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Difetto di motivazione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in una lite tra vicini per violazione delle distanze. L’ordinanza chiarisce i ristretti limiti del vizio di difetto di motivazione dopo la riforma del 2012, specificando che una motivazione, seppur non condivisa, se presente e logicamente coerente, non è censurabile in sede di legittimità. Il caso riguardava l’ampliamento di un balcone e la posa di una siepe, contestati da una vicina, e una domanda riconvenzionale per vedute irregolari. La Corte ha confermato la decisione d’appello, rigettando il ricorso per mancanza dei presupposti.

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Difetto di motivazione: la Cassazione stabilisce i paletti per l’inammissibilità del ricorso

Le liti tra vicini sono una costante nelle aule di tribunale, spesso incentrate su questioni di confini e distanze. Ma cosa succede quando una parte, insoddisfatta delle decisioni dei giudici di merito, si rivolge alla Corte di Cassazione lamentando un’errata valutazione delle prove? Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso basato sul difetto di motivazione, un concetto chiave della procedura civile.

I Fatti del Caso: Balconi, Siepi e Vedute Contese

La vicenda trae origine da una controversia tra due proprietarie di villette a schiera in una cittadina della provincia di Bari. La prima proprietaria citava in giudizio la vicina, lamentando diverse presunte irregolarità:

* L’installazione di una siepe e di una stuoia a ridosso del confine, a suo dire realizzate con intento meramente emulativo e in violazione delle distanze.
* L’ampliamento di un balcone e la costruzione di una scala metallica che, secondo l’attrice, non rispettavano le normative edilizie e invadevano la sua sfera di proprietà.
* La natura condominiale di un’area cortilizia, che la convenuta avrebbe illegittimamente aggregato alla sua proprietà.

La vicina non solo si difendeva, ma presentava una domanda riconvenzionale, accusando a sua volta la prima proprietaria di aver realizzato delle vedute (finestre) in spregio alle norme sulle distanze e di causare uno stillicidio dovuto allo sciorinamento dei panni.

Il Percorso Giudiziario nei Gradi di Merito

Il Tribunale accoglieva parzialmente le ragioni della prima proprietaria, riconoscendo la natura condominiale del cortile e l’illegittimità dell’ampliamento del balcone, ma rigettava le doglianze su siepe e stuoia. La Corte d’Appello, adita dalla proprietaria soccombente, confermava sostanzialmente la decisione di primo grado, rigettando l’appello principale e accogliendo solo parzialmente quello incidentale della vicina.

Insoddisfatta, la proprietaria del balcone contestato ricorreva in Cassazione, affidando le sue speranze a tre motivi, tutti incentrati su un presunto difetto di motivazione e un’errata valutazione delle prove (travisamento della C.T.U. e dei documenti) da parte della Corte d’Appello.

L’Analisi della Cassazione sul Difetto di Motivazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. I giudici hanno spiegato che, a seguito della riforma dell’art. 360, n. 5, del codice di procedura civile, il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità è stato ridotto al “minimo costituzionale”.

Ciò significa che un ricorso può avere successo solo in casi di:
1. Mancanza assoluta di motivazione: quando la sentenza non presenta alcuna argomentazione a sostegno della decisione.
2. Motivazione apparente: quando le ragioni addotte sono talmente generiche o stereotipate da non essere riferibili al caso specifico.
3. Contrasto irriducibile: quando la motivazione contiene affermazioni inconciliabili tra loro.
4. Motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile: quando il ragionamento del giudice è impossibile da decifrare.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione chiara, anche se contestata dalla ricorrente. Aveva spiegato perché riteneva più attendibili certi documenti (i progetti del 2006/2007) rispetto ad altri (la licenza originaria del 1978) e perché le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.) erano state ritenute fondate. Pertanto, non si era in presenza di un vero difetto di motivazione, ma di una semplice divergenza sulla valutazione delle prove, che è un’attività riservata al giudice di merito e non sindacabile in Cassazione.

Il Principio della “Doppia Conforme” come Ulteriore Ostacolo

La Corte ha inoltre evidenziato un altro ostacolo insormontabile per la ricorrente: il principio della cosiddetta “doppia conforme”. Quando il Tribunale e la Corte d’Appello giungono alla medesima conclusione sui fatti della causa, l’art. 348-ter c.p.c. preclude la possibilità di ricorrere in Cassazione per l’omesso esame di un fatto decisivo. Per superare questo sbarramento, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni erano diverse, onere che nel caso di specie non è stato adempiuto.

le motivazioni

La Suprema Corte ha respinto il ricorso basandosi su principi procedurali consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che il controllo sulla motivazione in sede di legittimità è limitato alla verifica della sua esistenza e coerenza logica, non potendo estendersi a una nuova valutazione del merito delle prove. La Corte d’Appello aveva esplicitato il suo percorso logico-giuridico, rendendo la sua decisione immune da censure di nullità per difetto di motivazione. In secondo luogo, l’applicazione del principio della “doppia conforme” ha creato un ulteriore sbarramento all’ammissibilità del motivo di ricorso relativo alla valutazione dei fatti. La ricorrente non è riuscita a dimostrare una diversità nel percorso argomentativo fattuale tra la sentenza di primo e secondo grado, rendendo il suo gravame inammissibile sotto questo profilo. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile in toto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese e di un’ulteriore somma per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

le conclusioni

Questa ordinanza è un monito per chi intende impugnare una sentenza in Cassazione. Contestare semplicemente la sufficienza della motivazione o l’apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito non è più una strada percorribile. È necessario dimostrare un vizio grave e palese, riconducibile a una delle anomalie motivazionali che la giurisprudenza ha definito come violazione del “minimo costituzionale”. Inoltre, il meccanismo della “doppia conforme” rafforza ulteriormente la stabilità delle decisioni di merito, limitando l’accesso al terzo grado di giudizio e sanzionando i ricorsi che si rivelano infondati, come dimostra la condanna aggiuntiva inflitta alla ricorrente. La decisione sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e giuridicamente solidi, anziché tentare di ottenere un terzo giudizio sul fatto.

Quando un ricorso per cassazione può essere basato su un difetto di motivazione?
Dopo la riforma del 2012, un ricorso per difetto di motivazione è ammissibile solo se la motivazione è totalmente assente, puramente apparente, contiene un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o è perplessa e obiettivamente incomprensibile. Non è più sufficiente lamentare una motivazione ritenuta semplicemente insufficiente o non persuasiva.

Cosa si intende per “doppia conforme” e quali sono le sue conseguenze?
Si ha “doppia conforme” quando le sentenze di primo grado e d’appello giungono alla medesima conclusione sui fatti. In questo caso, l’art. 348-ter del codice di procedura civile impedisce di proporre ricorso in Cassazione per l’omesso esame di un fatto decisivo, a meno che il ricorrente non dimostri che le ragioni di fatto delle due decisioni sono diverse.

In una causa per violazione delle distanze, come viene valutato l’onere della prova in Cassazione?
La Corte di Cassazione non riesamina le prove. Il suo compito è verificare che il giudice di merito (in questo caso la Corte d’Appello) abbia correttamente applicato le regole sull’onere della prova e abbia fornito una motivazione logica sulla valutazione delle prove raccolte. La distribuzione dell’onere della prova e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie sono attività riservate ai giudici di merito e non possono essere rimesse in discussione in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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