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Denuncia vizi immobile: la telefonata vale come prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26198/2024, ha confermato che una comunicazione informale, come una telefonata, è sufficiente per la denuncia di vizi su un immobile, purché se ne dia prova. Nel caso specifico, l’ammissione dei venditori in sede di interrogatorio formale è stata ritenuta una confessione e quindi prova piena della tempestiva notifica telefonica da parte degli acquirenti, superando la questione della successiva comunicazione scritta. La Corte ha così rigettato il ricorso dei venditori, condannandoli al risarcimento del danno.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Denuncia vizi immobile: basta una telefonata? La Cassazione chiarisce

Quando si acquista un immobile, la scoperta di difetti nascosti può trasformare un sogno in un incubo. Una delle prime e più importanti azioni da compiere è la denuncia vizi immobile al venditore, da effettuarsi entro il termine di otto giorni dalla scoperta. Ma quali sono le modalità corrette? Una raccomandata è sempre necessaria o può bastare una semplice telefonata? Con la recente ordinanza n. 26198/2024, la Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale, stabilendo che anche una comunicazione informale può essere sufficiente, a patto di poterla provare.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dall’acquisto di un appartamento con garage. Circa un anno dopo la compravendita, avvenuta nel dicembre 2006, gli acquirenti scoprivano significative infiltrazioni d’acqua nel garage a seguito di abbondanti piogge. Di conseguenza, avviavano una causa per ottenere il risarcimento dei danni dai venditori.

In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda, accogliendo l’eccezione dei venditori: secondo il giudice, gli acquirenti non avevano provato di aver denunciato i vizi entro gli otto giorni previsti dall’art. 1495 del Codice Civile, incorrendo così nella decadenza dalla garanzia.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado davano peso decisivo a delle dichiarazioni confessorie rese dai venditori durante un interrogatorio formale. In quella sede, i venditori avevano ammesso di essere stati informati “immediatamente” del problema tramite una telefonata, comunicazione poi formalizzata con una lettera successiva. Questa ammissione, secondo la Corte d’Appello, provava la tempestività della denuncia, condannando i venditori al pagamento di oltre 12.000 euro.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla denuncia vizi immobile

I venditori ricorrevano in Cassazione, basando il loro ricorso su tre motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.

1. Validità dell’interrogatorio formale: I ricorrenti sostenevano che la confessione non fosse valida perché scaturita da domande generiche e contestate. La Cassazione ha replicato che la valutazione sull’ammissibilità e rilevanza delle domande spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata.
2. La presunta confessione dell’acquirente: I venditori lamentavano che i giudici d’appello avessero ignorato la dichiarazione dell’acquirente, il quale aveva parlato di una denuncia effettuata con lettera del 4 febbraio 2008 (quindi tardiva). La Corte ha chiarito che questa dichiarazione non era affatto incompatibile con l’esistenza di una precedente e tempestiva telefonata. La denuncia formale scritta non esclude, anzi può seguire, una prima comunicazione informale immediata, che è quella che conta ai fini del rispetto del termine.
3. Il valore della consulenza tecnica: Infine, i ricorrenti sostenevano che una consulenza tecnica di parte attrice dimostrasse che gli acquirenti conoscevano i vizi fin dall’acquisto. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: le dichiarazioni di un consulente di parte non hanno valore di confessione, che deve provenire personalmente dalla parte in causa. La perizia costituisce un semplice indizio, liberamente valutabile dal giudice.

Le motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi cardine del diritto processuale e sostanziale. Il cuore della motivazione risiede nel valore probatorio della confessione. Quando una parte, in sede di interrogatorio formale, ammette un fatto a sé sfavorevole (in questo caso, l’aver ricevuto una telefonata di denuncia immediata), tale dichiarazione acquisisce il valore di prova piena. Diventa il fatto decisivo su cui il giudice può fondare la propria decisione, rendendo irrilevanti altre circostanze come la data di una successiva lettera formale. La Corte ha inoltre sottolineato l’ampia discrezionalità del giudice di merito nell’apprezzare le prove, inclusa l’ammissibilità delle domande in un interrogatorio, un potere che non può essere messo in discussione in Cassazione se non per vizi logici o di motivazione qui non riscontrati.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche. Per gli acquirenti, conferma che la denuncia vizi immobile non richiede necessariamente forme solenni come la raccomandata con ricevuta di ritorno. Una telefonata, un’email o persino un messaggio possono essere validi, a condizione che si sia in grado di provarne l’invio e la ricezione tempestiva. La difficoltà, ovviamente, sta proprio nella prova. Per i venditori, la lezione è chiara: le dichiarazioni rese in tribunale, specialmente durante un interrogatorio formale, hanno un peso enorme e possono essere decisive per l’esito della causa. L’ammissione di aver ricevuto una comunicazione, per quanto informale, può precludere la possibilità di eccepire con successo la decadenza della garanzia.

Una telefonata è sufficiente per la denuncia dei vizi di un immobile?
Sì, secondo questa ordinanza, una comunicazione informale come una telefonata è un mezzo idoneo per denunciare i vizi, a condizione che si possa provare in giudizio che sia avvenuta entro il termine di otto giorni dalla scoperta del difetto.

Che valore ha l’ammissione del venditore di aver ricevuto una denuncia telefonica?
Se il venditore, durante un interrogatorio formale, ammette di aver ricevuto una telefonata con cui gli venivano comunicati i vizi, questa dichiarazione ha valore di confessione. Di conseguenza, costituisce prova piena del fatto che la denuncia è stata effettuata tempestivamente.

La perizia del consulente tecnico di una parte può essere usata come una confessione contro la parte stessa?
No, la Corte di Cassazione ha specificato che quanto dichiarato da un consulente tecnico di parte nel suo elaborato non ha valore di confessione, poiché questa deve provenire direttamente dalla parte. La perizia è un mero indizio soggetto al libero convincimento del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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