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Detentore qualificato: tutela anche a contratto scaduto

Un locatore, dopo la scadenza del contratto di locazione, installava un cancello impedendo l’accesso all’inquilino. Il Tribunale ha confermato l’ordine di reintegrazione, stabilendo che l’inquilino è un detentore qualificato e ha diritto alla tutela possessoria fino alla riconsegna dell’immobile. Bloccare l’accesso principale costituisce spoglio, anche in presenza di altri ingressi.

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Detentore qualificato: tutela anche a contratto scaduto

Il rapporto tra locatore e conduttore è spesso fonte di controversie, specialmente al termine del contratto di locazione. Una recente ordinanza del Tribunale di Trento fa luce su un punto cruciale: la tutela del detentore qualificato, ovvero l’inquilino, anche dopo la scadenza formale del contratto. Il caso analizzato riguarda un locatore che, per rientrare in possesso del proprio immobile, ha installato un cancello impedendo l’accesso all’ex inquilino, il quale però non aveva ancora riconsegnato i locali. Il Tribunale ha chiarito che tale condotta costituisce uno spoglio illegittimo, confermando l’ordine di reintegrazione a favore della società conduttrice.

La Vicenda: Un Cancello Installato dal Locatore

Una società, che utilizzava un immobile come magazzino e ufficio in forza di un contratto di locazione, si è vista bloccare l’accesso ai locali. Il proprietario, durante le vacanze natalizie e dopo aver formalmente disdettato il contratto, aveva installato un cancello in ferro davanti alla porta d’ingresso, chiudendolo senza consegnare le chiavi. Questo gesto impediva di fatto alla società di accedere ai beni e di continuare la propria attività, pur in una fase di proroga di fatto del contratto per la quale veniva corrisposto un canone maggiorato.

Di fronte a questa situazione, la società ha agito in via d’urgenza con un’azione di reintegrazione, ottenendo un primo decreto dal giudice che ordinava al locatore di rimuovere il cancello o consegnare le chiavi entro 10 giorni, con una penale per ogni giorno di ritardo.

Le Argomentazioni delle Parti

Il locatore si è difeso sostenendo che la società non avesse più diritto a tale tutela (difetto di legittimazione attiva) perché il contratto di locazione era terminato. Pertanto, a suo dire, la società non era più un detentore qualificato. Inoltre, ha affermato che l’accesso era comunque possibile tramite altri due ingressi, definiti ‘più agevoli’, e che quindi la sua azione non costituiva uno ‘spoglio’ (privazione del possesso) ma al massimo una ‘molestia’, un’azione legale diversa e non esperibile in questo caso specifico.

La società ricorrente, invece, ha insistito sul suo status di detentore e sulla gravità del gesto del locatore, che l’aveva di fatto privata del godimento dell’immobile in modo violento e clandestino.

Le Motivazioni

Il Tribunale ha confermato integralmente il primo decreto, rigettando le difese del locatore sulla base di principi giuridici consolidati.

In primo luogo, il giudice ha ribadito che il conduttore rimane un detentore qualificato anche dopo la scadenza del contratto, fino al momento dell’effettiva riconsegna dell’immobile. La detenzione deriva da un diritto personale di godimento (il contratto di locazione) ed è esercitata nell’interesse proprio del detentore. Questa qualifica garantisce la tutela possessoria non solo contro terzi, ma anche contro lo stesso locatore, il quale non può farsi giustizia da sé.

In secondo luogo, il Tribunale ha qualificato l’installazione del cancello come un atto di ‘spoglio’ e non di semplice ‘molestia’. Lo spoglio, infatti, consiste nella privazione totale o anche solo parziale del possesso. Impedire l’accesso principale, anche se ne esistono altri, costituisce una limitazione significativa e stabile delle facoltà di godimento, alterando la situazione di fatto preesistente e rendendo più scomodo l’esercizio del diritto. La giurisprudenza citata è chiara: non è necessario che l’autore dello spoglio si impossessi del bene, è sufficiente che ne privi o ne limiti il godimento al possessore.

Infine, è stato riconosciuto l’elemento soggettivo dello spoglio, il cosiddetto animus spoliandi. Questo non significa che il locatore dovesse avere l’intenzione di commettere un illecito, ma è sufficiente la sua consapevolezza di agire contro la volontà, anche presunta, del detentore. Il fatto stesso di privare qualcuno del godimento di un bene che sta utilizzando è sufficiente a integrare questo requisito, a prescindere dalla convinzione di agire secondo diritto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche. Per i locatori, rappresenta un monito a non ricorrere a metodi ‘fai-da-te’ per recuperare un immobile, anche quando il contratto è scaduto. L’unica via legale è quella giudiziaria, attraverso l’azione di sfratto. Qualsiasi atto che impedisca o limiti il godimento del bene da parte del conduttore che non lo ha ancora restituito può essere qualificato come spoglio e sanzionato con un ordine di reintegrazione e il pagamento delle spese legali.

Per gli inquilini, invece, costituisce una conferma della robusta tutela offerta dall’ordinamento alla loro posizione di detentore qualificato. Anche in una situazione di contratto scaduto, il loro diritto a godere pacificamente dell’immobile persiste fino alla formale riconsegna, e sono protetti da azioni arbitrarie del proprietario.

L’inquilino, dopo la scadenza del contratto di locazione, ha ancora diritto alla tutela del possesso?
Sì. Secondo il provvedimento, il conduttore è un detentore qualificato e mantiene il diritto alla tutela possessoria (come l’azione di reintegrazione) anche dopo la scadenza del contratto, fino a quando non riconsegna effettivamente l’immobile al locatore.

Impedire l’accesso principale a un immobile, lasciando disponibili altri ingressi, è considerato spoglio?
Sì. Il Tribunale ha stabilito che impedire l’accesso principale costituisce spoglio, in quanto priva parzialmente il detentore del godimento del bene e rende l’esercizio del suo diritto meno comodo. La presenza di accessi alternativi non esclude la configurabilità dello spoglio.

Perché l’azione del locatore è stata considerata illegittima, anche se credeva di agire nel proprio diritto?
L’azione è stata considerata illegittima perché connotata da ‘animus spoliandi’, ovvero la consapevolezza di agire contro la volontà del detentore. Per la legge, il proprietario non può farsi giustizia da solo ma deve ricorrere agli strumenti legali per ottenere la restituzione dell’immobile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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