Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8865 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 2092/2019 r.g. proposto da:
NOME, NOME COGNOME, nella qualità di procuratore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, le ultime due quali avRAGIONE_SOCIALE causa di NOME COGNOME, deceduta in Messina il 16 gennaio 2018, e tutti avRAGIONE_SOCIALE causa di NOME COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, recapito professional e RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale estesa su foglio separato ed un ito al presente atto a mente RAGIONE_SOCIALE‘art. 83, 3º comma, seconda parte, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria relative al presente giudizio all’indirizzo di PEC EMAIL .
–
ricorrRAGIONE_SOCIALE
–
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE Milazzo, in persona del suo sindaco e legale rappresentante pro tempore, AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, in forza di deliberazione di giunta RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 25 gennaio 2019 e determinazione dirigenziale n. 200 del 30 gennaio 2019, giusta procura rilasciata in calce al controricorso su foglio separato, ma da considerarsi materia lmente congiunto ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 83 c.p.c., dall’AVV_NOTAIO, indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL, presso il cui studio professionale in INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato
– controricorrente –
E
Fallimento RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimato- avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Messina n. 1192/2017, depositata in data 2 dicembre 2017;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 27/3/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO ;
RILEVATO CHE:
Gli attori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, deducevano di essere proprietari di un fondo sito nel Comune di Milazzo, riportato in catasto al foglio 7, particella 82, di ha 5.73.40.
Con decreto di finanziamento RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica RAGIONE_SOCIALE‘8 giugno 1988, venivano fissati i termini per l’occupazione.
In data 6 maggio 1989 il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milazzo approvava il progetto di opera pubblica, con variante allo strumento urbanistico generale.
Veniva, quindi, emesso il decreto di occupazione n. 7 del 30 gennaio 1990.
La Regione AVV_NOTAIO non approvava il provvedimento n. 157 del 6 maggio 1989 e restituiva gli atti in data 24 marzo 1990.
Per tale ragione il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provvedeva nuovamente a deliberare la variante al piano urbanistico generale con provvedimento n. 185 del 13 settembre 1990.
Veniva, dunque, emesso un nuovo decreto di occupazione, n. 136 del 18 settembre 1990, seguito dall’immissione in possesso in data 11 ottobre 1990, e dall’approvazione RAGIONE_SOCIALEa Regione con provvedimento n. 987 del 15 giugno 1991.
Pertanto, gli attori citavano dinanzi al tribunale di Messina il Comune di Milazzo, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni loro cagionati dalla abusiva occupazione RAGIONE_SOCIALE‘appezzamento di terreno, destinato alla realizzazione di un asse viario di raccordo tra l’autostrada Messina-Palermo e la città di Milazzo. Per gli attori, il procedimento espropriativo era nullo sin dall’inizio, in assenza RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di pubblica utilità, non potendo essere definito tale il decreto di finanziamento RAGIONE_SOCIALE‘opera RAGIONE_SOCIALE‘8 giugno 1988, che si limitava a fissare i termini di esecuzione dei lavori.
Si costituiva il Comune eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, avendo affidato la costruzione RAGIONE_SOCIALE‘opera ad una associazione temporanea di imprese, guidata dalla RAGIONE_SOCIALE, cui erano stati trasferiti i poteri e gli obblighi inerRAGIONE_SOCIALE alla procedura ablatoria. Pertanto, il giudice ordinava la chiamata in causa, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 107 c.p.c., RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, quale capogruppo del
RAGIONE_SOCIALE di imprese costituito con la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
Il processo veniva interrotto a causa del fallimento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, e gli attori provvedevano alla riassunzione del giudizio nei soli confronti del Comune di Milazzo. Il tribunale di Messina, con sentenza RAGIONE_SOCIALE’11 febbraio 2002, qualificata la fattispecie come occupazione usurpativa, condannava il Comune, ma con esso in solido anche il fallimento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni, liquidati in lire 2.206.960.000,00, oltre interessi e rivalutazione.
Avverso tale decisione proponeva appello in via principale il Comune di Milazzo, mentre svolgevano appello incidentale NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, anche quali eredi di NOME COGNOME, deceduto nelle more.
Proponeva appello incidentale anche il curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 272 del 2006, dichiarava nulla l’impugnata sentenza nella parte in cui pronunciava condanna nei confronti del fallimento, che non era stato evocato in giudizio in sede di prime cure, e, in riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza, rigettava la domanda proposta nei confronti del Comune di Milazzo.
In particolare, evidenziava che il RAGIONE_SOCIALE temporaneo di imprese era subentrato al Comune anche nella titolarità e nella conduzione RAGIONE_SOCIALEa procedura ablativa, gestendola con RAGIONE_SOCIALEa ed in nome proprio, in virtù di apposita disposizione legislativa.
Peraltro, non si era al cospetto di una occupazione usurpativa, in quanto sussisteva la dichiarazione di pubblica utilità, trovando applicazione «l’art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE siciliana n. 35 del 10 agosto 1978, che – dopo avere confermato che anche in AVV_NOTAIO, per le opere pubbliche di competenza RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO e degli RAGIONE_SOCIALE
sottordinati, l’approvazione del progetto equivale a dichiarazione di p.u. e che nell’atto cui è riconnessa tale dichiarazione vanno fissati i termini iniziali e finali RAGIONE_SOCIALEe espropriazioni e dei lavori – nell’ultimo comma stabilisce tuttavia che ‘per le opere degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE finanziate RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE 31 marzo 1972, n. 19, i termini predetti sono fissati nel decreto di finanziamento’».
Nel decreto di finanziamento emesso in data 8 giugno 1988 si sarebbe precisato che esso «equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza RAGIONE_SOCIALE‘opera a tutti gli effetti RAGIONE_SOCIALEa legge» e che «ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 RAGIONE_SOCIALEa legge 25/6/65 n. 2359 le espropriazioni dovranno avere inizio entro anni due dalla data del presente decreto dovranno compiersi entro anni cinque dalla stessa data. I lavori dovranno avere inizio entro anni due e dovranno compiersi entro anni cinque».
Pertanto, per la Corte territoriale si sarebbe trattato di illegittimo esercizio del potere, ma non di radicale mancanza e RAGIONE_SOCIALEa conseguente impossibilità di traslazione del medesimo al RAGIONE_SOCIALE di imprese concessionario dei lavori.
Quanto alla diversa dimensione RAGIONE_SOCIALEa superficie occupata rispetto a quella indicata nel provvedimento autorizzativo RAGIONE_SOCIALE‘occupazione, il giudice d’appello evidenziava che, quanto alla superficie non prevista, l’occupazione si atteggiava fin dall’inizio come abusiva perché sine titulo , «e attesa l’irreversibile trasformazione del suolo, giustifica una pretesa di risarcimento dei danni da occupazione acquisitiva (non usurpativa). Ma di detti danni, per quanto sopra chiarito, non è il Comune a dover rispondere».
7. La Corte di cassazione, adita dai COGNOME, con sentenza n. 10286 del 12 maggio 2014, rigettava i primi due motivi di ricorso, statuendo il difetto di legittimazione passiva del Comune di Milazzo,
in quanto il concessionario RAGIONE_SOCIALEa costruzione di opera pubblica, nella specie il RAGIONE_SOCIALE temporaneo di imprese, con la capogruppo RAGIONE_SOCIALE, in virtù di apposita norma di legge (art. 42 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO 29 aprile 1985, n. 21), aveva assunto nei confronti dei terzi tutte le obbligazioni negoziali, indennitaria e risarcitoria derivanti dall’esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘opera, escludendo ogni rapporto diretto tra i terzi e l’ente concedente. L’unico interlocutore, dunque, per i danni subiti dal privato a causa RAGIONE_SOCIALEa procedura di espropriazione, era il concessionario.
Questa Corte, però, accoglieva il terzo motivo ove si deduceva «violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 numeri 3 e 5, c.p.c., per violazione di norme di diritto e per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo RAGIONE_SOCIALEa controversia in riferimento alla nullità RAGIONE_SOCIALEa procedura ablativa», con la censura RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata per «non aver tenuto conto che il Comune agì in carenza di potere, per la mancanza di una valida dichiarazione di pubblica utilità».
Ed infatti, gli attori sostenevano che non vi fosse stata l’approvazione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alla delibera di approvazione del progetto RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica, adottata il 6 maggio 1989, con la relativa variante allo strumento urbanistico. Alla mancata approvazione da parte RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE era seguita la restituzione degli atti in data 24 marzo 1990. Per tale ragione, in base agli assunti di parte attrice, il Comune aveva agito in carenza di potere sicché non poteva procedere all’occupazione per la trasformazione dei terreni.
La Corte d’appello aveva rilevato che in data 18 settembre 1990 era stato emesso un nuovo decreto di occupazione, in quanto il 13 settembre 1990, il RAGIONE_SOCIALE Milazzo aveva adottato nuovamente la variante, con successiva approvazione RAGIONE_SOCIALEa Regione del 15 giugno 1991. Il giudice di appello, però, si era preoccupato
esclusivamente di verificare l’avvenuta fissazione dei termini per i lavori e la procedura, «spiegando che secondo la legislazione RAGIONE_SOCIALE ciò avviene con il decreto di finanziamento».
Con riferimento, però, alla circostanza «che l’occupazione sia stata autorizzata quando la delibera di approvazione del progetto era stata bocciata, precisa che il rilievo resta travolto dalla considerazione che è il decreto di finanziamento che implica la dichiarazione di pubblica utilità, e che nella specie, ai fini di risolvere la questione RAGIONE_SOCIALEa legittimazione passiva, l’irregolarità attiene ad un momento logicamente e cronologicamente successivo al decreto del 1988 del finanziamento RAGIONE_SOCIALE‘opera, sicché si potrà parlare di illegittimo esercizio del potere, ma non di carenza assoluta».
La Corte di cassazione, però, ha giudicato tale motivazione «insufficiente e contraddittoria.
Ed infatti, ha affermato che, la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello non spiega in alcun modo come «l’apponibilità dei termini, prescritti in linea generale dall’art. 13 legge 25/6/65 n. 2359, a mezzo del decreto di finanziamento, come previsto dall’art. 1, comma 5, legge RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO 10/8/78 n. 35, possa avere rilevanza sulla diversa questione RAGIONE_SOCIALEa efficacia stessa, come dichiarazione di pubblica utilità (e, soprattutto, come dichiarazione di indifferibilità ed urgenza idonea a consRAGIONE_SOCIALEre l’occupazione RAGIONE_SOCIALEe aree in necessarie alla costruzione RAGIONE_SOCIALE‘opera), RAGIONE_SOCIALE‘approvazione del progetto RAGIONE_SOCIALE‘opera. Non spiega, in particolare, se in relazione alla disciplina urbanistica dei terreni occupati, fosse necessaria l’approvazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa delibera consiliare».
La Corte di cassazione ha aggiunto che l’art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO n. 35 del 1978, attribuiva all’approvazione dei progetti da parte dei competRAGIONE_SOCIALE organi dei rispettivi RAGIONE_SOCIALE, l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza RAGIONE_SOCIALEe
opere stesse, conformemente del resto all’art. 1, legge 3/1/78, n. 1. L’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE, poi, recepiva le disposizioni contenute nei commi 4 e seguRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge statale «nel senso che le variazioni sostanziali, ovvero le RAGIONE_SOCIALEzzazioni RAGIONE_SOCIALEe opere pubbliche in aree non destinate dallo strumento urbanistico a pubblici servizi, devono essere sottoposte ad approvazione RAGIONE_SOCIALE».
Questa Corte ha, dunque, distinto le due diverse ipotesi: a) «allorché si tratti di area destinata alla realizzazione di servizi pubblici è sufficiente che la delibera di approvazione di un progetto che importi variante RAGIONE_SOCIALEo strumento urbanistico sia trasmessa all’RAGIONE_SOCIALE, e che questi non adotti alcuna determinazione nei successivi 30 giorni»; b) «allorquando si tratti di area destinata dallo strumento urbanistico ad altri scopi, invece, necessita l’approvazione espressa del predetto RAGIONE_SOCIALE».
Il giudice d’appello non avrebbe dunque spiegato le ragioni «per cui la prima approvazione consiliare del progetto, in data 6/5/89, non viene approvata dall’organo RAGIONE_SOCIALE (che anzi restituisce la delibera il 24/3/90), e quale sia la dichiarazione di pubblica utilità che legittima la procedura seguente, ivi compreso il nuovo decreto di occupazione del 18/9/90, se è vero che il progetto viene riapprovato il 13/9/90, con approvazione RAGIONE_SOCIALE che sopraggiunse solo il 15/6/91, quando, presumibilmente, i lavori erano già stati compiuti».
Pertanto, per la Corte di cassazione era «dunque necessaria una nuova motivazione che dia chiara e logica narrativa RAGIONE_SOCIALEo svolgimento dei fatti, tenendo conto che in mancanza di dichiarazione di pubblica utilità l’agire RAGIONE_SOCIALEa pubblica amministrazione è svolto in carenza di potere, e che la stessa delega al compimento RAGIONE_SOCIALEe operazioni espropriative viene a mancare del necessario supporto. Con la
conseguenza che RAGIONE_SOCIALE‘illecita trasformazione RAGIONE_SOCIALEa proprietà dovrebbe rispondere anche l’ente che in assenza del fondamentale presupposto per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEa procedura, ha autorizzato l’occupazione e la trasformazione RAGIONE_SOCIALEa proprietà privata».
Pertanto, «in difetto di idonea dichiarazione di pubblica utilità, proprio in riferimento all’art. 1 legge AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO 35/78, non è attribuito alcun potere ablatorio alla P.A. ed è inidonea ad affievolire ad interesse legittimo il diritto di proprietà del privato con conseguente disapplicazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza con la quale sia stata disposta l’occupazione di urgenza RAGIONE_SOCIALE‘area sulla quale l’opera avrebbe dovuto insistere».
8. A seguito RAGIONE_SOCIALEa riassunzione, la Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 1192 depositata il 2 dicembre 2017 ha «rigettato l’appello», anche se, in realtà, accogliendo l’appello principale del Comune, ha rigettato la domanda degli attori, reputando non usurpativa l’occupazione.
La Corte territoriale, dopo aver ricostruito l’iter processuale, osservava che le era stato affidato il compito «di accertare la natura RAGIONE_SOCIALEa variante al PRG di cui alla delibera n. 157 del 6/5/89, non approvata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, anzi, ha provveduto alla restituzione con la nota n. 41003/89 del 24/3/90».
Con chiarezza il giudice d’appello, in sede di rinvio, rilevava che avrebbe dovuto verificare il contenuto dei due provvedimRAGIONE_SOCIALE sopra citati, e quindi RAGIONE_SOCIALEa delibera del consiglio RAGIONE_SOCIALE di Milazzo n. 157 del 6 maggio 1989, di variante al PRG e la nota di restituzione di atti RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO del 24/3/1990.
Ciò in quanto: a) se la delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milazzo fosse qualificabile in termini di variante sostanziale, tale, cioè, «da prevedere la RAGIONE_SOCIALEzzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica in questione in aree non destinate dallo strumento urbanistico a pubblici servizi e, quindi,
da richiedere l’approvazione espressa da parte dei competRAGIONE_SOCIALE organi regionali»; in tale ipotesi, infatti, il difetto di approvazione RAGIONE_SOCIALE equivarrebbe ad una «mancanza di valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità», con la conseguenza che l’ente RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto «la legittimazione passiva in merito alla pretesa risarcitoria avanzata dai signori COGNOME»; b); se invece la delibera, contenente la detta variante, «avesse interessato l’area già destinata alla realizzazione di servizi pubblici, non occorrendo l’approvazione RAGIONE_SOCIALE la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe integrata dall’originario decreto assembleare n. 715 RAGIONE_SOCIALE‘8 giugno 1988».
È però, per la Corte d’appello «le emergenze documentali acquisite non consentono alla Corte di compiere l’accertamento demandatole, non risultando prodotte né la delibera n. 157/89 né tantomeno la nota assessoriale di restituzione».
Non era possibile, quindi, effettuare, nonostante la «pur corposa, documentazione in atti», la verifica se la modifica del tracciato RAGIONE_SOCIALE‘asse viario, oggetto di tale delibera, «abbia interessato o meno aree destinate a servizi dal vigente strumento urbanistico».
Poiché, però, il giudizio di rinvio costituiva una prosecuzione del giudizio di cassazione, ed era caratterizzato da una istruttoria sostanzialmente chiusa, tranne che nell’ipotesi in cui l’attività istruttoria fosse resa necessaria dalla stessa pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione, «sarebbe stata consRAGIONE_SOCIALEta agli appellanti in riassunzione la relativa produzione». Del resto, trattandosi di controversia di natura risarcitoria, doveva operare il principio RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova di cui all’art. 2697 c.c. ed all’art. 115 c.p.c.
Doveva reputarsi assorbito il quarto motivo di ricorso, con il quale gli attori avevano lamentato la differenza tra le aree previste nel decreto di occupazione e quelle effettivamente occupate.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, nella qualità di procuratore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (le ultime due subentrate a NOME COGNOME, dopo il decesso in data 16 gennaio 2018), tutti anche quali avRAGIONE_SOCIALE causa di NOME COGNOME. I ricorrRAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria scritta.
Ha resistito con controdeduzioni il Comune di Milazzo.
11.E’ rimasto intimato il fallimento RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrRAGIONE_SOCIALE deducono la «violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. – omesso esame RAGIONE_SOCIALEa documentazione in atti – violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, 2º comma, c.p.c.».
In sostanza, i ricorrRAGIONE_SOCIALE lamentano che la Corte d’appello, per svolgere le sue valutazioni, in ordine alla natura RAGIONE_SOCIALEa variante al PRG di cui alla delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milazzo n. 157 del 6 maggio 1989, avrebbe dovuto esaminare, sia tale delibera, sia la nota RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO del 24 marzo 1990, con cui si restituivano gli atti a seguito RAGIONE_SOCIALEa mancata approvazione RAGIONE_SOCIALE.
La delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 157 del 1989 era in atti ed era «allegata al n. 8) (pagg. 26/29) del fascicolo di produzione nel giudizio di primo grado rubricato al n. 3039/1991 del tribunale di Messina, integralmente allegato al fascicolo di produzione nel giudizio riassunzione n. 122/2015 R.G. RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Messina, come da attestazione di avvenuto deposito del 12/3/15» (cfr. pagina 31 del ricorso per cassazione).
Tra l’altro, la Corte d’appello, «non solo ha omesso di esaminare la documentazione versata in atti ma ha anche specificato che la
documentazione presuntamente non prodotta, sarebbe stata decisiva».
Pertanto, il giudice d’appello avrebbe omesso di riconoscere e dichiarare che la variante al PRG, approvata con la delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 157 del 6 maggio 1989, era divenuta giuridicamente inesistente a seguito RAGIONE_SOCIALEa bocciatura con nota RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO del 24 marzo 1990.
Inoltre, il contenuto RAGIONE_SOCIALEa nota RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO n. 41003/89 del 24 marzo 1990, era riportato nella delibera del Comune di Milazzo n. 185 del 13 settembre 1990, con cui il Comune aveva deliberato la nuova variante al PRG.
In particolare, si riportava nella delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 185 del 13 settembre 1990 quanto di seguito: «visto che in data 14/5/1990 è pervenuta al Comune la nota prot. 41003/89 del 24/3/90 con la quale l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE ha restituito la variante al PRG adottata con delibera n. 157 del 6 maggio 1989 significando che la stessa non era meritevole di approvazione per i motivi esposti dal C.R.U. con voto n. 5 RAGIONE_SOCIALE’11/10/89; visto che con circolare n. 2/90 prot. 27733 del 1/6/90, il predetto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha ripreso in considerazione l’intera problematica relativa alla variante allo strumento urbanistico adottate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 1/1978 pervenendo, su conforme parere RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura distrettuale RAGIONE_SOCIALEo Stato di Palermo, alla conclusione che ove le varianti stesse riguardino tracciati viari non è più applicabile la procedura prevista dal citato articolo 1, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 1 del 1978, bensì debba provvedersi mediante il procedimento normale del variante; ciò in quanto l’esame RAGIONE_SOCIALEa variante da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE non può non tenere conto, oltre che RAGIONE_SOCIALEa compatibilità tecnica ed urbanistica RAGIONE_SOCIALE‘opera in sé, dei problemi di
assetto del vigente strumento urbanistico relativamente alle zone omogenee interessate alla viabilità secondaria ed agli aspetti urbanistici generali».
Pertanto sarebbe stata sufficiente la semplice lettura RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza n. 185 del 1990 del RAGIONE_SOCIALE Milazzo, poi approvata dall’RAGIONE_SOCIALE con decreto del 15 giugno 1991, per verificare che: a) la delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 157 del 6 maggio 1989, dichiarata non approvata, era stata sostituita, dalla delibera n. 185 del 13 settembre 1990;b) in ogni caso, la delibera n. 157 del 1989 non era stata mai approvata dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrRAGIONE_SOCIALE lamentano la «violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, commi terzo e quinto, per violazione di norme di diritto e ciò con riferimento al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 394, 2º comma, c.p.c.».
Invero, la Corte d’appello non ha tenuto conto di quanto previsto dall’art. 394, comma secondo, c.p.c., il quale dispone che nel giudizio di rinvio «le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata».
La Corte territoriale, invece, ha considerato «i deducRAGIONE_SOCIALE quali appellanti principali, giungendo a ritenerli gravati da un inammissibile onere RAGIONE_SOCIALEa prova del contrario rispetto alla solo asserita e non approvata legittimità RAGIONE_SOCIALEa procedura ablativa posta a fondamento del proprio atto di appello dal Comune di Milazzo, presunta dichiarazione di legittimità reiterata anche nella comparsa di costituzione nel giudizio di rinvio».
In realtà, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, « stato il Comune di Milazzo, con atto notificato il 7/2/03 a proporre appello avverso la sentenza n. 507/2002 del
tribunale di Messina, sostenendo la legittimità RAGIONE_SOCIALEa procedura espropriativa».
L’errore è consistito nell’affermare che l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova era a carico degli attori in prime cure, i quali avrebbero dovuto depositare ulteriori documRAGIONE_SOCIALE a supporto RAGIONE_SOCIALEa legittimità RAGIONE_SOCIALEa procedura ablativa, mentre, al contrario, essi rivestivano «la posizione processuale di appellati».
Sarebbe dunque errata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che «sarebbe stato consRAGIONE_SOCIALEto agli appellanti in riassunzione la produzione RAGIONE_SOCIALEa indicata documentazione».
I due motivi di impugnazione, che possono essere esaminati congiuntamente, per ragioni di stretta connessione, sono entrambi fondati.
3.1. Anzitutto, non merita accoglimento l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune controricorrente, secondo cui i ricorrRAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto presentare revocazione ex art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello, come si desumerebbe dalla stessa articolazione RAGIONE_SOCIALEa censura da parte degli stessi in ragione di « un errore di fatto, consistente nella inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo ».
Infatti, il giudizio di revocazione ex art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., può essere promosso ma esclusivamente nell’ipotesi in cui non vi sia stata contestazione tra le parti sui fatti sui quali si porge ricorso.
Per questa Corte, infatti, l ‘errore di fatto previsto dall’art. 395 n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione RAGIONE_SOCIALEa realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo
incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documRAGIONE_SOCIALE di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga ad un’errata valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali (Cass., sez. 6-1, 26 gennaio 2022, n. 2236). Tra l’altro, nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto perciò solo controverso, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, RAGIONE_SOCIALEa successiva pronuncia con il quale il giudice di merito ha definito il processo (Cass., sez. 3, 15 marzo 2023, n. 7435).
I due documRAGIONE_SOCIALE di cui si discute rappresentano proprio il cuore RAGIONE_SOCIALEa controversia e sono stati al centro RAGIONE_SOCIALEa dialettica RAGIONE_SOCIALEe parti per tutti i gradi di giudizio.
3.2. Non è fondata neppure la seconda eccezione sollevata dal Comune controricorrente, non essendo stato omesso l’esame di punti decisivi RAGIONE_SOCIALEa controversia, come richiede la nuova formulazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Il vizio di motivazione potrebbe essere dedotto solo nel caso in cui «sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c. n. 4, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per ‘mancanza RAGIONE_SOCIALEa motivazione’».
Il motivo di ricorso, invece, non concernerebbe un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo RAGIONE_SOCIALEa sentenza o dagli atti processuali, per cui sarebbe stato omesso esame, ma si tratterebbe di una inammissibile censura RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
In realtà, il primo motivo di ricorso per cassazione è stato correttamente articolato, quale omesso esame di fatto decisivo, nel
senso che la Corte d’appello ha erroneamente affermato di non aver esaminato due documRAGIONE_SOCIALE, rappresentativi di evRAGIONE_SOCIALE certi e precisi, che non sarebbero stati presRAGIONE_SOCIALE in atti, non consentendole di ottemperare a quanto disposto dalla Corte di cassazione.
Si fa riferimento, in particolare, alla delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milazzo n. 157 del 6 maggio 1989, con cui è stata operata la variante allo strumento urbanistico generale, ed alla nota di restituzione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in data 24 marzo 1990, attestante la mancata approvazione RAGIONE_SOCIALE del provvedimento del consiglio RAGIONE_SOCIALE di Milazzo.
3.3. Neppure è fondata l’ulteriore eccezione sollevata dal Comune controricorrente, con riferimento al secondo motivo di ricorso per cassazione, in quanto, da avviso del Comune, erroneamente vi sarebbe stata la censura dei ricorrRAGIONE_SOCIALE in rapporto all’art. 394 c.p.c., mentre la violazione avrebbe dovuto concernere l’art. 2697 c.c., in relazione all’errore nel riparto RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova.
In realtà, a prescindere dalla mancata menzione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., i ricorrRAGIONE_SOCIALE hanno specificamente dedotto che la Corte d’appello ha equivocato nelle indicazioni RAGIONE_SOCIALEe parti del giudizio, reputando gli attori quali appellanti principali, mentre l’appello principale era stato redatto dal Comune, che era stato soccombente nel giudizio di prime cure, che aveva accertato la natura usurpativa del procedimento espropriativo.
3.1. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10286 del 12 maggio 2014, ha espressamente disposto che il giudice del rinvio accertasse se la procedura espropriativa avesse natura acquisitiva o usurpativa.
Per ottemperare a tale disposizione, la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare il contenuto sia RAGIONE_SOCIALEa delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
di Milazzo del 6 maggio 1989, n. 157, che aveva operato una variante al PRG, sia la successiva nota RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 24 marzo 1990, con cui si era provveduto alla restituzione degli atti ed alla formale dichiarazione RAGIONE_SOCIALEa «mancata approvazione RAGIONE_SOCIALE».
3.2. Infatti, prima di tale delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, era stato emesso il decreto di finanziamento RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica in data 8 giugno 1988, con fissazione dei termini di esecuzione dei lavori nonché di quelli di durata RAGIONE_SOCIALE‘espropriazione.
Per la tesi del Comune tale decreto di finanziamento, che recava anche la fissazione dei termini, costituiva anche dichiarazione di pubblica utilità e, soprattutto, di indifferibilità ed urgenza RAGIONE_SOCIALE‘opera.
Per la tesi degli attori, invece, una volta che l’RAGIONE_SOCIALE aveva restituito gli atti con la formula RAGIONE_SOCIALEa «mancata approvazione RAGIONE_SOCIALE», non vi era alcuna valida dichiarazione di pubblica utilità, con conseguente occupazione usurpativa dei terreni, e conseguentemente legittimazione passiva del Comune rispetto alla domanda dei privati danneggiati.
Del resto, l’art. 1 (Dichiarazione di pubblica utilità) RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO 10/8/78, n. 35 (Nuove norme in materia di lavori pubblici e per l’accertamento e la semplificazione RAGIONE_SOCIALEe relative procedure) stabilisce che «per tutte le opere pubbliche di competenza RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO, dei comuni, RAGIONE_SOCIALEe province, dei RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALEe comunità RAGIONE_SOCIALE, degli RAGIONE_SOCIALE, l’approvazione dei progetti da parte dei competRAGIONE_SOCIALE organi dei rispettivi RAGIONE_SOCIALE equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza RAGIONE_SOCIALEe opere stesse a tutti gli effetti».
Al comma 4 RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE n. 35 del 1978 si chiarisce che «nell’atto cui è riconnessa la dichiarazione di pubblica utilità sono fissati i termini entro i quali debbono essere iniziati ed
ultimati i lavori ed i termini in cui devono essere iniziate ed ultimate le relative espropriazioni, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 RAGIONE_SOCIALEa legge 25 giugno 1865, n. 2359».
Al comma 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO n. 35 del 1978 si stabilisce che «Per le opere degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE finanziate dall’amministrazione RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE 31 marzo 1972, n. 19, i termini predetti sono fissati nel decreto di finanziamento».
Peraltro, l’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge RAGIONE_SOCIALE siciliana n. 35 del 1978 (Opere pubbliche in variante agli strumRAGIONE_SOCIALE urbanistici), statuisce che «nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO si applicano le disposizioni contenute nei commi 4 e seguRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge 3 gennaio 1978, n. 1». Al comma 2 RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 richiamato si dispone che «la deliberazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE adottata nell’ipotesi prevista dal 4º comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa predetta legge è trasmessa dall’RAGIONE_SOCIALE entro il termine di 10 giorni dalla data del visto RAGIONE_SOCIALEa commissione provinciale di controllo».
Al comma 3 RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 sempre citato, si legge che «la delibera di cui al comma precedente diviene esecutiva se entro il termine di giorni 30 dal ricevimento l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE non adotta alcuna determinazione»
Inoltre, l’art. 1, RAGIONE_SOCIALEa legge 3 gennaio 1978, n. 1 (Accelerazione RAGIONE_SOCIALEe procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali), stabilisce che «l’approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte dei competRAGIONE_SOCIALE organi statali, regionali, RAGIONE_SOCIALEe province RAGIONE_SOCIALE e degli altri RAGIONE_SOCIALE territoriali equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità RAGIONE_SOCIALEe opere stesse’.
Al comma 4 RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 1 del 1978 si prevede che «nei casi in cui lo strumento urbanistico vigente contenga
destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici, l’approvazione dei progetti preliminari di lavori pubblici da parte del consiglio RAGIONE_SOCIALE, e dei conseguRAGIONE_SOCIALE progetti definitivi ed esecutivi di lavori pubblici da parte RAGIONE_SOCIALEa giunta RAGIONE_SOCIALE, anche se non conformi alle specifiche destinazioni del piano, non comporta necessità di varianti allo strumento urbanistico medesimo sempre che ciò non determini modifiche al dimensionamento o alla RAGIONE_SOCIALEzzazione RAGIONE_SOCIALEe aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, regolamentate con standard urbanistici minimi da norme nazionali o regionali».
Vi è poi il comma 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 1 del 1978, che rappresenta la norma RAGIONE_SOCIALEa cui applicazione si discute.
Tale comma 5, nel testo in vigore dal 14 febbraio 1989 al 18 dicembre 1998, sancisce che «nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumRAGIONE_SOCIALE urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi la deliberazione del consiglio RAGIONE_SOCIALE di approvazione del progetto costituisce variante degli strumRAGIONE_SOCIALE stessi, non necessita di autorizzazione RAGIONE_SOCIALE prevRAGIONE_SOCIALEva e viene approvata con le modalità previste dagli articoli 6 e seguRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni».
La Corte di cassazione, ha demandato al giudice d’appello l’accertamento in ordine al contenuto effettivo RAGIONE_SOCIALEa delibera di variante del consiglio RAGIONE_SOCIALE di Milazzo del 6 maggio 1989, n. 157.
Infatti, ripetendo le parole RAGIONE_SOCIALEa Corte «allorché si tratti di area destinata alla realizzazione di servizi pubblici è sufficiente che la delibera di approvazione di un progetto che importi variante RAGIONE_SOCIALEo strumento urbanistico sia trasmessa all’RAGIONE_SOCIALE, e che questi non adotti alcuna determinazione nei successivi 30 giorni», mentre «allorquando si
tratti di area destinata dallo strumento urbanistico ad altri scopi, invece, necessita l’approvazione espressa del predetto RAGIONE_SOCIALE».
Il giudice di merito, per la Corte di cassazione, «a fronte di una puntuale obiezione degli appellati, non spiega le ragioni per cui la prima approvazione consiliare del progetto, in data 6/5/89, non viene approvata dall’organo RAGIONE_SOCIALE (che anzi restituisce la delibera il 24/3/90), e quale sia la dichiarazione di pubblica utilità che legittima la procedura seguente, ivi compreso il nuovo decreto di occupazione del 18/9/90, se è vero che il progetto viene riapprovato il 13/9/90, con approvazione RAGIONE_SOCIALE che sopraggiunse solo il 15/6/91, quando, presumibilmente, i lavori erano già stati compiuti».
La Corte d’appello ha omesso di esaminare, non solo la delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milazzo n. 157 del 6 maggio 1989, con cui si procedeva alla variante al PRG, ma anche la nota di restituzione di atti e mancata approvazione RAGIONE_SOCIALE da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE del 24 marzo 1990, il cui contenuto era riportato pressoché integralmente nella successiva delibera del Comune di Milazzo n. 185 del 13 settembre 1990, con cui si procedeva ad una nuova variante.
Entrambi i documRAGIONE_SOCIALE, il cui contenuto è riportato sia pure per stralcio dai ricorrRAGIONE_SOCIALE, si trovano negli atti di causa e dovranno essere oggetto di apposito e scrupoloso esame da parte del giudice del rinvio.
Tra l’altro, la Corte territoriale è incorsa in errore anche nell’individuazione del ruolo RAGIONE_SOCIALEe parti nel giudizio di riassunzione, che deve essere il medesimo ricoperto dalle stesse all’inizio del processo.
Pertanto, poiché in primo grado la domanda degli attori nei confronti del Comune era stata accolta, mentre il Comune aveva
proposto appello principale per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEa sua eccezione di difetto di legittimazione passiva, l’onere di dimostrare i fatti costitutivi di tale eccezione erano proprio in capo al Comune, convenuto-appellante principale, e non in capo agli attori-appellati (anche se appellanti in via incidentale).
La stessa Corte di appello afferma che l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova è degli «appellanti», ma i NOME erano appellati.
Del resto, costituisce principio ormai consolidato quello per cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata (” novum judicium “), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (” revisio prioris instantiae “). Ne consegue che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello, e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado. Pertanto, ove l’appellante si dolga RAGIONE_SOCIALE‘erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documRAGIONE_SOCIALE prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l’onere di estrarne copia ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 76 disp. att. cod. proc. civ. e di produrli in sede di gravame (Cass., Sez.U., 8 febbraio 2013, n. 3033; anche Cass., sez. 6-3, 17 dicembre 2021, n. 40606; Cass., sez. 3, 9 giugno 2016, n. 11797).
Inoltre, l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova incombeva – a prescindere dalla posizione di appellante o appellato – al Comune che sosteneva che vi era una dichiarazione di pubblica utilità per escludere l’occupazione usurpativa e, dunque, la propria legittimazione passiva.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa prima sezione