Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2263 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 2263 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17334-2022 proposto da:
Oggetto
RIC. CONTRO DECISIONI DI GIUDICI SPECIALI
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/11/2023
CC
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato AVV_NOTAIO;
– resistente – avverso la sentenza n. 8696/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 28/12/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale conclude per il dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE propose ricorso innanzi al TAR Emilia Romagna chiedendo l’annullamento della determina dirigenziale del Comune di Cattolica di declaratoria di decadenza della convenzione per l’attuazione del piano di iniziativa pubblica e di escussione della polizza fideiussoria, nonché la declaratoria di inadempimento del Comune agli obblighi assunti con la convenzione, oltre la condanna al risarcimento del danno. Espose che l’Amministrazione unilateralmente ed illegittimamente aveva modificato, dopo la stipula della convenzione, le prescrizioni del P.P., incidendo sulla convenzione e rendendo impossibile fra l’altro la realizzazione della prevista strada di ml INDIRIZZO ed il varo di alaggio
dei natanti in relazione alla piattaforma per la quale era stata rilasciata la concessione edilizia.
Il TAR adito rigettò il ricorso.
Proposto appello, il Consiglio di Stato, sez. II, con sentenza di data 28 dicembre 2021, rigettò l’appello.
Il giudice di appello osservò in particolare che inammissibile era il motivo di impugnazione relativo al difetto di giurisdizione, per essersi la stessa parte ricorrente avvalsa del ricorso al TAR, e che infondato era il secondo motivo, relativo all’eccezione di inadempimento formulata dalla società.
Ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
Con atto presidenziale depositato in data 23 maggio 2023 è stata formulata proposta di definizione del giudizio, per inammissibilità del ricorso per mancanza della legittimazione in capo alla ricorrente ad impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da essa prescelto, in quanto non soccombente su tale autonomo capo della decisione.
La parte ricorrente ha proposto l’istanza di richiesta della decisione. Il Pubblico Ministero ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato che:
va premesso che in data 28 giugno 2023, unitamente a nota di deposito recante l’indicazione ‘1) Procura notarile, con dichiarazione di interesse alla decisione del ricorso’, è stata depositata nuova procura speciale, con sottoscrizione autenticata da nota io, al medesimo difensore dell’originario
ricorso, affinché venisse chiesta dal difensore la decisione del ricorso. Nella detta nota, sottoscritta dal difensore e depositata telematicamente, deve essere ravvisata la richiesta di decisione, poiché trattasi di atto, come si è detto, sottoscritto dal difensore e che reca, in modo inequivoco, la manifestazione della volontà che il ricorso sia deciso.
Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 111, comma 8, Cost. Osserva la ricorrente che la decisione è viziata da eccesso di potere giurisdizionale perché il giudice amministrativo ha sostituito il provvedimento di decadenza della convenzione con una dichiarazione di risoluzione ipso iure per mancata ottemperanza alla diffida ad adempiere.
Il motivo è inammissibile. Le decisioni del giudice amministrativo concernenti la legittimità dei provvedimenti della PRAGIONE_SOCIALE. possono essere impugnate, con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost., qualora siano affette da eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, vizio che è configurabile quando l’indagine svolta dal medesimo giudice amministrativo ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, dimostrandosi strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero se la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, evidenzi l’intento dell’organo giudicante di sostituire la propria volontà a quella dell’Amministrazione mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non lasci
spazio ad ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (fra le tante, da ultimo, Cass. sez. U. n. 2604 del 2021).
La ricorrente sostiene che il giudice amministrativo avrebbe sostituito il provvedimento di decadenza con una dichiarazione di risoluzione, sostituendo la propria volontà a quella dell’Amministrazione. E’ evidente che ciò che in realtà si denuncia non è l’intervento di un atto che avrebbe regolato gli interessi in sostituzione della determinazione amministrazione, ma la qualificazione giuridica della fattispecie, la quale è il proprium dell’attività giurisdizionale. Il contenuto della censura è, in definitiva, l’avere il giudice affermato che il provvedimento di decadenza dalla convenzione costituisce una risoluzione del rapporto all’esito della diffida ad adempiere, ma questo significa criticare la qualificazione giurisdizionale della fattispecie e dunque restare nella soglia della denuncia della violazione della norma di diritto.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 111, comma 8, Cost. Osserva la ricorrente che, ove si ritenga ammissibile la sostituzione del provvedimento di decadenza con la risoluzione ipso iure , dovrebbe trovare applicazione la clausola arbitrale e che la proposizione del ricorso innanzi al TAR non può costituire rinuncia alla detta clausola.
Il motivo è inammissibile. Conformemente alla proposta, in linea con la consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite (a partire da Cass. sez. U. n. 21260 del 2016) e dello stesso Consiglio di Stato, la parte che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto,
in quanto non soccombente su tale autonomo capo della decisione.
Non deve provvedersi sulle spese, non avendo la parte intimata proposto controricorso, ma avendo solo depositato la procura speciale al difensore. Non deve neanche essere adottato il provvedimento ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. perché, avuto riguardo al primo motivo di ricorso, il giudizio non è stato definito in conformità della proposta.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso . Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 21 novembre 2023