Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16157 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2532 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO DOMICILIO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende controricorrente
avverso la SENTENZA n. 177/2022 emessa da CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal
consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ La Corte di appello di Campobasso, pronunciando in sede di gravame sulle domande proposte da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Banca dell’Adriatico s.p.a ., in seguito Intesa Sanpaolo s.p.a. – domande dirette all’accertamento della nullità delle clausole di un contratto di conto corrente e alla rideterminazione del saldo del relativo rapporto -ha riformato la sentenza di primo grado e definito il dare e avere delle parti alla data del 30 giugno 2016 in euro 157.875,57 a debito della società correntista (laddove in primo grado il saldo era stato determinato in euro 33.170,31 a credito della correntista).
In sintesi, la Corte di merito ha ritenuto che esistesse prova dell’accordo scritto delle parti sull’ammontare dei tassi di interesse e ha escluso, in conseguenza, l’ operatività di alcuna forma di eterointegrazione del contratto, pur riconoscendo l’illegittima contabilizzazione degli interessi anatocistici e della commissione di massimo scoperto.
– Ricorre per cassazione, con due motivi, RAGIONE_SOCIALE; resiste con controricorso Intesa Sanpaolo.
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. La banca ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La proposta ha il tenore che segue:
«l primo motivo, il quale deduce la violazione degli artt. 13621363, 1284 c.c., 4 l. n. 154/1992, 117 t.u.b. per mancata determinazione scritta del tasso degli interessi, in quanto le parti avrebbero invece previsto un tasso variabile ed indeterminato, è inammissibile: esso, infatti, contrasta con l’accertamento di fatto
compiuto dal giudice del merito, il quale non è ripetibile in sede di legittimità, avendo quel giudice esposto che, sulla base dei documenti in atti, fu pattuito in modo determinato per iscritto il tasso iniziale ed il tasso dovuto in aggiunta per gli sconfinamenti dal fido; onde di nessun rilievo hanno i precedenti di questa Corte citati dal ricorrente, che si riferiscono ad ipotesi di previo accertamento in fatto, da parte del giudice del merito, di una indeterminatezza del tasso variabile (Cass. n. 6868/2022; 22179/2015);
«il secondo motivo è inammissibile, in quanto, nel censurare la mancata ammissione di c.t.u. in secondo grado in aggiunta di quella espletata in primo grado, è aspecifico ex art. 366 c.p.c., né tiene conto del principio consolidato, secondo cui ‘ rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione ‘ ( e multis , Cass., sez. II, 20.8.2019, n. 21525; Cass., sez. VI, 13.1.2020, n. 326)».
-Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
Sostiene la ricorrente che il Giudice di appello ha ritenuto la validità della clausola sul tasso di interesse valorizzando l’indicazione contenuta nella prima pagina del contratto, senza considerare che una disposizione successiva si riferiva agli usi piazza; la Corte di appello
avrebbe in altri termini trascurato di considerare che, in forza della detta pattuizione, le variazioni del tasso iniziale avrebbero potuto aver luogo alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza. In realtà, la disposizione negoziale evocata dalla ricorrente (pag. 14 del ricorso) concerne, in termini generali, «le operazioni di accredito e di addebito», e non la misura degli interessi debitori: il mezzo di censura risulta quindi inammissibile, in quanto la parte istante non spiega per quale ragione la lettera del contratto, che contiene una precisa indicazione del tasso, non fosse sufficiente a farne comprendere gli effetti, e si rendesse invece necessaria la spendita di un’attività ermeneutica fondata su di una disposizione di contenuto affatto diverso (in termini generali, sull’onere del ricorrente per cas sazione di spiegare le ragioni della necessità dell ‘ interpretazione c.d. sistematica di cui all’art. 1363 c.c., cfr. Cass. 30 settembre 2011, n. 19982).
Quanto al secondo motivo, con esso è denunciato un mero vizio motivazionale (avendo specifico riguardo alla mancata nomina del consulente tecnico per il ricalcolo del saldo): nondimeno, la ricorrente non riproduce, nel rispetto del principio di autosufficienza, una istanza di espletamento di accertamento contabile su cui la Corte di merito fosse chiamata a motivare e il Giudice del gravame ha di fatto ritenuto, sulla base di un giudizio non sindacabile nella presente sede, che il rapporto di dare e avere tra le parti fosse suscettibile di definizione sulla base dei dati in suo possesso, senza ricorrere, quindi, a un esame contabile ulteriore rispetto a quello già espletato.
– Il ricorso è inammissibile.
– Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c..
Vale rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o
manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti di quella controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 10 .000,00 oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 10.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione