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Destinazione crediti societari: la delibera basta

Una società cooperativa, prima della sua cancellazione, assegna a un socio liquidatore le sorti di una causa pendente. La Corte d’Appello limita il diritto del socio alla sua sola quota, ma la Cassazione ribalta la decisione. Viene stabilito che la società, finché esiste, può decidere la destinazione dei crediti societari con una normale delibera assembleare, senza necessità del consenso di tutti i soci. Tale atto di disposizione precede e prevale sulla successione dei soci che si verifica solo dopo l’estinzione.

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Destinazione Crediti Societari: Quando la Delibera Assembleare Prevale sulla Successione dei Soci

La gestione delle pendenze legali durante la fase di liquidazione di una società rappresenta una delle sfide più complesse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: come può una società decidere la destinazione dei crediti societari incerti, come quelli derivanti da una causa in corso, prima della sua definitiva estinzione? La risposta delinea la netta autonomia della volontà societaria rispetto alle regole sulla successione dei soci.

I Fatti di Causa: Una Lunga Vicenda Giudiziaria

La controversia ha origine nel lontano 1998, quando una cooperativa edilizia cita in giudizio due professionisti per i danni derivanti da una progettazione errata. La causa si protrae per anni e, nel frattempo, la cooperativa entra in liquidazione volontaria, fino alla sua cancellazione dal registro delle imprese nel 2004.

Prima della cancellazione, nel 2003, l’assemblea dei soci approva il bilancio finale di liquidazione. La relazione del liquidatore, a sua volta socia della cooperativa, propone una soluzione per la causa ancora pendente: per agevolare la chiusura della liquidazione, la stessa liquidatrice si sarebbe fatta carico del giudizio, subentrando nella posizione della società, assumendone ogni rischio e beneficio.

Ottenuta una sentenza favorevole in appello, la liquidatrice, in qualità di successore del credito, notifica un atto di precetto al professionista soccombente. Quest’ultimo si oppone, sostenendo che la liquidatrice non avesse la legittimazione a pretendere l’intera somma, ma solo la parte corrispondente alla sua quota sociale.

La Decisione della Corte d’Appello e la Limitazione del Credito

La Corte d’Appello accoglie parzialmente l’opposizione. I giudici territoriali ritengono che la proposta della liquidatrice, approvata dall’assemblea, non potesse configurarsi come un trasferimento dell’intero credito. Poiché non tutti i soci avevano partecipato all’assemblea, non si era formato un accordo unanime sulla cessione. Di conseguenza, la liquidatrice poteva agire solo per recuperare la somma corrispondente alla propria quota sociale, mentre il resto del credito si sarebbe dovuto considerare trasferito agli altri ex soci secondo le regole della successione post-estinzione.

Le Motivazioni della Cassazione: Piena Autonomia nella Destinazione Crediti Societari

La Corte di Cassazione ribalta completamente questa interpretazione, accogliendo il ricorso della liquidatrice. Il principio di diritto affermato è tanto chiaro quanto fondamentale: finché una società non è estinta tramite la cancellazione dal registro delle imprese, essa è un soggetto giuridico autonomo, con la piena capacità di disporre del proprio patrimonio.

La Corte chiarisce che il fenomeno successorio, in base al quale i diritti e gli obblighi residui si trasferiscono ai soci, si verifica solo dopo l’estinzione della società. Prima di quel momento, è la società stessa a decidere del proprio destino e dei propri beni.

Nel caso specifico, la decisione di trasferire le sorti del giudizio pendente alla socia liquidatrice è stata presa con una delibera assembleare nel 2003, quando la società era ancora pienamente operativa. Tale delibera, adottata con le maggioranze richieste dalla legge, rappresenta un valido atto di disposizione del patrimonio sociale. Non era necessario, quindi, il consenso di tutti i soci, né tantomeno un accordo negoziale separato.

La Corte d’Appello ha errato nel confondere due piani distinti: l’atto dispositivo compiuto dalla società pendente societate e la successione universale dei soci che avviene solo post societatem. L’approvazione del bilancio finale e della relazione del liquidatore ha legittimamente espresso la volontà societaria di definire la destinazione di quel credito societario incerto, escludendolo dal patrimonio che sarebbe poi caduto in successione tra tutti i soci.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza rafforza un principio di certezza e autonomia per le società in fase di liquidazione. Le aziende possono gestire attivamente le partite creditorie incerte, come le cause pendenti, attraverso decisioni assembleari ordinarie, senza dover attendere la complessa dinamica successoria post-cancellazione. Questo permette di semplificare e accelerare la chiusura delle procedure di liquidazione, assegnando rischi e benefici di un contenzioso a un soggetto specifico che se ne faccia carico, garantendo così una gestione più efficiente del patrimonio residuo.

Una società in liquidazione può decidere a chi assegnare un credito futuro e incerto prima della sua cancellazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che una società, finché esiste come soggetto giuridico, può disporre dei propri beni, inclusi i crediti futuri derivanti da cause in corso, attraverso una legittima delibera assembleare.

Per assegnare un credito a un socio specifico prima della cancellazione, è necessario il consenso di tutti i soci?
No. Secondo la sentenza, per un atto di disposizione compiuto dalla società prima della sua estinzione è sufficiente la volontà societaria espressa nelle forme previste dalla legge, come una delibera adottata con il quorum ordinario. Non è richiesto il consenso unanime di tutti i soci.

Cosa accade ai crediti di cui la società non ha disposto prima della sua estinzione?
Solo dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese si verifica un fenomeno di successione, in cui i diritti e gli obblighi non liquidati si trasferiscono agli ex soci in regime di contitolarità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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