Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 277 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9087-2023 proposto da:
DE NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE presso il cui domicilio digitale pec è elettivamente domiciliato
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME (DLGNCM61M30F205U –
)
ed
NOME
Pozzi
(PZZMNL69M55H501S –
), presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 103/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/02/2023 -RG 1206/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 /12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
LICENZIAMENTO
DISCIPLINARE
R.G.N. 9087/2023
COGNOME
Rep.
Ud.11/12/2024
CC
RILEVATO CHE
1. Con sentenza n. 1993/22 pubblicata il 07/09/22 il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, nella causa in riassunzione – a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Salerno, originariamente adito – promossa da RAGIONE_SOCIALE contro NOME COGNOME ha rigettato l’impugnazione del licenziamento intimato al sig. COGNOME in data 24 dicembre 2020 e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla società, lo ha condannato a pagare alla società la somma di € 15.925,65 a titolo di risarcimento dei danni e restituzione di quanto anticipato, oltre interessi e rivalutazione, oltre ad € 6.000 per spese. Il COGNOME aveva impugnato il licenziamento intimatogli per giusta causa, a suo dire illegittimo per mancata affissione del codice disciplinare e per insussistenza dei fatti contestati, concernenti due distinti addebiti: illecite trattenute di denaro asseritamente operate dal dipendente negli anni 2019 e 2020, il quale a fronte dell’emissione di una serie di biglietti ferroviari, ne aveva poi chiesto l’annullamento ottenendo da Trenitalia il rimborso, al netto della penale del 20%, rimesso a sue mani per il complessivo importo di € 11.531,2 (euro 2094,40 per l’anno 2020 e euro 9436,80 per l’anno 2019), avendo il COGNOME coperto le medesime tratte di cui ai biglietti annullati e rimborsati con l’autovettura esponendo alla società i costi del carburante e del pedaggio autostradale; aver, nel periodo giugno-ottobre 2020, chiesto al responsabile dell’ufficio gare di firmare cinque contratti di fornitura con il Policlinico Gemelli nei quali erano riportati, quale termine di pagamento delle fatture, 120 giorni in luogo dei rituali 60 giorni oltre alla previsione di penali a carico della società per l’ipotesi di ritardo nella consegna del materiale, il tutto in palese contrasto con la policy aziendale. Quanto alla domanda riconvenzionale svolta dalla società, il COGNOME ne eccepiva l’inammissibilità per tardività evidenziando che l’atto di costituzione contenente la domanda riconvenzionale era costituito da un cd ‘atto multiplo’ in quanto composto da 4 buste telematiche interdipendenti fra loro e che il deposito di tale atto non si era perfezionato entro il termine
ultimo del 19.10.21, atteso che il sistema informatico del Ministero della Giustizia aveva rilasciato solo 3 ricevute di consegna rispetto alle 4 buste dette, come pacificamente riconosciuto dalla stessa controparte. È quindi circostanza pacifica per l’appellante che della prima busta, contenente la memoria di costituzione con la domanda riconvenzionale, non fosse stata generata alcuna ricevuta di consegna entro il 19.10.21 e che il corretto deposito dell’atto fosse avvenuto solo il 20.10.21 quando poi, completo di tutte le 4 buste, pur tardivamente, era stato acquisito al fascicolo telematico di causa della Cancelleria del Tribunale di Salerno ove era stato attestato che la costituzione della resistente era avvenuta alle ore 9:14 del 20.10.21.
2. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 103/2023 pubblicata il 13.2.2023 ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME. La Corte d’appello ha, in primo luogo, condiviso la valutazione di tempestività della domanda riconvenzionale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE per come svolta nella sentenza di primo grado che aveva ritenuto che ‘ la tempestività della domanda riconvenzionale, contenuta nella memoria, risulta per tabulas sol che si esamini la ricevuta di deposito telematico … ciò che rileva è che la busta, che risulta depositata ben prima delle ore 23 del 19 ottobre 2021, contenesse la memoria di costituzione con la domanda riconvenzionale ‘. La Corte escludeva la decadenza anche rispetto alla produzione di documenti di cui alle buste la cui RdAC era stata generata il giorno successivo al loro rispettivo invio, posto che la ‘ Accord ha provveduto all’invio delle buste non già a distanza di uno o due giorni, bensì proprio in stretta concatenazione temporale rispetto all’invio delle buste la cui RdAC è stata invece generata il giorno stesso del loro invio ‘. Nel merito la Corte, condividendo le ampie argomentazioni svolte nella sentenza reclamata, riteneva provati entrambi gli addebiti ed affermava l’idoneità di ciascuno di essi, pur isolatamente considerato, a fondare una valutazione di giusta causa di licenziamento e rigettava il reclamo.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il COGNOME affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c. n. 3, per violazione dell’art. 16 bis, comma 7, del d.l. n. 179/12 come integrato dall’art. 51 del d.l. n. 90/14, il capo della sentenza impugnata inerente il rigetto dell’interposta eccezione di decadenza e tardività della domanda riconvenzionale ex adverso proposta. Lamenta che la Corte, nel ritenere tempestivo il deposito della comparsa contenente domanda riconvenzionale aveva palesemente violato la disciplina legale regolatrice della materia ed era andata in contrasto con plurime decisioni della Corte di cassazione, atteso che anche in caso di ‘atto multiplo’ il deposito dell’atto processuale può considerarsi tempestivo solo quando di tutte le buste telematiche componenti l’atto si vengono a generare le relative Ricevute di Avvenuta Consegna (o RDAC o Seconda Pec) entro il termine di scadenza. Deduce che pur se frammentato in 2 o più buste telematiche, l’atto processuale rimane comunque unico ed è pacifico, indi, che sia l’intero atto (e non solo una sua parte, così come è accaduto nella fattispecie dedotta de qua) che deve essere depositato entro eventuali termini di decadenza. Evidenzia che, anche a voler interpretare la norma nel senso più favorevole per il notificante è pacifico che quantomeno della prima busta di un ‘atto multiplo’, contenente memoria di costituzione e procura, deve necessariamente generarsi la Ricevuta di Avvenuta Consegna entro il termine di scadenza a pena di inammissibilità e/o decadenza, laddove nel caso di specie la cd. prima busta dell’atto multiplo, contenente memoria costitutiva, domanda riconvenzionale e procura alle liti, è stata depositata tardivamente quando erano già spirati i termini di decadenza.
2. Con il secondo motivo il ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c. n. 3, per violazione di norme di diritto ex art. 7 Legge n. 300/70, in riferimento al principio di immutabilità della contestazione, nonché ex art. 132 c.p.c., comma 2 n. 4, per motivazione illogica e/o apparente, il capo della sentenza inerente il rigetto dell’eccepita infondatezza e illegittimità della seconda contestazione disciplinare. Lamenta che ‘mentre nel provvedimento disciplinare è stato contestato al ricorrente ‘di aver richiesto la sottoscrizione di contratti con termini di pagamento diversi e peggiorativi rispetto a quelli concessi dalla policy aziendale’ in sentenza il contestato provvedimento disciplinare è stato ritenuto fondato e legittimo per una causale del tutto diversa consistente nella sottoposizione alla firma dell’Ufficio Gare di alcuni contratti con penali a carico della Società in caso di sua inadempienza, fattispecie mai contestata al ricorrente sia nel procedimento che nel provvedimento disciplinare’. In relazione al medesimo capo di sentenza il ricorrente lamenta altresì l’illogicità, contraddittorietà ed apparenza della motivazione posto che ‘una volta confermato che non vi fosse prova che i termini di pagamento per l’adempimento dei contratti di fornitura della società fossero in contrasto con la Policy Aziendale del 2020 (come sopra riportato il Collegio a riguardo ha argomentato che ‘quanto ai termini di pagamento delle fatture non vi era ancora alcuna decisione’) non altrimenti avrebbe dovuto e potuto condurre il proprio ragionamento in altra direzione che non fosse quella di accogliere la specifica eccezione di infondatezza e illegittimità della seconda contestazione disciplinare’.
Con il terzo motivo si censura, ex art. 360 c.p.c. n. 3, per violazione di norme di diritto ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. e 7 Legge n. 300/70 in relazione al principio di tempestività e immediatezza della contestazione disciplinare, il capo della sentenza inerente il rigetto dell’eccepita infondatezza e illegittimità della prima contestazione disciplinare atteso che agli atti del processo vi era prova documentale che la datrice di lavoro da circa un anno e mezzo prima (dall’11.06.19) fosse al corrente di quella
condotta dell’esponente che poi è stata ex post (il 10.11.20) considerata rilevante dal punto di vista disciplinare.
4. Il primo motivo è infondato. Al riguardo occorre premettere che questa Corte (vedi Cass. n. 17328/2019; conf. Cass. n. 28982/2019; Cass. n. 9087/2023, Rv. 667820-01; Cass. n. 14985/2024, Rv. 671468-01) ha più volte affermato che il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, ovvero la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, come disposto dall’art. 16 bis, comma 7, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., in l. n. 221 del 2012 – applicabile ratione temporis – inserito dall’art. 1, comma 19, n. 2, della l. n. 228 del 2012 e modificato dall’art. 51, comma 2, lett. a) e b), del d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., in l. n. 114 del 2014), il quale ha anche aggiunto che, ferma l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., il deposito è tempestivamente effettuato, quando la ricevuta di avvenuta consegna viene generata entro la fine del giorno di scadenza (vedi Cass. S. U. n. 32091/2023), così superando quanto previsto dall’art. 13, comma 3, del d.m. n. 44 del 2011, ove era invece previsto che, quando la ricevuta viene rilasciata dopo le ore 14, il deposito deve considerarsi effettuato il giorno feriale immediatamente successivo. Questa Corte (vedi Cass. n. 31474/2018 e in senso conforme Cass. n. 29294 del 23/10/2023, Rv. 669288-01) ha, altresì, statuito che in caso di invio di un messaggio di posta elettronica certificata eccedente la dimensione massima stabilita nelle relative specifiche tecniche, il deposito degli atti o dei documenti può sì avvenire mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata – ai sensi dell’art. 16-bis citato a patto che gli stessi siano coevi al deposito del ricorso ed eseguiti entro la fine del giorno di scadenza, intendendo per invii coevi gli invii strettamente consecutivi.
4.1. In ordine al motivo di censura secondo il quale nel deposito mediante invio multiplo il deposito si perfezionerebbe solo con la ricevuta di
avvenuta consegna in relazione a tutte le buste inviate, assume rilevanza, in senso contrario, quanto già affermato da questa Corte con ordinanza n. 29294 del 23/10/2023, Rv. 669288-01, che – in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, nel rigettare il ricorso avverso la pronuncia con la quale il Tribunale aveva ritenuto inutilizzabile la documentazione depositata telematicamente il giorno dopo il deposito del ricorso in opposizione, trattandosi di ‘documentazione trasmessa non certo in maniera immediatamente successiva, ma a distanza di un giorno’ – ha precisato che mentre ‘il termine di decadenza previsto dall’art. 99, comma 1, l.fall. riguardo al deposito del ricorso rileva ai fini della valutazione dell’ammissibilità dell’opposizione sotto il profilo della tempestività, l’osservanza del comma 2, n. 4 della medesima norma rileva, invece, non già ai fini dell’ammissibilità ex se dell’opposizione, ma della ritualità, o non, delle produzioni documentali.
4.2. In altri termini, in caso di deposito tramite cd. invio multiplo, deve ritenersi tempestivo il deposito di un atto (nel caso di specie la comparsa di costituzione contenente domanda riconvenzionale) qualora esso sia inserito in una delle ‘buste’ in relazione alla quale sia stata generata la ricevuta di avvenuta consegna entro la fine del giorno di scadenza, potendo, tutt’al più, essere considerata tardiva e dunque inammissibile la documentazione contenuta nelle ulteriori buste in relazione alle quali la RdAC sia stata generata oltre il termine di scadenza.
4.3. Ciò posto, la sentenza impugnata, nel condividere la motivazione resa sul punto dalla sentenza di primo grado, dà espressamente atto che ‘la busta, che risulta depositata ben prima delle ore 23 del 19 ottobre 2021 (doc. IX), contenesse la memoria di costituzione con la domanda riconvenzionale’. Poiché, dunque, il deposito della comparsa di costituzione contenente domanda riconvenzionale operato con modalità telematica per la previsione di cui all’art. 16, comma 7, d.l. cit. deve intendersi avvenuto nel momento in cui è stata generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata
dal Ministero di giustizia e quindi, nel caso che ci occupa, in data 19 ottobre 2018, del tutto correttamente la Corte territoriale, come d’altronde il Tribunale in primo grado, ha ritenuto tempestivo il deposito ed ammissibile la domanda riconvenzionale proposta.
5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile ed in ogni caso infondato. In primo luogo, infatti, il motivo di ricorso in esame, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione, attiene, nella sostanza, a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499). Nel caso di specie, va, in primo luogo, osservato che il ricorrente non trascrive il testo integrale della nota di contestazione degli addebiti, limitandosi a riprodurre parzialmente un’unica frase in essa contenuta. ‘ In violazione dei doveri di attenersi alle istruzioni aziendali, ha richiesto la sottoscrizione di contratti con termini di pagamento diversi e peggiorativi rispetto a quelli concessi dalla policy aziendale’, laddove la Corte territoriale nella parte relativa allo svolgimento in fatto ha espressamente dato atto, quanto al secondo addebito disciplinare che ‘ Al dipendente veniva poi contestato di aver, nel periodo giugno-ottobre 2020, chiesto al responsabile dell’ufficio gare di firmare cinque contratti di fornitura con il Policlinico Gemelli nei quali erano riportati, quale termine di pagamento delle fatture, 120 giorni in luogo dei rituali 60 giorni oltre alla previsione di penali a carico della società per l’ipotesi di ritardo nella consegna del materiale, il tutto in palese contrasto con la policy aziendale ‘. Risulta, inoltre, che il COGNOME avesse offerto giustificazioni anche in relazione a tale circostanza deducendo che la medesima clausola
prevedente una penale era contenuta in un contratto nel 2018. Dalla lettura della sentenza, emerge, pertanto, che anche ‘la previsione di penali a carico della società per l’ipotesi di ritardo nella consegna del materiale’ costituiva un addebito disciplinare specificamente rivolto al COGNOME nella nota del 4.12.2020 e che, dunque, nessuna violazione del principio di immutabilità della contestazione ex art. 7 della l. n. 300 del 1970 è stato posto in essere né dal datore di lavoro né dal giudice in sede di esame dell’impugnativa del licenziamento.
5.1. Va, poi, ulteriormente evidenziato che l’interpretazione dell’atto unilaterale di contestazione degli addebiti – nel senso che la stessa contenesse anche l’addebito relativo all’inserimento nei contratti di penali, in contrasto con la policy aziendale – è riservata al giudice del merito (cfr. Cass. n. 13667 del 2018) ed è censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali. Il ricorrente, al contrario, si limita a prospettare un mero dissenso esegetico, con una inammissibile lettura alternativa a quella svolta nella decisione impugnata, ritenendo che nella comunicazione non vi fosse ciò che invece i giudici d’appello hanno ravvisato esserci; tuttavia, l’accertamento di una volontà costituisce una quaestio facti riservata all’esclusiva competenza del giudice del merito, le cui valutazioni sono soggette a ben noti limiti di sindacato da parte di questa Corte (da ultimo, Sez. L, Ordinanza n. 22226 del 2024 v. Cass. n. 18214 del 2024).
5.2. Per quanto attiene alla censura di nullità della sentenza ex art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. per motivazione illogica, contraddittoria, meramente apparente in relazione alla parte di addebito disciplinare, sempre
contenuto nella nota del 4.12.2020, relativa all’inserimento nei contratti di termini di pagamento contrari alla policy aziendale, va evidenziato che affinché sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., occorre che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del “decisum”. Devesi invero ribadire che, intanto un vizio di motivazione omessa o apparente è configurabile, in quanto, per ragioni redazionali o sintattiche o lessicali (e cioè per ragioni grafiche o legate alla obiettiva incomprensibilità o irriducibile reciproca contraddittorietà delle affermazioni delle quali la motivazione si componga), risulti di fatto mancante e non possa dirsi assolto il dovere del giudice di palesare le ragioni della propria decisione. Non può invece un siffatto vizio predicarsi quando, a fronte di una motivazione in sé perfettamente comprensibile, se ne intenda diversamente evidenziare un mero disallineamento dalle acquisizioni processuali (di tipo quantitativo o logico: vale a dire l’insufficienza o contraddittorietà della motivazione). Il vizio di motivazione contraddittoria sussiste, peraltro, solo in presenza di un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logicogiuridico posto a base della decisione, sicché detto vizio non è ipotizzabile nel caso di contrasto tra le affermazioni della stessa sentenza ed il contenuto di altre prove e documenti.
5.3. Ciò posto, nel caso di specie non ricorre il vizio lamentato né sotto l’aspetto della mancanza/apparenza di motivazione né sotto l’aspetto della sua insanabile contraddittorietà. La parte di motivazione estrapolata dal ricorrente per evidenziarne l’illogicità ( Si concorda col primo Giudice laddove ha evidenziato, che, ‘a giustificazione di tale secondo addebito, il sig. COGNOME ha riferito che, quanto ai termini di pagamento delle
fatture, il dott. COGNOME Direttore Finance, si era adoperato con la Corporate per allungare, in tal senso, i termini di pagamento a carico del Policlinico Gemelli e ciò per la particolarità del cliente; quanto, invece, alle penali, ha richiamato un contratto nel 2018, nel quale era riportata la medesima clausola. A fronte di tali giustificazioni che, comunque, non escludono la sussistenza materiale dei fatti, la società ha rilevato come la policy aziendale, che esclude la possibilità della penale, è stata approvata nel 2020, quindi, in epoca successiva al contratto richiamato dal COGNOME e che, quanto ai termini di pagamento delle fatture, non vi era stata ancora alcuna decisione’) deve, invece, essere letta congiuntamente al paragrafo che precede ove si legge: ‘ Quanto al presunto travisamento delle funzioni del dott. COGNOME, il principale compito dell’appellante, nella sua qualità di Private Customers Development Manager, non era quello di ‘procurarsi ordini farmaceutici dai clienti’, bensì di procurare ad Accord tali ordini nel rispetto delle policy aziendali in vigore e, quindi, di procurare degli ordini che non contemplassero alcun genere di penale a carico della medesima Accord e che prevedessero dei termini di pagamento contenuti entro sessanta giorni dalla data fattura, salva la previa espressa autorizzazione alla estensione di tali termini da parte del c.d. ‘Regional Credit Committee’ (si veda la ‘Customer Credit Policy’ in vigore a fare data dal 1° maggio 2020, doc. 6). Dalla lettura integrale della motivazione resa, sul punto in contestazione, dalla Corte d’appello emerge con chiarezza e senza alcuna contraddittorietà o illogicità, che a fronte di una politica aziendale, in vigore dal 1 maggio 2020, che prevedeva termini di pagamento contenuti entro sessanta giorni dalla fattura salva autorizzazione espressa alla previsione di termini maggiori, al momento della stipula dei contratti oggetto dell’addebito disciplinare (giugno – ottobre 2020) non vi era stata ancora alcuna decisione da parte del soggetto deputato a concedere questa ‘autorizzazione in deroga’ in relazione ai contratti stipulati con il Policlinico Gemelli.
6. Il terzo motivo di ricorso è, del pari, inammissibile. Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, in materia di licenziamento disciplinare, la tempestività della contestazione è declinata in senso relativo, a motivo delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa. Ai fini della valutazione della tempestività rileva, inoltre, l’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non l’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi (Cass. n. 23739 del 2008; Cass. n. 21546 del 2007), e va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione (da ultimo Cass. n. 7467 del 2023), bensì l’onere di attivarsi sorge solo allorquando l’illecito viene percepito in termini circostanziati, sì da consentire l’avvio del procedimento (Cass. n. 28974 del 2017; Cass. n. 10069 del 2016; Cass. n. 21546 del 2007). Si è, inoltre, osservato che il datore di lavoro ha il potere, ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti, contestando loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, atteso che un simile obbligo, non previsto dalla legge né desumibile dai principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato, sicché la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza.
6.1. La valutazione delle suddette circostanze, costituendo una indagine di fatto, è riservata al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (Cass. n. 14726 del 27/05/2024, Rv. 671309-01; Cass. 8 novembre 2021, n. 32542; Cass. 20 settembre 2019, n. 23516; Cass. 26 giugno 2018, n. 16841; Cass. 12 gennaio 2016, n. 281; Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 14324 del 2015; Cass. n. 20719 del 2013; Cass. n. 5546 del 2010; Cass. n. 29480 del 2008; Cass. n. 14113 del 2006). Nel caso di specie la Corte
d’appello con motivazione ampiamente articolata e assolutamente congrua ha osservato che ‘ Il primo Giudice ha verificato la presunta acquiescenza o, almeno, conoscenza da parte di Accord in merito al modus operandi del dott. COGNOME giungendo alla giusta conclusione di escluderle entrambe, in considerazione del fatto che ‘certamente, non può convenirsi che l’email dell’11 giugno 2019, valga come prova della conoscenza da parte della società di tale procedura né del suo placet. E, invero, in quell’occasione, la signora COGNOME chiedeva al sig. COGNOME se fosse stato lui ad annullare un biglietto e questi rispondeva in senso affermativo. L’episodicità e peculiarità del fatto non può certo dimostrare né che la società fosse a conoscenza dell’abitualità della condotta e della sua reiterazione, né che avesse con ciò dato il suo benestare a che il dipendente acquistasse i biglietti, ne chiedesse l’annullamento, ottenesse a sue mani il rimborso e nulla versasse nelle casse del datore di lavoro’. Inoltre, come si legge in tale messaggio, nell’occasione il dott. COGNOME aveva fatto seguire all’annullamento del biglietto il suo ‘cambio… con una Premium’ (cfr. doc. 11, all. M), mentre nel caso dei biglietti contestati lo stesso dott. COGNOME si è indebitamente appropriato del relativo rimborso in contanti, senza acquistare alcun biglietto di classe superiore’.
Il ricorso, in conclusione, va rigettato.
Il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso
condanna il ricorrente COGNOME Vincenzo al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione