Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32524 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6178/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, con diritto di ricevere le comunicazioni presso l ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE
Oggetto:
Pubblico
impiego
–
Attività lavorativa svolta in regime
carcerario – prescrizione dei crediti
retributivi – decorrenza
DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 3224/2023 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 25/09/2023 R.G.N. 1749/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME detenuto che aveva svolto attività lavorativa all’interno di diverse Case circondariali, nei periodi specificamente indicati, aveva chiesto l’adeguamento retributivo rispetto alla ‘mercede’ corrispostagli per tali attività lavorativa.
Il Tribunale di Roma, ritenuta non rituale ai fini della eccezione di prescrizione la costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia a mezzo di propri funzionari (unica avvenuta in primo grado tempestivamente e poi seguita, dopo l’ordinanza del giudice che aveva rilevato il difetto di ius postulandi , dalla costituzione del Ministero a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato) , aveva accolto la domanda e condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del Barivelo della somma di euro 51.734,59 oltre interessi legali.
La Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale del Ministero della Giustizia (che aveva insistito sulla intervenuta parziale prescrizione del credito vantato) e respinta quella incidentale di NOME COGNOMEche aveva posto la questione del difetto di jus postulandi del funzionario dell’Amministrazione, costituitosi in difetto dei presupposti dell’art. 417 -bis cod. proc. civ. e dunque della inammissibilità dell’eccezione di prescrizione formulata in sede di tale costituzione), ha dichiarato non dovute le somme pretese dal Barivelo maturate anteriormente al mese di giugno 2014 e confermato, nel resto, la statuizione del Tribunale.
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Ha ritenuto rituale la costituzione in giudizio del Ministero a mezzo di propri funzionari in quanto, ai sensi dell’art. 413 cod. proc. civ., limitatamente al giudizio di primo grado, le amministrazioni possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti, non rilevando in tal senso che il rapporto abbia natura privatistica o pubblica.
Ha quindi ritenuto tempestiva l’eccezione di prescrizione accogliendola parzialmente.
Ha respinto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dall’appellante principale.
Ha ritenuto interamente dovuto il t.f.r.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi.
Il Ministero ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 cod. proc. civ., 417bis cod. proc. civ. e 345 cod. proc. civ. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. -difetto di jus postulandi in capo ai funzionari che si sono costituiti nel primo grado di giudizio e conseguente inammissibilità di tutte le eccezioni formulate dall ‘ Avvocatura dello Stato in appello.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2697 cod. civ. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. – omessa allegazione e prova dell ‘ instaurazione di plurimi contratti di lavoro a termine da parte del Ministero della Giustizia.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. – omessa prova della stipula di contratti di lavoro a termine per cui è richiesta la forma scritta ad substantiam .
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2948 cod. civ. in relazione all ‘ art. 360,
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comma 1, n. 3, cod. proc. civ. – erronea determinazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione – unitarietà e continuità del rapporto di lavoro.
Il primo motivo è fondato valutando il Collegio di condividere i precedenti di cui a Cass. 19 gennaio 2024, n. 2092 e a Cass. 22 ottobre 2024, n. 27372.
5.1. L’art. 417 -bis cod. proc. civ. rubricato come riguardante la ‘difesa delle pubbliche amministrazioni’, prevede che ‘nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti’; si tratta di norma che, in senso lato, appartiene all’ambito in cui la legge consente la difesa ‘personale’ delle parti, cioè non a mezzo di ‘difensore’ (art. 82 cod. proc. civ.) per tale intendendosi un avvocato abilitato alla difesa tecnica, secondo le norme proprie della relativa professione.
L’art. 417 -bis ha quindi palesemente portata derogatoria rispetto ad una diversa regola generale, la quale, come tale, non tollera applicazioni analogiche; d’altra parte, il tenore letterale della norma è chiaro ed è perimetrato sulle ‘controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413’, sicché tutto dipende dal rientrare delle cause riguardanti il lavoro carcerario in tale ambito o meno.
In proposito, tuttavia, questa S.C., seppur pronunciando in tema di competenza territoriale, ha chiarito -con orientamento reiterato nel tempo e da cui non vi è ragione di dissentire – che la regola di cui all’art. 413, comma 5, cod. proc. civ., è da intendersi specificamente riferita ai rapporti di lavoro pubblico, mentre al lavoro carcerario sono applicabili i criteri previsti dall’art. 413, comma 2, cod. proc. civ., trattandosi di prestazioni svolte -sia pure per il perseguimento dell’obiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro e sotto la gestione degli istituti
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di pena, all’interno o all’esterno degli stessi penitenziari -nell’ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato (Cass. 8 maggio 2019, n. 12205; Cass. 17 agosto 2009, n. 18309); non resta dunque integrata la fattispecie tipica di cui all’art. 417 -bis cod proc civ. e dunque, pur prendendosi atto delle esigenze di semplificazione addotte dal Ministero ricorrente, non è possibile, in mancanza di norma esplicita in tal senso, estendere analogicamente una previsione eccezionale e di significato testuale inequivocabile.
5.2. Né può ritenersi applicabile alla fattispecie per cui è causa l’art. 182 cod. proc. civ. nella parte in cui prevede a carico del giudice l’obbligo di verificare d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti al fine di invitarle, quando occorre, a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi (comma 1).
Come si evince, infatti, dal comma 2, dell’indicato art. 182 cod. proc. civ. (testo ratione temporis vigente, come sostituito dall’art. 46, comma 2, della l. 18 giugno 2009, n. 69, con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009 ed anteriore alle modifiche di cui all’art. 3, comma 13, lett. a ), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che, ai sensi della disciplina transitoria, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data mentre ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti) la regolarizzazione riguarda la procura ed il caso in cui sia stato rilevato un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione. Con riferimento ai poteri del difensore, la norma prevede che il giudice assegni alle parti un termine perentorio per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa.
Ma come da questa Corte già affermato, la sanatoria non può che presupporre un vizio emendabile, che è situazione diversa da quella della radicale inesistenza della difesa tecnica, incidente sulla validità
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dell’instaurazione del rapporto processuale, nella quale è impedita ab origine la produzione di qualsiasi effetto giuridico, senza alcuna possibilità di sanatoria.
L’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., nella formulazione anteriore alla c.d. riforma Cartabia, non consente infatti di ‘sanare’ l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite (Cass., Sez. U, 21 dicembre 2022, n. 37434) giacché in tale testo espressamente si fa riferimento ad ‘un vizio che determina la nullità della procura’ (ciò, a differenza di quanto accade nel testo come novellato dal d.lgs. n. 149/2022, ove si è espressamente esteso il fenomeno giuridico della sanatoria anche alla fattispecie di inesistenza: cfr. Cass. 9 ottobre 2023, n. 28251).
D’altra parte, nel caso di specie, non può a ben vedere neanche dirsi che l’accaduto consista nella costituzione di un difensore privo di procura o con procura nulla, in quanto si è verificato il diverso fenomeno della partecipazione al giudizio – al di fuori dei casi in cui ciò è consentito – attraverso un dipendente dell’Amministrazione, sicché la costituzione invalida resta testualmente non soggetta alla disciplina di cui all’art. 182 cod. proc. civ., la quale riguarda, stante il riferimento appunto alla procura, l’integrazione dei poteri di un avvocato abilitato alla difesa tecnica.
6. Da tanto consegue che, come evidenziato dal ricorrente con il primo motivo di ricorso e come evincibile dalla stessa sentenza impugnata -v. pag. 2, settimo cpv. -, il primo rilievo di cui all’atto di appello del Ministero (incentrato sull’applicabilità dell’art. 417 -bis cod. proc. civ. anche ai rapporti di lavoro c.d. carcerario) doveva essere disatteso, non potendo ritenersi rituale la costituzione a mezzo del funzionario al fine della eccezione di prescrizione.
In conseguenza andava accolto l’appello incidentale del Barivelo e confermata la pronuncia di prime cure (stante la già ritenuta infondatezza del secondo motivo di gravame principale concernente l’eccezione di
incompetenza per territorio e l’assorbimento dell’ulteriore motivo concernente il dies a quo della decorrenza della prescrizione).
Va, quindi, accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. nei termini di cui alla sentenza di prime cure, con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro 51.734,59 oltre interessi legali dalle scadenze al saldo.
La regolamentazione delle spese di tutti i gradi di giudizio segue la soccombenza.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro 51.734,59 oltre interessi legali dalle scadenze al saldo; condanna, altresì, il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di primo grado, che liquida in euro 3.600,00 oltre accessori di legge; delle spese del giudizio di secondo grado che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori di legge; delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.700,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge; spese tutte da attribuirsi all’avv. NOME COGNOME antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 23 ottobre 2024.
La Presidente NOME COGNOME