Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3550 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3550 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9757/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COLLEGIO REGIONALE DI GARANZIA ELETTORALE PRESSO CORTE D’APPELLO ROMA, in persona del Presidente pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6864/2023 depositata il 25/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I l Tribunale di Frosinone ha respinto l’opposizione di COGNOME all’ordinanza ingiunzione emessa per la somma di euro 25.823,00 in ragione della violazione dell’obbligo di rendicontare le spese elettorali (art. 7 l. 515/1993). Ha disatteso il motivo col quale l’opponente ha invocato la decadenza dal potere di irrogare la sanzione e quello, di carattere sostanziale, col quale l’interessato allegava di aver svolto un ruolo secondario, da mero ‘riempilista’.
COGNOME ha proposto appello, insistendo sulla eccezione di decadenza e rilevando che il termine per la contestazione, anche lo si volesse far decorrere dall’accertamento dell’illecito e non dalla sua commissione, sarebbe sempre di 90 giorni.
La Corte d’appello ha respinto il gravame condividendo le valutazioni del giudice di primo grado, secondo il quale il termine per la notificazione degli estremi della violazione è di giorni 90 decorrenti dal suo definitivo accertamento, data che va fissata, nel caso concreto, al 21/03/2007, ossia allorché il Collegio ha verificato che l’odierno opponente non aveva ottemperato all’invito, rivoltogli con atto del 16/05/2016, di depositare la dichiarazione prevista dalla legge.
La Corte di merito ha quindi rilevato che lo stesso precedente di legittimità invocato dall’appellante (Cass. Civ., ord. 16286/2018) chiarisce, in armonia con la pronuncia impugnata, che l’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione.
Pertanto ha attribuito rilevanza, quale dies a quo per la contestazione, al verbale col quale il Collegio Regionale di Garanzia Elettorale ha preso atto della mancata ottemperanza alla diffida precedentemente notificata all’interessato.
Avverso la sentenza ha proposto il ricorso l’interessato affidandosi a due motivi. Si è costituito resistendo il Collegio a mezzo dell’ Avvocatura dello Stato. Il ricorrente ha depositato memoria.
RITENUTO CHE
1.Con il primo motivo del ricorso rubricato ‘decadenza della violazione amministrativa’ si deduce che la violazione contestata dal Collegio Regionale di Garanzia Elettorale ai sensi dell’art. 7, comma 6 e 7, della Legge n.515/1993, avrebbe dovuto essere contestata come prevede l’art. 14 della legge n.689/81 , entro 90 giorni dalla violazione. Il ricorrente deduce che la proclamazione delle risultanze elettorali è avvenuta il 27 maggio 2014, entro tre mesi avrebbero dovuto essere inviate le dichiarazioni delle spese sostenute e pertanto il termine di decadenza per la notificazione della sanzione amministrativa de qua decorre dal 26 agosto 2014 e spirava il giorno 24/11/2014. Deduce che nel fascicolo della contestazione ha rinvenuto la richiesta di chiarimenti con la diffida a presentare la dichiarazione delle spese sostenute nella campagna elettorale (diffida del 2016, notificata il 27 luglio 2016) e di avere fornito deduzioni in merito, come da atto inviato al prefato Collegio e datato 30 maggio 2017.
Con il secondo motivo del ricorso rubricato ‘incolpevolezza della violazione amministrativa’ il ricorrente deduce che egli era solo un ‘riempilista’ e gli organizzatori avrebbero provvedere a tutte le incombenze necessarie per la presentazione della lista ed a tutti gli obblighi connessi; deduce di non avere svolto la campagna elettorale né essersi prodigato a raccogliere i fondi; pertanto si è comportato come un semplice cittadino non iscritto alle liste elettorali e non aveva contezza di quali fossero gli obblighi conseguenti alla accettazione della candidatura.
3.- Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge ed errata applicazione di norme di diritto, ex art. 360, co.1 n.3. Il
ricorrente deduce che la Corte di appello di Roma ha errato nel valutare il dies a quo della contestazione e non ha tenuto conto del decorso dei 90 giorni utili ed idonei alla notifica della contestazione. L’errata applicazione del dies a quo ai fini del conteggio dei 90 giorni ovvero dal 16^ giorno successivo alla data di notifica della diffida, giorno dell’infrazione, poiché la diffida riportava il termine massimo di 15 giorni per presentare/depositare la dichiarazione delle spese elettorali. Rileva che il riscontro di tale adempimento non è un’attività complessa e la percezione dell’infrazione è immediata ovvero dal 16 ^ giorno, ma il Collegio Regionale ha aspettato ben oltre i 90 giorni per irrogare la sanzione amministrativa notificata l’08 maggio 2017.
4.I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono inammissibili
Nessuno dei motivi si confronta con la ragione decisoria della sentenza impugnata, laddove si precisa che si intende dare applicazione al costante e consolidato principio di giurisprudenza affermato da questa Corte secondo il quale l’art. 14 della legge n. 689 del 1981, facendo riferimento all’accertamento e non alla data di commissione della violazione, dev’essere interpretato nel senso che il termine di novanta giorni, ivi previsto, comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell’infrazione. L’accertamento non coincide, quindi, con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione e richiede la valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi dell’infrazione e la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza
dell’infrazione medesima ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita ed a valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione (Cass. n. 26734/2011; Cass. n. 25836/2011; Cass. n. 16286/2018)
Questo momento è stato fissato, tanto dal giudice di primo che dal giudice di secondo grado, alla data del 21 marzo 2017 cioè alla data del verbale col quale il Collegio Regionale di Garanzia Elettorale prese atto della mancata ottemperanza alla diffida precedentemente notificata all’interessato .
Il ricorrente non si confronta con questa ragione decisoria limitandosi a ribadire le sue argomentazioni in ragione delle quali andrebbe il dies a quo andrebbe in andrebbe individuato in data diversa; si tratta in verità della riproposizione in questa sede delle argomentazioni dell’appello senza curare la adeguata rubricazione dei motivi e senza confrontarsi con le ragioni esposte in sentenza.
Infine quanto alla dedotta circostanza che gli fosse un ‘riempilista’ e che non avesse consapevolezza degli obblighi di legge, si tratta di difese già disattese in primo grado, e di cui non si allega di aver dimostrato la veridicità; peraltro non avere riportato alcun volto nulla toglie agli obblighi di legge -la cui ignoranza non scusa- imposti al candidato, il quale è comunque obbligato a rendere la dichiarazione previste dai commi 6 e 7 dell’art . 7 della legge 515/1993, in relazione all’art. 2, primo comma, numero 3), della legge 5 luglio 1982, n. 441, nel caso in cui si sia avvalso esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte.
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese prenotate a debito .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/01/2025.