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Dies a quo procedura fallimentare: la Cassazione chiarisce

Un creditore ha richiesto un indennizzo per l’eccessiva durata di un fallimento. La Cassazione, con l’ordinanza n. 14604/2024, ha chiarito che il ‘dies a quo procedura fallimentare’ per il calcolo della durata ragionevole decorre dal deposito della domanda di ammissione al passivo, non dalla successiva ammissione. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva applicato un criterio errato, rinviando per una nuova valutazione dell’indennizzo.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Dies a quo procedura fallimentare: la Cassazione fa chiarezza

L’eccessiva durata dei processi è una problematica nota del sistema giudiziario italiano, che può causare notevoli disagi ai cittadini e alle imprese in attesa di una decisione. Per tutelare i diritti dei creditori coinvolti in lunghe procedure concorsuali, la legge prevede un equo indennizzo. Con la recente ordinanza n. 14604/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sul dies a quo procedura fallimentare, ovvero sul momento esatto da cui iniziare a calcolare la durata del procedimento ai fini di tale indennizzo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore dipendente, creditore di una società dichiarata fallita per una somma considerevole a titolo di retribuzioni e TFR. A causa della notevole lunghezza della procedura fallimentare, egli aveva presentato una richiesta di equo indennizzo ai sensi della Legge Pinto (L. 89/2001).

La Corte d’Appello, pur riconoscendo il diritto all’indennizzo, ne aveva liquidato un importo molto ridotto. La motivazione risiedeva nel metodo di calcolo della durata: la Corte territoriale aveva stabilito che il conteggio dovesse iniziare non dal giorno in cui il creditore aveva depositato la sua domanda di ammissione al passivo (febbraio 2010), ma dal giorno della sua effettiva ammissione (luglio 2014). Questa interpretazione riduceva di oltre quattro anni il periodo di irragionevole durata, con un conseguente abbattimento dell’indennizzo e delle spese legali riconosciute.

La questione giuridica: il corretto dies a quo procedura fallimentare

Il cuore della controversia legale si è concentrato sull’individuazione del corretto dies a quo procedura fallimentare per il creditore che si insinua al passivo. Esistono due tesi principali:

1. Il giorno dell’ammissione al passivo: Sostenuta dalla Corte d’Appello, questa tesi ritiene che il creditore subisca gli effetti della durata del processo solo dal momento in cui il suo credito viene formalmente riconosciuto e ammesso.
2. Il giorno del deposito della domanda di ammissione: Sostenuta dal ricorrente, questa tesi afferma che il creditore diventa parte del processo, con una legittima aspettativa di tutela, già dal momento in cui presenta la propria istanza.

La scelta tra questi due momenti ha un impatto determinante sulla quantificazione dell’eventuale ritardo e, di conseguenza, dell’indennizzo spettante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del creditore, cassando la decisione della Corte d’Appello e affermando un principio di diritto ormai consolidato. I giudici supremi hanno ribadito che, per il creditore insinuato, la durata del processo fallimentare deve essere calcolata a partire dal giorno in cui viene depositata la domanda di ammissione al passivo.

La Corte ha spiegato che la domanda di insinuazione, ai sensi dell’art. 94 della Legge Fallimentare, “produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento”. Questo significa che dal momento del deposito dell’istanza, il creditore acquisisce la qualità di parte processuale, generando un’aspettativa giuridicamente tutelata al soddisfacimento del proprio diritto. Attendere il decreto di ammissione significherebbe ignorare un periodo in cui il creditore è già formalmente coinvolto nella procedura e subisce gli effetti della sua lentezza.

La Cassazione ha sottolineato che questo orientamento è ormai prevalente e consolidato (citando numerose sentenze, tra cui Cass. n. 12861/2022 e la recente Cass. n. 324/2024), superando un indirizzo minoritario precedente che faceva riferimento alla data di ammissione. L’atto di insinuazione apre una fase processuale che non può essere considerata irrilevante ai fini del calcolo della durata del processo.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione è di fondamentale importanza per la tutela dei creditori nelle procedure fallimentari. Stabilendo con chiarezza che il dies a quo procedura fallimentare coincide con il deposito della domanda di ammissione, si garantisce una valutazione più equa e completa della durata del processo. Questa pronuncia rafforza il diritto all’equo indennizzo, assicurando che l’intero periodo di attesa del creditore, dalla sua prima mossa formale, sia preso in considerazione. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà ricalcolare l’indennizzo e le spese legali sulla base di una durata del procedimento significativamente più lunga.

Da quale momento si calcola la durata di una procedura fallimentare ai fini dell’indennizzo per eccessiva durata per un creditore?
Secondo la Corte di Cassazione, la durata si calcola a partire dal giorno in cui il creditore deposita la domanda di ammissione al passivo, e non dalla data successiva in cui il suo credito viene formalmente ammesso.

Perché la data di deposito della domanda è considerata il ‘dies a quo’ e non la data di ammissione al passivo?
Perché la domanda di ammissione al passivo produce gli effetti di una domanda giudiziale per l’intera durata del fallimento. Dal momento del deposito, il creditore diventa a tutti gli effetti una parte del procedimento e matura una legittima aspettativa di tutela, subendo le conseguenze della sua lentezza.

Quali sono le conseguenze pratiche di questa decisione per i creditori?
Questa decisione rafforza la posizione dei creditori. Essi possono ora richiedere un equo indennizzo calcolato su un periodo di tempo più lungo, che include anche la fase tra il deposito della domanda e l’ammissione al passivo. Ciò può tradursi in un indennizzo economico più elevato in caso di ritardi procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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