Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5470 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 5470  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4576/2024 R.G. proposto da: COGNOME  NOME  rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con cui domicilia PEC EMAIL
– ricorrente –
contro RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore ,  rappresentato  e  difeso  dall’Avvocatura  Generale  dello RAGIONE_SOCIALE  presso  i  cui  uffici  in  INDIRIZZO  è domiciliato ope legis ;
-controricorrente-
avverso  la  sentenza  n.  2998/2023  della  CORTE  D’APPELLO  di ROMA, depositata il 25/07/2023 R.G.N. 1756/2022;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  pubblica  udienza  del 10/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, avendo svolto nel periodo di detenzione presso istituti penitenziari attività lavorativa all’interno delle diverse Case circondariali, ha adito il Tribunale di Roma chiedendo l’adeguamento  retributivo  che  gli  sarebbe  spettato  rispetto  alla ‘mercede’ corrispostagli per tali attività lavorativa.
 Il  Tribunale  di  Roma  ha  accolto  l’eccezione  di  prescrizione formulata dall’Amministrazione e ha rigettato la domanda.
La pronuncia è stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma, che preliminarmente ha rigettato il motivo di impugnazione relativo al difetto di ius postulandi in capo al funzionario costituito nel primo grado  di  giudizio  per  l’Amministrazione,  con  assorbimento  della conseguente censura di nullità dell’eccezione di prescrizione.
La Corte d’Appello ha quindi esaminato gli altri motivi di ricorso e li ha disattesi. La Corte d’Appello ha affermato che la statuizione del Tribunale di estinzione delle pretese creditorie «resiste all’appello anche a voler identificare il dies a quo nel 31 dicembre 2009 (ultima data di possibile cessazione della detenzione coerente con le allegazioni del COGNOME), essendo evidente il decorso del termine quinquennale al gennaio 2021, laddove la deduzione dell’appellante diretta a postulare che ‘i cui termini , peraltro, interrotti dalle diffide depositate in atti’ è generica (e quindi inammissibile), perché carente nell’allegazione dello specifico atto (in tesi interruttivo) in tesi non valutato dal Tribunale e comunque infondata non essendo stato depositato alcun atto interruttivo».
 Per  la  cassazione  della  sentenza  di  appello  NOME  COGNOME  ha proposto ricorso articolato in un motivo.
 L’Amministrazione ha resistito con controricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
 Con l’unico  motivo  di  ricorso  è  dedotta  la  violazione  e/o  falsa applicazione  dell’art.  417 -bis ,  cod,  proc.  civ.  in  relazione  all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza di appello , laddove la stessa ha disatteso la censura con cui si era dedotto che era nulla la costituzione dell’Amministrazione, a mezzo di suo funzionario, in primo  grado,  e  ciò travolgeva  ad ogni effetto l’eccezione di prescrizione che era stata formulata.
2. Il motivo è fondato e deve essere accolto.
Preliminarmente,  si  osserva  che questa  Corte con  le recenti sentenze nn. 17484, 17478, 19004, 22076 del 2024, è intervenuta in  materia  di  lavoro  carcerario  sul  tema  della  prescrizione,  e  ha affermato  che  la  decorrenza  della  prescrizione  va  collegata  al momento del venir meno del rapporto di lavoro (da ritenersi unico, non essendo configurabili cessazioni intermedie).
Naturalmente, la prescrizione in quanto eccezione in senso stretto per  essere  valutata  dal  giudice  deve  essere  proposta  dalla  parte interessata ritualmente costituita nei termini decadenziali.
La  questione  devoluta  con  il  motivo  di  ricorso,  mancanza  di ius postulandi in capo al funzionario costituitosi per l’Amministrazione è  stata  esaminata  da  ultimo  da  Cass.,  n.  2092  del  2024,  che  ha enunciato i seguenti principi, ai quali si intende dare continuità.
«L’art.  417bis ,  c.p.c.  rubricato  come  riguardante  la  “difesa  delle pubbliche amministrazioni”, prevede che “nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’art. 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti’.
Si tratta di norma che, in senso lato, appartiene all’ambito in cui la legge consente la difesa ‘personale’ delle parti, cioè non a mezzo di  “difensore”  (art.  82  c.p.c)  per  tale  intendendosi  un  avvocato abilitato alla difesa tecnica, secondo le norme proprie della relativa professione.
L’art.  417bis ha  quindi  palesemente  portata  derogatoria  rispetto ad  una  diversa  regola  generale,  la  quale,  come  tale,  non  tollera applicazioni analogiche.
D’altra parte, il tenore letterale della norma  è  chiaro ed è perimetrato  sulle  ‘controversie  relative  ai  rapporti  di  lavoro  dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’art. 413’, sicché tutto dipende  dal rientrare delle  cause riguardanti il lavoro carcerario in tale ambito o meno.
In proposito, tuttavia, questa S.C., seppur pronunciando in tema di competenza territoriale, ha chiarito – con orientamento reiterato nel tempo e da cui non vi è ragione di dissentire – che la regola di cui all’art. 413, comma 5, c.p.c., è da intendersi specificamente riferita ai rapporti di lavoro pubblico, mentre al lavoro carcerario sono applicabili i criteri previsti dall’art. 413, comma 2, c.p.c., trattandosi di prestazioni svolte – sia pure per il perseguimento dell’obbiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro e sotto la gestione degli istituti di pena, all’interno o all’esterno degli stessi penitenziari -nell’ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato (Cass. 8 maggio 2019, n. 12205; Cass. 17 agosto 2009, n. 18309).
Non resta dunque integrata la fattispecie tipica di cui all’art. 417bis c.p.c. e dunque,  pur  prendendosi  atto  delle esigenze di semplificazione addotte dal Ministero ricorrente, non è possibile, in mancanza di norma esplicita in tal senso, estendere analogicamente una previsione eccezionale e di significato testuale inequivocabile».
Pertanto, erroneamente  la  Corte  d’Appello  ha  ritenuto  che  il Ministero  fosse  regolarmente  costituito  in  primo  grado  mediante proprio funzionario, e ha  erroneamente dato ingresso all’eccezione di prescrizione che era stata formulata dal funzionario medesimo in mancanza di ius postulandi .
Il  ricorso  deve  essere accolto e la sentenza di appello  va cassata con  rinvio  alla  Corte  d’Appello  di  Roma ,  in  diversa  composizione,