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Dichiarazione di fallimento: la sequenza procedurale

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società contro la propria dichiarazione di fallimento. La Corte ha confermato che la dichiarazione di fallimento deve seguire logicamente e cronologicamente il decreto di inammissibilità della proposta di concordato preventivo. Anche se emessi lo stesso giorno, la sequenza è stata ritenuta valida sulla base del contenuto degli atti, che indicava la priorità logica della decisione sul concordato. La sentenza affronta anche la legittimità dell’azione del Pubblico Ministero e la corretta valutazione dello stato di insolvenza.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Dichiarazione di Fallimento: La Sequenza tra Inammissibilità del Concordato e Sentenza

La corretta procedura che porta alla dichiarazione di fallimento di un’impresa è un tema cruciale nel diritto fallimentare. Con l’ordinanza n. 8391/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un aspetto procedurale fondamentale: il rapporto logico e cronologico tra il decreto che dichiara inammissibile una proposta di concordato preventivo e la successiva sentenza di fallimento. Questa decisione offre importanti chiarimenti sulla validità degli atti giudiziari, anche quando emessi in stretta successione temporale.

I Fatti del Caso

Una società in liquidazione aveva inizialmente presentato una domanda di concordato preventivo ‘con riserva’, seguita poi dal deposito della proposta e del piano. Il Tribunale, tuttavia, dichiarava inammissibile tale proposta. Successivamente, su istanza della Procura della Repubblica e di alcuni creditori, il medesimo Tribunale emetteva una sentenza di fallimento nei confronti della società.

La società proponeva reclamo presso la Corte d’Appello, lamentando diverse irregolarità procedurali. In particolare, sosteneva che non fosse stata rispettata la necessaria anteriorità del decreto di inammissibilità del concordato rispetto alla sentenza di fallimento. Il reclamo veniva rigettato, e la società ricorreva quindi in Cassazione, ribadendo le proprie doglianze.

La questione della sequenza procedurale nella dichiarazione di fallimento

Il motivo principale del ricorso si concentrava sulla presunta violazione dell’art. 162 della legge fallimentare. La società ricorrente sosteneva che il Tribunale non avesse rispettato la sequenza procedimentale che impone di decidere prima sull’ammissibilità del concordato e solo dopo, in caso di esito negativo, di procedere alla dichiarazione di fallimento. La pubblicazione della sentenza di fallimento in data 24.5.2017, senza una data certa di deposito del precedente decreto di inammissibilità, creava, a detta della ricorrente, un vizio insanabile.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, evidenziando che entrambi i provvedimenti erano stati deliberati il 16.5.2017 e depositati il 24.5.2017. La Corte ha stabilito che, anche in caso di date coincidenti, il rapporto di consequenzialità è rispettato se dai contenuti degli atti emerge inequivocabilmente che il decreto di inammissibilità è stato logicamente deliberato prima della sentenza. Nel caso specifico, il decreto stesso specificava che il Tribunale avrebbe provveduto ‘separatamente’ sulle istanze di fallimento, dimostrando così di aver scisso le due decisioni e di aver rispettato la priorità logica richiesta dalla legge.

Il ruolo del Pubblico Ministero e la mancata comparizione dei creditori

Un altro punto contestato riguardava la legittimità dell’azione del Pubblico Ministero e l’effetto della mancata comparizione dei creditori all’udienza fallimentare. La ricorrente sosteneva che l’assenza delle parti istanti dovesse essere interpretata come una rinuncia implicita all’istanza di fallimento, rendendo la dichiarazione di fallimento emessa ‘d’ufficio’ e quindi illegittima.

Anche su questo punto, la Corte ha dato torto alla società. I giudici hanno chiarito che l’assenza dei creditori era dovuta a un’omessa comunicazione dell’udienza da parte della cancelleria, un motivo involontario che non poteva in alcun modo essere interpretato come desistenza. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando una domanda di concordato viene dichiarata inammissibile, il tribunale ha il potere di segnalare lo stato di insolvenza al Pubblico Ministero. Quest’ultimo, una volta ricevuta la ‘notitia decoctionis’, è pienamente legittimato a richiedere il fallimento, in quanto il procedimento di concordato è a tutti gli effetti un ‘procedimento civile’ ai sensi dell’art. 7 della legge fallimentare.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su diversi pilastri giuridici. In primo luogo, ha riaffermato l’esistenza di un rapporto di ‘consequenzialità logico-giuridica’ tra l’inammissibilità del concordato e la dichiarazione di fallimento. Questo rapporto non richiede necessariamente una distanza temporale tra i due atti, ma una chiara priorità decisionale, che può essere desunta dal contenuto stesso dei provvedimenti.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il controllo del giudice sulla relazione del professionista attestatore nel concordato preventivo deve riguardare la correttezza e la coerenza delle motivazioni, senza invadere il merito delle valutazioni. Nel caso di specie, il Tribunale si era correttamente limitato a rilevare la genericità delle attestazioni, un controllo pienamente rientrante nelle sue prerogative.

Infine, per quanto riguarda lo stato di insolvenza, la Corte ha ricordato che la sua sussistenza è un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. La reclamante, peraltro, non aveva contestato specificamente lo stato di insolvenza nel precedente grado di giudizio, rendendo le sue doglianze sul punto inammissibili per la formazione di un giudicato interno.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida importanti principi in materia di procedure concorsuali. Essa chiarisce che la validità della dichiarazione di fallimento post-concordato non dipende da un rigido intervallo cronologico, ma dalla dimostrabile anteriorità logica della decisione sull’inammissibilità della procedura alternativa. La decisione rafforza inoltre il ruolo del Pubblico Ministero come garante della legalità nel contesto delle crisi d’impresa, legittimandolo a procedere anche sulla base della sola segnalazione del giudice civile. Per le imprese, questo significa che il tentativo di accedere a una procedura di concordato deve essere supportato da documentazione completa e attendibile, poiché una valutazione negativa da parte del tribunale può condurre direttamente e rapidamente alla declaratoria di fallimento.

È valida una dichiarazione di fallimento emessa lo stesso giorno del decreto di inammissibilità del concordato?
Sì, è valida. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’importante è che sussista una consequenzialità logica, ovvero che dal contenuto dei provvedimenti risulti inequivocabilmente che la decisione di inammissibilità del concordato sia stata presa prima di quella di dichiarare il fallimento, anche se deliberate e depositate nelle stesse date.

L’assenza dei creditori istanti all’udienza fallimentare equivale a una rinuncia?
No. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’assenza, essendo stata causata da un’omessa comunicazione dell’udienza da parte della cancelleria, non potesse essere interpretata come una ‘desistenza’ o rinuncia implicita alla richiesta di fallimento.

Qual è il ruolo del Pubblico Ministero nell’avviare una procedura di fallimento dopo un concordato inammissibile?
Il Pubblico Ministero è pienamente legittimato a richiedere la dichiarazione di fallimento. La segnalazione dello stato di insolvenza da parte del tribunale che ha dichiarato inammissibile il concordato costituisce una ‘notitia decoctionis’ sufficiente a giustificare l’iniziativa del P.M., senza la necessità di ulteriori indagini preventive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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