Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32316 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32316 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 325/2024 R.G. proposto da: NOME DI NOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2078/2023 depositata il 23/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Como che aveva rigettato la domanda di condanna della Società RAGIONE_SOCIALE, a riparare i vizi di una cucina a lui venduta dalla convenuta.
La Società RAGIONE_SOCIALEsi costituiva chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’ Appello di Milano accoglieva il gravame. Secondo la Corte, il giudice di prime cure aveva errato nel ritenere la denuncia dei vizi generica atteso che nella stessa erano analiticamente indicati i difetti lamentati dal RAGIONE_SOCIALE ed era specificato che si trattava di difetti di conformità del bene fornito.
Nella fattispecie la denuncia era avvenuta (6-12-18) un anno e mezzo dopo la consegna (7-6-17) e, pertanto, la prova del difetto di conformità gravava sul compratore in base alla normativa a tutela del consumatore (Cassazione civile, Sez. II, 30 giugno 2020, n. 13148).
Tanto premesso, per quanto riguardava il piano di okite, la scheggiatura lamentata era pacifica, in quanto ammessa dalla controparte e documentata dalle fotografie in atti. Sicché essendo l’okite, come garantito, un materiale connotato da una durezza e resistenza superiore al quarzo, composto da quarzo polverizzato reimpastato con resine, doveva presumersi che la predetta scheggiatura, non contestata dall’appellata neanche nella modalità di verificazione e cioè cagionata da una attività ordinaria (urto del
piano con una tazzina), dovesse essere riconducibile ad un difetto di conformità.
Il motivo di appello doveva essere accolto in relazione a tale difetto e l’appellato d oveva essere condannato alla sostituzione del piano di okite, trattandosi di componente non riparabile.
Viceversa, per quanto riguardava gli ulteriori vizi lamentati, la prova dedotta sulla non corrispondenza dei beni a quanto pattuito non era stata fornita dal Passafiume in quanto le prove dedotte nella loro genericità non consentivano di apprezzare in cosa si sostanziavano i vizi lamentati né la natura originaria degli stessi.
COGNOME NOME di COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
È stata f issata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità dell’odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione di norma di diritto , in particolare per la violazione e falsa applicazione degli artt. 129 -132 del d.lgs. n. 206 del 2005, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per aver la Corte
Ric. 2024 n. 325 sez. S2 – ud. 13/11/2024
d’Appello di Milano erroneamente ricostruito il fatto per aver qualificato il vizio di conformità come originario e non dovuto, invece, ad un erroneo utilizzo da parte del consumatore, benché comparso ben oltre i sei mesi dalla consegna (nella specie, oltre un anno e mezzo dopo). In particolare, in nessun caso la soluzione data dal giudice di secondo grado può ritenersi corretta, allorquando la stessa ha ritenuto che la scheggiatura del piano in okite lamentata dal Passafiume debba essere riconducibile ad un difetto di conformità (pag. 7 sentenza Corte d’Appello di Milano), benché quest’ultimo non abbia fornito la prova del difetto di conformità stesso, prova -com’è noto a carico del consumatore nel caso in cui i difetti si manifestino oltre i sei mesi dalla consegna.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ex art. 360 n.
5 c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in particolare per non aver la Corte d’Appello di Milano preso in considerazione le risultanze delle perizie eseguite dai tecnici delle case madri fornitrici dei beni (ed in particolare del piano okite ) su incarico della COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, la quale ha fornito la prova liberatoria richiesta dalla legge, dimostrando incontrovertibilmente come la scheggiatura e microforatura del piano in okite siano riconducibili ad urto e non a difetti di produzione e, dunque, non a difetti di conformità.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis è di inammissibilità e manifesta infondatezza dei motivi per le seguenti ragioni: rilevato che in materia di vendita di beni destinati al consumo, qualora il difetto di conformità si manifesti oltre il termine di sei mesi dalla consegna, di cui all’art. 132, comma 3, del d. lgs. n. 206 del 2005, spetta all’acquirente
dimostrare, con gli ordinari mezzi di prova, che il vizio esisteva già al momento della consegna o che esso era stato occultato dal venditore (Cass., Sez. II, 15 settembre 2022, n. 27177);
rilevato che in tema di inadempimento del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi l’inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, mentre è a carico del venditore, quale debitore di un’obbligazione di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne consegue che, solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore (Cass., Sez. III, 21 settembre 2017, n. 21927);
rilevato che i motivi di doglianza appaiono in parte inammissibili e in parte infondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte, avendo la Corte di appello fatto riferimento alle risultanze istruttorie in base alle quali ha ritenuto provato nella specie il difetto di conformità del piano di okite, al di fuori del termine di sei mesi dalla consegna, di cui all’art. 132, comma 3, del d. lgs. n. 206 del 2005, mirando i motivi di impugnazione a una rivalutazione del merito. La Corte di appello ha evidenziato non solo che la scheggiatura lamentata è stata ammessa dalla controparte e documentata dalle fotografie in atti ma che non sono state contestate le modalità ordinarie con cui tale scheggiatura si è verificata (urto del piano con una tazzina), lasciando quindi
Ric. 2024 n. 325 sez. S2 – ud. 13/11/2024
presumere un difetto di conformità a fronte delle caratteristiche specifiche di un materiale connotato da una durezza e resistenza superiore al quarzo;
rilevato che del tutto generica risulta la circostanza dell’esistenza di una prova liberatoria fornita dal produttore attraverso una ‘perizia’ stragiudiziale allegazione difensiva -che non è stata invero prodotta nel giudizio di secondo grado nell’ambito del fascicolo di parte .
La ricorrente con la memoria depositata dopo l’istanza di decisione ex art. 380 bis c.p.c. insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e ribadisce le medesime argomentazioni svolte con i motivi di ricorso.
Il Collegio condivide le conclusioni di cui alla proposta di definizione accelerata.
In particolare, la ricorrente non coglie la ratio della sentenza impugnata che si è fondata sulla prova presuntiva del difetto del piano di okite posto che si trattava di un materiale di particolare resistenza che non poteva rompersi a seguito di un normale urto avvenuto nel suo utilizzo quotidiano.
Nella specie, infatti, non risulta contestato il fatto che il danneggiamento del piano sia avvenuto a seguito di una semplice caduta di un oggetto di uso comune in cucina e la decisione si è fondata sul fatto che il materiale di cui è composto il piano avrebbe dovuto offrire una resistenza tale da non subire danni.
Dunque, non vi è stata alcuna inversione dell’onere della prova e anche se il vizio si è rivelato oltre i sei mesi dalla consegna, comunque, il Passafiume nella sua qualità di compratore/consumatore lo ha provato.
In altri termini, la Corte d’Appello , con giudizio non sindacabile da questa Corte quanto all’ utilizzo della prova presuntiva, ha ritenuto che il piano di okite fosse difettoso per essersi danneggiato con un urto accidentale di tipo domestico.
Quanto alla omessa valutazione della perizia di parte, la censura è inammissibile oltre che per le ragioni indicate nella proposta di definizione anche perché la ricorrente non riporta in alcun modo il suo contenuto e le ragioni per le quali l’urto accidentale con il piano di okite non è indice di un suo difetto strutturale data la resistenza del materiale.
Il ricorso è rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 9 6 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
Ric. 2024 n. 325 sez. S2 – ud. 13/11/2024
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 2.000,00, nonché al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda