Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8647 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
R.G.N. 32029/18
C.C. 20/3/2024
ORDINANZA
Appalto -Subappalto -Regresso -Responsabilità del subappaltatore -Denuncia dei vizi sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona dei suoi legali rappresentanti pro -tempore , rappresentata e difesa,
giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
e
RAGIONE_SOCIALE ‘TETI’ di INDIRIZZO in Fiumicino, in persona del suo amministratore pro -tempore , rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata il 24 aprile 2019, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-controricorrenti –
nonché
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6445/2018, pubblicata in data 11 ottobre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
richiamata la precedente ordinanza interlocutoria n. 18026/2023, depositata il 23 giugno 2023, all’esito della camera di consiglio non partecipata del 27 aprile 2023, di rimessione a nuovo ruolo;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 380bis .1. c.p.c., sia all’esito della fissazione dell’adunanza camerale non partecipata del 27 aprile 2023, sia all’esito della fissazione dell’odierna adunanza camerale non partecipata.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 30 luglio 2012, il RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE P5/H ‘INDIRIZZO‘ di INDIRIZZO in Fiumicino conveniva, davanti al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente in qualità di committente-venditrice e di appaltatrice, per sentire accertare i vizi di costruzione dell’immobile condominiale, tali da menomare apprezzabilmente il suo normale godimento e da pregiudicarne la conservazione, incidendo sulla stabilità futura, con la conseguente condanna al risarcimento dei danni causati dai vizi denunciati e riscontrati o, in alternativa, alla loro eliminazione.
In proposito, l’attore esponeva: -che l’immobile era stato realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE su commissione dell’RAGIONE_SOCIALE, che ne aveva predisposto i progetti, i disegni costruttivi e le tavole nonché le norme tecniche, i materiali, le forniture e gli impianti da impiegare e installare; – che i lavori erano stati ultimati nel gennaio 2005; che l’immobile aveva presentato difetti che avevano interessato le parti comuni condominiali e alcune proprietà esclusive, a causa delle gravi infiltrazioni di acqua piovana, difetti appurati a seguito di una perizia tecnica stragiudiziale del 9 aprile 2012.
Si costituivano separatamente in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, le quali contestavano le pretese avversarie e, per l’effetto, concludevano per il rigetto delle spiegate domande. Chiamavano, poi, rispettivamente in garanzia la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, quale impresa assicuratrice della committente, e in regresso la RAGIONE_SOCIALE, quale esecutrice in subappalto dei lavori inerenti all’immobile .
Si costituivano in giudizio le terze chiamate, opponendosi all’accoglimento delle domande principali e alla richiesta di manleva. In particolare, la RAGIONE_SOCIALE eccepiva ritualmente la decadenza della RAGIONE_SOCIALE dall’azione di regresso per la violazione del termine di 60 giorni stabilito per la comunicazione della denuncia, decorrente dal ricevimento della denuncia medesima da parte del RAGIONE_SOCIALE attore.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 19901/2017, depositata il 21 ottobre 2017, condannava la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, in solido, al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE istante, della somma di euro 143.300,00, a titolo di risarcimento dei danni subiti, dichiarando altresì la RAGIONE_SOCIALE tenuta a manlevare l’RAGIONE_SOCIALE e respingendo ogni altra domanda.
In specie, era accolta l’eccezione di decadenza sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, era disattesa la domanda di regresso proposta verso quest’ultima dalla RAGIONE_SOCIALE, escludendo che la necessità della comunicazione di cui all’art. 1670 c.c. fosse venuta
meno in forza dell’impegno assunto con la transazione sottoscritta il 27 febbraio 2009.
2. -Con atto di citazione notificato il 16 novembre 2017, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: 1) l’erronea valutazione delle prove e l’errata interpretazione delle clausole dell’appalto, da cui sarebbe emersa l’esclusiva responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, quale organizzatrice, coordinatrice e realizzatrice delle opere contestate; 2) l’erroneo rigetto delle eccezioni di decadenza e prescrizione dell’azione ex art. 1669 c.c. per difetto di prova sulla tempestività della denuncia dei vizi; 3) l’errata individuazione dei gravi difetti costruttivi e la conseguente incongrua quantificazione del risarcimento dei danni; 4) l’errata declaratoria di improponibilità della domanda di garanzia formulata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Si costituivano separatamente nel giudizio di impugnazione il RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE P5/H ‘INDIRIZZO‘ di INDIRIZZO in Fiumicino, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, i quali instavano per il rigetto del gravame.
Si costituiva in sede di gravame anche la RAGIONE_SOCIALE, la quale resisteva all’appello avversario e spiegava appello incidentale, adducendo: 1) l’erronea affermazione della responsabilità dell’appaltatore, in quanto la realizzazione dell’edificio era stata affidata in subappalto alla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva eseguito l’opera in piena autonomia tecnica e organizzativa; 2) l’erroneo rigetto delle eccezioni di decadenza e prescrizione dell’azione ex art. 1669 c.c.; 3) l’erronea
quantificazione del danno risarcito; 4) l’erroneo rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, senza tenere conto del contenuto della transazione sottoscritta il 27 febbraio 2009 e contenente l’impegno di NOME ad eseguire, a sua cura e spese, tutte le opere necessarie per l’eliminazione dei vizi e dei difetti dell’opera, emersi anche successivamente alla sottoscrizione dell’accordo.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni in favore del RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 143.300,00 e condannava altresì la RAGIONE_SOCIALE a tenere indenne la RAGIONE_SOCIALE per gli importi da quest’ultima corrisposti in favore del RAGIONE_SOCIALE per la causale indicata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la responsabilità per i vizi esecutivi riscontrati nell’immobile doveva essere attribuita, in ultima analisi, alla RAGIONE_SOCIALE, la quale, come da contratto di subappalto del 6 febbraio 2004, aveva realizzato l’opera in piena autonomia tecnica e organizzativa; b ) che, dalla lettura della transazione del 27 febbraio 2009 intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, si evinceva che quest’ultima, in qualità di subappaltatrice, si era impegnata ad eseguire, a sua cura e spese, tutte le opere necessarie per l’eliminazione dei vizi e dei difetti che fossero stati denunciati successivamente alla sottoscrizione dell’accordo dagli acquirenti delle unità immobiliari realizzate dalla
NOME, cui era subentrata la RAGIONE_SOCIALE; c ) che la transazione, dunque, contenendo un riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte della subappaltatrice, implicava la superfluità della tempestiva denuncia a cura del committente nonché l’obbligo di emendare detti vizi, una volta che essi fossero stati giudizialmente accertati.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, articolato in un unico motivo.
Hanno resistito altresì, con separati controricorsi, il RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE P5/H ‘Teti’ di INDIRIZZO in Fiumicino e la RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE.
4. -La ricorrente principale e la ricorrente incidentale hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in RAGIONE_SOCIALE, per avere la Corte di merito escluso l’applicabilità dell’art. 1670 c.c. nei rapporti tra la società appaltatrice RAGIONE_SOCIALE e la società subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE, in base alla transazione stipulata tra tali società in data 27 febbraio 2009, in spregio all’accertamento contenuto nella sentenz a del
Tribunale di Roma n. 10279/2017 del 22 maggio 2017, passata in cosa giudicata.
Secondo tale pronuncia, la circostanza a mente della quale la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano previsto, all’art. 4.3 della scrittura stipulata il 27 febbraio 2009, l’obbligo della subappaltatrice di provvedere all’eliminazione, a sua cura e spese, dei vizi denunciandi dai titolari degli appartamenti di INDIRIZZO, in Fiumicino, non avrebbe escluso la necessità della comunicazione della denuncia nel termine di decadenza indicato dall’art. 1670 c.c.
Obietta l’istante che sarebbe stato vincolante il precetto stabilito da tale evocata pronuncia, in forza del quale, attraverso la raggiunta transazione, le parti non avevano espressamente derogato alla previsione di cui all’art. 1670 c.c.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322 e 1670 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la transazione conclusa tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avesse escluso l’applicabilità dell’art. 1670, benché tale inapplicabilità non fosse stata espressamente prevista.
Osserva l’istante che, in ragione del principio di autonomia contrattuale, qualora i contraenti avessero inteso derogare ad una disposizione applicabile alla fattispecie, o comunque obbligarsi a non avvalersene, avrebbero dovuto espressamente dichiararlo, mentre nella transazione stipulata inter partes in data 27 febbraio 2009 nessuna dichiarazione del genere sarebbe stata contemplata.
Aggiunge la ricorrente che, dalla lettura della transazione del 27 febbraio 2009, si evinceva esclusivamente che la RAGIONE_SOCIALE, in qualità di subappaltatrice, si fosse impegnata ad eseguire, a sua cura e spese, tutte le opere necessarie per l’eliminazione dei vizi e dei difetti che fossero stati denunciati successivamente alla sottoscrizione dell’accordo dagli acquirenti delle unità immobiliari realizzate dalla RAGIONE_SOCIALE.
Sicché tale dichiarazione non avrebbe potuto considerarsi un riconoscimento dei vizi, avendo una mera valenza dichiarativa di un obbligo normativamente previsto per gli eventuali difetti dell’opera e non potendo configurarsi un riconoscimento per vizi non ancora denunciati, atteso che la denuncia dei danni, da parte del RAGIONE_SOCIALE, era avvenuta, per la prima volta, verso l’RAGIONE_SOCIALEna Uno, con lettera raccomandata a.r. dell’11 aprile 2012 e, verso la RAGIONE_SOCIALE, con lettera raccomandata a.r. del 30 maggio 2012.
3. -Con l’unico motivo svolto la ricorrente incidentale contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 156 e 132 c.p.c., per essere incorsa la Corte distrettuale in un contrasto irriducibile tra motivazione e dispositivo, avendo la pronuncia impugnata, in prima battuta, sancito che la responsabilità per i vizi esecutivi riscontrati nell’immobile dovesse essere attribuita alla subappaltatrice, in ragione della piena autonomia tecnica e organizzativa di cui essa godeva, e -all’esito avendo comunque condannato l’appaltatrice al risarcimento dei danni, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
Sicché vi sarebbe stata una carenza totale di argomentazioni in ordine alle ragioni giustificatrici della disposta condanna dell’appaltatrice.
4. -É pregiudiziale, sul piano logico e giuridico, la disamina dell’unico motivo del ricorso incidentale.
La censura è infondata.
Occorre rilevare, sul punto, che il RAGIONE_SOCIALE ha agito verso la committentevenditrice RAGIONE_SOCIALE e l’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, e non già direttamente verso la subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE, invece chiamata in causa, a titolo di ‘regresso’, dalla RAGIONE_SOCIALE.
Con la conseguenza che nessuna azione diretta è stata proposta dal RAGIONE_SOCIALE verso il subappaltatore, ai sensi dell’art. 1669 c.c. (sulla possibilità che i danneggiati acquirenti possano agire per il risarcimento dei danni da rovina o difetti di cose immobili di lunga durata direttamente verso l’appaltatore e i subappaltatori nonché verso il costruttore-venditore, allorché esista un potere direttivo e di controllo di quest’ultimo sui subappaltatori, che non può essere escluso a priori negli appalti a cascata, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27250 del 16/11/2017).
Ancora, è utile puntualizzare che il riferimento all’autonomia tecnica e organizzativa del subappaltatore, per un verso, non implicava che quest’ultimo fosse tenuto direttamente verso il RAGIONE_SOCIALE e, per altro verso, non escludeva che l’appaltatrice fosse tenuta nei confronti del RAGIONE_SOCIALE medesimo, avendo inciso il riconoscimento di tale autonomia non già sulla negazione della responsabilità dell’appaltatrice, bensì, del tutto
coerentemente, solo sull’integrazione dei presupposti per l’accoglimento della domanda di manleva.
Nel caso concreto, la riconducibilità dei vizi all’opera autonomamente posta in essere dal subappaltatore ha costituito la condizione necessaria per addivenire all’accoglimento, nel merito, della pretesa di rivalsa.
Infatti, la sentenza impugnata, riformando il corrispondente capo della pronuncia appellata del Tribunale, in accoglimento dell’interposto appello incidentale, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a tenere indenne la RAGIONE_SOCIALE delle somme che quest’ultima avesse corrisposto in favore del RAGIONE_SOCIALE in attuazione del capo condannatorio principale.
Tale condanna postulava, appunto, l’accertamento dell’autonomia tecnica e organizzativa del subappaltatore, poiché, ove fosse stata verificata un’ingerenza così pregnante dell’appaltatore sul subappaltatore da averlo trasformato in mero esecutore di ordini, la responsabilità del subappaltatore chiamato in regresso avrebbe dovuto essere esclusa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5690 del 12/06/1990; Sez. 2, Sentenza n. 4186 del 18/07/1984; Sez. 1, Sentenza n. 1091 del 29/03/1957).
Ed invero, il contratto di subappalto è un contratto ad efficacia obbligatoria mediante il quale l’appaltatore conferisce ad un terzo il compito di eseguire, integralmente o in parte, i lavori o i servizi che l’appaltatore medesimo si era impegnato a realizzare verso il committente con il contratto principale o padre o base di appalto, sicché si tratta di contratto derivato o subcontratto o di ‘appalto di seconda mano’, che si innesta sull’appalto principale.
Il contratto di subappalto è, dunque, un contratto di appalto in cui è esaltato il profilo della dipendenza funzionale tra negozi, poiché l’assuntore reimpiega la posizione contrattuale derivante da un rapporto in corso di esecuzione. Il secondo contratto è distinto dal contratto base, sebbene sia da esso derivato logicamente e cronologicamente, sia sul piano soggettivo, in quanto il subappalto coinvolge un soggetto terzo rispetto alle parti dell’appalto principale, oltre ad attribuire un ruolo inverso all’appaltatore del contratto principale, che diviene committente nel subappalto, sia sul piano oggettivo, poiché il subappalto è funzionalmente dipendente dal contratto principale.
Ne consegue che, nonostante l’autorizzazione del committente, la stipulazione del subappalto instaura un rapporto obbligatorio autonomo tra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente è estraneo, non acquistando diritti, né assumendo obblighi direttamente verso il subappaltatore (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6161 del 07/03/2024; Sez. 2, Sentenza n. 16917 del 02/08/2011; Sez. 1, Sentenza n. 23903 del 11/11/2009; Sez. 2, Sentenza n. 5237 del 29/05/1999; Sez. 2, Sentenza n. 8202 del 11/08/1990).
Pertanto, il subappaltatore non è un ausiliario dell’appaltatore, in quanto il subappalto, al pari di altre figure di subcontratto, consta di un proprio programma negoziale, sebbene a larghi tratti analogo, se non del tutto identico, al contratto da cui deriva, integrando anch’esso un ordinario contratto di appalto.
Il subappalto non perde, infatti, la sua autonomia, con la conseguenza che le condizioni dell’appalto principale non si
estendono automaticamente al contratto di subappalto, essendo viceversa le parti libere di disciplinare il rapporto in modo diverso rispetto al contratto padre (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26862 del 22/10/2019; Sez. 1, Sentenza n. 9684 del 24/07/2000; Sez. 2, Sentenza n. 5237 del 29/05/1999; Sez. 2, Sentenza n. 4656 del 23/05/1990).
Da ciò deriva che il fatto che il subappalto abbia riguardato la costruzione dell’intera opera appaltata e che i difetti rilevati fossero ascrivibili all’opera del subappaltatore non escludeva la legittimazione passiva dell’appaltatore, a fronte della domanda risarcitoria proposta dal terzo (nella fattispecie, il RAGIONE_SOCIALE) direttamente nei confronti del committente-venditore e della società appaltatrice.
Ed invero, la condotta negligente del subappaltatore non può ingenerare una sua responsabilità – di natura extracontrattuale ai sensi dell’art. 1669 c.c., presupponendo l’operatività di tale norma il rapporto diretto tra committente ed appaltatore, solo legittimato passivo, quale unico garante della stabilità e sicurezza dell’edificio, rispetto all’azione in tal senso proposta dal primo, fatta salva l’azione di responsabilità aquiliana RAGIONE_SOCIALE ex art. 2043 c.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21719 del 27/08/2019).
A fortiori , trattandosi di chiamata in garanzia ‘impropria’ (in rivalsa o in manleva, più che ‘in regresso’, come impropriamente sancito dall’art. 1670 c.c.: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8109 del 27/08/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6741 del 12/11/1983) e non per comunanza di causa ex art. 106 c.p.c. (c.d. laudatio auctoris ) -ipotesi, quest’ultima, che consente l’estensione automatica della domanda dell’attore verso il terzo, presupponendo
l’individuazione del responsabile sulla base di un rapporto unico il giudice di merito non avrebbe potuto condannare direttamente il subappaltatore in favore del RAGIONE_SOCIALE agente, stante l’autonomia sostanziale dei due rapporti innestati, ancorché confluiti in un unico processo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30952 del 07/11/2023; Sez. 6-3, Ordinanza n. 15232 del 01/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 516 del 15/01/2020; Sez. 1, Ordinanza n. 5580 del 08/03/2018; Sez. 3, Sentenza n. 23213 del 13/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 5400 del 05/03/2013; Sez. L, Sentenza n. 14776 del 27/06/2006; Sez. 2, Sentenza n. 7273 del 12/05/2003; Sez. L, Sentenza n. 2471 del 04/03/2000; Sez. L, Sentenza n. 722 del 24/01/1997).
5. -All’esito, deve essere scrutinata la prima doglianza del ricorso principale.
Anche tale censura è infondata.
Infatti, il giudicato esterno non può essere fatto valere in sede di legittimità all’esito della produzione, con il ricorso in cassazione, della sentenza del Tribunale di Roma n. 10279/2017 del 22 maggio 2017, poiché essa è passata in cosa giudicata (il 22 dicembre 2017) nel corso del giudizio di gravame, apertosi con la citazione notificata il 16 novembre 2017 e chiusosi con la sentenza pubblicata l’11 ottobre 2018 (con la prima udienza tenuta il 15 marzo 2018), sicché la relativa eccezione avrebbe dovuto essere proposta in quel processo.
Ebbene, nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio o su impulso di parte, nella sola ipotesi in cui detto giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la
produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ostacolo che è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15846 del 06/06/2023; Sez. 2, Sentenza n. 37895 del 28/12/2022; Sez. 5, Sentenza n. 25863 del 02/09/2022; Sez. L, Ordinanza n. 12754 del 21/04/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 14883 del 31/05/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 1534 del 22/01/2018; Sez. 5, Sentenza n. 21170 del 19/10/2016; Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006).
Quanto all’ulteriore giudicato esterno dedotto dalla ricorrente principale con le memorie illustrative del 14 aprile 2023, con la contestuale produzione della copia autentica della sentenza della Corte d’appello di Roma n. 7494/2019, pubblicata il 28 novembre 2019, munita dell’attestazione del passaggio in giudicato ex art. 124 disp. att. c.p.c. -in ordine alla quale è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo, proprio allo scopo di consentire alle parti di controdedurre sul punto, come da ordinanza interlocutoria n. 18026/2023, depositata il 23 giugno 2023 -, pur trattandosi di documento sopravvenuto alla pronuncia impugnata e alla notifica del ricorso in cassazione e, dunque, ammissibile in questa sede, anche in questo caso la preclusione non può operare, in adesione ai limiti oggettivi e soggettivi del giudicato ex art. 2909 c.c.
E ciò perché l’affermazione circa la necessità della tempestiva comunicazione della denuncia dei difetti dall’appaltatore al subappaltatore, a pena di decadenza dell’azione di regresso, ai
sensi dell’art. 1670 c.c., nonostante l’impegno alla loro eliminazione assunto dalla RAGIONE_SOCIALE verso la RAGIONE_SOCIALE con la transazione del 27 febbraio 2009, ha riguardato i vizi rilevati nelle opere condominiali di cui al RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE ‘Thessa’ di INDIRIZZO e 35 in Fiumicino, mentre l’odierno contenzioso concerne i difetti relativi alle opere di cui al RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE ‘Teti’ di INDIRIZZO e 34 in Fiumicino.
Anche l’ulteriore pronuncia prodotta da RAGIONE_SOCIALE, unitamente alle seconde memorie illustrative -ossia la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5807/2023, depositata il 15 settembre 2023 -, riguarda le azioni ex art. 1669 c.c. promosse dai singoli condomini dell’INDIRIZZO di INDIRIZZO.
6. -Il secondo motivo del ricorso principale è, invece, fondato nei termini che seguono.
Si premette che la Corte d’appello ha ritenuto che la comunicazione della denuncia di cui all’art. 1670 c.c., ai fini di potersi avvalere dell’azione di regresso, fosse superflua in esito all’asserito ‘riconoscimento’ potenziale dei vizi ( recte all’impegno di eliminare, a proprie cure e spese, i vizi che avrebbero potuto essere denunciati dagli acquirenti degli appartamenti di INDIRIZZO), ‘riconoscimento’ di cui all’art. 4.3 della scrittura privata stipulata il 27 febbraio 2009 -contenente transazione raggiunta tra l’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE e la subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE -, avvenuto prima della denuncia a cura del committente.
Tanto premesso, si evidenzia che l’appaltatore è tenuto a denunciare tempestivamente al subappaltatore i vizi o le
difformità dell’opera a lui contestati dal committente (ovvero i difetti di cui all’art. 1669 c.c.) e, prima della formale denuncia di quest’ultimo, non ha interesse ad agire in regresso nei confronti del subappaltatore, atteso che il committente potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente, sicché l’appaltatore può agire in giudizio contro il subappaltatore solo all’esito della tempestiva denuncia inoltrata dal committente (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23903 del 11/11/2009).
Del resto, la denuncia effettuata dal committente direttamente al subappaltatore non è idonea a raggiungere il medesimo scopo di quella effettuata dall’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c., dovendo tale comunicazione provenire dall’appaltatore o da suo incaricato e non già aliunde , come, ad esempio, dal committente-appaltante principale, poiché i rapporti di appalto e di subappalto sono autonomi e la detta comunicazione ha natura comunicativa o partecipativa, la quale impone, in base agli artt. 1669 e 1670 c.c., che non solo il destinatario, ma anche la fonte della dichiarazione si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali, impeditivi della decadenza, sono destinati a prodursi (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 24052 del 06/09/2021; Sez. 2, Sentenza n. 6192 del 05/03/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 23071 del 22/10/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 5096 del 25/02/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 24717 del 08/10/2018; contra Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26686 del 18/12/2014).
Questa Corte ha altresì affermato che, in tema di appalto, ai fini della garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, il
riconoscimento del vizio proveniente non dall’appaltatore ma da un subappaltatore, che non abbia operato in rappresentanza o su indicazione dell’appaltatore, non esime il committente dalla denunzia del vizio nel termine di decadenza, stante la reciproca indipendenza del subappalto e dell’appalto, i quali restano distinti e autonomi, nonostante il nesso di derivazione dell’uno dall’altro, sicché nessuna diretta relazione si instaura tra il committente e il subappaltatore.
Ne consegue che l’eventuale ammissione, da parte del subappaltatore, dell’esistenza di difformità o vizi dell’opera non può ritenersi equipollente al loro riconoscimento, il quale deve provenire dall’appaltatore ex art. 1667 c.c. (o ex art. 1669 c.c.), per poter costituire ragione di esonero dalla denunzia che la stessa norma impone al committente di rivolgere, ugualmente all’appaltatore, entro un certo termine, a pena di decadenza dalla garanzia (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22344 del 21/10/2009).
La ratio della norma sull’onere della tempestiva denuncia ai fini dell’esercizio del regresso, a cura dell’appaltatore verso il subappaltatore, è ravvisabile, dunque, nell’esigenza di consentire al subappaltatore di provvedere in tempi rapidi agli adeguamenti o alle riparazioni o, in alternativa, di dimostrare che l’opera in realtà è esente da difformità o vizi o difetti o che essi non sono a lui imputabili.
In questa prospettiva, il meccanismo rimediale è congegnato in modo tale per cui il subappaltatore rimane soggetto ai medesimi rimedi dei quali l’appaltante principale si avvalga nei confronti dell’assuntore, quale frutto della composizione e della convivenza dei due rapporti sostanziali concatenati che
discendono dalla stipulazione del subappalto innestato sull’appalto principale: per un verso, infatti, l’appaltatore non può essere esonerato da responsabilità verso il committente per il solo fatto che l’esecuzione dell’opera sia stata materialmente realizzata da un diverso soggetto, ossia dal subappaltatore; per altro verso, quest’ultimo non può reputarsi liberato da ogni addebito a scapito della propria controparte.
Nei termini anzidetti, la responsabilità del subappaltatore è qualificata come condizionata, appunto perché l’appaltatore può farla valere unicamente qualora, a sua volta, il committente abbia inoltrato identica pretesa nei suoi confronti.
Alla stregua di queste coordinate, ove il subappaltatore abbia assunto un preliminare impegno verso l’appaltatore ad eliminare i vizi o difetti che dovessero in futuro essere denunciati dal committente, tale assunzione di garanzia preventiva non può esonerare l’appaltatore dall’onere della comunicazione della denuncia inoltrata successivamente dal committente (o del suo rifiuto dell’opera), ai sensi dell’art. 1670 c.c., appunto perché l’interesse alla proposizione dell’azione di regresso diviene attuale solo dopo l’invio della denuncia a cura dell’appaltante.
Solo rispetto alla comunicazione di tale denuncia il subappaltatore può orientare la propria difesa, ammettendo l’integrazione dei vizi e difetti denunciati e la loro riconducibilità all’esecuzione del subappalto ovvero negandone l’oggettiva esistenza ovvero la subiettiva imputazione.
I vizi e difetti rispetto ai quali l’appaltatore è tenuto a rispondere e che quest’ultimo può ‘riversare’ sul subappaltatore
sono infatti individuati e circoscritti solo dalla denuncia dell’appaltante.
Con la conseguenza che l’impegno all’eliminazione genericamente assunto prima della denuncia -diversamente dall’impegno assunto all’esito della denuncia non esonera l’assuntore dall’onere della comunicazione al subappaltatore della denuncia inviata dall’appaltante entro 60 giorni dal suo ricevimento, sotto pena di decadenza dell’azione di regresso.
Tanto più che la clausola contenuta nella richiamata transazione non prevedeva alcuna espressa deroga all’onere di comunicazione della denuncia contemplato dall’art. 1670 c.c.
Applicando tali principi al caso di specie, si rileva che nella transazione del 27 febbraio 2009 il subappaltatore, più che riconoscere in senso proprio degli specifici vizi, si è impegnato ‘genericamente e preventivamente’ ad eliminare i vizi che ‘in futuro’ gli acquirenti degli immobili dal costruttore -committentevenditore avessero potuto denunciare.
Mentre l’onere della comunicazione al subappaltatore della denuncia ricevuta dall’appaltatore nei 60 giorni dal ricevimento di tale denuncia ex art. 1670 c.c. ha lo scopo di rendere edotto il subappaltatore dei vizi ‘specifici e concreti’ denunciati dal committente, tramite l’appaltatore che agisca in rivalsa.
Sicché tale impegno pro futuro si è manifestato prima che il RAGIONE_SOCIALE denunciasse i vizi e, quindi, non ha raggiunto lo scopo difensivo previsto dall’art. 1670.
In altri termini, il subappaltatore, a fronte dell’impegno ‘generico e preventivo’ assunto, non è venuto a conoscenza degli ‘specifici e concreti’ vizi denunciati dal RAGIONE_SOCIALE ai fini di
potersi difendere sui vizi effettivamente denunciati, senza che possa costituire un equipollente il generico impegno alla eliminazione dei vizi prima della denuncia (in difetto di alcuna precisa emarginazione di detti vizi prima della denuncia).
Diversamente sarebbe stato se tale impegno si fosse perfezionato dopo la denuncia inviata dal RAGIONE_SOCIALE al committente-costruttorevenditore e all’appaltatore, ossia sulla scorta di una precisa e concreta -e non già ipotetica -emarginazione dei difetti contestati.
Ne discende che il giudice di rinvio dovrà rivalutare la vertenza alla luce del suddetto principio.
7. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il secondo motivo del ricorso principale deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre il primo motivo va respinto e così il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
‘In tema di garanzia per le difformità e i vizi nell’appalto o di rovina o difetti di cose immobili di lunga durata, ove il subappaltatore abbia assunto un preventivo e generico impegno verso l’appaltatore ad eliminare i vizi o difetti che dovessero in futuro essere denunciati dal committente, tale assunzione di garanzia preventiva non può esonerare l’appaltatore dall’onere della comunicazione della denuncia inoltrata successivamente dal
committente, ai sensi dell’art. 1670 c.c., perché l’interesse alla proposizione dell’azione di regresso diviene attuale solo dopo l’invio della denuncia a cura dell’appaltante’.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo motivo del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle