Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2481 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U   Num. 2481  Anno 2025
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 14810-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE  (RAGIONE_SOCIALE)  LTD,  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 2710-2023 del TRIBUNALE di UDINE.
Udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  14/01/2025  dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO COGNOME,  il  quale  chiede  che  le  Sezioni  Unite  della  Corte  di  cassazione dichiarino il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Udine le società RAGIONE_SOCIALE  e  RAGIONE_SOCIALE,  entrambe  con  sede  in Israele,  al  fine  di  sentirle  condannare,  anche  eventualmente  in  solido,  al pagamento della complessiva somma di 216.408,33 EUR, oltre interessi, a titolo di corrispettivo della vendita di beni mobili.
Le convenute, dopo essersi costituite con eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione. In sintesi hanno affermato che la giurisdizione italiana non sussiste rispetto alla citata domanda in quanto (a) esse (convenute) hanno sede in Israele, (b) la controversia ha a oggetto plurimi contratti di compravendita di cose mobili con luogo di consegn a in Israele (combinato disposto dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 218/1995 e dell’art. 7, primo comma, lett. b), del Reg.
(UE) n. 1215 del 2012), (c) le parti non hanno mai concordato e comunque le convenute israeliane non hanno mai accettato la giurisdizione italiana (art. 4, primo comma, della legge n. 218 del 1995).
La società attrice ha replicato con controricorso, nel quale ha obiettato che sarebbe errata l’interpretazione data dalle ricorrenti al rinvio contenuto nell’art. 3, secondo comma, della l. n. 218 del 1995, e illegittima l’applicazione dei criteri stabilit i dal Reg. (UE) n. 1215 del 2012 nell’ipotesi di convenuto non domiciliato nel territorio di uno Stato contraente. Dovrebbero invece trovare applicazione i criteri previsti dalla Convenzione di Bruxelles del 1968: in particolare il criterio del luogo di es ecuzione dell’obbligazione concretamente dedotta in giudizio (art. 5, primo comma, della citata Convenzione), anziché quello previsto dall’art. 7, lett. b), del Reg. UE n. 1215 del 2012, e in ogni caso la clausola di deroga della giurisdizione da reputarsi contenuta nelle condizioni generali di vendita.
La stessa parte ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
I. – Va affermato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
In caso di controversia su materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, anche ove il convenuto non  sia  domiciliato  in  uno  Stato  membro  della  UE  la  giurisdizione  italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della citata Convenzione.
Ciò discende dalla natura “mobile” del rinvio a quest’ultima ex art. 3, secondo comma,  della  l.  n.  218  del  1995  –  natura  più  volte  sottolineata  dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. U n. 9971-24, Cass. Sez. U n. 18299-21, Cass. Sez. U n. 32362-18, Cass. Sez. U n. 4211-13).
II. – Nel dire il contrario, la contro ricorrente ha citato (in memoria) l’ordinanza di  queste  Sezioni  Unite  n.  2135122,  nella  cui  motivazione  si  legge  che  ‘il predetto  Regolamento  n.  44/2001  e  il  successivo  n.  1215/2012  hanno effettivamente preso il posto della Convenzione di Bruxelles all’at to della sua entrata  in  vigore,  ma  ciò  con  esclusivo  riferimento  agli  Stati  membri dell’Unione Europea’.
Il  riferimento  non  è  conducente  in  senso  ostativo  a ll’orientamento  sopra richiamato, che in ogni caso la Corte intende ribadire.
Il  riferimento  non  è  conducente  perché  in  quella  fattispecie  si  discuteva dell’asserita  (e  poi  dalla  Corte  esclusa)  prevalenza  della  convenzione  italo -russa sull’assistenza giudiziaria in materia civile del 25 gennaio 1979 ai fini del diniego  di  giurisdizione  del  giudice  italiano  in  ordine  a  una  domanda  di risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale (concorrenza sleale parassitaria e violazione di diritti autorali e di privative industriali).
L’ordinanza citata, affermando, nella controversia al suo esame, la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, ha reso la menzionata considerazione semplicemente rilevando che in tal senso era la concorde posizione delle parti quanto all’ambito applicativo del citato Reg. (UE) n. 1215 del 2012. Dopodiché ha ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice italiano sulla base del distinto principio per cui la convenzione italo-russa non è assimilabile, per struttura e funzionamento, alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, atteso
che, al pari di numerose altre convenzioni bilaterali, si limita a stabilire le condizioni di riconoscibilità delle sentenze emesse dall’uno e dall’altro giudice, attraverso regole di cd. giurisdizione indiretta destinate ad assumere rilievo proprio in sede di riconoscimento delle decisioni prese; con la conseguenza che, consentendo ai cittadini di ciascuna parte contraente di adire i tribunali dell’altra parte nella cui giurisdizione, in conformità con la legislazione di quest’ultima, rientrino le cause civili, ribadisce implicitamente la persistente operatività delle regole di diritto internazionale privato proprie della legislazione di ciascuna delle parti contraenti, che fissano le condizioni che consentono di evocare in giudizio in uno Stato cittadini ivi non domiciliati né residenti.
Il precedente si distingue da quello in esame, giacché lì era in questione la responsabilità extracontrattuale e l’evento dannoso si era prodotto, secondo la prospettazione di parte, nel territorio italiano (non potendosi far riferimento esclusivo al luogo di gestione dei server dinanzi a un’attività di comunicazione svolta a mezzo Internet ben oltre lo spazio fisico che ospita le apparecchiature). Né la effettiva ratio della decisione contraddice l’ indirizzo giurisprudenziale divenuto dominante, essendo stata associata all’orientamento formatosi sul tema dell’ «hosting provider» attivo, ai fini del concorso di responsabilità nella commissione dell’illecito secondo le regole comuni.
III. -Il punto è che non ci sono ragioni per disattendere quanto questa Corte va ripetendo in tempi recenti: e cioè che in caso di controversia su materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ove il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro della UE, la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, che ha sostituito il Regolamento (CE) n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della predetta convenzione, stante la natura “mobile” del rinvio a quest’ultima ex art. 3, secondo comma, della l. n. 218 del 1995.
IV. -Nella  fattispecie  concreta,  in  cui  non  è  contestata  la  qualificazione giuridica del rapporto come compravendita di beni, v iene in rilievo l’art. 7 del Reg. (UE) n. 1215 del 2012 attinente alle cd. ‘ competenze speciali ‘.
V. In base all’art. 7:
‘ Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:
a) in materia contrattuale, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio;
ai fini dell’applicazione della presente  disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è:
-nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in  cui  i  beni  sono  stati  o  avrebbero  dovuto  essere  consegnati  in  base  al contratto;
-nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in  cui  i  servizi  sono  stati  o  avrebbero  dovuto  essere  prestati  in  base  al contratto ‘.
VI. – La lettera c) della stessa norma chiarisce che:
‘ c) la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b) ‘.
– Trattandosi di azione diretta a ottenere il pagamento del corrispettivo della compravendita di beni, trova applicazione la lett. b) sopra citata, donde diventa decisivo il riferimento al luogo in  cui i beni sono stati  o  avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto.
Non anche invece, come sostenuto dalla controricorrente, il luogo di esecuzione rapportato alle specifiche previsioni dell’ordinamento italiano a proposito dell’obbligazione di pagamento del prezzo (v. già Cass. Sez. U n. 33246-22), né certamente quello correlabile alla clausola delle condizioni generali di vendita riportata a pag. 24 del controricorso; clausola che risulta difatti composta come clausola di competenza, secondo le regole dell’ordinamento italiano (‘Per ogni controversia è competente il Foro di Udine’).
Invero,  nell’ottica  del  Reg.  (UE)  citato,  ciò  non  costituisce  una  ‘ diversa convenzione ‘  in  ordine  al  luogo  di  esecuzione  dell’obbligazione  dedotta  in giudizio.
VIII. -La soluzione finale, dunque, è alquanto semplice.
Ai  fini  della  giurisdizione  devesi  far  riferimento  unicamente  al  luogo  di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio secondo la sopra menzionata disciplina del Reg. (UE) n. 1215 del 2012.
Tale luogo è posto in Israele.
Non essendo nel caso concreto neppure dedotta l’esistenza di una convenzione in deroga di tale luogo, ovvia conclusione è che il giudice italiano difetta di giurisdizione in ordine alla domanda così come formulata dalla società attrice. IX. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte, a sezioni unite, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano; condanna  l’attrice  alle  spese  processuali  che  liquida,  quanto  al  giudizio  di merito, in 4.100,00 EUR e, quanto al giudizio di legittimità, in 8.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 14 gennaio