Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28759 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28759 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3601/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME, unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI MILANO n. 2131/2023, pubblicata il 27/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A fronte del mancato pagamento dell’esecuzione di lavori edili realizzati da RAGIONE_SOCIALE, subappaltatrice, in tre negozi Tim siti in Milano, il Tribunale di Como aveva emesso decreto ingiuntivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, appaltatrice principale in un rapporto
contrattuale intercorrente con RAGIONE_SOCIALE , per l’importo di €. 161.811,25 (come da fattura n. 95NUMERO_DOCUMENTO).
RAGIONE_SOCIALE si opponeva al decreto ingiuntivo innanzi al medesimo Tribunale deducendo l’indebita richiesta, in quanto formulata in violazione degli accordi intervenuti tra le parti, sostenendo inoltre che, al netto dell’acconto già corrisposto (pari a €. 28.000,00, versato in data 26.07.2017), il residuo credito di RAGIONE_SOCIALE ammontasse a €. 58.805,79.
Ai fini della determinazione del corrispettivo dovuto veniva disposta CTU, all’esito della quale il Tribunale di Como accoglieva , per quanto di ragione, l’opposizione annullando il decreto ingiuntivo ma condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dell ‘ opposta della ridotta somma complessiva di €. 101.694,45, ritenendo applicabile lo sconto del 52% – previsto nelle condizioni economiche applicate da RAGIONE_SOCIALE al contratto di appalto principale – solo alle opere convenute nel capitolato ma non a quelle extracontrattuali, queste ultime calcolate dal CTU secondo il prezzo pieno di listino TIM all’epoca vigente.
Avverso la pronuncia di primo grado RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame, che la Corte di Appello di Milano accoglieva parzialmente con sentenza n. 2131/2023, ritenendo applicabile anche alle opere extracontrattuali la scontistica TIM al 52%, modifican do di conseguenza l’importo da corrispondere a RAGIONE_SOCIALE in €. 75.146,01, da intendersi al netto di €. 28.000,00 già versati dalla subappaltatrice ante causam a titolo di acconto.
La pronuncia in epigrafe è stata impugnata per la cassazione da RAGIONE_SOCIALE, affidando il ricorso a due motivi.
Ha resistito con controricorso l’intima RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Al di là del non pertinente riferimento al vizio di cui al n. 5) del citato art. 360 del codice di rito (dovendo riferirsi la doglianza -così come, in effetti, prospettata nel suo contenuto – a quello previsto dal n. 4 della stessa norma processuale), la ricorrente ritiene che la Corte d’Appello abbia errato nel ritenere che la stessa avesse omesso di domandare e/o far valere sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado la decurtazione degli acconti versati dalle somme complessivamente dovute a favore di RAGIONE_SOCIALE In particolare, la RAGIONE_SOCIALE sostiene che avesse già chiesto con l’atto di opposizione al decreto i ngiuntivo la detrazione dell’acconto di €. 28.000,00 dalle somme ancora da corrispondere alla citata RAGIONE_SOCIALE
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale si è espressamente pronunciata sulla questione della detrazione dell’acconto dai conteggi prospettati dalle parti in primo grado, giungendo alla conclusione che la domanda di detrazione non era mai stata formulata dall’odierna ricorrente: ciò perché -sostiene il giudice di seconde cure -emerge pacificamente agli atti che l’importo fosse stato detratto già al tempo della richiesta del decreto ingiuntivo (v. sentenza p. 9, ultimo capoverso, p. 10, primi due righi).
Risulta, pertanto, destituita di fondamento la doglianza riferita alla supposta violazione dell ‘art. 112 del codice di rito .
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), la violazione art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ.
La sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui afferma che il CTU, nel determinare le somme complessivamente dovute a favore di RAGIONE_SOCIALE , avrebbe detratto l’acconto di €. 28.000 versato ante causam dal subappaltante a favore del subappaltatore.
A giudizio della ricorrente, la decisione del secondo giudice sarebbe affetta da irriducibile illogicità e contraddittorietà: tanto sarebbe confermato da quanto si legge nelle tre tabelle allegate alla C.T.U., nelle quali sono compiutamente elencate tutte le lavorazioni eseguite da RAGIONE_SOCIALE e le spettanze alla stessa dovute, mentre in nessuna di esse è riportato l’importo versato da lla ricorrente a titolo di acconto.
2.1. Il motivo non merita accoglimento.
Come evidenziato supra al punto 1.1., la Corte territoriale ha ritenuto pacifico che l’importo di €. 28.000,00 versato in acconto da RAGIONE_SOCIALE fosse già stato detratto da tutti i conteggi prospettati dalle parti . Del resto, nell’effettuare il nuovo conteggio di quanto dovuto dall ‘appaltatrice principale alla subappaltatrice commisurando l’importo per le opere extra contratto alla scontistica rispetto al prezziario TIM, analogamente a quanto pattuito per le opere di cui al capitolato dell’appalto principale – la Corte territoriale si è attenuta alle indicazioni della CTU (v. sentenza p. 9, 2° capoverso). Si tratta di una motivazione fondata su argomentazioni plausibili, né illogiche né contraddittorie, pertanto non sindacabili da questa Corte, alla stregua delle quali è stata fatta scaturire -come evidenziato la conseguente conclusione che l’importo di euro 75.146,01 era già risultato al netto della somma di euro 28.000,00 corrisposta dall’odierna ricorrente a titolo di acconto.
Giova precisare a tal proposito che il vizio di motivazione andrebbe, semmai, fatto valere nell’ambito del n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.: com’è noto, la riformulazione della norma, anche nel testo vigente ratione temporis , deve essere interpretata come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 7/04/2014).
Di contro, il riferimento, nel mezzo di gravame, alle tabelle della CTU -dalle quali sarebbe dato ricavare l’assenza della detrazione dell’importo versato dalla ricorrente in favore della subappaltatrice a titolo di acconto -lungi dal prospettare un vizio di logicità della motivazione, sollecita semmai una nuova lettura delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità ( ex multis : Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’8.08.2019).
3. In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 4. 5 00,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi , oltre al contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 15 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME