LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione di fallimento concordato: quando è?

Una società, dopo aver ottenuto l’omologazione di un concordato preventivo, è stata dichiarata fallita su istanza di un creditore. La Corte d’Appello aveva annullato il fallimento, ritenendo che il creditore non potesse agire per il credito intero e che l’insolvenza fosse solo prospettica. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la dichiarazione di fallimento concordato è legittima quando l’esecuzione del piano diventa oggettivamente impossibile, a prescindere dalla scadenza dei termini. L’insolvenza originaria, infatti, riemerge e giustifica l’azione, ripristinando la posizione dei creditori.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Dichiarazione di fallimento concordato: quando è possibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15029/2024, affronta una questione cruciale: è possibile dichiarare il fallimento di una società dopo che il suo piano di concordato preventivo è stato omologato, ma prima della scadenza dei termini per l’adempimento? La risposta della Corte è affermativa e stabilisce un principio fondamentale a tutela dei creditori. L’omologazione del concordato non è uno scudo invalicabile se il piano si rivela, nei fatti, impossibile da realizzare. Questo intervento chiarisce le condizioni per una dichiarazione di fallimento concordato, bilanciando la finalità di salvataggio dell’impresa con la necessità di non lasciare i creditori privi di tutela di fronte a un’insolvenza persistente.

Il caso in esame

Una società a responsabilità limitata, dopo aver ottenuto l’omologazione di un concordato preventivo con finalità liquidatorie, si trovava nell’impossibilità di vendere i propri beni immobili, che costituivano l’asset principale per soddisfare i creditori. Le trattative in corso suggerivano una svalutazione tale da non poter garantire neppure il pagamento parziale dei creditori privilegiati.

Su istanza di una società di gestione crediti, il Tribunale dichiarava il fallimento della società debitrice, ravvisando un’inerzia nell’attuazione del piano e l’impossibilità oggettiva di adempiere alle obbligazioni concordatarie.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva il reclamo della società debitrice e revocava il fallimento. Secondo i giudici d’appello, l’istanza di fallimento era inammissibile per due ragioni principali:
1. Il creditore istante aveva agito facendo valere il proprio credito per l’intero importo originario, e non per la misura ridotta (falcidiata) prevista dal concordato.
2. Lo stato di insolvenza era considerato meramente ‘prospettico’, poiché i termini per l’adempimento del concordato non erano ancora scaduti.

La dichiarazione di fallimento concordato secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso del curatore fallimentare. I giudici supremi hanno stabilito che la decisione della Corte territoriale si basava su presupposti giuridici errati, offrendo un’interpretazione chiara dei rapporti tra concordato omologato e successiva istanza di fallimento.

Le motivazioni della Corte

L’insolvenza non scompare con l’omologazione

Il punto centrale della motivazione risiede nella natura dell’insolvenza. L’omologazione del concordato non cancella magicamente lo stato di insolvenza che ha dato origine alla procedura. Piuttosto, lo ‘congela’ e lo gestisce attraverso un piano di ristrutturazione. Tuttavia, se questo piano si rivela inattuabile, l’insolvenza originaria ‘riemerge’ in una forma aggravata, dimostrando l’incapacità del debitore di far fronte ai propri impegni, seppur ridotti.

Legittimazione del creditore e la dichiarazione di fallimento concordato

La Cassazione ha chiarito che il creditore è legittimato a chiedere il fallimento. Il fatto che abbia indicato il credito nella sua misura originaria non inficia la sua legittimazione. Ciò che conta è la sua qualità di creditore, un fatto non contestato nel caso di specie. Se l’attuazione del piano diventa impossibile, gli effetti esdebitatori del concordato vengono meno e i creditori possono agire per tutelare le proprie ragioni.

L’irrilevanza della scadenza dei termini

Infine, la Corte ha smontato la tesi dell’insolvenza ‘prospettica’. Non è necessario attendere la scadenza formale dei termini del piano quando emerge un’oggettiva e sopravvenuta impossibilità di attuarlo. I fatti emersi durante la fase liquidatoria – l’invendibilità degli immobili e l’insufficienza di liquidità – erano elementi concreti e attuali, non mere ipotesi future, che dimostravano l’ineseguibilità del concordato e, di conseguenza, la persistenza di uno stato di insolvenza idoneo a giustificare la dichiarazione di fallimento.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la tutela dei creditori nel contesto delle procedure concorsuali. Il concordato preventivo omologato non può diventare uno strumento per procrastinare indefinitamente una situazione di insolvenza conclamata. Quando l’impossibilità di eseguire il piano è oggettiva e dimostrata, la via per la dichiarazione di fallimento concordato è aperta, anche prima che i termini del piano siano scaduti. Questo principio garantisce che la finalità del concordato – il risanamento dell’impresa o la migliore soddisfazione dei creditori – non venga tradita da piani che si rivelano irrealizzabili nella pratica.

Un’impresa può essere dichiarata fallita dopo l’approvazione (omologazione) di un concordato preventivo?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile dichiarare il fallimento se l’esecuzione del piano concordatario diventa oggettivamente impossibile, dimostrando che lo stato di insolvenza originario persiste o si è aggravato.

È necessario attendere la scadenza dei termini di pagamento del concordato per chiedere il fallimento?
No, non è necessario. Se emerge in modo chiaro e oggettivo che il piano non può essere attuato (ad esempio, per l’impossibilità di liquidare i beni), il fallimento può essere dichiarato anche prima della scadenza dei termini fissati nel concordato.

Un creditore può basare la sua richiesta di fallimento sull’importo originale del suo credito o deve usare quello ridotto dal concordato?
Il creditore è legittimato a chiedere il fallimento e la sua istanza non è inammissibile se fa riferimento al credito originario. Ciò che conta è la sua qualità di creditore. Se il piano fallisce, gli effetti vincolanti del concordato (inclusa la riduzione del debito) vengono meno, ripristinando la posizione originaria dei creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati