Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8013-2021 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE (già MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA), in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SICILIA RAGIONE_SOCIALE PROVINCIA DI CATANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrenti –
Oggetto
DECADENZA DALLA GRADUATORIA
R.G.N.8013/2021
COGNOME
Rep.
Ud.19/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 654/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 19/10/2020 R.G.N. 592/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Siracusa accoglieva il ricorso della signora NOME COGNOME che lamentava di essere stata illegittimamente dichiarata decaduta dalla graduatoria permanente del personale ATA, reintegrandola nella predetta graduatoria in quanto, sebbene condannata in primo grado, era stata assolta in appello dal reato di falso in quanto non idoneo ad incidere sul diritto ad essere inserita con il medesimo punteggio nella predetta graduatoria.
La Corte di Appello di Catania, su gravame proposto dall’amministrazione con due atti di appello di cui uno ta rdivo, previa riunione degli stessi, riformava la sentenza di primo grado, ritenendo legittima l’esclusione dalla graduatoria permanente, a prescindere dagli esiti del procedimento disciplinare attivato nei confronti della dipendente.
La Corte territoriale, richiamati gli artt. 127 lett. d) d.p.r. 3/1957 e 75 d.p.r. 445/2000, riteneva che l’effetto caducatorio si determinasse, senza margini di apprezzamento discrezionale per la P.A., per il solo fatto oggettivo della falsità costituita dalla dichiarazione resa in ordine alla copertura previdenziale dell ‘orario lavorativo superiore a quello realmente compiuto (la ricorrente aveva lavorato part time piuttosto che a tempo pieno) tale da escludere la valida instaurazione del rapporto di impiego pubblico con soggetti che agiscano in violazione del principio di lealtà, anche a tutela dei concorrenti pregiudicati
dalla sleale competizione con chi partecipi alla selezione con documenti falsi o viziati.
La Corte di merito richiamava, altresì, l’art. 55 -quater lett. d d.lgs. n. 165/2001 secondo cui sono causa di licenziamento ‘le falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro o di progressioni di carriera’.
Ciò posto, la Corte distrettuale, considerata pacifica la falsità della dichiarazione resa in sede di autocertificazione, rilevava che ai sensi dell’art. 8.8 del bando le dichiarazioni mendaci o la produzione di documentazioni false comportano l’esclusione della procedura di riferimento, nonché l’esclusione dalla relativa graduatoria se inseriti e comportano, inoltre, sanzioni penali, come prescritto dagli articoli 75 e 76 del d.p.r. 28/11/2000 n. 445.
Pertanto, la Corte riteneva la falsa autocertificazione in merito al servizio prestato presso l’istituto non statale ‘Mons. COGNOME causa automatica della esclusione dalla graduatoria permanente ai sensi della citata normativa, sussistendo, nel caso concreto, il nesso causale fra la falsa dichiarazione ed il beneficio ottenuto (punteggio non spettante che ha dato luogo al conferimento delle supplenze).
Ricorreva per cassazione la signora COGNOME con quattro motivi, cui resisteva con controricorso il Ministero. La COGNOME depositava, altresì, memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 434 c.p.c. per mancato esame in ordine alla tardività dell’appello proposto iscritto al n. 724/2018 R.G. Inoltre, si eccepisce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
con conseguente nullità della sentenza in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
1.1. La Corte avrebbe erroneamente ignorato il secondo appello riunito al primo su cui era stata sollevata eccezione di tardività nella memoria difensiva del 7/2/2019.
Tale omissione avrebbe comportato la nullità della sentenza per non avere la Corte di merito esaminato la dedotta eccezione di tardività dell’appello.
Con il secondo motivo si deduce l’erronea interpretazione dell’art. 2.7 e 3.2 del bando di concorso. Violazione dell’art. 1362 e 1366 c.c. e dell’art. 12 preleggi c.c.. Nullità della sentenza in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché omesso esame di un documento decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Nullità della sentenza in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
2.1 Ad avviso della parte ricorrente, anche a voler prendere in considerazione soltanto il rapporto di lavoro part time, il punteggio finale sarebbe stato identico per come disposto dall’art. 2.7 del bando secondo cui: ‘Il servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo parziale è valutato per intero secondo i valori espressi nella corrispondente tabella di valutazione dei titoli a partire dall’anno scolastico 2004/2005’.
2.2. Lo stesso Ministero con la nota ministeriale prot. N. AOODGPER 617 del 26/1/2012 in cui ha testualmente affermato: ‘ Si richiama l’attenzione, infine, che nei confronti di tutti i candidati il punteggio per qualsiasi tipologia di servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo parziale è valutato per intero secondo i valori espressi nella corrispondente tabella di valutazione dei titoli indipendentemente dall’anno scolastico in cui sia stato prestato tale servizio’ ha chiarito che , a prescindere dall’ anno scolastico in cui il servizio è prestato ai
fini del punteggio, il servizio full time ed il servizio part time devono essere equiparati.
2.3. Conseguentemente, la dichiarazione mendace sarebbe del tutto innocua sia ai fini dell’accesso in graduatoria che della posizione in graduatoria risultando identico il punteggio finale spettante all’odierna ricorrente.
2.4. La sentenza impugnata, pertanto, è da ritenersi errata nella misura in cui ha interpretato le norme del bando ivi richiamate senza considerare la equiparazione dal punto di vista del punteggio del lavoro part time a quello full time, con violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1366 c.c..
2.5. Inoltre, le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale sono frutto di un evidente omesso esame del documento n. 6 allegato al ricorso introduttivo (la nota ministeriale prima indicata) secondo cui ‘…il punteggio per qualsiasi tipologia di servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo parziale è valutato per intero secondo i valori espressi nella corrispondente tabella di valutazione dei titoli indipendentemente dall’anno scolastico in cui sia stato prestato servizio’.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione del principio ‘Tantum devolutum quantum appellatum’. La violazione del giudicato interno. La violazione degli artt. 434, 342 e 346 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza in riferimento all’art . 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
3.1. I motivi di gravame del Ministero sottoposti allo scrutinio della Corte di appello non hanno avuto ad oggetto la parte della sentenza del Tribunale che aveva ritenuto condivisibili le conclusioni raggiunte dalla Corte di Appello penale in ordine alla natura di falso innocuo della dichiarazione resa in seno alla domanda di partecipazione in quanto inidoneo ad incidere sul
punteggio riconosciuto, nonché sulla valutabilità del servizio reso in regime di part time. Conseguentemente, su tale questione, ad avviso della ricorrente, si sarebbe formato il giudicato.
4.Con il quarto ed ultimo motivo si denuncia la falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 127 lett. d), d.p.r. 3/1957, 75, d.p.r. 445/2000 e 55 quater d.lgs. 165/2001. Violazione del principio di proporzionalità in riferimento all’art. 117, primo com ma Cost. all’art. 5 T.U.E. e all’art. 52 della Carta dei diritti fondamental i dell’Unione Europea. Violazione dell’art. 12 preleggi. Violazione dell’art. 5 L. 2248/1865 All. E e dell’art. 63, d.lgs. 165/2001. Nullità della sentenza in riferimento all’art . 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
4.1. La Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che la falsa autocertificazione produca automaticamente l’effetto caducatorio a prescindere dalla circostanza che la condotta integri o meno un reato. La Corte aggiunge che la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata alla P.A. comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, ai sensi dell’art. 75 del d.p.r. n. 445/2000 indipendentemente da ogni indagine circa l’elemento soggettivo del dichiarante, ponendosi non come sanzione, ma quale effetto dell’assenza, successivamente accertata, dei requisiti richiesti.
4.2. Ed invero, la giurisprudenza della Cassazione è nel senso di ritenere che la produzione di falsi documentali o di dichiarazioni non veritiere è causa di decadenza con conseguente nullità del contratto esclusivamente allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A.
4.3. Nel caso di specie, ad avviso di parte ricorrente, le dichiarazioni rese non hanno determinato né l’instaurazione del rapporto né una migliore posizione in graduatoria per l’irrilevanza della distinzione fra rapporto a tempo pieno e rapporto a tempo parziale per cui la decadenza stabilita dagli artt. 127 e 75 richiamati in sentenza non avrebbe potuto trovare applicazione.
4.4.Inoltre, la decadenza si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalità di derivazione eurounitari, sancito dall’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea e dall’art. 52 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
4.5. Infine, si censura la sentenza per non aver disposto la disapplicazione delle norme del bando di cui al punto 8.8 e di cui al punto 3.7 del DM 75/2001 nella parte in cui dispongono che qualunque falsa dichiarazione contenuta nella domanda di partecipazione comporta la decadenza dalla graduatoria ancorchè non correlata con il beneficio conseguito.
Il ricorso è in parte fondato e va accolto nei limiti di cui alla presente motivazione.
5.1. Il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Al riguardo, la censura aggredisce la sentenza di appello per aver la stessa omesso di pronunciarsi sulla eccezione di tardività di uno dei due appelli proposti dall’amministrazione di cui è stata disposta la riunione. Tale motivo è privo del necessario requisito dell’interesse a d agire, atteso che il vizio della sentenza di appello, ove esistente, non ha comportato la inammissibilità del gravame che è stato tempestivamente proposto con l’altro atto di appello, senza quindi alcun pregiudizio per la parte appellata conseguente alla omessa pronuncia sulla dedotta eccezione.
5.2. Il secondo motivo, viceversa, è fondato.
La sentenza impugnata è errata nella parte in cui afferma la sussistenza del nesso causale fra la falsa dichiarazione ed il beneficio ottenuto dalla ricorrente, senza tenere in alcun conto la nota ministeriale prot. N. AOODGPER 617 del 26/1/2012 secondo cu i ‘…il punteggio per qualsiasi tipologia di servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo parziale è valutato per intero secondo i valori espressi nella corrispondente tabella di valutazione dei titoli indipendentemente dall’anno scolastico in cui sia s tato prestato tale servizio’.
Il mancato esame di tale documento proveniente dalla stessa amministrazione ha comportato l’omessa motivazione da parte della Corte di merito in ordine ad un punto decisivo della controversia nella misura in cui tale documento non esaminato -nella parte in cui equipara il part time al tempo totale avrebbe consentito se e come la falsa dichiarazione in ordine alle ore di servizio prestato abbia inciso sul punteggio riconosciuto alla lavoratrice e la abbia consentito di ottenere il beneficio, non ottenibile senza il mendacio.
Tale profilo risulta di tale portata da invalidare l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito.
5.3. L’omissione , peraltro, si appalesa ancor più grave laddove la valutazione di tale documento avrebbe consentito di fornire una diversa interpretazione al bando di concorso e in particolare al punto 2.7 secondo cui ‘il servizio prestato con rapporto di lavoro a tempo parziale è valutato per intero secondo i valori espressi nella corrispondente tabella di valutazione dei titoli a partire dall’anno scolastico 2004/2005’.
Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La ricorrente eccepisce che l’amministrazione in sede di appello non avrebbe impugnato la sentenza di primo grado nella parte
in cui ha ritenuto che la dichiarazione resa in seno alla domanda di partecipazione costituisse un falso innocuo, in quanto inidoneo ad incidere sul punteggio riconosciuto, nonché sulla valutabilità del servizio reso in regime di part time.
Tale punto della decisione di primo grado sarebbe, pertanto, passato in cosa giudicata.
5.4. Orbene, dalla lettura della sentenza di appello emerge con sufficiente certezza che il Ministero appellante ha censurato la sentenza di primo che ha affermato la natura di falso innocuo delle dichiarazioni rese dalla odierna ricorrente. In particolare, il motivo di appello eccepisce la inapplicabilità in ambito giuslavoristico del concetto di ‘falso innocuo’ dovendosi distinguere il piano della rilevanza penalistica della condotta di mendacio da quella civilistica ed in particolare giuslavoristica, disciplinata da specifiche norme.
Il quarto ed ultimo motivo è fondato nei termini di cui in motivazione, perché la sentenza impugnata, nell’affermare la sussistenza del nesso di causalità sulla sola base della falsa dichiarazione, si è posta in contrasto con il principio di diritto secondo cui «il determinarsi di falsi documentali (art. 127 lett. d d.p.r. 3/1957) o dichiarazioni non veritiere (art. 75 d.p.r. 445/2001) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A. » ( Cass. n. 18699/2019 e negli stessi termini Cass. n. 10854/2020 pronunciata in fattispecie nella quale, a seguito della falsa dichiarazione, era stato ottenuto l’inserimento nelle graduatorie di istituto del personale ATA; Cass. N. 22673/2020).
6.1. Con le richiamate pronunce si è evidenziato che l’art. 75 del d.p.r. n. 445/2000, nel prevedere, quanto alle dichiarazioni sostitutive, che la «non veridicità del contenuto» comporta la decadenza del dichiarante «dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera», opera ogniqualvolta, in assenza della falsa dichiarazione, l’impiego non sarebbe stato ottenuto, ossia nei casi in cui l’inclusione nella graduatoria concorsuale o selettiva sia diretta conseguenza del mendacio.
6.2. Si è precisato, inoltre, che sul piano contrattuale la “decadenza dai benefici” si risolve in un vizio genetico del contratto, ossia nella nullità dello stesso, e ciò è stato affermato in linea con l’orientamento, ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte, alla stregua del quale nel pubblico impiego contrattualizzato la regola posta dagli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 165/2001, che in attuazione dell’art. 97 Cost. impongono alle Pubbliche Amministrazioni l’individuazione del contraente nel rispetto delle procedure concorsuali o, per le qualifiche meno elevate, delle modalità di avviamento di cui al combinato disposto del richiamato art. 35, comma 1, lett. b) e degli artt. 23 e seguenti del d.P.R. n. 487/1994, seppure non direttamente attinente al contenuto delle obbligazioni contrattuali, si riflette sulla validità del negozio, perché individua un requisito che deve sussistere in capo al contraente, di tal ché, ove si consentisse lo svolgimento del rapporto con soggetto privo del requisito in parola, si finirebbe per porre nel nulla la norma inderogabile, posta a tutela di interessi pubblici alla cui realizzazione, secondo il Costituente, deve essere costantemente orientata l’azione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici ( cfr. fra le più recenti Cass. n. 30999/2019, Cass. n. 17002/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata).
6.3. Quanto ai poteri che la Pubblica Amministrazione può esercitare ove si avveda della falsità della dichiarazione e, più in generale, dell’illegittimità dell’assunzione si è evidenziato che l’atto con il quale l’amministrazione revochi l’incarico a seguito dell’annullamento della procedura concorsuale o dell’inosservanza dell’ordine di graduatoria «equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale» (Cass. nn. 8328/2010, 19626/2015, 13800/2017, 7054/2018, 194/2019), ovverosia, secondo un più risalente ma pur sempre valido precedente, la decadenza in questi casi va apprezzata «semplicemente in termini di rifiuto dell’amministrazione scolastica di continuare a dare esecuzione al rapporto di lavoro a causa della nullità del contratto per violazione di norma imperativa» (Cass. 13150/2006).
6.4.Dai richiamati principi, qui ribaditi perché condivisi dal Collegio, discende che nel caso di specie, pertanto, ha errato la Corte territoriale nel ritenere che l’accertamento della falsità ideologica dell’autocertificazione, resa in occasione della formazione delle graduatorie per il personale ATA, comportasse in via automatica l’esclusione dalle stesse in assenza della valutazione circa l’inidoneità della falsità stessa a determinare l’acquisizione dei benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera. Tale meccanismo opera ogniqualvolta, in assenza della falsa dichiarazione, l’impiego non sarebbe stato ottenuto, ossia nei casi in cui l’inclusione nella graduatoria concorsuale o selettiva sia diretta conseguenza del mendacio, circostanza che nel caso di specie non si è verificata.
6.5.Il ricorso va, pertanto, accolto nei limiti di cui alla presente motivazione e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame sulla base dei principi di diritto enunciati nei punti che precedono, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui ni motivazione; inammissibile il primo motivo inammissibile e infondato il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta