ORDINANZA TRIBUNALE DI MILANO – N. R.G. 00042072 2025 DEPOSITO MINUTA 23 12 2025 PUBBLICAZIONE 23 12 2025
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE QUARTA CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente Giudice Giudice Relatore all’esito dell’udienza del 16 dicembre 2025
nel procedimento per reclamo iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO promosso da:
C.F. ) (C.F. ) con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ( ) ( elettivamente domiciliati in INDICOGNOME presso il difensore AVV_NOTAIO COGNOME NOME C.F. C.F. C.F. C.F.
RECLAMANTI
contro
(C.F. ) con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliato in INDICOGNOME presso il difensore AVV_NOTAIO COGNOME P.
RECLAMATA
Ha emesso la seguente
ORDINANZA
e hanno proposto reclamo avverso l’ordinanza pronunciata dall’intestato Tribunale il 27 ottobre 2025 con la quale è stata accolta l’azione di reintegrazione ex art. 1168 c.c. proposta dalla a tutela della allegata detenzione qualificata degli immobili siti in INDICOGNOME, INDICOGNOME. A sostegno del ‘gravame’ hanno sostenuto:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1168 c.c. e degli artt. 703, 669-octies e 669-terdecies c.p.c. -Erronea qualificazione della detenzione di come detenzione qualificata. La reclamata non poteva considerarsi detentrice qualificata dei beni in quanto i contratti di locazione breve erano stipulati direttamente dai proprietari -possessori; situazione ‘ giuridicamente incompatibile con la condizione con il riconoscimento della detenzione qualificata in capo alla società mandataria ‘. L’ordinanza sarebbe incorsa in errore ‘ nell’interpretare il chiaro disposto del contratto inter partes che attribuiva a la semplice qualità di mandatario tale da escluderne una detenzione qualificata’. Il sintagma property management indica un contratto di mandato (artt. 1703 ss.
c.c.), che ‘ comporta un’attività gestoria nell’interesse altrui, ma non trasferisce al mandatario alcun potere di godimento, né una relazione autonoma con la res ‘;
Violazione degli artt. 1322 e 1703 ss. c.c. -Erronea valorizzazione dell’interesse economico come indice di detenzione autonoma. L’ordinanza avrebbe sbagliato nell’affermare che:’ che l’interesse di al percepimento delle provvigioni del 30% sui canoni di locazione costituisse indice di un potere di fatto esercitato anche nell’interesse proprio, configurando così una detenzione autonoma’. Ricorda che ‘ il servizio di mero incasso del corrispettivo della locazione (con rimessa ai proprietari del netto loro spettante dedotte le ritenute di legge, le commissioni e le altre spese) non sia elemento che conduce ad integrare la condizione giuridica di detenzione qualificata ‘. ‘ L’interesse economico al compenso e l’incasso diretto del canone di locazione, infatti, non trasformano il mandatario in detentore qualificato ‘ in quanto ‘ l’interesse che può qualificare ai fini della tutela possessoria la detenzione di un immobile è quello che si soddisfa attraverso la relazione diretta con la res (l’uso, il godimento’;
Violazione degli artt. 1140 e 1168 c.c. -Inesistenza di una gerarchia possessoria che subordini i proprietari al property manager. Il Giudice di prime cure avrebbe interpretato la fattispecie in modo contrario alla struttura delle situazioni giuridiche soggettive rilevanti. ‘La ‘signoria’ sul bene è infatti concettualmente unitaria e graduata: il proprietario -possessore può consentire ad altri un godimento derivato (locazione, comodato, affitto), ma non può contemporaneamente perdere e conservare il possesso sul medesimo bene.’ Ne segue che ‘ Se fosse stata effettiva detentrice qualificata -come affermato in ordinanza -i proprietari, come già si è rilevato, avrebbero dovuto cessare di essere possessori e non avrebbero potuto concludere in proprio i contratti di locazione con i terzi, circostanza che presuppone la titolarità del possesso e della disponibilità del bene ‘. A questo proposito ‘ Il Tribunale ha infatti omesso di considerare che il sistema di accesso mediante codice alfanumerico era stato installato da a nome e per conto dei proprietari e tanto che erano stati proprio questi ultimi (doc. 05 -mail 9.01.2025) a pagarne l’acquisto e l’installazione ‘. Pertanto ‘ l’attribuzione del codice di ingresso ai singoli affittuari… pertanto riconducibile a quella gestione delle affittanze ‘a nome e per conto dei mandanti’ avente ‘natura di servizio ‘ e ‘ la relazione col bene di controparte rappresentava dunque anche sotto tale profilo solo lo strumento attraverso cui il mandatario adempiva al suo incarico, per il quale veniva poi retribuito ‘;
Violazione dell’art. 1168 c.c. Erronea esclusione della rilevanza della risoluzione contrattuale ai fini della legittimazione. Avrebbe errato Il Tribunale a ritenere che:’ che la comunicazione di risoluzione per grave inadempimento inviata dai proprietari in data 7 e 25 febbraio 2025 non incidesse sulla relazione di fatto in esser e’. ‘ la legittimazione all’azione possessoria deve essere valutata con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento dello spoglio… reclamanti avevano già comunicato a controparte la risoluzione del rapporto e revocato ogni autorizzazione di accesso agli immobili: la detenzione della ricorrente era dunque venuta meno per volontà dei titolari del diritto ‘ . Ricordano, ad abundantiam , di aver ‘ eccepito l’esistenza della denuncia di previa risoluzione del contratto prima della data del presunto spoglio al solo fine di far rilevare l’assenza di elemento soggettivo e non certo quale elemento idoneo a investigare ed interpretare la vigenza del contratto e la sua causa o natura ‘;
Violazione degli artt. 1140 e 1168 c.c. -Insussistenza dell’ animus spoliandi . Il Tribunale avrebbe sovrapposto il giudizio sul fatto materiale del cambio delle serrature con quello dell’elemento soggettivo. ‘ Tale valutazione è errata in diritto, poiché la mera condotta dei reclamanti -in assenza di adeguata indagine (che è effettivamente mancata) sulla natura e sulla causa del contratto -può integrare tanto azione di spoglio quanto esercizio del legittimo possesso ‘. ‘ i proprietari -dopo aver risolto il mandato per grave inadempimento e avendo mantenuto costantemente il possesso materiale e giuridico dei beni -non potevano ritenersi autori di spoglio nei confronti di chi deteneva nell’interesse altrui ‘.
A fronte di tale illustrazione hanno chiesto:
‘ riformare integralmente la già menzionata ordinanza qui impugnata, dichiarando inammissibile e comunque infondata la domanda di reintegrazione nel possesso proposta da ex art. 703 c.p.c., per difetto dei presupposti di legge e, in particolare, per l’assenza di una detenzione qualificata opponibile ai proprietari e, per l’effetto, rigettare il ricorso proposto da
confermare la piena titolarità del possesso e della disponibilità materiale degli immobili per cui è causa in capo ai reclamanti, quali legittimi proprietari e possessori dei medesimi;
in ogni caso condannare alla rifusione delle spese, diritti e onorari del doppio grado di giudizio ‘.
Si è costituita con memoria difensiva del 5 dicembre 2025 la instando per il rigetto del reclamo e la conferma dell’ordinanza gravata. A confutazione dei singoli ‘motivi’ di censura interposti dai reclamanti ha affermato:
la s ussistenza ed esercizio della detenzione qualificata. ‘ Gli Appartamenti sono stati consegnati a dai Proprietari tramite consegna delle chiavi e degli altri dispositivi di accesso esistenti, come previsto espressamente dai Contratti (artt. 1.1 e 11 ‘ e fino allo spoglio ha esercitato ‘ un pieno controllo sugli Appartamenti, in quanto titolare dei poteridoveri di accesso, permanenza, manutenzione, verifica e vigilanza sugli stessi previsti dai Contratti stessi ‘. Dopotutto ‘ i proprietari hanno contestato (infondatamente) proprio la violazione di questi doveri per sostenere l’inadempimento dei Contratti da parte di riconoscendo implicitamente l’ampio potere di fatto della Reclamata sui beni ‘. Essa:’ ha installato i sistemi di accesso digitale (Vikey), con cui la stessa (e solo attribuiva il codice per l’ingresso degli ospiti ed era dunque in pieno ed esclusivo controllo dell’accesso agli Appartamenti gli accessi (eventuali) dei Proprietari nell’ambito dei quali si è verificato lo spoglio sono stati concessi da a puro titolo di cortesia ‘. Da qui la detenzione qualificata in quanto la posizione della reclamata ‘ può essere assimilabile a quella del gestore di immobile di proprietà altrui o dell’appaltatore ‘ . La circostanza che :’ i proprietari fossero intestatari dei contratti di locazione breve ‘ non vale ad escludere la ‘ detenzione qualificata della Reclamata sugli Appartamenti ‘ in quanto è ‘ la situazione di fatto a rilevare, e quest’ultima fondata sugli elementi sopra richiamati e non contestati da controparte -mostra un potere di fatto ampio di sugli Appartamenti ‘. Ciò si evince dalla stessa denominazione utilizzata nel contratto ‘mandato a property manager’ quale forma atipica di rapporto non riducibile al mero mandato;
la valorizzazione dell’interesse economico come indice di detenzione autonom a. Il citato ‘ mandato atipico, caratterizzato da una relazione diretta con il bene e da un interesse proprio in capo al mandatario ‘. ha interesse a esercitare un potere di fatto sull’immobile, poiché proprio da tale gestione deriva il suo compenso: sol’ se
l’appartamento viene locato agli ospiti la società riceve la provvigione. Peraltro, esercita l’attività a proprio rischio..assumendo una posizione analoga, sotto il profilo causale, a quella del proprietario che loca l’immobile percependo un canone ‘. Errata, di contro, sarebbe la ricostruzione dei reclamanti secondo cui:’ rileverebbe solo il godimento materiale del bene quale indice di interesse ‘;
il rapporto possessore -detentore. La controparte preserverebbe nell’errore (già dedott o nella comparsa di costituzione in prime cure) , di considerare ‘ la posizione del conduttore non è l’unico caso di detenzione qualificata previsto dall’ordinamento: come già esposto, la posizione di è assimilabile più a quella del gestore di immobili (o dell’appaltatore. posizioni compatibili -lo si ribadisce nuovamente -anche con la titolarità dei contratti con i conduttori di breve periodo, come accade nel caso di specie ‘. ‘ il possesso rimane tale anche quando la detenzione è esercitata da un altro soggetto, ai sensi dell’art. 1140, comma 2, c.c.’
l ‘esclusione della rilevanza della risoluzione contrattuale ai fini della legittimazione. La presunta risoluzione dei Contratti da parte dei Proprietari non sarebbe idonea nemmeno in astratto ad escludere lo spoglio illegittimo: come noto, il recupero del bene da parte del possessore contro il consenso del detentore non può avvenire con azioni materiali. Nel caso di specie ‘ la risoluzione dei Contratti non è nemmeno avvenuta, in quanto le comunicazioni inviate dai Proprietari autonomamente e tramite il loro difensore non erano evidentemente idonee a far cessare il rapporto contrattuale senza un accertamento giudiziale di un grave inadempimento ‘. A maggior ragione non potrebbe rilevare che ‘ i Proprietari ‘credessero’ di aver risolto il Contratto non vale ad evitare la sussistenza dello spoglio, né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo ‘;
l a presunta insussistenza dell’ animus spoliandi . Agganciandosi a quanto sostenuto ut supra ‘ ciò che rileva per l’animus spoliandi è la consapevolezza di agire contro la volontà del soggetto spogliato del possesso/detenzione. Tale consapevolezza è da presumersi in assenza di dichiarazioni che mostrano il consenso dello spogliato, che nel caso di specie -evidentemente e pacificamente -non si rinvengono ‘.
All’esito di ampia discussione il Collegio ha riservato la decisione.
Il reclamo è infondato e va respinto.
Una necessaria premessa nominalistica.
Il punctum dolens della vicenda si annida attorno alla sussistenza o meno in capo alla
di un titolo conferito dai reclamanti
–
possessori sulla cui scorta la reclamata avrebbe avuto una relazione di fatto con la
res per soddisfare un proprio ed autonomo interesse ‘opponibile’ anche
al possessore in caso di privazione, per fatto di questi, della detenzione della cosa.
Le parti controvertono -sulla scorta di alcuni filoni pretori tralatizi- attorno al concetto di detenzione qualificata che di per sé non è un attributo normativo conferito dal Codice civile a chi detiene non per mere ragioni di servizio od ospitalità ( arg. ex art. 1168 comma secondo c.c.).
Da ciò fanno discendere la legittimazione (secondo la o la sua carenza (prospettata dai reclamanti) del detentore ad agire contro l’asserito spoglio anche nei confronti del possessore che quella detenzione aveva concesso.
Il Tribunale ritiene di dover porre in evidenza che nella presente ordinanza si farà riferimento all’epiteto ‘qualificata’ con riferimento ad un rapporto di fatto istaurato con la cosa grazie ad un titolo concesso dal possessore così da differenziarla dalla detenzione mera per ragioni di ospitalità o
servizio. Ciò segna il discrimine fra una situazione giuridica possessoria tutelabile da quella non tutelabile in alcun modo.
Nel far ciò ci si rifa’ all’insegnamento della Suprema Corte (in composizione nomofilattica) che ebbe a dare tale definizione alla concessione dell’utilizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente (il c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati) tramite un comodato ‘collegato’. Ciò per evidenziare l’impossibilità di poter configurare la relazione con la cosa come possesso in quanto instaurata per fatto del possessore ( infra Cass. SS.UU. 27 marzo 2008, n. 7930).
A ciò si giustappone l’altro lemma, decisivo, agli odierni fini, che spiega per quale fine o interesse la relazione di fatto è stata instaurata e coltivata: autonomia. La detenzione qualificata (o titolata) viene esercitata per soddisfare anche un interesse dello stesso detentore in via diretta e non quale mero adempimento di un obbligo contrattuale concluso con il possessore. Qualora si realizzi mediante una relazione materiale immediata e diretta tra il suo titolare e la cosa, la detenzione autonoma cui da luogo il suo esercizio, può essere tutelata con l’azione di reintegrazione anche nei confronti del possessore ( infra Cass, 9 aprile 1975, n. 1305).
In questo caso appare condivisibile l’approdo cui è giunta l’ordinanza reclamata e la prospettazione offerta -anche in questa sede -dalla difesa della ciò sotto due profili dirimenti:
-la strutturazione dispositiva e funzionale del contratto di c.d. ‘ mandato a property manager per gestione di locazione immobiliare ‘ (docc. 7 e 8 fasc. ; docc. 7 bis e 8 bis fasc.
ed, in particolare, di alcune sue clausole che affrescano una posizione del reclamato con la cosa divergente dall’ordinario contratto di mandato. Si ricorda, naturalmente, che tale lettura negoziale viene svolta ad colorandam possessionis ovvero unicamente per verificare i modi ed i termini in cui la relazione di fatto si è svolta, nello specifico:
nelle premesse s i discorre di ‘ gestione ‘ (oltre ad altre attività maggiormente aderenti al mandato tipico);
all’art. 2 si individua l’oggetto ne ‘ l’impegno della gestione e dell’esecuzione di ogni adempimento necessario e/o obbligatorio connesso con la menzionata attività ricettiva extra alberghiera ‘;
all’art. 3 si indicano tra i vari obblighi assunti dal ‘mandatario’:’ tutti gli aspetti manutentivi ordinari ‘ mentre il mandante:’ si impegna a consegnare al mandatario 3 (tre) mazzi di chiavi oltre ad eventuali chiavi e telecomandi dei cancelli per consentire a quest’ultimo espletamento delle attività e dei servizi previsti a proprio carico dal presente Contratto, dai Contratti di Locazione e, in generale, dal RAGIONE_SOCIALE
all’art. 11 si discorre di consegna dell’immobile conferendo al ‘mandatario’ tutti i documenti ad esso inerente.
-l’attività svolta in concreto dalla sugli immobili e la loro gestione ‘fisica’ (in disparte gli aspetti contrattuali) quale fatto acquisito in causa e, nello specifico:
l’accesso diretto agli immobili tramite non soltanto le chiavi ricevute ma, soprattuto, i sistemi di accesso digitale (Vikey) installati dalla stessa reclamata e con i quali riusciva a gestire da remoto gli ingressi dei vari conduttori che stipulavano le locazioni brevi;
l’accesso indiretto agli stessi tramite il personale utilizzato per le pulizie e le piccole manutenzioni alla quali era facoltizzata dai possessori -proprietari (salva la facoltà di rimborso).
Tanto è sufficiente per poter qualificare l’interesse perseguito dalla reclamata attraverso la cosa come ‘autonomo’ e non esclusivamente in capo ai reclamanti. Non si tratta di una questione di corrispettivo contrattuale o provvigioni poiché ciò afferisce all’interesse economico perseguito con il contratto esulando dalla tutela dello ius possessionis .
Appare chiaro che la deduzione della provvigione nel contratto può servire ad integrare la lettura del titolo (detenzione così qualificata) al fine di rendere palese il tipo di rapporto di fatto instaurato con la cosa. Il c.d. mandatario ( rectius : gestore) aveva con la cosa un rapporto immediato che non era servente a soddisfare l’interesse dei mandanti: a quello provvedeva il mandatario con il suo facere contrattuale ed amministrativo, consentendo ai primi un guadagno.
La gestione della cosa, pertanto, aveva questa caratterizzazione che la distingueva da quella di un ordinario mandatario o un vvicina va a quella dell’affittuario d’azienda o dell’appaltatore di lavori. L’ senza il rapporto diretto con l’immobile avrebbe vanificato l’impianto della s sa rendendo privo di utilità il contratto. Da qui
l’autonomia della gestione della cosa e della detenzione qualificata che esprimeva.
In questi termini non può accogliersi la doglianza principale sollevata dai reclamanti tesa ad evidenziare:
-l’insussistenza di un autonomo interesse nell’attività del mandatario che agirebbe sempre per il mandante;
-il riconoscimento della detenzione qualificata autonoma soltanto a fronte di un rapporto di godimento della cosa da parte del detentore sulla falsariga della locazione o del comodato. Ciò appare riduttivo in quanto l’interesse autonomo perseguito dal detentore qualificato non coincide con il godimento della cosa così inteso essendo soltanto necessario un suo utilizzo diretto alternativo a quello del possessore.
A meri fini espositivi occorre disattendere le ulteriori lagnanze espresse dai reclamanti quali:
-l’impossibilità di giustapporre una detenzione qualificata ad un possesso che osterebbe alla ricostruzione operata dall’ordinanza. E’ appena il caso di notare che l’art. 1140 comma secondo c.c. statuisce l’inverso ovvero: ‘ Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa ‘ . Fatto pacificamente avvenuto nel caso de quo ove la reclamata non ha mai né expressis verbis né per facta concludentia esondato dai limiti della relazione materiale con la cosa per come concessa dai possessori compiendo una vera e propria interversio possessionis . Questo significa che i reclamanti erano (e sono) possessori della cosa nella concorrenza con la reclamata che esercitava sulla stessa la detenzione qualificata. Va, peraltro, ricordato che il possesso o la detenzione qualificata possono essere conservati ” solo animo “, purché il possessore abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa non appena lo voglia; soltanto qualora questa possibilità sia di fatto preclusa da altri o da una obiettiva mutata situazione dei luoghi, l’elemento intenzionale non è da solo sufficiente per la conservazione del possesso (o della detenzione qualificata) che si perde nel momento stesso in cui è venuta meno l’effettiva disponibilità della cosa ( infra Cass. II, 29 gennaio 2016, n. 1723);
-la rilevanza della ‘risoluzione del contratto’. Si tratta di un ‘falso problema’ in quanto (prescindendosi dalle corrette ragioni esposte nell’ordinanza circa l’ininfluenza della c.d. risoluzione operata extra contractum dai reclamanti) attinente allo ius possidendi (di matrice contrattuale) e non allo ius possessionis ove il rapporto con la cosa viene tutelato in virtù del suo esercizio fattuale ed il titolo è servente unicamente a comprendere l’origine e le sue modalità. Anche ammettendo che il contratto fosse stato risolto di diritto, l’ordinamento
avrebbe continuato a tutelare il rapporto di fatto esistente ed esercitato con la cosa dal detentore qualora fosse stato ‘troncato’ per le vie brevi dal possessore. Basti ricordare il consolidato orientamento di legittimità in tema di rapporti tra locatore e conduttore secondo cui il conduttore che mantenga la disponibilità dell’immobile dopo la cessazione di efficacia del contratto di locazione è legittimato a ricorrere alla tutela possessoria ex art. 1168, secondo comma, cod. civ., in quanto detentore qualificato, ancorché inadempiente all’obbligo di restituzione agli effetti dell’art. 1591 cod. civ. ( ex plurimis Cass. II, 1° settembre 2014, n. 184869). Ed infatti la ratio storica della tutela possessoria risponde ad esigenze di ordine pubblico, essendo diretta ad evitare che i cittadini si facciano ragione da sé medesimi ( ex plurimis , Cass., Sez. III, sentenza n. 8628 del 2003);
-l’assenza di animus spoliandi . Vanno richiamate e condivise le ragioni esposte dal Giudice di prime cure -e consolidate in sede di legittimità -secondo cui in tema di tutela possessoria, ricorre spoglio violento anche in ipotesi di privazione dell’altrui possesso mediante alterazione dello stato di fatto in cui si trovi il possessore, eseguita contro la volontà, sia pure soltanto presunta, di quest’ultimo, sussistendo la presunzione di volontà contraria del possessore ove manchi la prova di una manifestazione univoca di consenso, e senza che rilevi in senso contrario il semplice silenzio, in quanto circostanza di per sé equivoca, e non interpretabile come espressione di acquiescenza (Cass. II, 2 dicembre 2013, n. 26985; Cass. II, 7 dicembre 2012, n. 22174). Gli stessi reclamanti evocano quale ragione dell’ immutatio loci la risoluzione del contratto per il grave inadempimento del mandatario nonché la loro qualità di possessori così da ‘scolorare’ lo spoglio a mero esercizio del loro possesso.
Appare insito in ciò la consapevolezza di agire contro la volontà della reclamata la quale, dal canto suo, non ha mai né acconsentito, ex ante , né prestato acquiescenza, ex post , ad un simile comportamento. Peraltro, vale la pena ricordare che una simile allegazione pare inverare -di fatto -un’ exceptio feci sed iure feci che, come noto, alberga unicamente nell’ambito dello ius possessionis e non può essere fatta valere sulla scorta dello ” ius possidendi ” (e, cioè, il diritto, in capo al medesimo, di possedere), non potendosi desumere la prova del possesso, in seno a tale procedimento, dal regime, legale o convenzionale, del corrispondente diritto reale ( infra Cass. II, 3 marzo 2016, n. 4198).
Tanto basta per il rigetto del reclamo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate tenendo conto della forma dell’odierno procedimento (assimilabile ad un cautelare), dello scaglione per le cause di valore indeterminabile a bassa complessità, riconoscendo il valore medio per le fai introduttiva e studio ed i minimi per quelle di trattazione e decisoria, in complessivi € 3.620,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A., se dovuta, e C.P.A..
Si dà atto, infine, che sussistono i presupposti di legge per il pagamento di una somma di denaro da parte di e a favore dell’Erario pari all’importo versato a titolo di contributo unificato per il presente ‘ gravame ‘
P.Q.M.
rigetta il reclamo proposto da e avverso l’ordinanza pronunciata dall’intestato Tribunale il 27 ottobre 2025 che, per l’effetto, conferma;
condanna e alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla liquidate in € € 3.620,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A., se dovuta, e C.P.A.;
dà atto che sussistono i presupposti di legge per il pagamento di una somma di denaro da parte di e a favore dell’Erario pari all’importo versato a titolo di contributo unificato per il presente gravame.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 16 dicembre 2025.
manda alla cancelleria per la comunicazione del presente provvedimento.
La PRESIDENTE NOME COGNOME