Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21322 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore arch. NOME COGNOME, rappresentata e difesa con procura speciale alle liti in calce al ricorso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso il loro studio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
Ricorrente
contro
COGNOME NOMENOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME, rappresentato e difeso con procura speciale alle liti in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio d ell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 4380/2019 della Corte di appello di Roma, pubblicata il 28. 6. 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18. 6. 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che nel confermare quelle scritte, ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso ed il rigetto degli altri.
Udire le difese svolte dall’AVV_NOTAIO, in sostituzione degli AVV_NOTAIO COGNOME, per la ricorrente e dall’AVV_NOTAIO per il controricorrente.
Fatti di causa
Nel 2001 NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero, davanti al Tribunale di Tivoli, RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna ad arretrare il fabbricato dalla stessa realizzato a distanza inferiore a quella di 5 metri, prevista dal regolamento edilizio comunale, rispetto al confine del fondo di loro proprietà, sito in Comune di Mentana.
Costituitasi la convenuta, il Tribunale rigettò la domanda ritenendo che il fabbricato fosse stato realizzato dalla convenuta con il consenso degli stessi attori, che le avevano ceduto il terreno con la previsione che su di esso sarebbe stato costruito un edificio che, in base al progetto, prevedeva un distacco di tre metri dal confine.
Proposta impugnazione, la Corte di appello, con sentenza n. 3208/2010, confermò la statuizione di primo grado, seppure con diversa motivazione, rilevando che gli attori avevano ceduto alla RAGIONE_SOCIALE la volumetria edificabile relativa al proprio lotto, cosicché il confine de quo era da considerare ” confine di proprietà ” ma non ” confine di lotto ” e che ” nel momento in cui si assoggetta uno dei lotti a confine alla costruzione limitrofa, rinunciando a far valere i diritti che da quelle disposizioni derivano, la rinuncia non vale solo per l’inedificabilità assoluta che consegue alla cessione della volumetria edificabile su quel lotto, ma più in generale devono ritenersi inapplicabili anche le altre limitazioni che si giustificano e trovano la loro ragione di essere solo in caso di utilizzazione a fini edificatori del suolo “.
Con sentenza n. 19790 del 4. 10. 2016 questa Corte, in accoglimento del ricorso avanzato dagli originari attori, cassò la sentenza di appello, affermando che essa si era discostata dal principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui, ai sensi dell’articolo 873 cod. civ., le norme che impongono l’osservanza delle
distanze dai confini prescindono dall’avvenuta edificazione e dalla futura edificabilità del fondo limitrofo.
Riassunta la causa da COGNOME NOME e COGNOME NOME, con sentenza n. 4380 del 28. 6. 2019 la Corte di appello di Roma, quale giudice del rinvio, accolse la loro domanda e condannò la società RAGIONE_SOCIALE ad arretrare la propria costruzione alla distanza di 5 metri dal confine ed al risarcimento dei danni, che liquidò in euro 1.000,00. La Corte motivò la decisione sul rilievo che la clausola da cui il giudice di primo grado aveva desunto la rinuncia degli attori al rispetto della distanza legale era rimasta priva di efficacia, in quanto presente nel contratto preliminare di vendita del terreno ma non anche nel contratto definitivo e che, comunque, essa sarebbe affetta da nullità, non potendo le parti derogare convenzionalmente al rispetto delle distanze legali.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 17. 1. 2020, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di cinque motivi.
COGNOME NOME, anche nella qualità di erede di COGNOME NOME, ha notificato controricorso.
Il P.M. e le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello pronunciato sulla domanda della controparte di risarcimento dei danni, che invece avrebbe dovuto dichiarare inammissibile in quanto proposta per la prima volta soltanto nel giudizio di rinvio, con l’atto di riassunzione seguito alla sentenza di cassazione.
Il motivo, come dedotto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, è fondato.
Dall’esame degli atti di causa, cons entito a questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunziato, risulta che nell’atto di citazione in primo grado gli attori si erano limitati a chiedere la condanna della società convenuta ad arretrare il proprio fabbricato nel rispetto della distanza legale dal confine. La domanda di risarcimento del danno per la lamentata violazione della distanza legale è stata invece proposta soltanto con l’atto di riassunzione che ha fatto seguito alla pronuncia di cassazione di questa Corte. Ne consegue che la Corte di appello, quale giudice del rinvio, non avrebbe dovuto pronunciarsi su di essa,
ma avrebbe dovuto dichiararla inammissibile, essendo il giudizio di rinvio un giudizio chiuso, in cui non è consentito alle parti proporre domande nuove rispetto a quelle avanzate nel giudizio di merito (Cass. n. 29879 del 2023; Cass. n. 24357 del 2023; Cass. n. 5137 del 2019; Cass. n. 2529 del 2018).
Il secondo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per avere la Corte di appello posto a fondamento della sua decisione un fatto inesistente ed omesso di esaminare un fatto decisivo. In particolare, la ricorrente assume l’erroneità della decisione impugnata laddove ha ritenuto inefficace, perché non riprodotta nel contratto definitivo, la clausola contenuta nel preliminare con cui i promittenti venditori avevano rinunciato al rispetto della distanza legale in relazione al fabbricato che sarebbe stato costruito sul terreno ceduto, trascurando di rilevare che la clausola con cui i venditori avevano ceduto la cubatura del loro terreno a favore di quello ceduto era presente sia nel contratto preliminare che in quello definitivo. Tale errore, si aggiunge, ha impedito al giudice del rinvio di valutare l’eccezione sollevata dalla convenuta secondo cui l’eventuale nullità della predetta clausola, trattandosi di pattuizione essenziale, avrebbe determinato la nullità dell’intero atto di vendita del terreno.
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 1362, 1363 e 1365 c.c. ed omesso esame di fatto decisivo, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di interpretare l’atto di vendita del terreno con diritto di ricostruire, in rela zione ad esso, l’effettiva volontà delle parti, operazione che, se fosse stata compiuta, avrebbe portato il giudicante ad accertare che la vendita del terreno era strettamente connessa e condizionata alla cessione della cubatura ed al progetto di realizzazione dell’edificio poi costruito.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e/o omesso esame degli artt. 1419, 1227 e 1338 c.c., per avere la Corte di appello affermato, in modo peraltro generico, la nullità della clausola derogatoria della distanza legale tra costruzioni, senza dar conto della sua incidenza sull’intero contratto di compravendita e del fatto che, avendo essa carattere essenziale, la sua nullità si estendeva al l’intero contratto .
Sotto altro profilo, si lamenta l’omessa valutazione del comportam ento dei venditori nella causazione della violazione, avendo essi, con la cessione della
cubatura e la rinunzia al rispetto della distanza legale, concorso alla produzione della violazione poi lamentata.
Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 873 c.c. ed omesso esame di un aspetto decisivo, per avere la Corte di appello deciso la controversia senza esaminare le argomentazioni della società convenuta, che aveva dedotto l’inapplicabilità nel caso di specie della disposizione dettata dall’art. 873 c.c. per averne le parti fatto oggetto di specifica contrattazione, oltre a non avere la violazione lamentata prodotto una intercapedine dannosa e a cui avevano dato causa le stesse controparti.
I motivi, dal secondo al quinto, possono esaminarsi congiuntamente e sono tutti inammissibili.
Va premesso che dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso risulta quale dato acquisito in causa che l’immobile della società convenuta non rispetta la distanza legale di cinque metri dal confine prescritta dal regolamento edilizio comunale. Risulta altresì che la parte convenuta, odierna ricorrente, aveva impostato la propria difesa sull’assunto che gli attori aveva no acconsentito o comunque accettato la edificazione del suo fabbricato ad una distanza inferiore da quella legale, per avere ceduto, con il contratto di vendita del terreno, anche la cubatura, essendo peraltro ad essi noto il progetto di edificazione.
Tanto precisato, la Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha disatteso l’argomento difensivo sostenendo che la clausola di deroga alla distanza legale era presente nel preliminare ma che, non essendo stata riprodotta nel contratto definitivo, essa non aveva conservato efficacia; ha aggiunto che, in ogni caso, anche qualora essa fosse stata effettivamente pattuita, sarebbe da ritenersi nulla.
I motivi di ricorso investono la prima argomentazione della sentenza, relativa alla ritenuta insussistenza o inefficacia della convenzione in deroga, non la seconda, nei cui confronti non viene sollevata altra censura se non quella della genericità della motivazione. La critica della motivazione non può però trovare ingresso nel giudizio di impugnazione laddove essa investe la soluzione di una questione di diritto, la cui carenza o erroneità della motivazione è suscettibile
soltanto di integrazione o correzione da parte di questa Corte, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c..
Tanto precisato, si rileva che l’affermazione della ritenuta nullità della c lausola in deroga non costituisce una mera digressione o obiter dictum della decisione, ma una ragione autonoma in grado di sorreggere, da sola, la statuizione impugnata di condanna della società convenuta all’arretramento del proprio fabbricato. La pronuncia di nullità della clausola costituisce infatti motivo sufficiente a giustificare il mancato accoglimento del l’argomentazione difensiva secondo cui la violazione non sussisterebbe in quanto la distanza era stata concordata dai confinanti.
Merita aggiungere che la declaratoria di nullità della clausola in deroga appare del tutto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui, in tema di distanze, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e negli strumenti urbanistici locali non tollerano deroghe convenzionali, in quanto dettate a tutela di un interesse generale ad un prefigurato modello urbanistico (Cass. 14711 del 2019; Cass. n. 5016 del 2018; Cass. n. 12134 del 2018; Cass. n. 9751 del 2010; Cass. n. 12966 del 2006).
Ne discende che i motivi in esame sono inammissibili in quanto investono solo una delle due rationes decidendi su cui appare fondata la sentenza impugnata. E’ noto che, quando la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 13880 del 2020; Cass. n. 18641 del 2017; Cass. n. 15350 del 2017).
Privo di pregio, ai fini del presente giudizio, si presenta invece l’argom ento della ricorrente secondo cui il giudice non avrebbe considerato che la nullità della clausola derogatoria sulle distanze, attesa la sua essenzialità per la parte acquirente, avrebbe determinato , in base al criterio indicato dall’art. 1419 c.c., la nullità dell’intero contratto. L’argom entazione non coglie nel segno, perché, come dedotto dal controricorrente, non solo la questione della nullità del
contratto non era stata mai posta nel corso del giudizio, ma soprattutto in quanto essa appare completamente estranea ed avulsa rispetto alla domanda proposta dalla controparte a tutela delle distanze legali e all’accertamento che con essa era demandato.
Va quindi accolto il primo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili gli altri. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta dagli attori con l’atto di riassunzione del giudizio se guito alla pronuncia di cassazione della sentenza di appello.
Tenuto conto della pronuncia di cassazione della sentenza impugnata e del parziale accoglimento del ricorso, le spese del giudizio di rinvio e del presente giudizio di legittimità sono compensate, mentre quelle delle precedenti fasi di giudizio seguono la soccombenza e sono regolate in conformità alla pronuncia impugnata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta dagli attori con l’atto di riassunzione .
Condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, che liquida in euro 800,00 per diritti, euro 1.400,00 per onorari ed euro 209,00 per esborsi; del giudizio di appello, che liquida in euro 2.500,00 per compensi ed euro 877,00 per spese; del primo giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese generali; compensa interamente le spese del giudizio di rinvio e del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 25 giugno 2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME