Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4810 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4810 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11119/2020 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso, unitamente all ‘ AVV_NOTAIO -ricorrente- contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso, unitamente all ‘ AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI GENOVA n. 1205/2019 pubblicata il 22 agosto 2019
Udita la relazione svolta nell ‘ adunanza camerale del 28 novembre dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, nell ‘ allegata qualità di proprietario di alcuni posti auto scoperti ubicati all ‘ esterno dell ‘ edificio sito in Diano Marina al INDIRIZZO, denominato , citava
in giudizio, davanti al Tribunale di Imperia, NOME COGNOME, lamentando che quest ‘ ultimo avesse arbitrariamente collocato su una parete comune una struttura metallica contenente il proprio contatore del gas, in tal modo occupando e restringendo l ‘ area destinata a parcheggio appartenente in via esclusiva ad esso attore.
Chiedeva, pertanto, la condanna del convenuto alla rimozione o allo spostamento di tale manufatto, oltre che al risarcimento del danno arrecato.
Radicatosi il contraddittorio, si costituiva il COGNOME, il quale resisteva alle avverse pretese, contestando che la struttura metallica in questione occupasse un ‘ area di proprietà del COGNOME; chiedeva, inoltre, via riconvenzionale, la condanna dell ‘ attore alla demolizione della rampa di accesso ai posti auto innanzi descritti e al ripristino dello stato dei luoghi, nonchè l ‘ accertamento dell ‘ inesistenza in capo al medesimo di un diritto di servitù di passo carraio o di uso esclusivo, deducendo che l ‘ opera predetta era stata realizzata dalla dante causa del COGNOME, tale NOME COGNOME, su una fascia di terreno di proprietà condominiale da lei arbitrariamente occupata.
In corso di causa il convenuto spostava il manufatto contenente il proprio contatore del gas, posizionandolo su altra parete; ciononostante, l ‘ attore insisteva per l ‘ accoglimento delle proprie originarie richieste.
Quindi, all ‘ esito dell ‘ espletata istruttoria, il Tribunale imperiese così definitivamente statuiva con sentenza n. 320/2014 del 28 novembre 2014: (a) ( recte : dichiarava inammissibile n.d.r.) per sopravvenuto difetto di interesse la domanda di ripristino avanzata dal COGNOME; (b)in accoglimento della spiegata riconvenzionale, accertato che la rampa di accesso ai posti auto era stata realizzata su una fascia di terreno di proprietà condominiale, condannava l ‘ attore a demolire l ‘opera ; (c)compensava per la metà
le spese di lite, ponendo la restante frazione a carico del COGNOME.
Il gravame successivamente esperito da quest ‘ ultimo veniva respinto dall ‘ adìta Corte d ‘ Appello di Genova con sentenza n. 1205/2019 del 22 agosto 2019, che condannava l ‘ impugnante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Il COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c..
Nel termine all ‘uopo sta bilito le parti hanno depositato sintetiche memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l ‘ unico motivo di ricorso, rubricato , si sostiene: – che l ‘ impugnata sentenza d ‘ appello, come già quella di primo grado, risulterebbe , in quanto le statuizioni in essa contenute andrebbero ad incidere ; – che la rampa di accesso ai posti auto di proprietà del COGNOME, costituente , non potrebbe essere demolita perchè, , e , non avrebbe .
Deve anzitutto rilevarsi che il ricorso, benchè caratterizzato da un ‘ eccessiva e non necessaria lunghezza e da un ‘esposizione piuttosto farraginosa, consente di comprendere lo svolgimento
della vicenda processuale e di individuare con sufficiente chiarezza le censure rivolte alla sentenza impugnata, sì da superare il preliminare vaglio di ammissibilità ex art. 366, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c. (cfr., sull ‘ argomento, Cass. Sez. Un. n. 37552/2021).
Cionondimeno, esso va ugualmente dichiarato inammissibile per le ragioni appresso illustrate.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l ‘ eccezione di difetto del contraddittorio può essere sollevata per la prima volta anche in sede di legittimità, ma a condizione che l ‘ esistenza dei litisconsorti necessari pretermessi risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e che la parte eccipiente ottemperi all ‘ onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al processo, di provare la loro esistenza e di dimostrare i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l ‘ integrazione del contraddittorio (cfr. Cass. n. 11043/2022, Cass. n. 23634/2018, Cass. n. 11318/2018, Cass. Sez. Un. n. 15289/2001, Cass. n. 4696/1987).
Nel caso di specie, l ‘ onere anzidetto non è stato assolto dal ricorrente, il quale si è limitato a un generico richiamo ai documenti allegati alla relazione redatta dal c.t.u. nominato in prime cure -dai quali si ricaverebbe che la rampa da demolire è -, senza individuare nominativamente le persone da coinvolgere nel presente processo in veste di litisconsorti necessari e provarne l ‘ esistenza.
Il primo profilo di doglianza non può, pertanto, trovare ingresso perché privo del requisito di autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c..
Né il vizio dal quale il ricorso risulta affetto può ritenersi sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c. depositata dal COGNOME, avendo tale scritto difensivo la sola funzione di illustrare le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati (cfr. Cass. n. 30760/2018, Cass. n. 17603/2011, Cass. n. 7237/2006, Cass. n. 7260/2005).
Con riferimento alle ulteriori critiche rivolte dal ricorrente alla sentenza d ‘ appello, deve rilevarsi quanto segue.
L ‘ accertamento in ordine all ‘ osservanza dei limiti imposti dall ‘ art. 1102 c.c. all ‘ uso della cosa comune, e così pure l ‘ indagine diretta a stabilire se la modificazione della cosa comune integri gli estremi dell ‘ innovazione prevista dall ‘ art. 1120 c.c., costituiscono attività riservata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 1072/2005, Cass. n. 7914/2002, Cass. n. 3549/1989, Cass. n. 5101/1986).
Spetta, inoltre, al giudice del merito verificare, in rapporto all ‘ art. 1122 c.c., se l ‘ opera realizzata su parti di proprietà o uso individuale pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del bene comune da parte degli altri condòmini, avendo riguardo alla destinazione funzionale dello stesso e alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva (cfr. Cass. n. 30307/2022, Cass. n. 5122/1990).
Detta verifica postula una valutazione in fatto censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui al novellato art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., paradigma processuale che non è stato evocato dal ricorrente, né poteva esserlo a fronte di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. ), in forza del divieto risultante dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell ‘ art. 348ter c.p.c., applicabile ratione temporis .
Il ricorso prescinde completamente dai suenunciati princìpi di diritto, costituenti ormai ius receptum nella giurisprudenza di legittimità, senza peraltro offrire elementi che possano indurre la Corte a rivedere il proprio costante orientamento.
Anche in parte qua l ‘ esperito gravame va, quindi, incontro a una declaratoria di inammissibilità, questa volta ai sensi dell ‘ art. 360bis n. 1) c.p.c. (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7155/2017).
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell ‘ impugnazione, viene resa nei confronti della parte che l ‘ ha proposta l ‘attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 2.700 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda