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Dichiarazione non veritiera: quando non c’è decadenza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 15816/2024, ha stabilito che una dichiarazione non veritiera in un’autocertificazione comporta la decadenza dai benefici solo se l’omissione riguarda un requisito essenziale e ostativo all’assunzione. Nel caso di una docente che aveva omesso una vecchia condanna penale non rilevante ai fini dell’incarico, la Corte ha annullato il licenziamento, precisando che la sanzione della decadenza si applica solo quando la falsità è stata decisiva per ottenere un beneficio altrimenti non spettante.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Dichiarazione non veritiera: non sempre porta al licenziamento

Una dichiarazione non veritiera in un’autocertificazione presentata per un concorso pubblico può costare il posto di lavoro? La risposta, secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, non è sempre affermativa. La sentenza chiarisce un principio fondamentale: la sanzione della decadenza dal beneficio (come un’assunzione) scatta solo se la falsità riguarda un requisito essenziale che, se noto, avrebbe impedito fin dall’inizio l’ottenimento di quel beneficio. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso: l’omissione nella domanda di inserimento in graduatoria

Il caso esaminato riguarda una docente che aveva ottenuto un incarico di supplenza dopo essersi iscritta nelle graduatorie di istituto. Successivamente, l’Amministrazione scolastica aveva scoperto che la docente, nella sua autocertificazione, aveva omesso di dichiarare una condanna per un reato contravvenzionale risalente a diversi anni prima, punita con un’ammenda e con il beneficio della non menzione.

Di conseguenza, l’Amministrazione aveva disposto il suo depennamento dalle graduatorie e la risoluzione del contratto di lavoro, ritenendo che l’omissione costituisse una dichiarazione non veritiera sanzionabile con la decadenza automatica dai benefici ottenuti, ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. 445/2000.

La decisione dei giudici di merito: l’omissione non era determinante

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla docente. I giudici hanno accertato che la specifica condanna penale riportata non rientrava tra le cause ostative previste dalla lex specialis (l’ordinanza ministeriale che regolava l’accesso alle graduatorie). In altre parole, anche se la docente avesse dichiarato correttamente la condanna, avrebbe comunque avuto il diritto di essere inserita in graduatoria e di ottenere l’incarico. Pertanto, l’omissione, sebbene scorretta, non era stata influente per il conseguimento del beneficio.

Il ricorso in Cassazione del Ministero e la dichiarazione non veritiera

L’Amministrazione scolastica ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo che qualsiasi dichiarazione non veritiera, a prescindere dalla sua rilevanza, dovrebbe comportare la decadenza automatica dai benefici. Secondo il Ministero, la completezza e la veridicità delle dichiarazioni sono un valore assoluto nelle procedure di selezione pubblica, e la loro violazione deve essere sempre sanzionata con la massima severità per tutelare il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Le motivazioni della Suprema Corte: la distinzione tra falsità determinante e non determinante

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando un orientamento ormai consolidato. Gli Ermellini hanno chiarito che l’art. 75 del d.P.R. 445/2000 collega la sanzione della decadenza direttamente al provvedimento amministrativo ottenuto “sulla base” della dichiarazione non veritiera.

Questo significa che la decadenza si applica solo quando l’infedeltà della dichiarazione nasconde l’assenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro. In termini più semplici, la falsità deve essere decisiva: il dichiarante decade dal beneficio solo se ha ottenuto qualcosa a cui non avrebbe avuto diritto se avesse detto la verità.

Nel caso specifico, poiché la condanna omessa non era un impedimento all’assunzione, la dichiarazione non veritiera della docente non è stata la causa genetica dell’ottenimento del posto. La sanzione automatica della decadenza, quindi, non era applicabile. La Corte ha inoltre distinto questa ipotesi dal licenziamento disciplinare, che può essere avviato per false dichiarazioni ma richiede un apposito procedimento e una valutazione sulla proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità del fatto, cosa che non era avvenuta.

Le conclusioni: l’impatto della sentenza sull’autocertificazione

Questa ordinanza ribadisce un principio di ragionevolezza e proporzionalità. Sebbene la correttezza e la buona fede nelle dichiarazioni rese alla Pubblica Amministrazione restino un dovere fondamentale, le conseguenze di un’irregolarità devono essere commisurate alla sua effettiva incidenza sul rapporto. Una dichiarazione non veritiera su un dato non essenziale ai fini dell’assunzione non può portare all’automatica perdita del posto di lavoro. La sanzione più grave, la decadenza, è riservata ai soli casi in cui si è mentito su un requisito indispensabile per ottenere il beneficio.

Una qualsiasi dichiarazione non veritiera in un’autocertificazione per un concorso pubblico porta sempre alla decadenza dai benefici?
No. Secondo la sentenza, la decadenza automatica dai benefici (come l’assunzione) si verifica solo se la dichiarazione non veritiera ha nascosto l’assenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito di ottenere quel beneficio. Se l’informazione omessa o falsa non era determinante, la decadenza non si applica.

Qual è la differenza tra la decadenza dai benefici per dichiarazione non veritiera e il licenziamento disciplinare?
La decadenza dai benefici è una sanzione automatica che colpisce il vizio genetico del contratto, ossia quando si ottiene un posto senza averne i requisiti. Il licenziamento disciplinare, invece, è una sanzione che interviene su un rapporto di lavoro già validamente instaurato e richiede un apposito procedimento che valuti la gravità della condotta e la proporzionalità della sanzione.

Cosa significa che la falsità della dichiarazione deve essere ‘decisiva’ per l’assunzione?
Significa che la falsità deve riguardare un requisito indispensabile previsto dalla legge o dal bando di concorso per poter essere assunti. Se il candidato avesse dichiarato il vero, non avrebbe potuto ottenere il posto. Se, invece, la dichiarazione errata riguarda un elemento non ostativo, la falsità non è ‘decisiva’ e non comporta l’automatica decadenza dal beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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