Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18125 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18125 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10789/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME elettivamente domiciliato rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE -ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 2129/2023 depositata il 20/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME NOME è rimasto soccombente in primo grado in un processo da lui promosso per ottenere il risarcimento dei danni connessi alla dedotta mala gestio della società RAGIONE_SOCIALE nonché altre spettanze societarie.
L’odierno ricorrente ha quindi proposto appello, e nel giudizio di secondo grado si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME eccependo la nullità della notifica dell’atto di appello per mancata allegazione della procura; non si costituiva NOME Renato ma veniva prodotto un certificato di morte del medesimo, deceduto dopo la notifica dell’atto di appello, in data 19.10.2019, e di conseguenza con ordinanza del 21 maggio 2020 era stata dichiarata la interruzione del giudizio ai sensi dell’articolo 299 c.c. Riassunto il giudizio, gli appellati ne eccepivano la estinzione. La Corte d’appello di Firenze ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 e 348 bis c.p.c., in conformità alle eccezioni sollevate da COGNOME e COGNOME per non aver l’appellante allegato alla notifica della citazione in appello la procura alle liti ai sensi dell’art 83 c.p.c.; la Corte d’appello ha altresì ritenuto fondata l’istanza proposta dagli appellati NOME COGNOME ed NOME COGNOME di ottenere la declaratoria di estinzione del processo per inattività delle parti, e analoga istanza proposta da COGNOME e COGNOME rilevando che il ricorso per riassunzione era stato inviato al deposito telematico in data 17 settembre 2020 ma rifiutato dalla cancelleria in quanto non associato al numero di ruolo già assegnato; che la riassunzione era tardiva in quanto intervenuta oltre il termine di mesi tre dalla morte di NOME COGNOME
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOMECOGNOME affidandosi a cinque motivi. Non costituiti gli intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 83 c.p.c. e 1 legge n. 53/1994 in relazione all’art. 360 comma I n.3 c.p.c. per aver la Corte territoriale errato nel dichiarare la inammissibilità della notificazione dell’atto di appello per la non contestuale allegazione
della procura alle liti. Il ricorrente deduce che, come da giurisprudenza di questa Corte, è necessario per poter effettuare la notifica essere munito di procura, ma non necessariamente allegarla all’atto da notificare.
1.2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 156 comma III, 83 c.p.c. e 1 legge n. 53/1994 in relazione all’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. in quanto la Corte d’appello non ha considerato che la procura alle liti era stata già conferita nel primo grado del giudizio e ivi allegata, nonché versata in atti anche nel secondo grado; pertanto essa ha raggiunto lo scopo così come previsto dal III comma dell’articolo 156 del codice di rito. Il ricorrente deduce che egli in data 12/06/2014 ha proposto azione giudiziaria avanti la Sezione imprese del Tribunale di Firenze e che la procura alle liti era datata 13.5.2014 e conferita ‘per ogni fase e grado del giudizio’ e quindi niente affatto generica.
1.3. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4 comma III D.P.C.M. 13.11.2014 e dell’art. 83 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. per aver la Corte di merito errato nel considerare la procura carente dell’attestazione di conformità, pur essendo consapevole che al momento del conferimento, nel 2014, l’attestazione di conformità non esisteva. Essa è stata introdotta per la prima volta dall’articolo 4 comma III del D.P.C.M. 13.11.2014 entrato in vigore soltanto l’11 febbraio 2015 e cioè in epoca successiva al conferimento di detta procura.
1.4. -Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione falsa applicazione del D.L. n. 179 /2012, art.16 bis comma VII conv. con mod. in L. n. 221/2012 dell’art. 153 comma II e 156 comma III c.p.c. per aver la Corte d’appello dichiarato che l’evento interruttivo avrebbe dovuto farsi decorrere dal 19.10.2019 data di
decesso di NOMECOGNOME La parte deduce che a seguito del decesso dell’appellato NOME Renato avvenuto in data 19.10.2019 e comunicato dal procuratore di NOME COGNOME ed NOME Giulia soltanto in data 21.5.2020 è stata dichiarata l’interruzione del giudizio e che non è compito della parte vigilare tutti i giorni sulla esistenza in vita delle controparti; nella fattispecie de qua è avvenuto che chi ha comunicato il decesso di NOME Renato lo ha effettuato con notevole ritardo. Rileva che in ogni caso l’eventuale errore commesso dall’appellante nel depositare telematicamente l’atto di riassunzione a causa del decesso di una parte non può comportare la estinzione del giudizio.
1.5. -Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 101 comma I, 102, 303 comma III e 331 c.p.c. in relazione all’articolo 360 comma I n. 3 c.p.c. per aver la Corte errato nel dichiarare la mancata riassunzione nel termine perentorio di mesi tre, ma essendo il defunto NOME NOME contumace, l’odierno ricorrente non era tenuto a notificare l’atto di riassunzione agli eredi del contumace. L’appellante notificò agli eredi di NOME NOME soltanto perché gli fu ordinato da presidente della sezione con suo decreto del 21.2.2023, ma in realtà essendo NOME contumace, NOME non era tenuto a notificare l’atto di riassunzione agli eredi del contumace.
-Preliminarmente si osserva che in grado di appello sono stati presenti contraddittori non chiamati nel giudizio di cassazione e segnatamente: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, NOMECOGNOME
Il Collegio ritiene tuttavia non necessario ordinare la integrazione del contraddittorio, posto che, essendovi una evidente ragione di improcedibilità del ricorso, può farsi applicazione del principio della ragione più liquida (Cass. n. 10839 del 18/04/2019; Cass. n. 30100 del 21/11/2018) e non impegnare il ricorrente in
attività inutile, ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo.
-Possono quindi esaminarsi i motivi quarto e quinto, relativi ad una ragione decisoria esposta dalla Corte di merito, e qui impugnata, che al pari di quella sulla inammissibilità per difetto di procura sorregge la decisione di arrestare il processo su questioni di rito preliminari.
3.1. -La Corte di merito ha infatti ritenuto che il processo si fosse estinto per mancata tempestiva riassunzione, e pur se la motivazione deve parzialmente correggersi, è conforme a diritto il rilievo che il processo non è stato riassunto -come pretende l’odierno ricorrente -in data 17.9.2020, poiché il deposito non si è perfezionato e, di conseguenza, della istanza di ‘sollecito’ (a fissare l’udienza per la prosecuzione del giudizio) del 20.2.2023 gli appellati avevano eccepito la inammissibilità.
3.2. -Nella parte in fatto il ricorrente così ricapitola i passaggi processuali rilevanti: « Nelle more del giudizio (19.10.2019) decedeva NOME Renato. In conseguenza il procuratore di NOME Giulia ed NOME COGNOME all’udienza del 21.5.2020 comunicava la morte di NOME Renato e produceva in giudizio il relativo certificato di morte. La Corte fiorentina nella predetta data (21.5.2020) dichiarava la interruzione del giudizio che veniva riassunto dall’appellante in data 17.9.2020 come risulta dalle stesse ricevute telematiche versate in atti, sebbene alla Corte territoriale detto deposito nemmeno risulterebbe esistente in quanto, a suo dire, ‘ A nulla valgono le ricevute in formato PDF immagine depositate in allegato alla suddetta istanza di sollecito …’ L’appellante inviò un atto di sollecito in data 20.2.2023 della fissazione di udienza che fu accolto dal Presidente della Sezione Imprese che in data 21.2.2023 fissò con suo decreto l’udienza del 16.6.2023 ore 9,30 onerando l’appellante della notificazione. Detta notificazione fu effettuata in
termini in data 14 -15.3.2023. Si costituiva NOME NOME quale erede del de cuius NOME NOME, eccependo la carenza di legittimazione attiva, avendo rinunziato alla eredità, contestando, deducendo la estinzione del processo ex art. 307 cpc e lo stesso merito con condanna ex art. 96 commi I e III cpc’.
-La morte di NOME COGNOME contumace in primo grado, avvenuta tra la notificazione dell’appello e la costituzione ha comportato la interruzione ipso iure del processo.
4.1. -Il termine per la riassunzione decorre, non come ha ritenuto la Corte d’appello dalla data della morte, ma dall’effettiva conoscenza legale dell’evento (Corte cost. n.159/1971, Cass. n. 15004/2024) che qui si può fissare al momento in cui è stato depositato il certificato di morte, alla stessa udienza cui è avvenuta la dichiarazione di interruzione, in data 21 maggio 2020. Tuttavia, a prescindere dall’errore della Corte di merito sulla decorrenza del termine, il processo è comunque estinto, perché la parte avrebbe dovuto riassumerlo, ex artt. 305 e 307 c.p.c. entro tre mesi da questa data (21 maggio 2020), chiedendo la fissazione della udienza e quindi notificando l’appello, il ricorso in riassunzione e il decreto di comparizione a chi spettava proseguire il processo.
4.2. -Invece, risulta dalla sentenza impugnata -e non è messo in contestazione dai motivi di ricorso -che la parte ha inviato un ricorso in riassunzione in data in data 17 settembre 2020, con deposito telematico che, per quanto abbia generato le ricevute di accettazione e avvenuta consegna, è stato rifiutato dalla cancelleria in quanto non presentato come atto in corso di causa e non associato al numero di ruolo già assegnato; non risulta che a questo rifiuto sia seguita altra attività se non il ‘sollecito’ del 20.2.2023 per la fissazione di udienza.
4.3. -Per giurisprudenza costante, verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di
riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata edictio actionis da quello della vocatio in ius , il termine perentorio previsto dall’art. 305 cod. proc. civ., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo (Cass. sez. un n. 14854 del 28/06/2006; Cass. n. 9819 del 20/04/2018; Cass. n. 16166 del 09/06/2021).
Questo principio, al quale il Collegio intende dare continuità, deve essere coordinato con le regole che governano il processo telematico e segnatamente quelle relative al deposito telematico degli atti.
4.4. -Il procedimento di deposito telematico è a formazione progressiva, attraverso i seguenti passaggi: a) il depositante invia il messaggio di posta elettronica certificata e il gestore PEC del depositante genera la ricevuta di accettazione; c) il gestore PEC del Ministero della Giustizia restituisce la ricevuta di avvenuta consegna; d) il gestore dei servizi telematici effettua i controlli automatici formali (iscrizione del mittente nel ReGIndE, dimensione e formato del messaggio) e l’esito dei controlli formali è comunicato tramite PEC al depositante; e) il cancelliere accetta il deposito dell’atto e il gestore dei servizi telematici invia una PEC al depositante.
Sicché il depositante riceve quattro PEC: la prima di accettazione, la seconda di avvenuta consegna; la terza di esito dei controlli automatici; la quarta di esito controlli da parte della cancelleria.
La generazione della ricevuta di avvenuta consegna (cd. seconda PEC) individua il momento di perfezionamento del deposito (art. 16 -bis, comma 7, d.l. n. 179/2012, conv. dalla l. n. 221/2012, introdotto dall’art. 1, comma 19, l. n. n. 228/2012), ma ha un
effetto anticipato meramente provvisorio, essendo subordinata al generarsi, con esito positivo, delle PEC successive, la cui mancanza rende definitivamente inefficace il deposito medesimo e fa sorgere, a carico della parte, l’onere di attivarsi tempestivamente, reiterando la procedura o formulando tempestiva istanza di rimessione in termini (Cass., Sez. Un. n. 28403/2023; Cass. n.69/2025). Infatti, le ragioni del rifiuto di deposito sono sindacabili dal giudice (Cass. 24/08/2022, n.25290), il deposito telematico può essere rinnovato se non andato a buon fine, e, in linea generale, il giudice può sempre valutare se sussistono giuste cause di restituzione in termini, ove invocate, ma occorre che la parte si attivi diligentemente. In particolare, nell’ipotesi in cui la quarta PEC dia esito non favorevole, la parte ha l’onere di attivarsi con immediatezza per rimediare al mancato perfezionamento del deposito; la reazione immediata si sostanzia, alternativamente e secondo i casi, (a) in un nuovo tempestivo deposito, da considerare in continuazione con la precedente attività, previa contestazione delle ragioni del rifiuto; (b) in una tempestiva formulazione dell’istanza di rimessione in termini ove la decadenza si assuma in effetti avvenuta ma per fatto non imputabile alla parte; nel primo caso, a fronte di un’apparente regolarità della dinamica comunicatoria, la parte assolve l’onere di completezza delle proprie deduzioni allegando le ragioni del rifiuto indicate dalla cancelleria all’interno della quarta PEC e contestando la fondatezza delle stesse, mentre spetta alla controparte promuovere e fornire la prova di eventuali contestazioni diverse da quelle che hanno giustificato il rifiuto (Cass. n. 15801/2025).
5. -Nel caso di specie, come non manca di rilevare la Corte d’appello, il deposito telematico del ricorso in riassunzione del 17.9.2020 è stato rifiutato dalla cancelleria e manca quindi la quarta PEC; a fronte di ciò, la parte non chiarisce la ragione per
cui, ricevuto il rifiuto di deposito da parte della cancelleria (o comunque non ricevuta la quarta PEC) non si è attivata tempestivamente per un nuovo deposito con richiesta di restituzione in termini o per fare valere un eventuale errore da parte della cancelleria nell’operare tale rifiuto, ed ha atteso quasi tre anni per inoltrare un ‘sollecito’ ( in data 20.2.2023), che in realtà deve considerarsi il primo atto utile alla riassunzione, ma ormai irrimediabilmente tardivo. La parte si limita infatti ad affermare che: « In ogni caso, ammesso e non concesso che vi fu errore da parte dell’appellante, l’eventuale errore commesso dall’appellante nel depositare telematicamente l’atto di riassunzione a causa del decesso di una parte (NOME COGNOME non può comportare la estinzione del giudizio » e a citare l’orientamento espresso da Cass. 24.10.2022 n. 31371.
5.1. -Il preteso errore della cancelleria nel rifiutare il deposito del 17.9.2020, che il ricorrente deduce in questa sede -facendo riferimento ad una sentenza di questa Corte relativa a un caso diverso e comunque anteriore all’orientamento espresso dalle sezioni unite con la sentenza n.28403/2023 -avrebbe dovuto essere rappresentato in tempi stretti al giudice del merito, invocando il diritto a ritenere perfezionato il deposito o in alternativa chiedendo la restituzione in termini.
5.2. -Poiché nulla di tutto questo risulta, il (tentato) deposito dell’atto di riassunzione in data 17.9.2020 deve ritenersi tamquam non esset , sicché, come sopra si diceva, il primo atto con il quale l’odierno ricorrente ha manifestato la sua intenzione di riassumere il processo e chiesto la fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio è l’atto del 20.2.2023 -che la parte chiama ‘sollecito’ nella evidente ma erronea convinzione di avere regolarmente depositato in precedenza un atto di riassunzione -ma che è
assolutamente tardivo rispetto alla data di conoscenza della causa di interruzione (21.5.2020).
5.3. -Né può dirsi che l’atto di riassunzione non dovesse essere notificato agli eredi di NOME perché questi era contumace in primo grado; in grado di appello infatti NOME è deceduto prima di compiere la scelta se continuare a restare contumace ovvero costituirsi e pertanto i suoi eredi dovevano essere messi in condizione di operare questa scelta. La sentenza citata da parte ricorrente a sostegno di questa tesi (Cass. 36827/2022) si riferisce al diverso caso in cui il processo d’appello si interrompe, dopo che una parte è già dichiarata contumace nello stesso grado di giudizio, e l’evento interruttivo (morte) riguarda altra parte e quindi l’atto di riassunzione non va notificato alla parte contumace.
Ne consegue pertanto, respinti i motivi quarto e quinto e assorbite le altre censure, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, posto che il giudizio, non tempestivamente riassunto dopo la interruzione dichiarata in data 21.5.2020 , si è estinto.
Nulla sulle spese in difetto di costituzione delle controparti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/06/2025.