Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22714 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22686/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’ avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 312/2022 del la Corte d’Appello di Trieste, depositata il 21.7.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE propose, davanti al Tribunale di Pordenone, azione revocatoria di rimesse bancarie effettuate nel periodo sospetto in favore di Veneto Banca S.c.p.A.
Instauratosi il contraddittorio, il processo venne dichiarato interrotto allorché Veneto Banca S.p.A. (così nel frattempo trasformatasi) fu sottoposta alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Alla riassunzione provvide RAGIONE_SOCIALE (poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE, quale assuntrice del concordato fallimentare di RAGIONE_SOCIALEp.ARAGIONE_SOCIALE con cessione delle azioni di pertinenza della massa, tra le quali l’azione revocatoria in questione. Il ricorso in riassunzione non venne notificato a Veneto Banca S.p.A. in LCA, bensì a Intesa Sanpaolo S.p.A., in quanto ritenuta cessionaria del rapporto sulla base del contratto stipulato con i commissari liquidatori della banca il 26.6.2017.
Instauratosi nuovamente il contraddittorio, anche con la spontanea costituzione della LCA di Veneto Banca S.p.A., il Tribunale di Pordenone, in parziale accoglimento della domanda, dichiarò l’inefficacia delle rimesse bancarie ritenute revocabili e condannò Intesa Sanpaolo S.p.A. al pagamento, in favore di MAEL S.p.A., della somma di € 111.710,31, in linea capitale.
Contro la decisione del Tribunale Intesa Sanpaolo S.p.A. propose tempestiva impugnazione e , all’esito, la Corte d’Appello di Trieste, in accoglimento del primo motivo di gravame, dichiarò la nullità della sentenza impugnata, «essendosi il processo estinto ai sensi dell’art. 305 c.p.c.».
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto, nei confronti della sola Intesa Sanpaolo S.p.A., ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Intesa Sanpaolo S.p.A. si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unic o motivo di ricorso denuncia «violazione e o falsa applicazione (art. 360, n. 3, c.p.c.) degli artt. 43 legge fall. e/o 305 c.p.c.».
La questione riguarda l’individuazione del dies a quo del termine per la riassunzione del processo interrotto in seguito all’apertura di una procedura concorsuale liquidatoria a carico di una delle parti. La Corte d’Appello di Trieste ha ritenuto che tale dies a quo andasse individuato nella data in cui l’evento interruttivo fu comunicato a mezzo PEC alla controparte dal difensore costituito per Veneto Banca S.p.A. (10.8.2017). La ricorrente sostiene, invece, che il dies a quo debba essere fissato nella successiva data in cui il giudice pronunciò, in udienza, l’ordinanza dichiarativa dell’interruzione del processo (15.9.2017).
Da tale alternativa dipende la constatazione della tardività (nel primo caso) o della tempestività (nel secondo) -rispetto al termine perentorio di tre mesi fissato nell’art. 305 c.p.c. -del ricorso in riassunzione presentato il 5.12.2017 da RAGIONE_SOCIALEallora RAGIONE_SOCIALE.
2. Il ricorso è fondato.
2.1. Non è in discussione che nella presente fattispecie deve trovare applicazione l’art. 43 legge fall. (tramite il rinvio contenuto nell’art. 80, comma 6, T.U.B. ; conf. v. Cass. n. 34785/2024).
Del pari, né le parti né la sentenza impugnata mettono il dubbio la valenza nomofi lattica dell’intervento delle Sezioni unite con la sentenza n. 12154/2021 ai fini della corretta lettura della citata disposizione.
Anche questo collegio intende dare continuità a quel fondamentale arresto e, pertanto, si tratta soltanto di farne esatta applicazione nel caso di specie, ciò che non ha fatto la Corte d’Appello giuliana.
2.2. Com’è noto, al novellato art. 43, comma 3, legge fall. (« L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo») è stato unanimemente riconosciuto il significato normativo di rendere automatica e immediata l’inter ruzione del processo provocata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, in deroga alla regola generale secondo cui l’evento interruttivo che riguardi la parte costituita produce effetto solo dal momento in cui il suo difensore lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti (art. 300 c.p.c.).
Ciò ha determinato incertezze sulla individuazione del dies a quo del termine per la riassunzione del processo, potendosi fare riferimento alternativamente alla data della pubblicazione della sentenza di fallimento, al momento della conoscenza legale ed effettiva dell’ evento interruttivo oppure alla ordinanza del giudice che dichiara l’interruzione, pronunciata in udienza o comunicata alle parti.
2.3. A risolvere ogni incertezza è appunto intervenuta la sentenza n. 12154/2021 delle Sezioni unite, nella quale è affermato il seguente principio di diritto: « in caso di apertura del fallimento, ferma l ‘ automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai
sensi dell ‘ art. 43 co. 3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all ‘ art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell ‘ interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell ‘ art. 176 co. 2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata -ai predetti fini -anche dall ‘ ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d ‘ ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l ‘ avvenuta dichiarazione di fallimento medesima ».
Il senso è chiaramente quello di scindere il profilo della « automatica interruzione del processo » da quello della decorrenza del termine perentorio per la riassunzione, la quale rimane in ogni caso collegata alla « dichiarazione giudiziale dell’interruzione ». E anche il tema della conoscenza legale necessaria per individuare il dies a quo si pone, ma con riferimento (non all’evento interruttivo, ma) all’ordinanza del giudice che dichiara l’interruzione ; la quale è « già … conosciuta nei casi di pronuncia in udienza » oppure « va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata … anche dall ‘ ufficio giudiziario ».
2.4. A tale principio non si è evidentemente attenuta -contrariamente alla dichiarata intenzione di seguire il precedente delle Sezioni unite -la Corte d’Appello di Trieste , che ha individuato il dies a quo del termine per la riassunzione del processo nella data (10.8.2017) in cui il difensore di Veneto Banca S.p.A. comunicò al difensore della controparte fallimento
RAGIONE_SOCIALE che la banca era stata posta in liquidazione coatta amministrativa, ritenendo irrilevante la data (15.9.2017) in cui il giudice di Pordenone dichiarò, in udienza, l’interruzione del processo . Data , quest’ultima, facendo riferimento alla quale l’atto di riassunzione depositato il 5.12.2017 dall’allora RAGIONE_SOCIALE doveva essere considerato tempestivo, come correttamente ritenuto dal Tribunale ed erroneamente smentito dalla Corte territoriale, che ha quindi altrettanto erroneamente dichiarato la nullità della sentenza di primo grado.
Accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, per decidere, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste, per decidere, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del