizzi -a) la rilevabilità d’ufficio di eccezioni in senso lato (e di mere difese), anche in
assenza di allegazione di parte, purché risultanti ex actis e b) la necessità di allegazione in limine litis del fatto su cui si basa l’eccezione in senso lato (o la mera difesa) ha ritenuto non necessaria la specifica allegazione di parte, ma sufficiente (e quindi necessario) che il fatto sia già documentato ex actis , cioè sia già legittimamente acquisito sul piano probatorio, in linea con una ‘concezione del processo che (…) fa leva sul valore della giustizia della decisione”, in forza della quale un conto sono le preclusioni processuali , le quali rispondono ad un criterio d’ordine regolativo del processo, altro è l’introduzione ‘di fonti (anche documentali) di prova da cui i fatti a supporto dell’eccezione/mera difesa possano emergere (cfr. sul punto Cass. 01/02/2023, n.2963).
Pacifici detti principi, la ricorrente nel caso di specie avrebbe dovuto, in ossequio alle prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ., dimostrare che i fatti su cui ha incentrato l’eccezione di difetto di titolarità passiva facevano già parte del corredo delle emergenze del giudizio di prime cure.
Va ribadito che, benché quello dedotto in sostanza sia un “error in procedendo” per il quale questa Corte è giudice anche del fatto processuale, era onere della ricorrente indicare compiutamente che i fatti e i documenti su cui si basa la mera difesa erano già nella disponibilità del giudice di prime cure, non essendo questa Corte legittimata a procedere a una loro autonoma ricerca, ma solo a una verifica degli stessi.
Ricorso incidentale
2) Il ricorrente denuncia, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione del Decreto ministeriale 7/06/2018 n. 5465 per avere la Corte di Appello omesso di considerare, nella determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, che al valore dei titoli si sarebbe dovuto sommare il valore del greening , pari al 50,16% del pagamento di base; di conseguenza avrebbe erroneamente liquidato il danno in euro 178.189,24 anzi-
ché in euro 288.661,88. Il ‘ greening ‘ -chiarisce il ricorrente – rappresenta una delle componenti del Regime dei Pagamenti Diretti entrato in vigore nel 2015 e consiste nel pagamento spettante agli agricoltori che hanno ricevuto il pagamento di base per l’impegno di mettere in atto pratiche benefiche per il clima e l’ambiente.
Dall’inammissibilità del ricorso principale discende la perdita di efficacia, ex art. 334, 2° comma, cod.proc.civ., del ricorso incidentale, trattandosi di ricorso incidentale tardivo.
Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale e la perdita di efficacia di quello incidentale.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e la perdita di efficacia del ricorso incidentale tardivo. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di NOME COGNOME, liquidandole in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, all’ufficio del merito competente, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile