Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14710 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14997/2021 R.G. proposto da:
NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE ,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE RAGIONE_SOCIALEO STATO (P_IVA) che li rappresenta e difende,
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 99/2021 depositata il 28/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 99/2021 pubblicata il 28/1/2021, ha respinto l’appello di NOME COGNOME nei confronti RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, avverso sentenza del Tribunale di Genova del maggio 2017, con la quale si era respinta la domanda avanzata dalla COGNOME di accertamento RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità di esercizio « del diritto plurisoggettivo alla sovranità conformemente agli artt. 1 e 11 Cost .», derivata all’attrice dall’approvazione RAGIONE_SOCIALEe discipline volte alla ratifica del Trattato di Maastricht e dall’attuazione RAGIONE_SOCIALEe norme sovranazionali e internazionali volte alla creazione del mercato comune e RAGIONE_SOCIALEa moneta unica, per essersi lo Stato italiano così spogliato RAGIONE_SOCIALEa sovranità monetaria ed economica in violazione dei principi costituzionali cagionando un danno non patrimoniale ad ogni cittadino, con condanna RAGIONE_SOCIALEe Amministrazioni evocate al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto.
In particolare, i giudici di appello hanno respinto tutti e tre i motivi di gravame osservando che: a) quanto al primo motivo, denunciante un’omissione di pronuncia sul chiesto accertamento RAGIONE_SOCIALEa violazione del « diritto plurisoggettivo alla sovranità popolare » posta in essere dallo Stato nazionale, la doglianza era infondata, poiché il Tribunale aveva motivato espressamente sul punto, escludendo una violazione di norme di rango costituzionale (segnatamente gli artt. 1 e 11 Cost) da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato attraverso la ratifica dei trattati europei, atteso che « l’atto di ratifica rientra nell’alveo del dettato costituzionale, che all’art. 11 consente le ‘limitazioni di sovranità necessarie’ al fine di favorire la pace e la giustizia tra le Nazioni e promuovere le organizzazioni internazionali a tale scopo preposte », e a tale argomentazione doveva aggiungersi la considerazione generale circa l’insindacabilità RAGIONE_SOCIALE‘attività e RAGIONE_SOCIALE atti in cui si estrinseca la
funzione legislativa, a mente RAGIONE_SOCIALE‘art. 7, comma 1, del c.p.a che preclude qualsiasi sindacato del giudice amministrativo sugli atti politici, cosicché « la libertà nei fini RAGIONE_SOCIALE‘ atto legislativo esclude la configurabilità di un illecito da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato, pena il sindacato sulla discrezionalità del potere legislativo da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente compromissione del principio di separazione dei poteri RAGIONE_SOCIALEo Stato »; b) anche il secondo motivo, con il quale si lamentava l’erroneità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per avere il Tribunale escluso la natura di diritto inviolabile con riferimento al diritto alla sovranità, da esercitarsi attraverso il diritto di voto, era infondato, considerato che la ricorrente non lamentava una lesione del diritto personale al voto ma denunciava una illegittima cessione di sovranità da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato italiano per effetto RAGIONE_SOCIALEa ratifica dei trattati europei, cosicché in tal modo si prospettava nuovamente una « inammissibile valutazione di una scelta politica volta al raggiungimento di stabile giustizia e pace tra le Nazioni » e si doveva escludere « la inviolabilità del diritto alla sovranità con conseguente negazione, in astratto, RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di un danno risarcibile »; c) il secondo motivo era, peraltro, anche inammissibile in quanto non era censurata la ratio decidendi circa la mancata allegazione del danno subito; d) il terzo motivo, in punto di quantificazione RAGIONE_SOCIALEe spese, sulla base RAGIONE_SOCIALEo scaglione previsto per le cause di natura indeterminabile, anziché nei limiti RAGIONE_SOCIALEa somma richiesta (€ 5.100,00), era infondato, in quanto il petitum attoreo non era limitato alla richiesta risarcitoria e, considerate le domande complessive, la controversia ricadeva nel parametro previsto per le cause di valore indeterminabile.
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, notificato il 24/5/2021, affidato a due motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (che resistono con controricorso). La ricorrente ha depositato memoria.
RGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1.La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione di legge ex art. 360, comma 1° n.3 con specifico riferimento agli artt. 1, 11 e 47 Cost. e all’art. 243 c.p. laddove si è ritenuto che la cessione di sovranità compiuta attraverso i trattati istitutivi RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, specificatamente entrati nel nostro ordinamento con le leggi di ratifica dei trattati di Maastricht e di Lisbona (Legge n. 454/1992 e Legge n. 130/2008), sia un atto consentito ex art. 11 Cost. mentre detta norma costituzionale acconsente unicamente alle limitazioni di sovranità e alle precise condizioni previste dalla norma, dovendo ritenersi che la cessione di sovranità non sarebbe consentita costituzionalmente ex artt. 1, 11 e 47 Cost. ed è addirittura punita penalmente ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 243 c.p.; b) con il secondo motivo, la violazione di legge ex art. 360, comma 1° n.3, con specifico riferimento all’art. 2 Cost., laddove si è escluso che il diritto plurisoggettivo alla sovranità attenga ai diritti inviolabili RAGIONE_SOCIALE‘uomo così negando la possibilità di agire in giudizio anche per la mera rimozione RAGIONE_SOCIALEa situazione lesiva in essere determinata dalle illecite cessioni di sovranità compiute attraverso i trattati internazionali di cui si dibatte e ciò a prescindere dalla pur formulata richiesta di risarcimento avanzata dall’esponente per violazione di tale diritto.
La ricorrente pertanto, con il primo motivo, reitera la doglianza circa la contrarietà RAGIONE_SOCIALEe operate cessioni di sovranità da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato, specialmente in relazione alla politica monetaria ed economica, in favore RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, asseritamente incompatibili con il dettato RAGIONE_SOCIALE‘art.11 Cost. (per superamento del cc.dd. « controlimiti » all’apertura RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento interno all’ordinamento sovranazionale europeo), che avrebbero finito per privare di contenuto il principio di sovranità popolare, sancito
dall’art.1, comma 2, Cost.; con il secondo motivo, si censura la statuizione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, secondo la quale la sovranità popolare non rientrerebbe tra i « diritti inviolabili RAGIONE_SOCIALEa persona », garantiti, in via generale, dall’art.2 Cost., laddove invece la sovranità popolare trova espressione nel diritto costituzionale di voto.
Le Amministrazioni controricorrenti eccepiscono, oltre l’inammissibilità e infondatezza dei motivi di ricorso, il difetto assoluto di giurisdizione, ai sensi del combinato disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 1, II comma, 2, 11 e 48 Cost., in relazione all’art.382, comma 3, c.p.c. (secondo cui la Corte di cassazione « se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento ed ogni altro giudice difettano di giurisdizione cassa senza rinvio », con conseguente richiesta di cassazione senza rinvio), rilevabile anche d’ufficio, chiedendo, eventualmente, la correzione RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza d’appello.
2.1. Risulta dalla sentenza impugnata che, costituendosi in primo grado, le Amministrazioni convenute avevano, in via preliminare, eccepito il difetto assoluto di giurisdizione, nel merito, invocato l’infondatezza RAGIONE_SOCIALEa pretesa azionata ex adverso .
Il Tribunale tuttavia ha respinto la domanda, ritenendo implicitamente la propria giurisdizione.
Deve rilevarsi che, allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice RAGIONE_SOCIALEa successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, in quanto tale questione è ormai coperta dal giudicato implicito, interno (cfr. Cas. Sez.Un. n. 19103/2023; Cass. Sez.Un. n. 21972/2021; Cass.Sez.Un. 10359/2021; id.nn. 25208 e 5587 del 2020; Cass. Sez.Un. 26019/2008).
Risulta tuttavia dalla stessa sentenza impugnata che le Amministrazioni appellate, in secondo grado, avevano chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’appello e, « in via di appello incidentale condizionato , dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione ». Anche in motivazione, la Corte territoriale dà atto che le Amministrazioni avevano svolto « appello incidentale condizionato in punto di carenza di giurisdizione ».
Non è quindi calato il giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, sollevata dalle Amministrazioni.
3.Tanto premesso, deve essere dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione sulle domande attoree, sulla base di un consolidato orientamento già espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Invero, il difetto assoluto di giurisdizione è configurabile quando la domanda giudiziaria non è conoscibile, in astratto e non in concreto, da nessun giudice, cosicché tutti i giudici sono tenuti ad arretrare, a farsi da parte rispetto ad una materia che non pu ò formare oggetto di cognizione giurisdizionale (Cass., Sez. Un., 16 marzo 2022, n. 8600; Cass. Sez. Un., 9 marzo 2020, n. 6690 ).
Come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite (tra le altre, Cass., S.U., n. 2452/1968; Cass., S.U., n. 5583/1980; Cass., S.U., n. 124/1993; Cass., S.U., 8157/2002; Cass., S.U., n. 16751/2006; Cass., S.U., n. 4190/2016; Cass., S.U., n. 36373/2021), il concetto di difetto assoluto di giurisdizione attiene propriamente all’impossibilità di esercitare la potest à giurisdizionale con invasione RAGIONE_SOCIALEa sfera attributiva di altri poteri RAGIONE_SOCIALEo Stato o di altri ordinamenti dotati di autonomia, in controversie direttamente involgenti attribuzioni pubbliche di questo tipo, come tali neppure astrattamente suscettibili di dar luogo a un intervento del giudice.
In sostanza, la declaratoria di difetto assoluto di giurisdizione ricorre quando venga fatta valere in giudizio una situazione giuridica che non è suscettibile di tutela giurisdizionale e in termini
sostanzialmente identici la stessa può essere anche indicata come « improponibilità assoluta RAGIONE_SOCIALEa domanda ».
In tale perimetro rientrano le ipotesi nel presente giudizio in discussione in cui sia contestata l’attribuzione di atti all’esercizio stesso di potest à sovrana, chiedendosi al giudice di sindacarne il modus operandi , con invasione dei meccanismi di responsabilit à politica.
Di recente le Sezioni Unite (Cass. n. 8600/2022) hanno affermato: «Le domande giudiziali volte a negare la sovranità RAGIONE_SOCIALEo Stato italiano su una porzione del proprio territorio, chiedendo al giudice ordinario di riconoscere l’esistenza di altra entità statuale, rientrano nel perimetro del difetto assoluto di giurisdizione in quanto comportano, non già la delibazione di una posizione di diritto o di interesse legittimo, ma un sindacato sulla configurazione costituzionale RAGIONE_SOCIALEo Stato italiano, di cui viene messa in discussione, a monte, la stessa ridefinizione dei confini territoriali o, comunque, il loro assetto » (nella specie, si è confermata la pronuncia di merito che aveva affermato il difetto assoluto di giurisdizione con riguardo ad una controversia promossa al fine di inibire allo Stato italiano l’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘imposizione fiscale su una porzione di territorio, riconoscendo al contempo, su tale porzione territoriale, la sovranità del cd. Territorio Libero di Trieste).
Sempre questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 15601/2023) ha ribadito che « Il difetto assoluto di giurisdizione è configurabile quando manca nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l’interesse dedotto in giudizio e se la domanda non risulta conoscibile, né in astratto, né in concreto, da alcun giudice » (si discuteva di un’azione popolare promossa da un gruppo di cittadini del Comune di Anguillara Veneta per far dichiarare l’illegittimità RAGIONE_SOCIALEa cittadinanza onoraria conferita dal Comune all’allora Presidente RAGIONE_SOCIALEa Repubblica federale del Brasile NOME).
Del pari, non è giustiziabile la pretesa relativa alle modalit à e ai contenuti RAGIONE_SOCIALE‘esercizio RAGIONE_SOCIALEa funzione legislativa, che necessariamente esula dall’ambito RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione, sia essa quella del giudice ordinario sia del giudice amministrativo, in quanto al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2023, n. 15058).
In linea si è statuito che la pretesa del cittadino rivolta ad ottenere una quota proporzionale del « signoraggio » monetario esula dall’ambito RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione, sia del giudice ordinario che del giudice amministrativo, in quanto al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali, funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto (Cass., Sez. Un., 21 luglio 2006, n. 16751). Si verteva in una controversia instaurata dinanzi al Giudice di Pace, con domande (incentrate sulla deduzione che la massa monetaria posta in circolazione nell’ambito dei paesi aderenti al sistema RAGIONE_SOCIALE‘Euro appartenesse alla collettività dei cittadini di quei paesi, con la conseguenza che ciascuno di costoro poteva rivendicare, pro quota, il reddito derivante dalla stampa e dalla circolazione di detta massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali) rivolte in primo luogo proprio nei confronti RAGIONE_SOCIALEa Banca Centrale Europea, cui espressamente si imputava di avere « illecitamente trasformato la Collettività da proprietaria in debitrice del proprio denaro » , con
atto introduttivo notificato unicamente alla Banca d’Italia, con sede in Roma, quale asserita « articolazione in sede nazionale RAGIONE_SOCIALE‘anzidetta Banca Centrale Europea », e anche in se’ medesima considerata.
Questa Corte, nell’accogliere il motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALEa Banca d’Italia fondato sull’eccezione secondo cui, in presenza di una pubblica potestà, qual è quella riguardante l’emissione RAGIONE_SOCIALEa moneta ad opera di un’autorità sovranazionale, il giudice italiano fosse privo di giurisdizione, non essendo assolutamente configurabile in capo alla collettività nazionale o ai suoi singoli componenti una posizione tutelabile in termini di diritto soggettivo, ha osservato che: a) l’attribuzione di un reddito monetario alla Banca d’Italia è l’effetto di una scelta di politica monetaria consacrata in strumenti normativi di diritto Europeo, al cui rispetto il nostro paese si è vincolato anche sul piano internazionale; b) nel giudizio l’attore prospettava un’asserita incoerenza « tra tale meccanismo ed un auspicato diverso assetto cui esso… dovrebbe viceversa adeguarsi nel rispetto RAGIONE_SOCIALEe suaccennate ragioni d’indole storico-economica », donde il « carattere affatto metagiuridico RAGIONE_SOCIALEa pretesa azionata, che nelle intenzioni di chi la ha formulata dovrebbe condurre ad un totale ribaltamento RAGIONE_SOCIALEa prospettiva vigente (il debito pubblico si trasformerebbe in credito pubblico), quale oggi discende dal sistema monetario RAGIONE_SOCIALEe banche centrali RAGIONE_SOCIALE »; c) tale pretesa era quindi « in realtà rivolta a mettere in discussione le scelte con cui lo Stato, attraverso i suoi competenti organi istituzionali, ha configurato la propria politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato in ambito Europeo e di fare parte RAGIONE_SOCIALEe istituzioni create all’interno di detto sistema » e si trattava « di una pretesa (quale che ne sia la plausibilità sul piano storico, economico e politico) che necessariamente esula dall’ambito RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione, sia essa quella del giudice ordinario sia del giudice amministrativo, in quanto al giudice non compete
sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sopranazionali: funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto (in tema di difetto assoluto di giurisdizione si vedano tra le altre, benché in relazione a fattispecie diverse da quella qui presa in esame, Sez. un. 12 luglio 1968, n. 2452; 17 ottobre 1980, n. 5583; 24 ottobre 1988, n. 5740; 8 gennaio 1993, n. 124; 19 maggio 1993, n. 5691; 5 giugno 2002, n. 8157) ».
Nella pronuncia, a Sezioni Unite, del 4 novembre 2001, n. 15381, questa Corte ha deciso che la domanda di sgravio dei diritti doganali, prevista dall’art. 239 del regolamento Cee n. 2913/92 del RAGIONE_SOCIALE del 12 ottobre 1992 (codice doganale comunitario), ove non sia fondata sulla deduzione del verificarsi di uno dei casi previsti dagli art. 900-903 del regolamento Cee n. 2454/93 RAGIONE_SOCIALEa Commissione del 2 luglio 1993, (casi rispetto ai quali le posizioni RAGIONE_SOCIALE‘istante integrano diritti soggettivi tutelabili dinanzi al giudice ordinario od al giudice tributario, nel vigore, rispettivamente, RAGIONE_SOCIALE‘originario testo RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, o di quello sostituito dall’art. 12, l. 28 dicembre 2001, n. 448), ma sia rivolta a far valere una situazione particolare giustificativa RAGIONE_SOCIALEo sgravio medesimo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 905-909 di detto regolamento Cee n. 2454/93, esula dalla cognizione RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria, investendo scelte e determinazioni di carattere politico.
In proposito, si pu ò ricordare anche che le Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 9147 del 2009 (cui adde, Cass., n. 23730 del 2016) hanno risolto il contrasto interpretativo relativo alla natura giuridica RAGIONE_SOCIALEa responsabilit à RAGIONE_SOCIALEo Stato legislatore in caso di violazione di obblighi sovranazionali-comunitari, ribadendo che doveva escludersi radicalmente qualsiasi diritto soggettivo dei cittadini al
corretto esercizio del potere legislativo, poich é questo si caratterizza per essere assolutamente libero nei fini e, dunque, sottratto a qualsiasi sindacato giurisdizionale, e come tale inidoneo ad integrare alcuna responsabilit à extracontrattuale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2043, cod. civ.
Orbene , nella specie, la pretesa risarcitoria, ricondotta dalla ricorrente ad una posizione di diritto soggettivo (il diritto plurisoggettivo alla sovranità popolare), e in quanto tale prospettata come scrutinabile da parte del giudice ordinario, costituisce mera eventuale conseguenza, RAGIONE_SOCIALE‘effettivo petitum sostanziale: il sindacato giurisdizionale del « quand o» e del « quomodo » RAGIONE_SOCIALE‘esercizio RAGIONE_SOCIALEa potestà legislativa RAGIONE_SOCIALEo Stato, in particolare in ordine alle scelte politiche di adesione di adesione all’Unione Europea.
E, come osservano le Amministrazioni controricorrenti, non è consentito sia ad un singolo cittadino, così come a un gruppo organizzato di cittadini, di sostituire la propria visione politica a quella espressa dal popolo, attraverso gli Organi democratici delineati dalla Costituzione, sia all’autorità giurisdizionale incidere con il proprio potere decisionale sul corretto esercizio del potere legislativo, priva di qualsivoglia potestà politica, riservata alle Istituzioni politiche.
La Corte d’appello, peraltro, integrando la motivazione di primo grado, pur senza espressamente accogliere l’eccezione RAGIONE_SOCIALEe appellanti incidentali, ha rilevato l’insindacabilità RAGIONE_SOCIALE‘attività e RAGIONE_SOCIALE atti in cui si estrinseca la funzione legislativa, a mente RAGIONE_SOCIALE‘art. 7, comma 1, del c.p.a che preclude qualsiasi sindacato anche del giudice amministrativo sugli atti politici, cosicché « la libertà nei fini RAGIONE_SOCIALE‘ atto legislativo esclude la configurabilità di un illecito da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato, pena il sindacato sulla discrezionalità del potere legislativo da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente compromissione del principio di separazione dei poteri
RAGIONE_SOCIALEo Stato »; tale insindacabilità si rifletteva anche sulla cognizione del giudice ordinario, essendo sempre prospettata con la domanda una « inammissibile valutazione di una scelta politica volta al raggiungimento di stabile giustizia e pace tra le Nazioni ».
Deve essere del pari condiviso quanto affermato dalla Corte d’appello, e ribadito dai controricorrenti, circa il fatto che la ricorrente, richiamando – anche nel presente ricorso per cassazione e nella memoria – la stretta correlazione tra il principio di sovranità popolare, sancito dall’art.1, comma 2, Cost., e il diritto costituzionale di voto, riconosciuto dall’art.48 Cost., non abbia in realtà azionato una specifica situazione soggettiva di cui era titolare o una lesione del diritto personale al voto ma abbia inteso denunciare soltanto una illegittima cessione di sovranità da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato italiano per effetto RAGIONE_SOCIALEa ratifica dei trattati europei.
Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione e va di conseguenza cassata senza rinvio, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.382, comma 3, c.p.c., la sentenza impugnata.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il difetto assoluto di giurisdizione e cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna la ricorrente al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2024.