LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Deroga distanze legali: quando non si applica?

La Cassazione chiarisce che la deroga distanze legali, prevista per i piani di recupero urbano, non si applica se solo uno dei due edifici confinanti è incluso nel piano. La Corte ha cassato la sentenza d’appello solo per l’omessa pronuncia sulla domanda di manleva, confermando la condanna all’arretramento della costruzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Deroga Distanze Legali: Limiti e Applicabilità nei Piani di Recupero

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento cruciale sull’applicazione della deroga distanze legali tra edifici prevista dai piani di recupero urbano. Il principio affermato è netto: la deroga non si applica se solo uno dei due edifici confinanti è compreso nel piano di recupero. Questa pronuncia ribadisce la necessità di un’applicazione omogenea delle normative urbanistiche speciali.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla controversia tra due società. La società B, proprietaria di un immobile, citava in giudizio la società costruttrice A, chiedendo la condanna all’arretramento del fabbricato di quest’ultima per violazione delle distanze legali minime (16 metri tra edifici e 8 metri dal confine).

In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che entrambi gli edifici ricadessero in un’area soggetta a piano di recupero urbano. Secondo il giudice, tale circostanza attivava la deroga prevista dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, rendendo inapplicabile la normativa generale sulle distanze.

La Corte di Appello, invece, ribaltava la decisione. Accertava che solo il fabbricato della società costruttrice A rientrava nel piano di recupero, mentre quello della società B ne era escluso. Di conseguenza, escludeva l’operatività della deroga e condannava la società A all’arretramento del proprio edificio.

Contro questa sentenza, il Comune (chiamato in causa in garanzia) e la società A proponevano ricorso in Cassazione.

La Questione sulla Deroga Distanze Legali

Il nucleo della questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte riguardava l’interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 9 del D.M. 1444/1968. I ricorrenti sostenevano che la Corte di Appello avesse errato nel non ritenere operante la deroga, nonostante la presenza di un piano di recupero urbano approvato dal Comune.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Cassazione ha respinto i motivi di ricorso relativi a questo punto, confermando la correttezza della decisione d’appello. La Corte ha stabilito che la deroga alle distanze minime è una norma eccezionale, la cui ratio è consentire una pianificazione urbanistica omogenea e coerente all’interno di un’area specifica, come un piano di recupero o un piano di lottizzazione.

Le Motivazioni: la Deroga Distanze Legali richiede omogeneità

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La possibilità per i Comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle standard è strettamente legata al presupposto che le costruzioni coinvolte siano tutte incluse nel medesimo strumento urbanistico particolareggiato. Quando un edificio si trova al di fuori di tale perimetro, il rapporto con gli edifici esterni è regolato dalla normativa statale generale, che ha carattere inderogabile.

Nel caso di specie, essendo stato accertato che solo uno dei due fabbricati era ricompreso nel piano di recupero, la Corte d’Appello ha correttamente escluso l’applicabilità della deroga. La disciplina sulle distanze è posta a tutela di interessi generali e non può essere disapplicata sulla base di una pianificazione che riguarda solo una delle proprietà confinanti.

La Cassazione ha inoltre rigettato il motivo con cui si lamentava la mancata considerazione della presunta abusività parziale del fabbricato della società B. Sul punto, la Corte ha ribadito che la regolarità urbanistica di un edificio è irrilevante ai fini dell’azione per il rispetto delle distanze, che attiene ai rapporti tra privati.

Le Conclusioni: Accoglimento Parziale e Rinvio

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso principale del Comune e i primi tre motivi del ricorso incidentale della società A. Tuttavia, ha accolto il quarto motivo del ricorso incidentale, relativo all’omessa pronuncia della Corte d’Appello sulla domanda di manleva che la società A aveva proposto nei confronti del Comune e di un ente di edilizia residenziale pubblica. La Corte di Appello, accogliendo la domanda principale, aveva assorbito la questione della manleva senza deciderla.

Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi esclusivamente sulla domanda di manleva e regolare le spese del giudizio di legittimità. Il principio di diritto sulla inapplicabilità della deroga distanze legali in caso di pianificazione non omogenea rimane pienamente confermato.

Quando si può applicare la deroga alle distanze legali tra edifici prevista per i piani di recupero urbano?
La deroga si applica solo se tutti gli edifici coinvolti nel contenzioso sono compresi nell’ambito dello stesso piano di recupero o strumento urbanistico particolareggiato. Se uno degli edifici è esterno a tale piano, si applicano le norme generali sulle distanze.

La presunta natura abusiva di un edificio vicino impedisce di agire per il rispetto delle distanze?
No. La normativa sulle distanze legali si applica a tutti gli edifici, legittimi o abusivi, poiché tutela interessi di carattere generale nei rapporti tra privati. La regolarità urbanistica di un fabbricato non rileva ai fini della proposizione dell’azione per il rispetto delle distanze.

Cosa succede se il giudice d’appello, nel riformare una sentenza, non si pronuncia su una domanda di manleva?
L’omessa pronuncia su una domanda ritualmente proposta, come quella di manleva, costituisce un vizio della sentenza. La Corte di Cassazione, se accoglie il relativo motivo di ricorso, cassa la sentenza e rinvia la causa al giudice d’appello affinché decida sulla domanda omessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati