Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 15389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 15389 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17686/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1036/2023 depositata il 16/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1036 /2023 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 16 maggio 2023.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 -bis .1, c.p.c.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
2. La causa riguarda l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo n. 1679/2017 del Tribunale di Lucca intimatole dalla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE registrata negli Emirati Arabi, per ottenere il pagamento della somma di € 54.000,00 a titolo di provvigioni non corrisposte nell’ambito del rapporto di agenzia corrente tra le parti e regolato dal contratto di agenzia stipulato il 28 aprile 2011. Tale contratto recava all’art. 18 la convenzione che attribuiva al Tribunale di Dubai la giurisdizione ‘in caso di controversie relative al rapporto in questione’. L’opponente aveva perciò eccepito pregiudizialmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
3. La Corte d’appello di Firenze ha accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 1069/2019 del Tribunale di Lucca, pubblicata il 5 luglio 2019, ha dichiarato sussistente la giurisdizione del giudice italiano ed ha rimandato le parti davanti al primo giudice.
La Corte d’appello ha dapprima disatteso l’eccezione di inesistenza e/o nullità della procura alle liti allegata all’atto di citazione in appello,
rimarcando che la sottoscrizione apposta in calce al mandato rilasciato dal rappresentante della RAGIONE_SOCIALE risultava autenticata dai difensori avvocati COGNOME e COGNOME del foro di Milano, sicché tanto il rilascio della procura quanto la certificazione dell’autografia della sottoscrizione della parte dovevano presumersi avvenuti nel territorio dello Stato, mancando prova contraria. I giudici del gravame hanno poi affermato che la medesima procura, benché redatta in lingua inglese, risultava di agevole comprensione e conforme alla previsione dell’art. 83 c.p.c.
È stata parimenti superata dalla Corte d’appello l’eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c., risultando i motivi di impugnazione specifici ed emergendo la univoca manifestazione di volontà dell’appellante di ottenere la riforma della sentenza di primo grado, la quale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del Tribunale di Dubai.
Nel prosieguo la Corte di Firenze ha deciso che, investendo le censure dell’appellante il profilo della nullità/inefficacia della clausola contrattuale sulla giurisdizione ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. e la pretesa deroga per facta concludentia della stessa clausola da parte della RAGIONE_SOCIALE, era da intendersi devoluta ai giudici del gravame l’intera cognizione sulla questione relativa alla giurisdizione.
L’accoglimento dell’appello e la riforma della sentenza di primo grado, con dichiarazione della giurisdizione del giudice italiano sulla causa negata dal Tribunale di Lucca, è stato argomentato dalla considerazione che la clausola convenzionale derogatoria della giurisdizione, stabilita nell’art. 18 del contratto di agenzia stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE, avente sede in Italia, e la RAGIONE_SOCIALE attribuiva alla società straniera la facoltà di avvalersene, senza però privare la stessa della possibilità di optare per la giurisdizione italiana
a norma dell’art. 3, comma 1, della legge n. 218 del 1995. Sicché, avendo la RAGIONE_SOCIALE convenuto la RAGIONE_SOCIALE dinanzi al giudice italiano, la medesima RAGIONE_SOCIALE non poteva aveva interesse a sollevare la questione di giurisdizione invocando la clausola contrattuale di deroga in favore del Tribunale di Dubai.
4. -Va respinta l’eccezione di ‘inammissibilità del ricorso’ sollevata dalla controricorrente. Non ricorre, invero, l’ipotesi di inammissibilità di cui all’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., imponendo tale norma uno scrutinio da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, e sempre che il singolo motivo non offra elementi per mutare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità cui si sia conformato il provvedimento impugnato.
5. – Il primo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 83, commi 2 e 3, secondo periodo, c.p.c., nonché degli artt. 122 c.p.c. e 12 l. n. 218/1995 e 182 c.p.c.
La ricorrente espone che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la procura rilasciata per l’appello, redatta in lingua inglese su foglio separato, risultava sottoscritta e autenticata dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in data 7 gennaio 2020 in Milano, mentre l’atto introduttivo, predisposto sempre in Milano, recava la data del 3 febbraio 2020. Pertanto, i difensori non avrebbero ‘autenticato una procura apposta in calce all’atto di appello bensì una procura a sé stante, redatta e sottoscritta in un tempo diverso da quello della redazione dell’atto di appello’. Si trattava, inoltre di procura alle liti ‘interamente scritta in lingua inglese in violazione dell’art. 122 c.p.c.’. Per la ricorrente, conclusivamente, la Corte di Firenze, ‘stante la nullità/irregolarità della procura alle liti,
avrebbe dovuto assegnare alla appellante un termine per sanare il vizio di rappresentanza processuale’.
5.1. -Il primo motivo di ricorso è in parte non fondato.
La Corte d’appello di Firenze ha evidenziato che la certificazione della autografia della sottoscrizione dal rappresentante della RAGIONE_SOCIALE nella procura per il giudizio di appello era stata effettuata dai difensori avvocati COGNOME e COGNOME del foro di Milano (recando, peraltro, l’indicazione ‘ Milan, 7 January 2020 ‘, come indica la medesima ricorrente), di tal che, in difetto di prova contraria, doveva presumersi avvenuta in Italia.
Allorquando la parte risiede all’estero, l’onere di fornire la prova contraria necessaria a superare la presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia della procura ” ad litem “, recante, come nella specie, l’indicazione del luogo di sottoscrizione ed autenticata da legale italiano, grava sulla parte avversa a quella della cui sottoscrizione si tratta (Cass. Sez. Unite n. 1605 del 2020); né tale prova può ritenersi assolta per il sol fatto che la procura e l’atto processuale cui accede recano una data diversa, non richiedendo l’art. 83 c.p.c. la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto, quanto la congiunzione, materiale o informatica, tra i due elementi.
Più articolata risposta impone la doglianza sulla violazione dell’art. 122 c.p.c. perché la procura alle liti era ‘interamente scritta in lingua inglese’.
La Corte d’appello di Firenze ha aderito all’orientamento secondo cui l’obbligo dell’uso della lingua italiana in tutto il processo, di cui all’art. 122, comma 1, c.p.c., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non a quegli atti, quali la procura alle liti, che sono preparatori del
processo e ai quali può applicarsi, come ad ogni altro documento esibito, l’art. 123 c.p.c. (così, di recente, ancora Cass. n. 19900 del 2023).
La questione della nullità della procura per difetto di traduzione in lingua italiana, giacché comunque decisa in senso difforme in diverse pronunce di questa Corte, è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione civile n. 7757/2024 del 22 marzo 2024.
Non di meno, si tratta di questione pregiudiziale che può dirsi assorbita dall’esame del terzo motivo di ricorso, attinente alla giurisdizione (il cui esame è a sua volta pregiudiziale a quello di ogni altra questione, seppur presupponendo la valida costituzione del rapporto processuale), essendo tale motivo, come di seguito si vedrà, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio.
6. Il secondo motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 342, 345, 329, 112, 324 c.p.c. e 2909 c.c. e la conseguente inammissibilità dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE. Questo motivo espone che l’atto di gravame si era limitato ‘a trascrivere due passaggi della sentenza di primo grado dedicati all’accoglimento della eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla comparente, senza svolgere alcuna censura in punto di difetto di giurisdizione (locuzione neppure mai evocata dall’appellante) , ma introducendo mediante argomentazioni nuove (e quindi inammissibili ex art. 345 c.p.c.) la questione della nullità della clausola derogatoria (art. 18 contratto sottoscritto inter partes ) e il suo superamento per facta concludentia ‘ . Ad avviso della ricorrente, la Corte di Firenze si sarebbe ‘sostituita’ all’appellante ‘(auto)sottoponendosi un motivo di censura della sentenza di primo grado mai proposto’. D’altro canto,
nelle conclusioni rassegnate in appello non veniva fatto ‘alcun riferimento alla giurisdizione omettendo ogni correlazione tra il gravame e le statuizioni della sentenza di primo grado’.
6.1. – Non è fondato il secondo motivo di ricorso.
Ove, come nella specie, la sentenza di primo grado abbia negato la giurisdizione del giudice italiano sulla causa, in forza di clausola convenzionale derogatoria della giurisdizione, e tale sentenza sia stata impugnata deducendo la nullità/inefficacia di tale clausola, ovvero l’accettazione della giurisdizione italiana per mancato rispetto della deroga pattizia in occasione di precedente provvedimento, non può dirsi formato alcun giudicato interno sul funzionamento di tale deroga convenzionale, non configurandosi al riguardo una autonoma ‘parte della sentenza’, agli effetti dell’art. 329, comma 2, c.p.c., sicché l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE apriva il riesame del giudice del gravame sull’intera questione.
– Il terzo motivo di ricorso, infine, denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della legge 218/1995 in relazione alla declaratoria di giurisdizione del giudice italiano. Si assume che l’art. 4, comma 2 della legge n. 218 del 1995 prevede un’espressa ipotesi di deroga convenzionale alla giurisdizione, che in via di autonomia negoziale i contraenti possono pattuire. La Corte d’appello, secondo la ricorrente, avrebbe ‘invertito’ erroneamente ‘il soggetto a favore del quale nel caso di specie tale facoltà di deroga è riconosciuta e cioè alla RAGIONE_SOCIALE (soggetto italiano) che convenuto in giudizio da RAGIONE_SOCIALE (soggetto straniero) avrebbe potuto esentarsi dall’eccepire il difetto di giurisdizione, sottostando definitivamente alla giurisdizione del giudice italiano’. Sussisteva, dunque, l’interesse della RAGIONE_SOCIALE a sollevare l’eccezione, in maniera che la lite fosse sottoposta al giudice straniero, come già
allegato nelle pregresse fasi di merito, in quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva subito una sentenza penale di condanna da parte del Tribunale di Dubai.
7.1. -Il terzo motivo di ricorso è fondato.
7.2. – Queste Sezioni Unite, mutando un precedente orientamento, hanno già affermato che il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c. per sollevare una questione concernente il difetto di giurisdizione del giudice italiano è ammissibile non solo allorché il convenuto nella causa di merito sia domiciliato o residente all’estero, ma anche quando lo stesso, pur domiciliato e residente in Italia, contesti la giurisdizione italiana in forza di una deroga convenzionale a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero (Cass. Sez. Unite n. 22433 e n. 29879 del 2018). Queste pronunce hanno, tra l’altro, evidenziato che ‘ l’art. 4, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218 ha offerto alle parti la possibilità di sottoscrivere -a determinate condizioni – un accordo per derogare convenzionalmente alla giurisdizione italiana a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero, in tal modo escludendosi l’operatività del criterio generale fondato sul domicilio o sulla residenza in Italia del convenuto. In altri termini, tali domicilio o residenza in Italia del convenuto non implicano, per ciò solo, che sussista la giurisdizione italiana, perché questa può essere esclusa in ragione di un accordo di deroga’.
Era stato già sottolineato, d’altra parte, che la legge n. 218 del 1995, fissando le regole comuni sull’esercizio della giurisdizione italiana, ha affermato nell’art. 3, primo comma, che la giurisdizione italiana sussiste quando “il convenuto ha in Italia il domicilio o la residenza oppure vi ha un rappresentante abilitato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 del codice di procedura civile e negli altri casi previsti dalla
legge”. Il carattere di principio generale di tale regola di competenza trova la sua ratio nel fatto che essa permette al convenuto di difendersi in linea di principio più agevolmente. Tuttavia, il disposto dell’art. 4, comma 2, della stessa legge n. 218 del 1995 ha ampliato rispetto al passato gli spazi entro i quali le parti possono accordarsi per accettare o derogare la giurisdizione interna a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero, negando la possibilità di deroga alla giurisdizione italiana soltanto nei casi in cui la deroga non sia provata per iscritto e nelle ipotesi in cui la causa verta sui diritti indisponibili, ed altrimenti consentendo all’autonomia privata di delocalizzare il rapporto dalla disciplina degli specifici ordinamenti statuali a favore di standards normativi internazionalmente accettati (Cass. Sez. Unite n. 10219 del 2006; n. 17675 del 2016). L’effetto ‘negativo’ della clausola di scelta del giudice straniero esclude, quindi, la giurisdizione italiana in base alle disposizioni in materia e vincola il giudice italiano adito a dimettere la propria giurisdizione, senza lasciargli alcuna valutazione sulla scelta espressa dai contraenti.
7.3. -La clausola contenuta nell’art. 18 contratto di agenzia stipulato il 28 aprile 2011 dalla RAGIONE_SOCIALE, avente sede in Italia, e dalla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE registrata negli Emirati Arabi, prevedeva che ‘ in caso di controversia che non possa essere risolta in via amichevole, il Tribunale di Dubai negli Emirati Arabi Uniti avrà giurisdizione per qualsiasi controversia relativa al presente contratto’. Si tratta, dunque, di clausola di deroga della giurisdizione, mediante la quale si attribuisce ai giudici degli Emirati Arabi Uniti la competenza giurisdizionale a conoscere le controversie nate da quel determinato rapporto giuridico, investendo quei giudici di giurisdizione esclusiva, e non facoltativa e concorrente, in difetto di
diverso accordo tra le parti che consentisse loro di adire un foro diverso da quello prorogato.
Pur non dettando l’art. 4 della legge n. 218 del 1995 una espressa regola di esclusività presunta della competenza stabilita dalla clausola di deroga, come invece si legge nell’art. 25 del Regolamento UE n. 1215 del 2012, il secondo ed il terzo comma del medesimo art. 4 della legge n. 218 del 1995 sono, invero, intesi come espressivi della natura parimenti esclusiva della convenzione di scelta del foro straniero, tale da privare di effetto i criteri di collegamento con la giurisdizione italiana derogata, a meno che le parti non esprimano chiaramente un’intesa nel senso del suo carattere opzionale.
Non è del resto qualificabile la pattuizione in esame come accordo «asimmetrico» o «unilaterale» ( one-sided jurisdiction agreement ), non potendosi sostenere che solo la contraente italiana sia in forza di essa vincolata ad agire nel foro convenzionalmente pattuito, mentre la contraente straniera rimane libera di adire il giudice designato o di optare per la giurisdizione italiana a norma dell’art. 3, comma 1, della legge n. 218 del 1995 (arg. da Cass. Sez. Unite n. 3624 del 2012; n. 9283 del 2017; n. 20349 del 2018).
8. – Va perciò accolto il terzo motivo di ricorso, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano; va in parte rigettato ed in parte dichiarato assorbito il primo motivo; va respinto il secondo motivo e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, dichiarando altresì , per l’effetto, la nullità del decreto ingiuntivo opposto n. 1679/2017 reso dal Tribunale di Lucca.
Non è stata presentata dalla ricorrente una specifica e documentata istanza per ottenere altresì la liquidazione delle spese sostenute davanti alla Corte d’appello di Firenze nel procedimento di
sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata ex art. 373 c.p.c. definito con l’ordinanza prodotta in data 8 aprile 2024.
In ragione della novità della questione di diritto dirimente, possono comunque compensarsi per intero tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta in parte e dichiara in parte assorbito il primo motivo, rigetta il secondo motivo, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano e cassa senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando altresì la nullità del decreto ingiuntivo opposto n. 1679/2017 reso dal Tribunale di Lucca; compensa per intero tra le parti le spese dell’intero giudizio .
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite