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Dies a quo interruzione processo: guida alla riassunzione

Una società aveva promosso un’azione revocatoria contro una banca, ma il processo è stato interrotto a causa della liquidazione coatta di quest’ultima. La questione centrale riguardava il ‘dies a quo interruzione processo’, ovvero il momento da cui far decorrere il termine per la riassunzione. La Corte d’Appello aveva ritenuto la riassunzione tardiva, legando la scadenza alla comunicazione PEC dell’evento interruttivo. La Corte di Cassazione, invece, ha annullato tale decisione, stabilendo che il termine decorre non dalla conoscenza dell’evento, ma dalla data in cui il giudice dichiara formalmente l’interruzione, rendendo così tempestiva la riassunzione effettuata dalla società.

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Dies a quo interruzione processo: quando riprendere la causa?

La gestione dei termini processuali è cruciale in ogni causa, ma diventa ancora più complessa quando un processo viene interrotto. Un caso recente affrontato dalla Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sul dies a quo interruzione processo, ovvero il momento esatto in cui inizia a decorrere il termine perentorio per la riassunzione, specialmente in caso di apertura di una procedura concorsuale come il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa. La sentenza sottolinea un principio di certezza giuridica: il cronometro non parte con la semplice notizia dell’evento, ma con la sua formalizzazione da parte del giudice.

I Fatti di Causa

Una società, nell’ambito di una procedura concorsuale, aveva intrapreso un’azione revocatoria contro un istituto di credito per recuperare delle somme. Durante il corso del giudizio, la banca convenuta veniva posta in liquidazione coatta amministrativa. Questo evento, per legge, causa l’interruzione automatica del processo.

La società attrice, una volta ripresi i fili della procedura, riassumeva il giudizio notificando l’atto a un’altra grande banca, ritenuta cessionaria dei rapporti giuridici della prima. Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, dichiarando nullo il giudizio di primo grado perché il processo si era estinto. Secondo i giudici d’appello, la riassunzione era avvenuta oltre il termine di tre mesi previsto dalla legge. Il loro calcolo partiva dalla data in cui il legale della banca in liquidazione aveva comunicato via PEC l’evento interruttivo alla controparte, e non dalla data successiva in cui il giudice aveva formalmente dichiarato l’interruzione in udienza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno stabilito che la Corte d’Appello ha commesso un errore nell’individuare il dies a quo interruzione processo. Il termine per la riassunzione, secondo la Cassazione, non decorreva dalla comunicazione informale tra le parti, ma dalla data dell’ordinanza con cui il giudice aveva dichiarato l’interruzione del processo. Di conseguenza, l’atto di riassunzione era stato depositato tempestivamente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte fonda la sua decisione richiamando un principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 12154/2021), che ha risolto le precedenti incertezze interpretative. Il ragionamento è chiaro e si basa sulla distinzione tra due momenti diversi:

1. L’evento interruttivo: L’apertura del fallimento o della liquidazione coatta causa l’interruzione automatica del processo, come previsto dall’art. 43 della Legge Fallimentare. Questo significa che l’effetto interruttivo si produce di per sé, indipendentemente da una dichiarazione del giudice.
2. La decorrenza del termine per la riassunzione: Questo secondo momento è però distinto dal primo. Per garantire la certezza del diritto e il diritto di difesa, il termine perentorio per riattivare la causa (fissato dall’art. 305 c.p.c.) non può essere legato a un evento di cui la parte potrebbe non avere conoscenza legale e certa. Pertanto, il dies a quo è collegato non all’evento in sé, ma alla dichiarazione giudiziale dell’interruzione. È da quando tale dichiarazione viene portata a conoscenza delle parti (ad esempio, perché pronunciata in udienza o comunicata dalla cancelleria) che scatta il termine per la riassunzione.

La Corte d’Appello, invece, aveva confuso i due piani, facendo decorrere il termine da un atto di parte (la comunicazione PEC), anziché dall’atto del giudice che formalizza l’interruzione e ne dà conoscenza legale a tutti i partecipanti al processo.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale per la stabilità dei processi giudiziari. La scelta di ancorare il dies a quo interruzione processo alla dichiarazione formale del giudice elimina l’ambiguità e l’incertezza che potrebbero derivare da comunicazioni informali o dalla conoscenza casuale dell’evento interruttivo. Per gli avvocati e le parti, ciò significa avere un punto di riferimento chiaro e inequivocabile per calcolare i termini perentori, evitando il rischio di vedersi dichiarare l’estinzione del giudizio per una tardività incolpevole. La certezza del diritto prevale, garantendo che il processo possa proseguire sulla base di atti formali e non di mere comunicazioni private.

Da quale momento esatto inizia a decorrere il termine per riassumere un processo interrotto a causa del fallimento di una parte?
Il termine per la riassunzione decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale di interruzione del processo viene portata a conoscenza della parte. Non è sufficiente la semplice conoscenza dell’evento fallimentare.

Una comunicazione via PEC tra avvocati che informa del fallimento è sufficiente a far partire il termine per la riassunzione?
No. La Corte di Cassazione, seguendo l’orientamento delle Sezioni Unite, ha chiarito che il termine per la riassunzione è legato all’atto formale del giudice che dichiara l’interruzione, e non a comunicazioni private tra le parti, come una PEC.

Qual è la differenza tra l’interruzione ‘automatica’ del processo e la decorrenza del termine per riassumerlo?
L’interruzione del processo è un effetto ‘automatico’ della dichiarazione di fallimento, che si verifica per legge. Tuttavia, la decorrenza del termine perentorio per la riassunzione è un momento distinto e successivo, che coincide con la conoscenza legale della ‘dichiarazione giudiziale’ di tale interruzione, garantendo così certezza alle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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