Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10866 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10866 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17468-2023 proposto da:
NOMECOGNOME NOMECOGNOME anche nella qualità di titolare e legale rappresentante pro tempore della ditta RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – SEDE TERRITORIALE DI LA SPEZIA;
– intimato – avverso la sentenza n. 46/2023 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 06/03/2023 R.G.N. 237/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 17468/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 09/04/2025
CC
RILEVATO che
La Corte di appello di Genova, confermando la decisione di primo grado, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME nella qualità di amministratore pro -tempore della RAGIONE_SOCIALE
In particolare, la Corte ha condiviso l’ iter decisorio del primo giudice che aveva respinto l’opposizione proposta dal ricorrente avverso l’ordinanza ingiunzione n. 78 del 2021 e dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dalla CMB Immobiliare in quanto non legittimata, per essere stata l’ordina nza emessa nei confronti del solo NOME COGNOME e notificata esclusivamente a quest’ultimo.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria NOME COGNOME anche nella qualità di amministratore pro-tempore della RAGIONE_SOCIALE affidandolo a quattro motivi.
La Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., ritenendo inammissibili i motivi prospettati.
Parte ricorrente, tramite difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO che
Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 145 e 160 cod. proc. civ. e 24 Cost. nella parte in cui ha ritenuto che la sanzione emessa riguardi esclusivamente il ricorrente COGNOME e non la società sebbene la relata di notifica sia stata effettuata nei confronti dello stesso quale amministratore unico della società.
Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 28 l. n. 689781 in relazione all’art. 360 co. 1, nn. 3 e 5 deducendosi l’intervenuta prescrizione del diritto dell’ente.
Con il terzo motivo si censura la decisione impugnata deducendosi la violazione o falsa applicazione di norme di diritto per violazione artt. 3 L. 241/90 e 18 L. 689/81 in relazione ad art. 360 comma 1 nn 3 e 5 per aver condiviso l’iter del giudice di primo grado che aveva ritenuto sufficientemente motivata l’ordinanza ingiunzione.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5.
Il primo motivo è inammissibile in quanto incentrato unicamente sulla indicazione della qualifica di amministratore della società contenuta nella relata di notifica dell’ordinanza medesima, indicazione che, invece, non ha rilievo determinante per escludere l’obbligo ascritto.
In tal modo, parte ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha accertato come unico destinatario dell’ordinanza ingiunzione di pagamento fosse il sig. NOME COGNOME
L’ordinanza oggetto di opposizione, n. 78 del 2021, aveva quale unico destinatario il solo NOME NOMECOGNOME chiamato a rispondere dell’illecito quale autore delle violazioni e obbligato principale.
L’ordinanza conteneva infatti nella parte dispositiva l’ordine solo ‘al sig. NOME COGNOME di pagare la somma di 7.720,00 quale sanzione amministrativa per le violazioni accertate.
Venivano peraltro chiarite, nella parte motiva, le ragioni della mancata emissione dell’ingiunzione anche a carico della CMB, in qualità di obbligata solidale ai sensi dell’art. 6, co. 3, l. 689/1981, ragioni costituite dall’invalidità della notifica del v erbale di accertamento ispettivo ossia da un vizio del procedimento che non consentiva, quindi, di procedere ulteriormente nei confronti della società.
Inammissibili sono, altresì, i residui motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche.
Va preliminarmente rilevato che, come definitivamente chiarito di recente dal Supremo Collegio soltanto qualora le norme costituzionali siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale, la violazione o falsa applicazione delle stesse può essere
prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (sul punto, S.U. n. 11167 del 06/04/2022 ).
Va poi rilevato che è inammissibile, in sede di ricorso per cassazione, la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in quanto una tale formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 3397 del 2024) e, d’altra parte, nella specie, le censure formulate mirano, esclusivamente, a contestare l’accertamento operato dalla Corte territoriale instando per una rivalutazione del fatto inammissibile in sede di legittimità.
La sentenza d’appello, interpretando gli atti processuali, ha ritenuto come unico soggetto appellante fosse la società RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dal suo amministratore unico (‘risulta in modo chiaro e inequivoco dall’intestazione e dal contenuto dell’atto di appe llo che l’unico soggetto appellante è la sola RAGIONE_SOCIALE – rappresentata in giudizio dal suo amministratore unico’, (sentenza, p. 3, parte appellante priva di interesse ad impugnare in quanto non destinataria dell’ordinanza ingiunzione).
La Corte ha, inoltre, affermato che: ‘qualora si ritenesse l’impugnazione proposta anche da COGNOME Davide in proprio, l’appello di quest’ultimo sarebbe comunque tardivo in quanto depositato oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza che l’Ispettorato ha eseguito nei confronti del predetto COGNOME presso il difensore in data 15.6.2022′ (sentenza, p. 4).
Va rilevato, al riguardo, che tale statuizione non è stata oggetto di ricorso per cassazione, con conseguente formarsi del giudicato sul punto.
Per i motivi esposti il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile in sostanziale corrispondenza al provvedimento di proposta di definizione anticipata ex art. 380- bis c.p.c. 6.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in dispositivo in favore del controricorrente. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale conforme alla proposta di definizione accelerata, nel senso ivi indicato, occorre applicare il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
Alla presente pronuncia di inammissibilità del ricorso fa quindi seguito la condanna di parte ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, entrambe liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte di una somma di euro 1.500,00 ex art. 96, 3° comma c.p.c., nonché a pagare in favore della cassa delle ammende la somma di euro 1500,00 ex art. 96, 4 comma c.p.c. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, 9 aprile 2025
Il Presidente
NOME COGNOME