Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27563 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27563 Anno 2024
RAGIONE_SOCIALE: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 15761-2021 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE APPELLO di L’AQUILA;
– intimato – avverso la sentenza n. 439/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 20/03/2021;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottor NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso ed il rigetto dei restanti motivi;
lette le memorie del ricorrente;
udita la relazione della causa svolta nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 03/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottor NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso ed il rigetto dei restanti motivi; uditi l’AVV_NOTAIO COGNOME per il ricorrente e l’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME per il controricorrente;
RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE
A seguito di richiesta del RAGIONE_SOCIALE, venne avviato un procedimento disciplinare nei confronti del AVV_NOTAIO per i seguenti addebiti: a) violazione dell’art. 13 del codice deontologico (d’ora in poi CD), per avere ricevuto una richiesta di registrazione di un testamento pubblico presso il proprio ufficio secondario di RAGIONE_SOCIALE, anziché presso il proprio RAGIONE_SOCIALE in Roseto; b) violazione degli artt. 5, 6 e 9 del CD per omessa assistenza allo
RAGIONE_SOCIALE di Roseto degli Abbruzzi; c) violazione degli artt. 1 e 31, lett. f), del CD, per essere venuto meno al dovere di imparzialità nell’assunzione di incarichi, svolgendo ricorrenti prestazioni presso soggetti terzi; d) violazione dell’art. 47 della legge RAGIONE_SOCIALE e degli artt. 14, lett. b), 41, 42, 47 e 48 del CD, per avere autenticato cento mutui ‘unilaterali’ in forma di scrittura privata autenticata, con espressa dispensa dalla lettura; e) violazione dell’art. 47 della legge RAGIONE_SOCIALE e degli artt. 36 e 37 del CD per la mancanza di personalità della prestazione in ragione dell’eccessivo numero di atti ricevuti in un anno.
La COREDI Abbruzzo e Molise con decisione dell’11 gennaio 2020 ha assolto il AVV_NOTAIO dalla violazione di cui alla lett. d), ma lo ha reputato responsabile per gli altri quattro addebiti, applicando la sanzione della censura per la violazione sub a) e la sospensione di sei mesi (due mesi per ognuno degli altri tre addebiti per i quali era stato ritenuto responsabile), con l’esclusione dell’attenuante.
Avverso tale decisione ha proposto reclamo il AVV_NOTAIO, cui ha resistito con reclamo incidentale anche il RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 439 del 20 marzo 2021, in accoglimento del reclamo incidentale, e previo rigetto del reclamo principale, ha reputato il AVV_NOTAIO responsabile per tutti e cinque gli addebiti originariamente contestati, e lo ha condannato alla sospensione per ulteriori due mesi, nonché al pagamento delle spese di lite.
La cassazione della sentenza è chiesta da COGNOME NOME sulla base di otto motivi di ricorso, illustrati da memorie.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di L’Aquila è rimasta intimata.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 co. 1, 61, co. 1, 136, 137, 145 bis, e 147 lett. b), della legge RAGIONE_SOCIALE, nonché dell’art. 13 del CD e dell’art. 36 del DPR n. 340/2000.
La sentenza impugnata, quanto alla avvenuta registrazione di un testamento presso la sede secondaria di RAGIONE_SOCIALE del AVV_NOTAIO, ha sussunto la fattispecie nella previsione di cui all’art. 13 del CD, escludendo invece la sola applicabilità degli artt. 26 e 61 della legge RAGIONE_SOCIALE.
L’art. 26, per quanto interessa per il mezzo in esame, al primo comma dispone che: ‘
È vietato al AVV_NOTAIO trasferire anche occasionalmente nell’ufficio secondario gli atti, i registri e i repertori da custodirsi presso lo RAGIONE_SOCIALE.’
La Corte d’appello ha affermato che non vi è conflitto tra le diverse previsioni deontologiche e quelle primarie, sussistendo invece un rapporto di genere a specie, in quanto solo la norma deontologica vieta espressamente il trasferimento degli atti e dei registri dalla sede principale a quella secondaria.
L’art. 13 citato troverebbe poi corrispondenza in quanto disposto dal primo comma dell’art. 36 della legge n. 346/2000 che prevede che: ‘ Salvo autorizzazione o ordine della competente autorità giudiziaria e salvo quanto disposto dal titolo VI, capo I, della legge , è fatto divieto ai notai ed ai pubblici ufficiali depositari di atti pubblici e scritture private autenticate di asportare anche temporaneamente tali atti e documenti dai locali ove gli stessi sono conservati o archiviati’.
Né rilevava il fatto che sia l’art. 13 che l’art. 36 riportati non prevedano espressamente una sanzione, potendo farsi riferimento alla generale previsione di cui all’art. 135 della legge RAGIONE_SOCIALE.
Ne derivava, secondo la Corte d’Appello, che correttamente la COREDI aveva irrogato la sanzione della censura, tenendo conto del carattere occasionale della violazione, al fine di contemperare tale elemento con l’oggettiva gravità della violazione.
Assume il ricorrente che tale conclusione sia erronea.
Infatti, il divieto di spostamento degli atti al di fuori dello RAGIONE_SOCIALE primario si ricava già dal combinato disposto degli artt. 26 e 61 della legge RAGIONE_SOCIALE, dovendosi attribuire all’art. 13 del CD la sola funzione di specificare che nel divieto posto dalla norma primaria rientra anche lo spostamento presso l’ufficio secondario, anche a seguito dell’istituzione di tale figura che inizialmente non era contemplata. Inoltre, si evidenzia che, attesa l’omogeneità del
bene giuridico tutelato, che è quello della custodia in sicurezza degli atti notarili, la violazione deve esser sanzionata solo in base alla previsione contenuta nella norma primaria, occorrendo quindi fare applicazione delle sole sanzioni pecuniarie dettate dall’art. 137 della legge RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso del Collegio il motivo è fondato.
La norma di cui all’art. 61 della legge RAGIONE_SOCIALE sottende evidentemente che la custodia con esattezza ed in un luogo sicuro degli atti notarili (e cioè presso la sede principale), implichi anche il divieto per il AVV_NOTAIO di spostare gli atti in altro luogo, come appunto già previsto in linea generale dal citato art. 36 della legge n. 346/2000, così che ogni spostamento determina evidentemente la violazione dell’art. 61.
La norma di cui all’art. 13 del CD, come condivisibilmente evidenziato dalla difesa del ricorrente, ha inteso ribadire il generale divieto già insito nelle norme previgenti, in relazione all’avvenuta istituzione dell’ufficio secondario, e ciò al fine di ribadire la centralità che continua a rivestire lo RAGIONE_SOCIALE principale, e senza potersi attribuire quindi al primo una equipollenza quanto alla idoneità al ricovero ed alla custodia, previo spostamento, degli atti ricevuti.
Ricondotta la norma deontologica al rango di norma chiarificatrice di un significato precettivo già incluso in quella previgente, deve trovare applicazione il principio per cui la contemporanea previsione, nella legge professionale e nel codice deontologico, di condotte analoghe non crea dubbi interpretativi laddove nel testo di rango sovraordinato nell’ordine delle fonti sia contenuta tutta la disciplina sanzionatoria, trovando in questo caso applicazione solo la legge professionale, mentre l’analoga previsione rinvenibile nel
codice deontologico non assume valore di precetto autonomamente sanzionabile (Cass. n. 24730/2016).
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, dovendo il giudice di rinvio provvedere all’applicazione della sanzione secondo quanto previsto dall’art. 137 della legge RAGIONE_SOCIALE, valutando altresì la richiesta di oblazione formulata dal ricorrente. L’accoglimento del motivo determina poi l’assorbimento della censura formulata, in via subordinata, relativa alla mancata valutazione da parte del giudice di merito, della richiesta di sostituzione della sanzione della censura con quella dell’avvertimento.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 26, co. 1, 137, co. 2, 145 bis e 147 lett. b), della legge RAGIONE_SOCIALE, nonché degli artt. 5, 6 e 9 del CD, in relazione all’addebito di cui alla lett. b).
La Corte d’appello ha confermato la sanzione irrogata dalla COREDI, in ragione della scarsa assistenza che il AVV_NOTAIO avrebbe prestato alla sede di Roseto, anche in quei giorni da lui stesso indicati.
In particolare, sarebbe emerso che nel 2018 sono stati rogati 1429 atti, di cui solo 64 in Roseto (e di cui appena 34 presso la sede), essendo stati gli altri atti rogati a RAGIONE_SOCIALE (867) o in altri comuni abruzzesi.
Dall’indagine eseguita sarebbe poi emerso che proprio negli stessi giorni che il AVV_NOTAIO aveva indicato come dedicati alla sede principale, aveva redatto ben 95 atti fuori sede.
A fronte della giustificazione addotta dal ricorrente, secondo cui aveva pochi clienti a Roseto, ed un numero più elevato a RAGIONE_SOCIALE, sua città di origine e di residenza, la Corte d’Appello ha rilevato
che la città di Roseto non era avara di occasioni professionali, e che le difficoltà di reperire clienti era da ricondurre proprio alla preferenza che il COGNOME aveva attribuito all’ufficio secondario.
Ha poi richiamato l’art. 6 del CD che prevede che: Per il miglior soddisfacimento delle richieste di prestazione RAGIONE_SOCIALE il AVV_NOTAIO è tenuto ad assistere personalmente allo RAGIONE_SOCIALE anche in giorni e per ore diversi da quelli fissati dal RAGIONE_SOCIALE della Corte di Appello, secondo le disposizioni impartite dai Consigli Notarili sulla base della situazione locale della sede e tenendo conto dei criteri indicati dall’art. 45, co. 2 R.N. e di ogni altro elemento’, nonché il successivo art. 9 che dispone che: ‘ È vietato al AVV_NOTAIO assistere ad uffici secondari nei giorni fissati per la assistenza alla sede’, per ritenere concretata una violazione non occasionale delle norme deontologiche.
Né la soluzione poteva mutare per la nuova formulazione dell’art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE che, avrebbe consentito al AVV_NOTAIO di recarsi in tutto il territorio del distretto ed ad aprire un ufficio secondario, ma non ha reciso il legame tra la figura del AVV_NOTAIO e la sua sede principale.
E’ consentito al AVV_NOTAIO ricercare nuove opportunità professionali, ma ciò in maniera occasionale, e senza andare a discapito della sede, proprio nei giorni che ha individuato per l’assistenza alla sede.
In merito alla sanzione, la Corte d’Appello ha ravvisato un rapporto di genere a specie tra l’art. 26 e la norma deontologica, in quanto la prima norma risultava violata nel caso in cui la mancata assistenza alla sede fosse dipesa da ignavia o dalla volontà di svolgere attività ricreative, laddove l’assenza derivante
dalla stipula in quei giorni di atti in altre località concretava la violazione del citato art. 9.
Il ricorrente, in primo luogo, si duole dell’interpretazione dell’obbligo di assistenza allo RAGIONE_SOCIALE che è stata data dalla sentenza gravata, che ha inteso lo stesso come impositivo di una presenza fisica allo RAGIONE_SOCIALE, senza tenere conto delle modifiche che sono state apportate all’art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE, che ha ampliato le possibilità per il AVV_NOTAIO di svolgimento della sua attività, non solo presso un ufficio secondario, ma nell’intero territorio della regione.
Ne consegue che ove le richieste di assistenza in RAGIONE_SOCIALE siano esigue, non è preclusa la possibilità di svolgere la propria attività anche fuori sede ed anche negli stessi giorni per i quali sia prevista l’assistenza in sede.
In secondo luogo, si deduce che per gli atti ricevuti fuori dallo RAGIONE_SOCIALE, ma non presso l’ufficio secondario, era stata richiesta una riqualificazione della condotta, come violazione dell’art. 26 ma su tale richiesta la Corte d’appello non si è pronunciata, o l’ha quanto meno rigettata in via implicita, in contrasto con le regole di risoluzione del contrasto tra norma professionale e norma deontologica.
Quanto agli atti ricevuti fuori RAGIONE_SOCIALE, ma presso l’ufficio secondario, del pari era stata sollecitata l’applicazione del solo art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE, ma la richiesta è stata disattesa, affermandosi che tra le due norme vi sarebbe un rapporto di genere a specie, e che quindi prevarrebbe in quanto speciale la norma deontologica.
Trattasi però di soluzione che contrasta con la prevalente giurisprudenza di legittimità, che solo di recente ha visto delle
voci dissenzienti. Inoltre, non tiene conto del fatto che quanto previsto dall’art. 9 del CD risulta già inserito nella portata precettiva dell’art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che deve trovare applicazione la più modica sanzione di cui all’art. 26. Il motivo è infondato.
Deve ritenersi che, anche seguito delle modifiche all’art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE, segnalate dal ricorrente, sia rimasta ferma nella volontà del legislatore quella di conservare rilevanza centrale per l’attività del AVV_NOTAIO alla sua sede, dovendo intendersi le possibilità offerte dal secondo comma della norma come suscettibili di utilizzazione, ma sempre senza andare a discapito degli obblighi del primo comma, specialmente in relazione ai giorni per i quali è prescritta l’assistenza personale.
E’ la funzione di pubblico ufficiale che svolge il AVV_NOTAIO, che ne impone una presenza equilibrata sul territorio a giustificare la particolare attenzione e cura che il AVV_NOTAIO stesso deve prestare alla sede, onde assicurare anche gli interessi della collettività ad avere un costante presidio delle sedi, con un’offerta dei servizi notarili garantita anche per quelle località meno appetite sul piano delle potenzialità di incremento dell’attività professionale del singolo AVV_NOTAIO.
L’art. 26 della legge RAGIONE_SOCIALE mira quindi a preservare che la distribuzione dei notai sul territorio, secondo le piante organiche redatte in relazione anche alle esigenze della collettività, garantisca anche un’effettiva possibilità di fruizione delle prestazioni notarili, possibilità che sarebbero vanificate nel momento in cui la sede fosse non adeguatamente assistita, secondo le prescrizioni poste dallo stesso art. 26.
Ed in questo colgono nel segno le considerazioni della Corte d’appello secondo cui la mancata assistenza alla sede sarebbe sanzionabile ai sensi dell’art. 26 ove anche fosse riconducibile a scelte del professionista legate ad ignavia ovvero alla coltivazione di interessi personali che lo distolgano dall’adempimento del detto dovere, secondo una previsione avente carattere generale.
Nella specie però la contestazione investe il fatto che negli stessi giorni per i quali era prevista l’obbligatoria assistenza alla sede, il AVV_NOTAIO aveva stipulato numerosi atti, sia fuori sede che presso l’ufficio secondario, con connotazione di non occasionalità della condotta.
Lo svolgimento di attività professionale sia presso luoghi diversi dalla sede, sia più specificamente presso l’ufficio secondario, concretizza la specifica violazione delle norme del CD sopra richiamate, che si pongono rispetto alla norma di cui all’art. 26 come norme speciali destinate quindi a prevalere in fase applicativa.
Ad avviso del Collegio, deve darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto che in tema di responsabilità disciplinare dei notai, la mancata assistenza del AVV_NOTAIO nella sede principale, prevista dall’art. 26 della l. n. 89 del 1913, costituisce una condotta diversa da quella, individuata dall’art. 9 del codice deontologico, della presenza non consentita nella sede secondaria (Cass. n. 6442/2021; Cass. n. 22910/2015), che, ove realizzata, deve essere sanzionata, stante la non occasionalità, ai sensi dell’art. 147, comma 1, lett. b), della legge RAGIONE_SOCIALE, e non anche ai sensi dell’art. 137 della stessa legge.
L’autonomia di tale fattispecie sanzionatoria, rispetto a quella generale costituita dalla violazione dell’art. 26, trova poi conferma
nel principio secondo cui, al fine di escludere la violazione del divieto di assistere ad uffici secondari nei giorni ed orari fissati per la sede principale, previsto nel Codice deontologico approvato dal RAGIONE_SOCIALE, non rileva l’accortezza che le ore di stipula presso tali uffici secondari non siano ricomprese nella fascia oraria espressamente vincolata, allorché l’incidenza percentuale degli atti più significativi compiuti fuori sede rispetto all’attività complessiva svolta dal professionista, tenuto altresì conto delle incombenze e degli adempimenti che ruotano intorno alla stipula, denoti comunque l’inosservanza dell’obbligo, parimenti imposto al AVV_NOTAIO, di assistere personalmente allo RAGIONE_SOCIALE anche in giorni e per ore diversi da quelli stabiliti, dovendo la sede RAGIONE_SOCIALE costituire il centro effettivo del suo operato professionale. (Cass. n. 9358/2013).
Come ricordato dal precedente da ultimo richiamato, l’art. 6 del CD, recita che: “Per il miglior soddisfacimento delle richieste di prestazione RAGIONE_SOCIALE il AVV_NOTAIO è tenuto ad assistere personalmente allo RAGIONE_SOCIALE anche in giorni e per ore diversi da quelli fissati dal RAGIONE_SOCIALE della Corte di Appello, secondo le disposizioni impartite dai Consigli Notarili sulla base della situazione locale della sede e tenendo conto dei criteri indicati dall’art. 45, comma 2 R.N. e di ogni altro elemento. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone al RAGIONE_SOCIALE della Corte di Appello una revisione dei giorni e degli orari di assistenza sulla base dei propri deliberati.
Nei giorni ed ore prescritti per la personale assistenza allo RAGIONE_SOCIALE il AVV_NOTAIO è tenuto a limitare le proprie prestazioni fuori della sede a singoli e particolari casi”.
Il successivo art. 9, dispone che: “È vietato al AVV_NOTAIO assistere ad uffici secondari nei giorni fissati per la assistenza alla sede”, così
che deve reputarsi che ricorre la violazione delle dette norme, ove risulti stipulato un elevato numero di atti fuori sede, e ciò soprattutto se avvenga cronologicamente in coincidenza dei giorni di assistenza obbligatoria alla sede.
Come ricordato, si tratta di una piana applicazione della regola secondo cui, anche a seguito delle modifiche dell’art. 26, è la sede dello RAGIONE_SOCIALE il luogo su cui deve essere incentrata l’attività del professionista, non potendosi invocare in senso contrario l’affermazione di generiche esigenze della clientela.
È la sede RAGIONE_SOCIALE che, a legislazione vigente, rimane il perno intorno a cui deve ruotare e su cui va commisurato deontologicamente – l’operato del professionista.
Ad avvalorare il carattere di specialità della violazione delle norme deontologiche, laddove la carenza di assistenza alla sede sia giustificata dalla necessità di provvedere alla stipula di atti fuori sede, può anche aggiungersi che tale condotta si pone come anche potenzialmente idonea a determinare un vulnus alle regole della concorrenza, con l’evidente rilevanza della lesione di un bene giuridico ulteriore rispetto a quello in via generale presidiato dall’art. 26.
Il motivo deve perciò essere rigettato.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1, 31, co. 3, lett. f) del CD, nonché dell’art. 147 lett. b) e 153, co. 3, della legge RAGIONE_SOCIALE, degli artt. 24 e 111 Cost, e degli artt. 101 e 112 c.p.c. e 2697, 2727 e 2729 c.c.
Quanto al terzo addebito mosso, configurato per avere il ricorrente stipulato un elevato numero di atti presso terzi, la Corte d’Appello rilevava che gli artt. 1 e 31 del CD impongono al AVV_NOTAIO di astenersi da qualsiasi condotta che possa influire sulla
sua designazione, così conformandosi al generale dovere di imparzialità ed indipendenza dalle parti. Nella specie il AVV_NOTAIO aveva rogato più della metà degli atti al di fuori della sede e del suo ufficio secondario. Inoltre, allorché un AVV_NOTAIO stipuli una vendita o un contratto di mutuo di cui sia parte un costruttore o una banca e/o che sia stato concluso grazie all’intermediazione di agenzia immobiliare o di mediatori creditizi, è tenuto ad informare l’altra parte del diritto di poter scegliere un AVV_NOTAIO diverso da quello proposto dal contraente professionale, obbligo che il ricorrente non aveva dimostrato di avere adempiuto.
Assume il ricorrente nel mezzo in esame che la sentenza impugnata ha acceduto ad una nozione di terzo che non corrisponde alla volontà del legislatore, che invece non riconduce a tale nozione le ipotesi in cui gli atti siano stati stipulati presso soggetti e luoghi che abbiano un collegamento diretto con gli atti da stipulare.
Nella maggior parte dei casi gli atti erano stati conclusi presso le sedi delle banche mutuanti ovvero di altri enti o società che comparivano come parti negli stessi atti, con la conseguenza che una volta escluse tale ipotesi dall’ambito del divieto normativo, la percentuale di atti stipulati presso le agenzie che avevano intermediato la vendita o presso altri professionisti, risultava del tutto esigua.
Quanto alla diversa violazione contestata, consistente nell’omessa informazione circa il diritto di scelta del AVV_NOTAIO, il motivo evidenzia che si tratta di rilievo mai mosso in sede di contestazione disciplinare, il che spiega anche le ragioni per le quali mai il ricorrente abbia articolato delle difese al riguardo.
Il motivo è fondato.
L’art. 31 lett. f) del CD prescrive che il AVV_NOTAIO debba astenersi dallo svolgere ricorrenti prestazioni presso soggetti terzi, organizzazioni o studi professionali, e la nozione di terzo è evidentemente da riferire a soggetti privi di collegamento diretto con la stipula dell’atto, non potendo quindi estendersi tale dizione al caso in cui l’atto sia stipulato presso la sede di una delle parti contraenti.
La giurisprudenza di questa Corte nell’affrontare delle ipotesi in cui era contestato l’illecito disciplinare in esame, ha appunto ribadito che (Cass. n. 31006/2017) incorre nel divieto di svolgere “ricorrenti prestazioni” presso terzi o organizzazioni o studi professionali, in violazione dell’art. 147, primo comma, lett. b), l. n. 89 del 1913 e dell’art. 31 lett. f) del codice deontologico approvato dal RAGIONE_SOCIALE, il professionista che abbia rogato fuori dalla propria sede istituzionale un consistente numero di atti, pari ad una percentuale rilevante della totalità degli atti dallo stesso AVV_NOTAIO rogati in un ragionevole arco di tempo, non inferiore all’anno solare, specificando poi che (Cass. n. 3458/2020) ciò si realizza in caso di presenza frequente del AVV_NOTAIO presso recapiti stabili di organizzazioni per rogare, trattandosi di un comportamento idoneo a turbare le condizioni che ne assicurano l’imparzialità, e visto come un concorso consapevole del AVV_NOTAIO a una scelta etero-diretta del professionista.
La sentenza impugnata, senza tenere conto della necessità di dover riferire la nozione di ‘terzi’ oggetto della norma deontologica rispetto alle parti contraenti, ha sostanzialmente equiparato tutti i casi di stipula avvenuti al di fuori della sede e dell’ufficio secondario a fattispecie in cui la stipula era avvenuta
presso terzi, senza però indagare se la sede della stipula fosse comunque riferibile alla sede di una delle parti contraenti.
Trattasi di errore interpretativo della norma che ha evidentemente inficiato anche il giudizio finale, come peraltro si ricava anche dalla lettura della contestazioni del RAGIONE_SOCIALE che, pur riferendo del complessivo numero di atti stipulati fuori sede, aveva poi concentrato la sua attenzione su quegli atti avvenuti presso località, comunque, non riferibili alle parti contraenti (presso sedi di agenzie immobiliari, strutture alberghiere o ricettive, ecc.).
L’affermazione della Corte d’Appello secondo cui la violazione si sarebbe concretizzata per il solo fatto che più della metà degli atti sarebbe avvenuta fuori sede, e quindi, presso terzi, si palesa erronea, ed impone la cassazione della sentenza impugnata, dovendo il giudice di rinvio attenersi al principio di diritto per il quale, l’art. 31 lett. f) del Codice deontologico, ove fa riferimento alla necessità di astenersi dalla stipula di atti presso terzi fa riferimento a soggetti diversi dalle parti contraenti.
Deve poi reputarsi fondata anche la seconda parte della censura, quanto alla mancata corrispondenza rispetto alle contestazioni mosse del rilievo secondo cui il AVV_NOTAIO non avrebbe fornito informazioni al contraente debole circa la possibilità di rivolgersi ad altri notai, non potendo quindi addebitarsi al professionista una condotta che non rientrava nella contestazione originaria, che era del tutto silente al riguardo.
Ne deriva che il giudice di rinvio dovrà procedere a nuovo esame dei fatti oggetto della contestazione originaria, ma senza poter valutare anche l’omissione informativa autonomamente riscontrata dal giudice di merito.
4. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 47 della legge RAGIONE_SOCIALE, nonché degli artt. 14, lett. b), 42, 47 e 48 del CD, degli artt. 101, 115 e 116 c.p.c., degli artt. 1362, 2697, 2727 e 2729 c.c., e degli artt. 24 e 111 Cost., con omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio,
La censura investe la contestazione sub d), relativa alla stipula di 100 mutui avvenuta per scrittura privata autenticata.
La Corte d’Appello, nell’accogliere il reclamo incidentale del RAGIONE_SOCIALE, ha rilevato che oltre 100 mutui erano stati redatti con la forma della scrittura privata autenticata, e con la previsione di una clausola di dispensa del AVV_NOTAIO dalla lettura dell’atto.
La sentenza, discostandosi dal giudizio della COREDI, ha rilevato che l’esiguità del numero non poteva essere valutata in base al numero complessivo degli atti rogati dal AVV_NOTAIO, ma in relazione al fatto che si trattava di tutti i cd. mutui unilaterali, che vedevano la sottoscrizione dei contraenti in tempi diversi.
L’esonero dalla lettura dell’atto valeva poi a sottrarre l’atto a quello che è il più incisivo strumento di controllo assicurato alla parte. Andava poi sottolineato che la banca mutuante aveva predisposto gli atti per essere stipulati nella forma dell’atto pubblico e che era stato il ricorrente a disporne la trasformazione in scritture private, ogni qual volta le parti erano comparse in tempi diversi.
Il motivo di ricorso evidenzia che, sebbene l’art. 47 del CD preveda preferibilmente la stipula per atto pubblico, la valutazione complessiva del numero di atti rogati dal ricorrente conferma come questi si avvalga in prevalenza della forma dell’atto pubblico.
Inoltre, l’essersi soffermati sulla natura cd. unilaterale dei mutui, cioè quelli nei quali manca la comparizione contestuale delle parti, conferma l’inciso dell’art. 47 citato che consente il ricorso alla scrittura privata proprio per la particolare struttura dell’atto.
Inoltre, trattandosi di mutui il cui contenuto è unilateralmente predisposto dalla banca, si comprende anche il perché si sia privilegiata la forma della scrittura privata, non essendoci alcuna possibilità di apportare modifiche al contenuto dell’atto.
La sentenza avrebbe poi ritenuto che la scelta sarebbe stata unilaterale del AVV_NOTAIO, ed avvenuta anzi in contrasto con quella che era la volontà della banca, ma sul punto risulta essere stata articolata una prova testimoniale che il giudice di merito non ha inspiegabilmente ammesso.
Quanto alla dispensa dalla lettura, si evidenzia che in realtà la clausola prevedeva solo la dispensa dalla lettura integrale e non tiene conto del fatto che in realtà il ricorrente aveva sempre dato una lettura parziale dell’atto, spiegandone il contenuto alle parti.
Il contenuto di tale clausola, prevedente una dispensa parziale, non è stato adeguatamente valutato dal giudice di merito.
Il motivo è infondato.
Ritiene il Collegio che si palesano incensurabili le ragioni che hanno indotto la Corte d’appello a sanzionare il ricorrente anche per tale violazione, avendo sottolineato come tutti i mutui cd. unilaterali, ( e non rileva la circostanza che gli stessi fossero pari al 7% del totale degli atti stipulati dal AVV_NOTAIO, occorrendo invece correttamente far riferimento alla categoria degli atti interessati da tale forma di stipulazione) fossero stati redatti per scrittura provata, sottaredossi quindi al precetto deontologico che impone
di preferire la forma dell’atto pubblico, a meno che non emergano specifiche ragioni per derogarbvi.
Nella fattispecie tale presunzione di preferenza per l’atto pubblico, e soprattutto epr le maggiori garanzie che esso offre per la tutela dele parti contraenti e per la garanzia di imparzialità del ruolo svolto dal AVV_NOTAIO rogante, appare contraddetta dal sistematico ricorso a tale forma di stipulazione, accompagnata, elemento anche questo rilevante ai fini disciplinari, dalla previsione di una clausola di dispensa dall’obbligo di lettura dell’atto alle parti, essendo stato condivisibilmente sottolineato come si trattava di una scelta verosimilmente fatta dallo stesso AVV_NOTAIO, che aveva in tal senso modificato le bozze di contratti predisposti dalla banca, e destinate a confluire nella stipula di un atto pubblico (e ciò anche al fine di velocizzare le operazioni di stipula, con un evidente sacrificio delle esigenze di tutela del contraente posto in una posizione di asimmetria informativa, che invece avrebbe potuto ricevere maggiori garanzie nel caso di ricorso alla stipula per atto pubblico).
Quanto, infine, alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste dal ricorrente, in disparte la necessità di dover denunciare l’errore asseritamente commesso dal giudice di merito ai sensi del n. 5 dell’art. 360 co. 1, c.p.c., la stessa si palesa in parte generica, ed in parte inidonea a comprovare che il mancato ricorso alla forma dell’atto pubblico era frutto di una diversa e ben precisa volontà della parte mutuataria.
Il quinto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 93 ter, 153, co. 3, e 47 della legge RAGIONE_SOCIALE, nonché degli artt. 36 e 37 del CD, degli artt. 101, 115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., e degli artt. 24 e 111 Cost.
In relazione al quinto addebito mosso al COGNOME, e relativo all’elevato numero di atti stipulati, che compromettevano la personalità della prestazione, la Corte d’Appello ha ritenuto che fossero stati violati l’art. 47 della legge RAGIONE_SOCIALE, che prescrive che l’atto deve essere ricevuto dal AVV_NOTAIO in presenza delle parti, indagando la loro volontà, curando sotto la diretta responsabilità e direzione la compilazione integrale dell’atto, nonché gli artt. 14 (sull’esecuzione di prestazioni secondo sistematici comportamenti frettolosi), 41 (sull’imparzialità ed equidistanza che deve connotare l’attività RAGIONE_SOCIALE rispetto alle parti), 42 (secondo cui: ‘ Il AVV_NOTAIO è tenuto, in particolare, a svolgere, anche nell’autenticazione delle firme nelle scritture private, in modo adeguato e fattivo le seguenti attività: a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione; b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell’atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall’atto, valendosi, per questo ultimo aspetto, anche di separata
documentazione illustrativa. La scrittura privata tenuta a raccolta viene letta dal AVV_NOTAIO alle parti, salva espressa dispensa delle parti stesse’), 47 e 48 (già richiamati in occasione della disamina del precedente motivo di ricorso) del CD.
Dall’insieme di tali norme la sentenza ha tratto il principio per cui il AVV_NOTAIO deve svolgere personalmente la sua attività, partecipando anche alle fasi prodromiche, al fine di indagare la reale volontà dele parti, fornendo loro tutte le informazioni necessarie o utili.
La redazione degli atti di mutuo cd. unilaterali nella forma della scrittura privata incideva quindi sulla violazione delle suddette norme.
La sentenza faceva poi seguire un’indagine a campione degli atti stipulati in varie giornate, dalla quale si evinceva che in una sola giornata erano spesso rogati numerosi atti, anche raggiungendo località distanti, e con un intervallo di pochi minuti, tale cioè da non assicurare un’adeguata informazione dei contraenti.
In via preliminare il motivo di ricorso denuncia che l’addebito non sarebbe stato previamente deliberato dal RAGIONE_SOCIALE, ma reputa il Collegio che la decisione resa al riguardo dalla Corte d’appello sia incensurabile, in quanto, come si ricava dalla sintesi dei verbali delle adunanze riprodotte nel motivo di ricorso risulta che un’individuazione delle contestazioni da muovere al AVV_NOTAIO fosse già contenuta nel testo definitivo del ricorso comunicato al RAGIONE_SOCIALE in data 10 settembre 2019, e che nella successiva adunanza del 24 settembre 2019 il RAGIONE_SOCIALE determinava la misura delle sanzioni da richiedere per ognuna delle contestazioni, specificando che per quella di cui alla lett. e) fosse necessario richiedere la sospensione per la durata di nove
mesi. E’ evidente che l’ indicazione dell’addebito di cui alla lett. e) del ricorso presuppone che anche l’individuazione dell’addebito fosse ben chiara al RAGIONE_SOCIALE alla luce della precedente comunicazione del 10 settembre 2019, atteso che in quella occasione era stato illustrato analiticamente il testo del ricorso da presentare alla COREDI.
Quanto al merito dell’addebito, il motivo ritiene che la sentenza sia inficiata da un’erronea valutazione, in quanto non si è tenuto conto del fatto che molti atti erano letti dal AVV_NOTAIO in sequenza, con un’evidente riduzione dei tempi. Inoltre, la valutazione circa i tempi necessari agli spostamenti pecca di eccessiva genericità. Infine, deve reputarsi che il AVV_NOTAIO abbia lavorato per 280 giorni nel corso del 2018, avvalendosi di numerosi collaboratori, di tal che il numero di atti complessivamente rogati appare ampiamente rispettoso di quella media che la giurisprudenza di questa Corte ritiene idonea ad assicurare il rispetto dei doveri incombenti sul AVV_NOTAIO onde assicurare la personalità della propria prestazione.
Infine, si deduce che era stata articolata una prova al fine di dimostrare come il AVV_NOTAIO avesse sempre assolto agli obblighi professionali.
Ad avviso della Corte il motivo è infondato.
Va in primo luogo ribadito che l’art. 47, comma 2, l. n. 89 del 1913, come modificato dall’art. 12, comma 1, lett. b), della l. n. 246 del 2005, consente al AVV_NOTAIO, al quale resta attribuito il compito non delegabile di indagare la volontà delle parti, di avvalersi della collaborazione di personale di fiducia nella compilazione degli atti che, tuttavia, si deve svolgere in sua presenza e sotto la sua direzione, non essendo lecita, ai fini disciplinari, una gestione mediata e indiretta dello RAGIONE_SOCIALE, perché
il AVV_NOTAIO “deve apparire” e non solo “parlare” con i propri atti, in quanto a lui, e non a non meglio individuati collaboratori, è affidato il sigillo dell’attestazione facente fede fino a querela di falso, unitamente al compito di alta consulenza dei contraenti (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE, nell’affermare il principio, ha confermato la sanzione comminata per violazione del principio della personalità della prestazione, provata dalla abnorme attività di stipula svolta nel periodo considerato; Cass. n. 10872/2018; conf. Cass. n. 8036/2014, secondo cui poiché il AVV_NOTAIO deve svolgere personalmente tutte le funzioni attribuitegli dall’ordinamento nel ricevimento degli atti, con specifico riguardo all’individuazione della volontà delle parti, incluse le attività preparatorie e le successive, non è dato delegare per intero ai collaboratori tali attività sulla base del loro carattere “routinario” o “seriale”).
Alla luce di tali considerazioni deve perciò svalutarsi l’elemento probatorio addotto dal ricorrente e costituito dall’elevato numero di collaboratori, posto che la loro presenza non può comunque elidere o ridurre il tempo che il AVV_NOTAIO deve riservare ad ogni singolo atto.
Quanto alla ricorrenza dell’illecito contestato, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la prova che il AVV_NOTAIO sia venuto meno al dovere di diligenza e di lettura personale dell’atto può essere desunta in via presuntiva anche semplicemente dal numero degli atti rogati, quando esso sia tale che il tempo teoricamente dedicato alla formazione di ciascuno di essi non sia neppure sufficiente a darne integrale lettura (Cass. n. 14822/2018; Cass. n. 28023/2011; Cass. n. 1439/2023).
Tale verifica è stata compiuta dalla sentenza impugnata che ha evidenziato, sulla base anche di una serie di giornate prese a
campione, come in ragione delle località di stipula e del numero di atti rogati fosse ragionevole reputare che non vi fosse stato l’assolvimento dei doveri di prestazione personale, avuto anche riguardo al numero di giornate lavorative.
Occorre a tal fine richiamare il principio per cui l’accertamento dei fatti non conformi alla dignità, alla reputazione, al decoro o al prestigio della classe RAGIONE_SOCIALE, come l’individuazione delle regole di deontologia professionale, la loro interpretazione e la loro applicazione nella valutazione degli addebiti, attengono al merito del procedimento disciplinare e non sono sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate, in quanto si riferiscono a precetti extragiuridici, ovvero a regole interne alla categoria, e non ad atti normativi. Nella materia disciplinare non trova, d’altro canto, applicazione il principio di legalità e di stretta tipicità dell’illecito, proprio del diritto penale, se non nei limiti in cui la sua lesione concretizzi, di riflesso, una violazione del diritto di difesa, per cui non è prevista una tassativa elencazione dei comportamenti vietati, ma solo l’enunciazione dei doveri fondamentali, quali, per la professione di AVV_NOTAIO, quelli di cui all’art. 147, comma 1, lett. a), I. n. 89 del 1913, ai quali il professionista deve improntare la propria attività.
Le critiche che il motivo muove alla sentenza impugnata investono in realtà accertamenti di fatto, operati in maniera logica e coerente dalla Corte d’Appello, rispetto ai quali il ricorrente muove una serie di personali ricostruzioni, tali a suo dire da giustificare una razionalità dei tempi di svolgimento dell’attività professionale, correlate sia alla individuazione dei tempi necessari allo spostamento da una località all’altra, sia per quanto concerne i tempi di lettura degli atti, che però si risolvono nella
contrapposizione della propria ricostruzione in fatto a quella operata, come detto, in maniera logica e coerente dal giudice di merito.
Il motivo deve quindi essere rigettato.
Il sesto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 144 della legge RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui la Corte d’Appello ha negato il riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Corte d’Appello ha argomentato in ragione dei precedenti disciplinari del AVV_NOTAIO conclusisi con l’irrogazione di sanzioni e del fatto che per uno di questi la pronuncia era pure divenuta definitiva; inoltre, in due precedenti decisioni al AVV_NOTAIO erano anche state concesse le attenuanti. Per l’effetto, stante la pluralità delle violazioni e la loro intrinseca gravità, non ricorrevano i presupposti per concedere le attenuanti.
La decisione sarebbe però erronea in quanto la concessione in precedenza delle attenuanti non preclude che possano essere nuovamente concesse, dovendosi altresì escludere la gravità delle condotte, in quanto nessuno degli atti rogati dal AVV_NOTAIO risulta affetto da vizi formali o sostanziali, né ha determinato pregiudizio alle parti.
Atteso l’accoglimento del primo e del terzo motivo, con la necessità per il giudice di rinvio di una complessiva rivalutazione anche della sanzione che deve essere irrogata al AVV_NOTAIO, il motivo resta assorbito.
Il settimo motivo di ricorso lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 135, co. 4, legge RAGIONE_SOCIALE quanto alla mancata applicazione della continuazione. Si sostiene che in realtà gli addebiti contestati riguardano nella massima parte i
medesimi atti ed inoltre nell’ipotesi accusatoria tutte le condotte sono avvinte da un nesso teleologico.
La Corte d’Appello ha negato l’applicazione dell’istituto de quo sostenendo che la medesima presuppone che nella formazione di uno stesso atto sia violata più volte la medesima disposizione, nel mentre gli addebiti contestati si risolvono in condotte diversificate, realizzate in tempi diversi.
Tuttavia, ad avviso del ricorrente, tale soluzione è corretta nel caso in cui vi siano plurime sanzioni pecuniarie, ma non anche nel caso in cui sia irrogata più volte la sospensione dalle funzioni.
Anche questo motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento dei precedenti motivi.
L’ottavo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 13 co. 1 -quater del DPR n. 115/2002, nella parte in cui la Corte d’Appello ha dichiarato la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, senza avvedersi che il giudizio devoluto alla Corte d’Appello avverso la decisione della COREDI, pur avendo connotati impugnatori, non è però un’impugnazione in senso stretto.
La cassazione del provvedimento impugnato, in relazione ai motivi accolti implica che anche tale motivo resti assorbito.
Il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
Accoglie il primo ed il terzo motivo nei limiti di cui in motivazione, rigetta il secondo il quarto ed il quinto motivo, dichiara assorbiti il sesto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte
d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di RAGIONE_SOCIALE della 2^ Sezione