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Difetto di giurisdizione: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Ente Locale contro una Società Concessionaria autostradale in una controversia sul difetto di giurisdizione. La questione riguardava una sanzione per l’occupazione di suolo pubblico. La Corte ha stabilito che la precedente sentenza del Consiglio di Stato sulla giurisdizione, non impugnata tempestivamente, era passata in giudicato, precludendo ogni ulteriore discussione sul punto.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Difetto di giurisdizione: quando la partita si chiude in anticipo

Il tema del difetto di giurisdizione è uno dei più complessi e cruciali nel nostro ordinamento. Stabilire quale giudice – ordinario o amministrativo – abbia il potere di decidere una controversia è il primo passo fondamentale di ogni causa. Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ci offre uno spunto prezioso per comprendere le conseguenze di una tardiva impugnazione su una questione di giurisdizione, analizzando un caso che ha visto contrapposti un Ente Locale e una grande Società concessionaria di autostrade.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un verbale di accertamento emesso da un Ente Locale nei confronti di una Società che gestisce una rete autostradale. L’Ente contestava alla Società l’occupazione abusiva dello spazio sovrastante una strada provinciale, avvenuta tramite la costruzione di un ponte autostradale, senza aver ottenuto la necessaria concessione e senza pagare il relativo canone di occupazione (COSAP). L’Ente, quindi, preannunciava l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

La Società impugnava il verbale dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.). Il T.A.R., accogliendo l’eccezione dell’Ente, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che la controversia, avendo ad oggetto una sanzione puramente pecuniaria, rientrasse nella competenza del Giudice Ordinario.

L’Iter Processuale e il dibattito sul difetto di giurisdizione

La Società appellava la decisione del T.A.R. dinanzi al Consiglio di Stato. Quest’ultimo, con una prima sentenza (n. 3517/2019), ribaltava la pronuncia di primo grado. Affermava la sussistenza della giurisdizione amministrativa, sostenendo che l’atto impugnato non si limitava a preannunciare una sanzione pecuniaria, ma era espressione di un potere discrezionale dell’amministrazione che avrebbe potuto includere anche misure ripristinatorie. Di conseguenza, il Consiglio di Stato annullava la sentenza del T.A.R. e rimetteva la causa a quest’ultimo per la decisione nel merito.

Questa prima sentenza del Consiglio di Stato, che decideva esclusivamente sulla questione di giurisdizione, non veniva impugnata dall’Ente Locale dinanzi alla Corte di Cassazione nei termini di legge.

Il processo proseguiva quindi davanti al T.A.R., che questa volta rigettava il ricorso della Società nel merito. La decisione veniva nuovamente appellata da entrambe le parti al Consiglio di Stato, che, con una seconda sentenza (n. 10014/2023), accoglieva l’appello della Società, annullando il verbale di accertamento originario.

È a questo punto che l’Ente Locale decideva di ricorrere per Cassazione, impugnando congiuntamente entrambe le sentenze del Consiglio di Stato e sollevando nuovamente la questione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

La Decisione della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato il ricorso inammissibile per quanto riguarda i motivi relativi alla giurisdizione.

La Corte ha chiarito un principio fondamentale del diritto processuale: la sentenza con cui il giudice d’appello (in questo caso, il Consiglio di Stato) riforma la decisione di primo grado sulla giurisdizione e rimette la causa al primo giudice è una sentenza definitiva. Essa, infatti, esaurisce il compito del giudice d’appello su quella specifica questione e chiude quella fase del giudizio. Come tale, deve essere impugnata immediatamente dinanzi alla Corte di Cassazione nei termini previsti dalla legge.

Nel caso di specie, l’Ente Locale avrebbe dovuto impugnare la prima sentenza del Consiglio di Stato (la n. 3517/2019) entro il termine perentorio. Non avendolo fatto, quella statuizione sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa è diventata definitiva e inattaccabile, ovvero è “passata in giudicato”.

Di conseguenza, i motivi di ricorso con cui l’Ente Locale ha tentato di rimettere in discussione la giurisdizione in un momento successivo sono stati ritenuti inammissibili, poiché vertevano su una questione ormai coperta dal giudicato.

Le Motivazioni

Le Sezioni Unite hanno ribadito con forza l’orientamento consolidato, a partire dalla sentenza n. 25774 del 2015, secondo cui le sentenze che decidono una questione pregiudiziale, come la giurisdizione, e chiudono il grado di giudizio davanti al giudice che le ha pronunciate, sono immediatamente impugnabili per cassazione. La mancata impugnazione tempestiva cristallizza la decisione, impedendo che la stessa questione possa essere riproposta in futuro. La Corte ha specificato che questo principio si applica non solo al processo civile, ma anche a quello amministrativo.

La Corte ha inoltre rigettato il terzo motivo di ricorso dell’Ente, che lamentava un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato. Secondo l’Ente, il giudice amministrativo, nel decidere il merito, avrebbe “creato” una norma di esenzione dal canone COSAP non prevista dalla legge. La Cassazione ha chiarito che l’eccesso di potere si configura solo quando il giudice esercita un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non quando si limita a interpretare, anche in modo eventualmente errato, il quadro normativo esistente. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato si era limitato a un’attività interpretativa, la cui correttezza o meno esula dal sindacato della Cassazione per motivi di giurisdizione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto sull’importanza strategica della gestione delle questioni di giurisdizione. La decisione di non impugnare immediatamente una sentenza che statuisce sulla giurisdizione può avere conseguenze irreversibili, consolidando la competenza di un giudice anche se ritenuta errata. La regola del passaggio in giudicato serve a garantire la certezza del diritto e ad evitare che i processi si protraggano all’infinito sulla base delle medesime questioni. In sintesi, la partita sulla giurisdizione si gioca una sola volta e, se non la si gioca nei tempi giusti, il risultato diventa definitivo.

Quando una sentenza che decide solo sulla giurisdizione diventa definitiva?
Una sentenza che decide sulla giurisdizione, come quella del Consiglio di Stato che riforma una decisione del T.A.R. e rimette la causa a quest’ultimo, è considerata definitiva. Deve essere impugnata immediatamente dinanzi alla Corte di Cassazione. Se non viene impugnata nei termini di legge, la decisione sulla giurisdizione passa in giudicato e non può più essere contestata.

Perché il ricorso dell’Ente Locale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’Ente Locale ha impugnato tardivamente la decisione sulla giurisdizione. Avrebbe dovuto contestare la prima sentenza del Consiglio di Stato (del 2019) subito dopo la sua pubblicazione. Avendo lasciato scadere i termini, quella decisione è diventata inattaccabile, e la Cassazione non ha potuto riesaminare la questione.

La Corte di Cassazione ha riscontrato un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato?
No. La Cassazione ha stabilito che non vi è stato eccesso di potere giurisdizionale. Il Consiglio di Stato, nel decidere il merito della causa, ha esercitato la sua normale attività di interpretazione delle norme vigenti. Un eventuale errore interpretativo non configura un eccesso di potere, che si ha solo quando un giudice crea una norma dal nulla, invadendo la sfera del potere legislativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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