Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9579 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9579 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15293/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale ex lege
-controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Milano n. 890/2021, pubblicata in data 18 marzo 2021 e notificata in data 23 marzo 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1784/2019, il Tribunale di Monza, in relazione al contenzioso innescato da NOME NOME COGNOME nei confronti della Banca Credito Valtellinese s.p.a., nel quale interveniva RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito, rigettava l’opposizione , promossa dal primo, avverso il decreto ingiuntivo, ottenuto dalla seconda, con il quale si chiedeva il pagamento della somma di euro 295.549,51, oltre interessi, quale saldo debitore del conto corrente, sul quale operava un’apertura di credito in conto corrente, intrattenuto con l’opposta dalla RAGIONE_SOCIALE, garantito con fideiussione rilasciata dall’opponente in data 22 giugno 2010.
NOME NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza, reiterando l’eccezione , ex art. 1957 cod. civ., di estinzione della fideiussione e quella di nullità per violazione dell’art. 2 della legge n. 287/90 e dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’UE ; con sentenza n. 890/2021, la Corte d’appello di Milano ha rigettato il gravame.
Ha, a tal fine, osservato, per quanto ancora rileva in questa sede, che: -la fideiussione rilasciata dall’appellante riproduceva lo
schema contrattuale ABI del 2003 di cui al provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, con particolare riguardo alle clausole n. 2, 6 e 8, ma che da tanto non poteva derivare la nullità totale del contratto, ma solo di quelle clausole che costituivano esecuzione dell’intesa anticoncorrenziale; non era intervenuta la decadenza di cui all’art. 1957 cod. civ., formulata dall’appellante con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., in quanto la garanzia prestata aveva natura di garanzia a prima richiesta, come risultava dalla clausola n. 7, la quale prevedeva che ‹‹ il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio ›› , cosicché essa non si estingueva se il creditore, entro il termine previsto dall’art. 1957 cod. civ., ossia entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita, aveva avanzato una semplice richiesta stragiudiziale di pagamento; -nella fattispecie in esame, l’obbligazione di pagare la somma di cui al saldo del conto corrente intestato alla debitrice principale era divenuta esigibile nei confronti della debitrice principale e nei confronti dei fideiussori in data 15 febbraio 2016, quando la Banca aveva comunicato, sia pure implicitamente, il suo recesso dal rapporto e contestualmente aveva chiesto il pagamento entro il 25 febbraio 2016 della somma risultante quale saldo del conto corrente; successivamente alla richiesta stragiudiziale, la Banca, in data 4 novembre 2016, aveva passato in sofferenza il conto corrente e, in data 13 giugno 2017, aveva depositato ricorso per decreto ingiuntivo, così rispettando il termine di sei mesi dall’esigibilità dell’obbligazione, ciò che aveva impedito l’estinzione della fideiussione.
NOME NOME COGNOME propone ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE, e, per essa, RAGIONE_SOCIALE
s.p.aRAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso.
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede.
All’esito del deposito di proposta di definizione accelerata, il ricorrente ha chiesto, con istanza, la decisione del ricorso ed ha depositato memoria illustrativa.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc. civ., in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunziando la ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 1957, 1462 e 1362 cod. civ. ›› , il ricorrente censura la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che la clausola di cui all’art. 7 del contratto di fideiussione, secondo la quale il fideiussore è tenuto a pagare alla Banca ‘a semplice richiesta scritta’ , consenta di ritenere che le parti abbiano inteso derogare parzialmente la disciplina di cui all’art. 1957 cod. civ. e, segnatamente, le modalità con cui il creditore avrebbe potuto impedire la decadenza prevista dalla predetta disposizione.
Rimarca che, a supporto della eccepita estinzione della fideiussione, aveva dedotto: a) che il dies a quo ex art. 1957 cod. civ., ossia la scadenza dell’obbligazione principale, era il 13 maggio 2016, ossia la data di ricezione della raccomandata inviata dalla Banca alla debitrice principale con cui si comunicava la revoca dell’affidamento a suo tempo concesso; b) la Banca non si era attivata giudizialmente nei confronti della debitrice principale entro il termine ultimo del 14 dicembre 2016 – quale dies ad quem ex art. 1957 cod. civ. decorrente dal 13 maggio 2016 -avendo depositato il
ricorso monitorio soltanto in data 13 giugno 2017. Aveva pure dedotto che, anche considerando quale dies a quo ex art. 1957 cod. civ. il passaggio a sofferenza del rapporto di conto corrente -già avvenuto in data 14 novembre 2016 -la decadenza doveva ritenersi comunque avvenuta, poiché in questa seconda ipotesi la Banca avrebbe dovuto agire giudizialmente nei confronti del debitore principale entro il termine del 15 maggio 2017.
Lamenta che, pur avendo formulato specifico motivo di impugnazione, puntualizzando che la clausola di pagamento ‹‹ a semplice richiesta scritta ›› non era di per sé decisiva nel consentire che la semplice richiesta stragiudiziale di pagamento, proposta nel termine semestrale, impedisse la decadenza ivi prevista, la Corte territoriale aveva ritenuto che la fideiussione non si estingueva ove il creditore, nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, avesse avanzato una semplice richiesta stragiudiziale di pagamento, diversamente da quanto prevede il disposto dell’art. 1957 cod. civ., che esige, a tal fine, che il creditore, entro il termine de quo , abbia proposto un’istanza giudiziale .
Sostiene che il giudice di secondo grado non avrebbe correttamente interpretato la clausola de qua, che è soltanto deputata a differire la facoltà di proposizione delle eccezioni da parte del garante, senza però escluderla, essendosi in presenza di una fideiussione con clausola ‘ solve et repete ‘, di per s é non idonea a far venire meno il rapporto sussidiario fra fideiussione ed obbligazione principale; con la conseguenza che l’inserimento di tale clausola non preclude la piena operatività della disc iplina contemplata dall’art. 1957 cod. civ., in quanto la deroga, ancorché parziale, deve risultare chiaramente dal tenore del contratto e perché la clausola ‘ solve et repete ‘ opera su un piano distinto rispetto all’art. 1957 cod. civ.
Contesta, pertanto, alla Corte d’appello di essere incorsa nella
violazione dell’art. 1362 cod. civ., per avere ricostruito una volontà dei contraenti che non emergeva in alcun modo dal tenore letterale delle parole utilizzate dalle parti nel contratto di fideiussione, evincendosi dalla espressione ‘a semplice richiesta scritta’ che il fideiussore dovesse pagare alla Banca a semplice richiesta della stessa posticipando la facoltà di avanzare eccezioni a pagamento effettuato.
Con il secondo motivo, deducendo la ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 1957 e 1363 cod. civ. ›› , il ricorrente, nel censurare il capo della sentenza già attinto con il primo motivo di ricorso, lamenta che il giudice d’appello non avrebbe preso in esame il contenuto di tutte le clausole del contratto di fideiussione stipulato inter partes , limitandosi ad esaminare solo quella prevista all’art. 7 del contratto.
Sostiene che il giudice non si sarebbe avveduto che le parti avevano già previsto, nell’ambito del contratto di fideiussione, una deroga totale rispetto alla disciplina di cui all’art. 1957 cod. civ. al precedente art. 6 della fideiussione, laddove era previsto che ‹‹ I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimo o qualsiasi altro coobbligato o garantire entro i temini previsti dall’art. 1957 cod. civ. che si intende derogato ›› ; tanto conduce a ritenere, secondo il ricorrente, che l’espressione ‘a semplice richiesta scritta’ contenuta nell’art. 7 non opera affatto sul piano della deroga di cui all’art. 1957 cod. civ., bensì solo sul piano dell’adempimento e della proponibilità delle eccezioni, e che la conclusione ermeneutica adottata dalla Corte d’appello è illogica e contraddittoria , perché comporta che, nell’ambito di un medesimo testo contrattuale, le parti hanno previsto una deroga totale della disciplina generale ex art. 1957 cod. civ. e
poi, con una seconda clausola, una deroga parziale della medesima disciplina.
Con il terzo motivo è denunciata la ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 1957 e 1370 cod. civ. ›› , per avere la Corte d’appello erroneamente trascurato di considerare che la clausola di cui all’art. 7 del contratto di fideiussione, ove ritenuta suscettibile di plurime e diverse interpretazioni, avrebbe dovuto essere interpretata in senso favorevole al contraente che non aveva provveduto alla predisposizione del contratto, ma che aveva solo aderito al testo contrattuale predisposto unilateralmente dalla Banca mediante appositi moduli o formulari.
I tre motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.
4.1. Va premesso che va data continuità al consolidato orientamento di questa Corte in punto di censura dell’ermeneutica contrattuale (tra le tante, Cass., sez. 3, 08/06/2017, n. 14268), a mente del quale l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo la individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass., sez. 3, 31/03/2006, n. 7597; Cass., sez. 3, 01/04/2011, n. 7557; Cass., sez. 3, 14/02/2012, n. 2109; Cass., sez. 3, 29/07/2016, n. 15763).
4.2. Nella specie, però, il ricorrente non si limita a prospettare l’incongruità della soluzione ermeneutica fatta propria dalla gravata
sentenza in relazione ad altre egualmente plausibili, ciò che avrebbe comportato l’inammissibilità della doglianza (Cass., sez. 1, 22/02/2007, n. 4178; Cass., sez. 2, 03/09/2010, n. 19044; Cass., sez. 1, 27/06/2018, n. 16987), ma censura l’assoluta insostenibilità logica e giuridica dell’interpretazione prescelta dal giudice di merito e, quindi, la scorrettezza della conclusione quale conseguenza di un procedimento ermeneutico condotto in violazione delle sue regole. E una tale complessiva censura, oltre che ammissibile, è pure fondata.
4.3. In effetti la Corte d’appello ha ritenuto che la norma contrattuale in esame (art. 7 contratto di fideiussione) si configuri come clausola di pagamento a prima richiesta, facendo riferimento ad un pagamento immediato, a semplice richiesta.
La clausola, in realtà, contempla la sola ‘prima richiesta’ di pagamento, ma non anche l’espresso riferimento alla preclusione delle eccezioni, per cui si pone la questione afferente ai criteri da quali desumere la sussistenza, o meno, della deroga all’art 1957 cod. civ., sulla base della comune volontà delle parti.
4.3.1. Occorre sicuramente prendere le mosse dalla sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 3947/2010, la quale, nell’esaminare la causa concreta del contratto autonomo di garanzia e i caratteri differenziali che lo stesso presenta rispetto al contratto di fideiussione, ha avuto modo di statuire che: «il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag ), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 cod. civ., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante). Inoltre, la causa concreta del
contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.
Nella stessa citata sentenza le Sezioni Unite hanno precisato che l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag ), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, ‹‹ salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale».
4.3.2. La giurisprudenza successiva ha poi affermato che la deroga all’art. 1957 cod. civ. non può ricavarsi implicitamente laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di ‘pagamento a prima richiesta’, o altra equivalente, osservando che una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come ‘contratto di garanzia’ o come ‘fideiussione’, sia perché tale espressione può riferirsi a forme di garanzie svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a
garanzie caratterizzate da un vincolo di accessorietà nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia anche a clausole il cui inserimento nel contratto è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dall’art. 1957 cod. civ. (ossia limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria (Cass., sez. 1, 09/08/2016, n. 16825; Cass., sez. 3, 19/02/2019, n. 4717; Cass., sez. 2, 17/06/2022, n. 19693).
4.3.3. Anche di recente questa Corte ha enunciato il principio per cui, ai fini della distinzione tra contratto autonomo di garanzia e contratto di fideiussione, la presenza nell’accordo di una clausola “a prima richiesta” non assume carattere decisivo, dovendosi in ogni caso accertare la relazione causale in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia, a tal fine trovando applicazione gli ordinari strumenti interpretativi nella disponibilità del giudice (Cass., sez. 1, 04/12/2024, n. 31105; Cass., sez. 3, 27/12/2024, n. 34678).
Si è, in particolare, osservato che, ‹‹ non essendo la clausola di pagamento “a prima richiesta” incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 cod. civ., spetta al giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione (Cass., n. 16825/16; n. 84/2010; n. 19693/2022). E’ dunque la volontà delle parti che deve essere indagata onde ricostruire il reale contenuto della pattuizione, giacché solo la ricognizione di quale sia st ato l’intendimento da esse perseguito nel farne materia di regolamentazione negoziale -ricognizione a cui il giudice deve procedere facendo uso dei mezzi interpretativi nella sua disponibilità -rende possibile attribuire alle formule testuali da esse adoperate, che non appaiono di per sé decisive, un’identità coerente con gli scopi
che si è inteso realizzare per mezzo della loro previsione ›› .
4.4. Nella specie, ciò non è avvenuto; la Corte territoriale ha infatti omesso di considerare che la sola clausola a ‘pagamento a semplice richiesta scritta’ non consente di ritenere che il garante abbia consapevolmente sottoscritto un contratto di garanzia autonomo, stante anche la mancata espressa menzione della preclusione delle eccezioni, ed ha dato una lettura della clausola senza metterla in relazione alla formulazione dell’art. 6 del contratto di fideiussione e senza compiere la necessaria disamina dell’intero testo contrattuale, al fine di una compiuta ricognizione del tessuto volitivo sotteso alla pattuizione.
In accoglimento del ricorso, la sentenza deve, pertanto, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame, attenendosi ai suindicati disattesi principi, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ Appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione