Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21896 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 21896 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
SENTENZA
sul ricorso 766-2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, che li rappresentano e difendono;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/06/2024
PU
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 3795/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/11/2022 R.G.N. 987/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello di NOME COGNOME ed altri lavoratori nei confronti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, accogliendo l’eccezione già proposta da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado e reiterata in appello, ha dichiarato la nullità del ricorso introduttivo di primo grado.
La Corte territoriale ha premesso che con sentenza n. 102/2017, pronunciata in separato procedimento, la Corte d’appello di Napoli aveva dichiarato l’inefficacia della cessione di ramo d’azienda da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e ordinato alla cedente il ripristino del rapporto di lavoro dei dipendenti ceduti; ha dato atto che nel procedimento per cui è causa i lavoratori avevano chiesto la condanna di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a corrispondere il trattamento economico che sarebbe loro spettato qualora avessero continuato a lavorare alle sue dipendenze, ed esattamente il premio di risultato per gli anni dal 2008 al 2016, la differenza (pari ad euro 1,32) a titolo di
buoni pasto, l’incidenza di tali somme sul trattamento di fine rapporto; che il tribunale aveva respinto la domanda per violazione del ne bis in idem, sull’assunto che nel giudizio definito con la sentenza n. 102/2017 i lavoratori avevano già rivendicato i ‘trattamenti di miglior favore’ applicati dalla cedente; ha ritenuto, in difformità dal primo giudice, che non fosse configurabile alcuna violazione del principio del ne bis in idem poiché nel procedimento volto a far valere l’illegittimità della cessione del ramo d’azienda i lavoratori avevano rivendicato il miglior trattamento nei confronti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per il periodo successivo al ripristino del rapporto mentre nel processo de quo la domanda riguardava il periodo anteriore al ripristino del rapporto medesimo.
3. I giudici di appello hanno esaminato l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo di primo grado, già proposta dalla società dinanzi al tribunale e riproposta in appello, ed hanno giudicato la stessa fondata. Ciò sul rilievo che la domanda formulata nel ricorso introduttivo della lite, e volta ad ottenere le differenze retributive tra quanto corrisposto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e quanto ai lavoratori sarebbe spettato se avessero continuato a lavorare presso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, a titolo di premi di risultato e buoni pasto, fosse assolutamente generica e non consentisse di ‘individuare gli elementi indispensabili per la quantificazione’ delle somme richieste. I giudici di appello hanno osservato che nel ricorso introduttivo si chiedeva la condanna della società al pagamento di una somma ‘complessiva’, senza che fosse chiaro se tale somma si riferisse all’insieme dei ricorrenti oppure a ciascuno di essi, come specificato solo in appello; che l’atto introduttivo avrebbe dovuto indicare ‘i presupposti per l’ottenimento dei premi di risultato, gli importi erogati da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quelli percepiti da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE da ciascun ricorrente e per ciascun anno, l’orario osservato da ciascun lavoratore, i giorni di
presenza presso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per ciascun ricorrente al fine di verificare il diritto alla percezione del buono pasto’; che la genericità del ricorso era emersa, in modo ancora più evidente in seguito alla produzione della documentazione relativa ai premi di risultato percepiti presso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, risultati non corrispondenti a quelli indicati in atti.
Avverso tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha depositato procura speciale. Il AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 414 c.p.c. per avere la Corte d’appello errato nel dichiarare la nullità del ricorso introduttivo di primo grado per difetto dei requisiti minimi necessari alla esatta individuazione della domanda. Si argomenta che, quanto al premio di risultato, nel ricorso erano stati dettagliatamente descritti i presupposti ed allegati gli accordi sindacali che ne fissavano la misura; che erano stati inoltre indicati gli importi corrisposti a titolo di buono pasto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in modo da far emergere la differenza; che era facilmente desumibile dalla formulazione della domanda come gli importi richiesti fossero relativi a ciascun lavoratore.
Preliminarmente, deve darsi atto della presentazione, da parte dei ricorrenti, di una duplice istanza di rimessione in termini per il riconoscimento della validità del deposito telematico del ricorso in cassazione.
In entrambe le istanze i ricorrenti hanno allegato di avere presentato per la notifica il ricorso per cassazione il 22.12.2022; che a seguito della notifica avvenuta il
23.12.2022, hanno spedito il ricorso a mezzo posta per il deposito presso la Corte di cassazione, senza considerare che, a seguito della riforma cd. Cartabia, a decorrere dall’1.1.2023 il ricorso, unitamente ai documenti, poteva essere depositato solo in forma telematica. Con la prima istanza, hanno chiesto la rimessione in termini affinché fosse riconosciuto valido ed efficace il deposito effettuato in forma cartacea con spedizione postale del 5.1.2023 e successivo deposito telematico del 21.2.2023. Con la seconda istanza hanno formulato le stesse richieste, integrando le premesse della prima istanza in modo da evidenziare che il ricorso per cassazione era stato notificato ai controricorrenti nell’anno 2022 (il 23.12.2022), cioè in epoca anteriore all’entra ta in vigore della cd. riforma Cartabia.
Il ricorso è improcedibile perché depositato dopo l’1.1.2023 con modalità non telematiche.
Deve richiamarsi l’art. 196 quater disp. att. c.p.c., recante la rubrica ‘obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti’, che dispone: ‘ 1. Il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche. 2. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche. 3. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. 4. Il capo dell’ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando i
sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionale dell’ufficio. Con la medesima forma di pubblicità provvede a comunicare l’avvenuta riattivazione del sistema’.
10. Inoltre, l’art. 35, ai commi 2 e 3 del d.lgs. 149 del 2022, prevede: ‘ 2. Salvo quanto previsto dal secondo periodo, le disposizioni degli articoli 127, terzo comma, 127-bis, 127ter e 193, secondo comma, del codice di procedura civile, quelle previste dal capo I del titolo V ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, nonché quelle previste dall’articolo 196-duodecies delle medesime disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione. Le disposizioni degli articoli 196-quater e 196-sexies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano ai dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente dal 28 febbraio 2023’.
11. Questa Corte ha statuito che ‘In base all’art. 196 quater, comma 1, disp. att. c.p.c., applicabile, ai sensi dell’art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2022, a tutti i procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di Cassazione a decorrere dall’1 gennaio 2023, il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, salvi i casi eccezionali previsti dall’art. 196 quater, comma 4, disp. att. c.p.c., con la conseguenza che,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 369 c.p.c., deve essere dichiarato improcedibile il ricorso che, al di fuori dei casi tassativi in cui è consentito, sia depositato con modalità non telematiche’ (Cass. n. 10689 del 2023; v. Cass., S.U. n. 33959 del 2023 sulla inammissibilità del controricorso per mancato deposito in forma telematica).
Poste tali premesse, nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza della avvenuta notifica del ricorso per cassazione prima dell’1.1.2023 atteso che l’obbligo normativo di deposito degli atti processuali con modalità esclusivamente telematiche si app lica a partire dall’1.1.2023 e nel caso di specie, all’epoca di spedizione del plico postale (5.1.2023), detto obbligo era già in vigore.
Non ricorrono i presupposti per la invocata rimessione in termini.
Questa Corte, con orientamento costante, ha affermato che la rimessione in termini, di cui all’art. 153, secondo comma, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cass. n. 17729 del 2018; n. 21794 del 2015). Occorre, più esattamente, accertare la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza -e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (così Cass. n. 30512 del 2018). Si è anche sottolineato che la rimessione in termini per causa non imputabile, non è invocabile in caso di errori di diritto nell’interpretazione della legge processuale, pur se determinati da difficoltà interpretative di norme nuove o di
complessa decifrazione, in quanto imputabili a scelte difensive rivelatesi sbagliate (Cass., S.U. n. 4135 del 2019). 15. Con specifico riferimento all’impiego di modalità telematiche nel processo civile, si è ammessa la possibilità di rimessione in termini, in tema di deposito telematico di un atto processuale, ove non sia configurabile la colpa del mittente (v. Cass. n. 16552 del 2024; n. 29357 del 2022) oppure siano necessari accertamenti e verifiche presso la canceller ia in presenza, ad esempio, di messaggi di ‘errore fatale’ segnalati dal sistema PEC (v. in tal senso, Cass. n. 1348 del 2024; n. 238 del 2023).
16. Nella fattispecie oggetto di causa non è dimostrata e neanche allegata l’esistenza di una causa non imputabile alla parte atta a legittimare la rimessione in termini ed impedire la decadenza correlata al mancato deposito in forma telematica del ricorso per cassazione.
17. Il mancato deposito del ricorso per cassazione con modalità telematiche è causa di improcedibilità (v. Cass. S.U. n. 22074 del 2023) né quest’ultima può ritenersi sanata dalla circostanza che la parte resistente abbia notificato il proprio controricorso senza sollevare la relativa eccezione, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso (in tal senso v. Cass. n. 30918 del 2017; n. 870 del 2015; 22914 del 2013).
18. Per le ragioni esposte il ricorso in esame deve essere dichiarato improcedibile.
19. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Non si provvede sulle spese nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che non ha svolto difese.
20. L’improcedibilità del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso all’udienza del 25 maggio 2024