Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9674 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9674 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7514/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE MANDATARIA DI RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3767/2022 depositata il 29/11/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 2637 del 28 aprile 2020 il Tribunale di Milano ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 32312/2018, emesso in favore del Banco BPM S.p.A. nei confronti dei signori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE Il decreto ingiuntivo riguardava il pagamento di una somma pari a 194.402,09 euro, derivante sia dal saldo del conto corrente bancario intestato alla società, sia da un contratto di mutuo ipotecario stipulato tra le parti.
Il Tribunale ha accertato la corrispondenza delle clausole contestate ai modelli predisposti dall’A.B.I., dichiarandole tuttavia nulle in quanto riconducibili a un’intesa anticoncorrenziale. Di conseguenza, ha ritenuto applicabile l’art. 1957 del Codice Civile ai contratti di garanzia. Ha inoltre rilevato che la notifica del decreto ingiuntivo era avvenuta tardivamente rispetto alla scadenza dell’obbligazione principale.
Con la sentenza n. 3767/2022 del 29/11/2022 la Corte d’ Appello di Milano ha parzialmente accolto il gravame interposto dalla società RAGIONE_SOCIALE
3 . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i RAGIONE_SOCIALE propongono ora ricorso per cassazione, affidato a un motivo.
RAGIONE_SOCIALE in qualità di mandataria, RAGIONE_SOCIALE resiste controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i ricorrenti denunziano la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 1362, 1363, 1366, 1370, 1371 e 1957 cod. civ.
Si dolgono che la corte di merito abbia ritenuto sufficiente, per rispettare il termine decadenziale previsto dall’art. 1957 c.c., il semplice invio di una diffida stragiudiziale da parte del creditore.
Lamentano che il giudice di secondo grado ha erroneamente qualificato le garanzie in argomento come contratti autonomi , pur in difetto di clausola prevedente il pagamento ‘senza eccezioni’.
Deducono che la presenza della clausola ‘a semplice richiesta scritta’ riflette unicamente l’intenzione di stabilire una scansione temporale per il pagamento del credito, senza escludere le eccezioni opponibili dal fideiussore.
Secondo i ricorrenti, riconoscere il carattere autonomo della garanzia escluderebbe l’applicazione dell’art. 1957 c.c., poiché questa norma è strettamente legata al carattere accessorio della fideiussione, che collega in modo necessario e inscindibile la scadenza dell’obbligazione di garanzia
a quella dell’obbligazione principale. A loro avviso, invece, si tratta di fideiussioni tipiche, per le quali l’art. 1957 c.c. deve trovare piena applicazione.
I ricorrenti contestano il fatto che, pur trattandosi di fideiussioni tipiche, la Corte d’Appello abbia arbitrariamente modificato la volontà contrattuale delle parti, derogando all’art. 1957 c.c. In particolare, essi sottolineano che eventuali deroghe a tale norma sarebbero in contrasto con la necessità di protezione del garante. La soggezione della scadenza del credito alla semplice diffida ad adempiere o alla messa in mora del debitore imporrebbe, infatti, un onere arbitrario ai fideiussori, alterando la volontà contrattuale delle parti e lasciando indeterminato il termine entro il quale la banca dovrebbe agire in via giudiziale. Questa situazione, secondo i ricorrenti, non trova alcun riscontro nelle clausole delle fideiussioni.
Il motivo è infondato.
Va al riguardo anzitutto precisato che l’art. 1957 c.c. stabilisce che il fideiussore resta obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, a condizione che il creditore abbia avviato le proprie azioni contro il debitore entro sei mesi e le abbia diligentemente proseguite.
Si tratta di una norma che riflette sia il principio di accessorietà della fideiussione sia l’esigenza di tutela del garante. In sua assenza, infatti, il fideiussore rimarrebbe obbligato indefinitamente, rischiando, a causa di un eventuale ritardo prolungato del creditore nell’agire, di trovarsi nell’impossibilità di reintegrare il
proprio patrimonio. Di conseguenza, l’applicazione di questa disposizione risulta giustificata e meritevole di tutela anche nei casi in cui il legame di accessorietà tra l’obbligazione principale e la garanzia sia assente.
Questo è tanto più vero se si considera che una clausola di questo tipo non è determinante per qualificare un negozio come ‘contratto autonomo di garanzia’ o come ‘fideiussione’. Tali espressioni possono riferirsi sia a garanzie completamente svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà più o meno marcato rispetto all’obbligazione garantita. Inoltre, possono anche riferirsi a clausole inserite nel contratto di garanzia con l’intento, condiviso dai contraenti, di derogare parzialmente alla disciplina dell’art. 1957 c.c., esonerando così il creditore dall’obbligo di proporre un’azione giudiziaria.
Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento ‘a prima richiesta’ incompatibile con l’applicazione dell’art. 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione (Cass. civ., sez. I, 09/08/2016, n. 16825).
Si evidenzia, inoltre, che la decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione, prevista dall’art. 1957 c.c. come conseguenza del mancato avvio dell’azione giudiziaria contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, non tutela alcun interesse di ordine pubblico. Di conseguenza, può essere derogata dalle parti sia in
modo esplicito che implicito, attraverso comportamenti concludenti. Tale decadenza può essere esclusa pattiziamente nei contratti di fideiussione tipici e può anche essere estesa, su base volontaria, a un contratto autonomo di garanzia che includa una clausola di pagamento ‘a prima richiesta’.
In questo caso, però, la suddetta decadenza può essere evitata dal creditore non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale, ma anche soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di adempimento. (Cass. 13078/2008).
Va, pertanto, confermato che «la regola dell’art. 1957 cod. civ. può essere derogata e la deroga può essere implicita nell’impegno del fideiussore di garantire comunque, senza limiti di durata, l’adempimento dell’obbligazione principale, impegno che può desumersi, a sua volta, dall’interpretazione complessiva del contratto di garanzia e del contratto principale.» (Cass. n. 9455 del 11/06/2012; v. anche Cass. n. 13078 del 21/05/2008), di guisa che la decisione impugnata risulta immune da vizi.
Nel caso di specie la Corte d’appello di Milano, con un accertamento in fatto e mediante un processo di interpretazione complessiva dei contratti, ha ritenuto che la volontà delle parti indicasse la possibilità di sospendere il termine di validità della fideiussione non solo con la proposizione di istanze giudiziali, ma anche tramite atti stragiudiziali (cfr. pagg. 10 e 11 sentenza impugnata).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 6.200 ,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della