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Difetto di giurisdizione: non puoi contestarlo se perdi

Una società costruttrice, dopo aver perso una causa contro un Comune davanti al TAR e al Consiglio di Stato, ha tentato di contestare la giurisdizione del giudice amministrativo da lei stessa adito. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio secondo cui la parte che sceglie il giudice e risulta soccombente nel merito non è legittimata a denunciare in appello il difetto di giurisdizione. L’ordinanza chiarisce anche la differenza tra la qualificazione giuridica dei fatti, compito proprio del giudice, e l’eccesso di potere giurisdizionale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Difetto di giurisdizione: chi sceglie il giudice non può contestarlo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite affronta un tema cruciale della procedura: la possibilità per una parte di contestare il difetto di giurisdizione del giudice che essa stessa ha scelto. La risposta della Suprema Corte è netta e conferma un orientamento consolidato: chi perde la causa nel merito non può utilizzare l’argomento della giurisdizione come un’ancora di salvezza in appello.

I Fatti del Caso

Una società si era impegnata con un Comune a realizzare alcune opere pubbliche in attuazione di una convenzione. Successivamente, il Comune dichiarava la decadenza della società dalla convenzione per inadempimento e procedeva all’escussione della polizza fideiussoria. La società, ritenendo la decisione illegittima a causa di modifiche unilaterali apportate dal Comune al progetto, decideva di impugnare il provvedimento davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), chiedendone l’annullamento e il risarcimento dei danni.

Sia il TAR che, in secondo grado, il Consiglio di Stato davano torto alla società, rigettando le sue domande. A questo punto, la società proponeva ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali, tra cui quella relativa al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’eccesso di potere e il difetto di giurisdizione in appello

Il ricorso della società si basava su due motivi principali:
1. Eccesso di potere giurisdizionale: La società sosteneva che il giudice amministrativo avesse sostituito la propria volontà a quella della Pubblica Amministrazione, trasformando un atto di ‘decadenza’ in una ‘risoluzione contrattuale’, invadendo così la sfera del merito amministrativo.
2. Difetto di giurisdizione: In subordine, la società affermava che, se la questione era da intendersi come una risoluzione contrattuale, allora avrebbe dovuto trovare applicazione una clausola arbitrale presente nella convenzione. Di conseguenza, il giudice amministrativo adito non avrebbe avuto la giurisdizione per decidere.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, fornendo chiarimenti fondamentali.

Sul primo punto, la Corte ha spiegato che il giudice amministrativo non ha ecceduto i suoi poteri. Qualificare giuridicamente un atto – cioè stabilire che un provvedimento di ‘decadenza’ equivale a una ‘risoluzione’ per inadempimento – rientra pienamente nell’attività interpretativa del giudice. Non si tratta di sostituire l’atto amministrativo, ma di definirne la natura e gli effetti giuridici. Questa operazione è il cuore dell’attività giurisdizionale e non sconfina nel merito amministrativo.

Sul secondo e più rilevante punto, relativo al difetto di giurisdizione, le Sezioni Unite hanno ribadito un principio giurisprudenziale ormai granitico. La parte che sceglie di incardinare una causa davanti a un determinato plesso giurisdizionale (in questo caso, quello amministrativo) e perde nel merito, non è legittimata a impugnare la sentenza lamentando che quel giudice non avesse la giurisdizione per decidere. La parte, infatti, non è ‘soccombente’ sulla questione di giurisdizione, avendola implicitamente accettata con la propria scelta processuale. Permettere una simile contestazione sarebbe contrario ai principi di buona fede processuale e di ragionevole durata del processo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la scelta del giudice è un atto di responsabilità che preclude successive contestazioni sulla giurisdizione da parte di chi l’ha compiuta. Questa regola impedisce strategie processuali dilatorie e garantisce che il giudizio si concentri sul merito della controversia. La decisione chiarisce inoltre che la qualificazione giuridica dei fatti da parte del giudice è un’attività legittima e distinta dall’eccesso di potere giurisdizionale, che si configura solo quando il giudice si sostituisce concretamente all’Amministrazione nelle sue scelte discrezionali.

Una parte che ha iniziato una causa davanti a un giudice può, dopo aver perso, contestare la giurisdizione di quel giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la parte che sceglie il giudice e viene sconfitta nel merito non è legittimata a denunciare in appello il difetto di giurisdizione, in quanto non è considerata ‘soccombente’ su tale specifico punto.

Qual è la differenza tra interpretazione del giudice ed eccesso di potere giurisdizionale?
L’interpretazione, o qualificazione giuridica, è il compito proprio del giudice di definire la natura e gli effetti legali di un atto o di un fatto. L’eccesso di potere giurisdizionale si verifica invece quando il giudice va oltre questo compito e invade la sfera del merito amministrativo, sostituendo la propria valutazione a quella che spetta per legge alla Pubblica Amministrazione.

Se il giudice amministrativo qualifica un atto di decadenza come una risoluzione contrattuale, sta invadendo le competenze dell’amministrazione?
No. Secondo la Corte, questa è una ‘qualificazione giuridica della fattispecie’, ovvero un’operazione interpretativa che rientra pienamente nei poteri del giudice e non costituisce un eccesso di potere giurisdizionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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