Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29059 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19007/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
D COGNOME NOME
-intimato-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di COMO n. 746/2023, depositata il 22/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto al Tribunale di Como l’esecuzione di sequestro conservativo su di un credito vantato da NOME COGNOME verso NOME COGNOME (o COGNOME II), incardinando il giudizio R.E. N. 1018/2019.
In detta procedura il COGNOME – pur evidenziata la carenza di giurisdizione e competenza del Tribunale adito – si era costituito, in data 23/09/2019, rendendo una prima dichiarazione ex art. 547 c.p.c. parzialmente positiva, in cui aveva specificato che il debito derivava da un contratto preliminare di compravendita.
All’udienza del 25/11/2019, il COGNOME aveva rettificato la propria precedente dichiarazione in termini totalmente negativi, specificando che il preliminare si era risolto per recesso, ex art. 1385 c.c., in data 08/11/2019.
Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza 03/01/2020, aveva dichiarato la propria competenza territoriale ed aveva apposto vincolo sulle somme dovute dal COGNOME ad COGNOME oggetto della dichiarazione del terzo, ovvero per € 200.000,00 in favore di PF; e, a seguito di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. da parte del terzo, con ordinanza del 20/01/2020, aveva fissato il termine per l’introduzione del giudizio di merito.
Il COGNOME introduceva il giudizio di merito, opponendosi alla ordinanza del Giudice dell’esecuzione: a) sia per carenza di competenza e giurisdizione del giudice italiano; b) sia per dichiarazione negativa del terzo e conseguente difetto di istanza d’accertamento ex art. 549 c.p.c.; c) sia per inesistenza del credito in ragione dell’avvenuto recesso.
La creditrice sequestrante RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, sostenendo la validità del provvedimento giudiziale.
Il debitore sequestrato COGNOME, eccepita la nullità della notifica al precedente difensore, da un lato, si associava all’opponente quanto al difetto di giurisdizione e competenza del giudice e, dall’altro, eccepiva l’invalidità del recesso dal preliminare.
Il Tribunale – disposta la rinnovazione dell’atto introduttivo al convenuto COGNOME presso il nuovo difensore; ritenute infondate le eccezioni formulate in via pregiudiziale dall’opponente e dall’opposto COGNOME; ritenute irrilevanti le istanze istruttorie formulate dall’opponente – con sentenza n. 747/2023 respingeva l’opposizione, con conseguente conferma dell’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione in data 3 marzo 2020 nella procedura n. 1018/2019 r.g.e., condannando l’opponente alla rifusione delle spese processuali nei confronti di entrambe le parti, nonché al pagamento di una somma ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c. esclusivamente in favore di PF.
Avverso la sentenza del giudice dell’opposizione agli atti esecutivi il COGNOME ha proposto ricorso.
Ha resistito con controricorso COGNOME, che, in data 2 novembre 2023, richiamando principi affermati da questa Corte in tema di errori fatali del sistema informatico che impediscono il deposito telematico di atti processuali, ha chiesto che questa Corte, accertata la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità al caso di specie dell’art. 153 co. 2 c.p.c., previo ogni opportuno provvedimento e declaratoria, disponga la rimessione in termini per il deposito del controricorso, riconoscendo valido ed efficace il deposito già effettuato entro il termine del 30.10.2023 ed autorizzando un nuovo deposito telematico ovvero il deposito cartaceo del suddetto atto con relativi allegati.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il difensore della società resistente ha depositato memoria.
Questa Corte, ad esito della camera di consiglio, si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, esaminata l’istanza di rimessione in termini per il deposito del controricorso: la quale, alla stregua della documentazione in atti versata (e, segnatamente, della prova delle attività dispiegate il 30/10/2023, ultimo dei quaranta giorni utili – a tal fine – dalla notificazione del ricorso) e pur non constando la natura del dedotto errore fatale impeditivo dell’accettazione originaria, può essere accolta, apparendo – nella specie – verosimile la non imputabilità al depositante del completamento della procedura di deposito telematico soltanto in data 06/11/2023.
Ciò posto, il COGNOME articola in ricorso quattro motivi
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 547 e 549 cpc e dell’art. 16 bis DL n. 179/2012, nella parte in cui il giudice dell’opposizione agli atti esecutivi ha ritenuto inesistente la modifica della dichiarazione del terzo ex artt. 678 e 547 cpc ‘resa e verbalizzata’ all’udienza ex art. 552 cpc ‘in quanto con essa si compiva riferimento anche all’avvenuto deposito della medesima in via telematica che però risultava eseguito dopo la chiusura dell’udienza’.
Al riguardo osserva che la dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c. nell’ambito di un procedimento di sequestro conservativo di crediti ex art. 678 c.p.c. e le sue eventuali successive modifiche, rettifiche o chiarimenti non rappresentano un atto processuale di parte e possono essere rese verbalmente anche in udienza.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione dell’art. 547 cpc e la nullità della sentenza per motivazione apparente e perplessa in violazione degli artt. 111 Cost. e 132 n. 4 cpc, nella parte in cui il giudice dell’opposizione ha affermato l’inutilizzabilità della rettifica senza far
comprendere se detta inutilizzabilità dipendesse dal fatto che essa era stata ritenuta tardiva (in quanto successiva all’udienza ex art. 533 c.p.c.) ovvero inammissibile a causa dei motivi per i quali era stata resa.
Al riguardo osserva che la sentenza, fondata su motivazione obiettivamente incomprensibile e a cui possono essere attribuiti svariati significati (tutti privi di connessione logica con la decisione finale), è nulla.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 cpc e la nullità della sentenza per motivazione apparente e perplessa in violazione degli artt. 111 Cost. e 132 n. 4 cpc, nella parte in cui il giudice dell’opposizione non avrebbe deciso la domanda attorea tesa a contestare l’erronea interpretazione data dal giudice dell’esecuzione alla dichiarazione del terzo ex art. 547 cpc e avrebbe omesso ogni concreta motivazione nell’affermare che il credito sequestrato era esigibile.
Al riguardo osserva che: ricorre violazione dell’art. 112 c.p.c. nel caso in cui il giudice dell’opposizione non decida la domanda dell’opponente volta a contestare la qualificazione da parte del giudice dell’esecuzione della dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c.; ed è nulla la sentenza per inesistenza di motivazione reale e concreta nel caso in cui la domanda sia rigettata soltanto perché la controparte avrebbe ragione, senza spiegarne i motivi.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione dell’art. 96, 3° co. cpc e la nullità della sentenza per motivazione apparente e perplessa in violazione degli artt. 111 Cost. e 132 n. 4 cpc, nella parte in cui il giudice dell’opposizione ha pronunciato condanna ai sensi del citato art. 96 cpc (non per la obiettiva insostenibilità della tesi giuridica su cui si fondava
la domanda giudiziale attorea, ma) a causa di asseriti comportamenti dell’attore (peraltro ritenuti non corretti senza alcuna motivazione)
Al riguardo osserva che vi è violazione della disposizione denunciata nel caso in cui la relativa condanna non sia giustificata da motivazione che faccia specifico riferimento alla tesi giuridica sulla quale si fondava la domanda e che non indici la ragione per la quale detta tesi non è qualificabile come meramente opinabile ma va ritenuto del tutto insostenibile.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
3.1. Dal giudizio di merito è emerso che l’odierno ricorrente: a) in data 6 maggio 2019 aveva stipulato un contratto preliminare di compravendita di un immobile in Como, di proprietà di COGNOME NOME, al corrispettivo pattuito di euro 265 mila; b) dopo aver già corrisposto 65 mila euro in conto di detto corrispettivo, aveva ricevuto la notifica di un provvedimento di esecuzione di un sequestro ex art. 678 c.p.c., pronunciato dal Tribunale di Milano a favore della P.F. ed avente ad oggetto il credito del COGNOME per la somma di euro 200 mila (pari al saldo prezzo del preliminare); c) successivamente alla notifica dell’atto di esecuzione ex art. 678 c.p.c., aveva esercitato il diritto di recesso ex art. 1385 c.c.; d) si era costituito nella procedura di esecuzione del sequestro con comparsa nella quale aveva rilasciato una prima dichiarazione positiva.
Dal giudizio di merito è altresì emerso che: a) all’udienza del 25 novembre il Procuratore dell’odierno ricorrente compariva e verbalizzava che: <>; b) il giudice dell’esecuzione consultava il fascicolo telematico ed evidenziava che ancora non risultava depositata la rettifica della dichiarazione e tratteneva la causa in riserva; c) dopo un’ora dalla chiusura dell’udienza risultava infine depositato dal
difensore dell’odierno ricorrente nel fascicolo telematico un atto di rettifica della dichiarazione del terzo; d) il giudice dell’esecuzione, a scioglimento della formulata riserva, con ordinanza del 3 gennaio 2020, dichiarava che la rettifica era assolutamente priva di riscontro giudiziario e riteneva il credito liquido ed esigibile.
3.2. Orbene, come già oggetto di ricognizione da parte di Cass. n. 13143 del 2017, la questione se sia o no revocabile la dichiarazione del terzo pignorato ha sempre ricevuto risposta positiva dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 584/1951, n. 357/1954, n. 3958/2007; Cass. n. 10912 e n. 13143/2017), a prescindere dalla problematica natura giuridica di detta dichiarazione (se essa, cioè, integri una vera e propria confessione giudiziale, di ricognizione di debito o di mera dichiarazione di scienza).
Tuttavia, se è indubbia in dottrina e in giurisprudenza la revocabilità della dichiarazione erronea, non altrettanto può dirsi in relazione ai modi e ai tempi per esercitare tale revoca.
Invero, secondo parte della dottrina, poiché la dichiarazione ha natura di atto esecutivo, essa dovrebbe essere autonomamente impugnata dal terzo con opposizione agli atti esecutivi entro il termine di venti giorni da che è stata resa, pena l’inoppugnabilità e la definitiva stabilità degli effetti. Secondo altro orientamento (al quale aderì Cass. n. 3958/2007), la dichiarazione del terzo può essere impugnata solo con l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. che la recepisca, dovendo peraltro escludersi l’ammissibilità di un’istanza di revoca di tale ordinanza, in quanto autoesecutiva. Secondo altro orientamento ancora (condiviso da Cass. n. 13143/2017), il terzo – resosi conto dell’errore – avrebbe l’onere di revocare la propria dichiarazione positiva immediatamente e, comunque, prima che il giudice si riservi di decidere sulle istanze del creditore seguite a quella dichiarazione, proponendo eventualmente opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione,
frattanto emessa nonostante l’intervenuta revoca. In assenza, il terzo non avrebbe facoltà di proporre tout court l’opposizione formale.
Dando continuità a quanto precisato da Cass. n. 5489/2019, il Collegio ritiene preferibile l’ultima delle tre impostazioni, sopra ripercorse.
Infatti, in primo luogo è da escludere che la dichiarazione del terzo sia direttamente impugnabile con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., in quanto proviene da un soggetto che non è parte in senso tecnico del procedimento esecutivo, perché estraneo ai vincoli derivanti dal titolo azionato (come chiarito da Cass. n. 10912/2017).
Neppure può aderirsi alla impostazione, fatta propria da Cass. n. 3958/2007. Sostenere che il terzo, che si avveda della erroneità della propria dichiarazione, debba attendere l’emissione della ordinanza di assegnazione comporterebbe: da un lato, una inutile dilatazione dei tempi per ottenere la soddisfazione del credito azionato (a pregiudizio degli stessi creditori), oltre ad una moltiplicazione ingiustificata degli strumenti processuali; e, dall’altro, sotto un profilo teorico, consentirebbe l’impugnazione ex art. 617 c.p.c. di un provvedimento del giudice dell’esecuzione per una ipotesi in cui l’errore del giudice manca e ci sia invece, esclusivamente, un errore del terzo sulla dichiarazione.
3.3. Di tali principi di diritto non ha tenuto conto nel caso di specie il giudice dell’opposizione là dove nella impugnata sentenza ha ritenuto (p. 5) che la rettifica era avvenuta <> e che non poteva dirsi che la rettifica era avvenuta in udienza <>, avendo comunque il difensore dichiarato in quella sede che, a seguito del recesso, la dichiarazione di terzo doveva ritenersi <>)
Invece, dalla ricostruzione degli accadimenti del processo dinanzi al giudice dell’esecuzione, in udienza il procuratore del terzo aveva
chiaramente ed univocamente dichiarato di modificare la propria originaria dichiarazione positiva in dichiarazione negativa, benché facendo riferimento ad un atto che, impropriamente, dichiarava di avere già depositato, mentre l’atto stesso sarebbe risultato depositato soltanto successivamente. Pertanto, il giudice dell’esecuzione, anche se effettivamente non era stato messo in grado di verificare l’effettivo deposito agli atti del fascicolo telematico della dichiarazione negativa cui si era fatto riferimento, aveva comunque a sua disposizione – e doveva, pertanto, tenere nella debita considerazione – quanto meno l’ampia e incondizionata modifica della dichiarazione anche solo come operata a verbale di udienza e, pertanto, in modo pienamente tempestivo rispetto all’assunzione del processo in riserva di decisione.
3.4. In sintesi, il motivo viene deciso sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
La sentenza va, pertanto, cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito per la natura meramente rescindente dell’opposizione formale, questa può decidersi nel merito, con annullamento dell’ordinanza opposta e condanna di parte resistente alla rifusione delle spese dell’unico grado di merito del giudizio di opposizione e del presente giudizio di legittimità.
Consegue a tale annullamento che il processo esecutivo andrà separatamente riattivato da chi ne ha interesse e che, all’esito, il
giudice dell’esecuzione procederà nuovamente al suo sviluppo, a far tempo dagli atti immediatamente precedenti l’ordinanza qui annullata, ritenuta tempestiva ed ammissibile la rettifica della dichiarazione.
Stante l’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, per l’effetto cassa la sentenza impugnata e annulla la ordinanza del Giudice dell’esecuzione opposta;
condanna la RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di NOME delle spese del giudizio di opposizione, spese che liquida in euro € 4.640,00 per compensi, oltre 15% per spese forfettarie, c.p.a. e i.v.a.;
condanna la RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di COGNOME NOME delle spese del presente giudizio di legittimità, spese che liquida in euro € 5.800,00 per compensi, oltre 15% per spese forfettarie, € 200,00 per esborsi, c.p.a. e i.v.a.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME