Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33647 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 33647 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14639/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO int . 4, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 1203/2019, depositata il 20 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi gli avv.ti NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione ritualmente notificato, NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Varese, la RAGIONE_SOCIALE in qualità di costruttrice dell’immobile acquistato, insieme a NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna, ex art. 1669 cod. civ., al risarcimento dei danni subiti e alla corresponsione dei costi necessari per l’ eliminazione delle cause e degli effetti conseguenti ai vizi denunciati, con vittoria di spese.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE che, preliminarmente, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa, in garanzia, la RAGIONE_SOCIALE; nel merito, e in via pregiudiziale, eccepiva la decadenza dell’attore dall’azione ex art. 1669 cod. civ. e, in via principale, contestava la fondatezza della domanda.
Il Tribunale di Varese, con sentenza ex art. 281 sexies cod. proc. civ. n. 291/13 del 27 febbraio 2013, rigettava la domanda proposta dall’attore e lo condannava al pagamento delle spese.
-Avverso tale sentenza proponeva appello NOME COGNOME reiterando tutte le domande proposte in primo grado.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE per chiedere la conferma della sentenza impugnata.
Nel corso del giudizio di appello venivano espletate due consulenze tecniche d’ufficio .
La Corte d’Appello di Milano ha accolto l’impugnazione, condannando la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno in favore di NOME COGNOME, quantificato in complessivi euro 77.330,00, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo, oltre iva se e in
quanto dovuta. RAGIONE_SOCIALE è stata altresì condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
NOME COGNOME si è costituito con controricorso. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
In prossimità della pubblica udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza, in relazione agli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. Att. cod. proc. civ., per motivazione contraddittoria e obiettivamente incomprensibile (art. 360 n. 4). Parte ricorrente denuncia l’ irriducibile contrasto e l’inconciliabilità logica e giuridica tra la dichiarata infondatezza del primo motivo di appello – sulla decadenza dalla garanzia per mancata tempestiva denunzia del difetto (ritenuta dal giudice di primo cure) – e la contestuale ritenuta fondatezza del terzo motivo di appello -sull ‘e sistenza del difetto costruttivo -da cui l’ accoglimento del gravame con condanna della ricorrente al risarcimento del danno.
1.1. -Il motivo è infondato.
Si tratta chiaramente di un errore materiale evincibile dalla lettura della motivazione concernente il primo motivo di appello che evidenzia, al contrario dell’affermazione conclusiva « ne consegue l’infondatezza del primo di appello », l’accoglimento della censura, non lasciando alcun dubbio sull’effettiva volontà del giudicante, restando estranea alla fattispecie la diversa ipotesi del contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo (Cass., Sez. VI-5, 19 dicembre 2022, n. 37079).
Già sotto la previgente formulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che prevedeva la possibilità di un sindacato più ampio sulla motivazione, questa Corte aveva evidenziato che il vizio di
contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, sicché non incorre in tale vizio – ma in un semplice errore materiale – il giudice che affermi l’infondatezza dell’appello e poi lo accolga parzialmente, quando la lettura della sentenza – come nel caso di specie – non lasci incertezze sull’effettiva volontà del giudicante (Cass., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13318).
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la nullità della sentenza, in relazione agli arti, 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att cod. proc. civ., per motivazione carente, contraddittoria e incongrua, e violazione e falsa applicazione di tali norme (art. 360 n. 4 e 3 cod. proc. civ.); l’ arbitrarietà de ll’affermazione della decorrenza del termine di cui a ll’ art. 1669 cod. civ. dalla seconda manifestazione del difetto (da cui ne era scaturita la denunzia, e quindi funzionale al ‘sostanziale’ accoglimento del primo motivo di appello) in presenza di prova della sua identità alla prima verificatasi l’ anno precedente (e perciò ritenuta rilevante dal giudice di prime cure), nonché l’apodittico richiamo all’inesistente ‘principio” per cui solo la consulenza tecnica consentirebbe di acquisire la conoscenza del difetto occorrente per la denunzia.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la nullità del procedimento per error in procedendo in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). L’affermazione per cui il COGNOME avrebbe avuto piena conoscenza del difetto solo a far data dal 28 aprile 2009, pur nel riconoscimento che già nella primavera del 2008 aveva rilevato la presenza di infiltrazioni di acqua nell’abitazione, rivela come la Corte territoriale, nell’esaminare gli elementi di fatto a sua disposizione, non ne abbia colto tutte le implicazioni, in particolar modo con riguardo a quegli aspetti che depongono per l’analogia dei fenomeni attraverso i quali l’asserito difetto costruttivo si manifestò. L’antefatto che ha portato
a radicare il giudizio sarebbe rappresentato, secondo quanto dedotto con l’atto di citazione e nei capitoli di prova dedotti con le memorie ex art. 183 cod. proc. civ., dalle cospicue tracce di umidità riscontrate nel vano cantina nella primavera del 2008 ‘per infiltrazioni che provenivano dalle pareti’. I giudici di merito, sostenendo che l’interessato ebbe piena conoscenza della gravità dei difetti solo a far data dal 28 aprile 2009, quando il fenomeno si ripresentò, dimostrano di non avere percepito correttamente quell’antefatto o comunque di averlo immotivatamente sottovalutato, dal momento che si trattava dello stesso identico fenomeno.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 cod. civ. (art. 360 n, 3 cod. proc. civ.). Si censura il capo della sentenza con cui è stato sostanzialmente accolto il primo motivo di appello per la violazione della norma di cui all’art. 1669 cod. civ. operata sollevando l’attore dall’onere di provare la scoperta del difetto cui è invece tenuto quando venga eccepita la decadenza dalla garanzia.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti (Cass., Sez. II, 29 settembre 2009, n. 20853) e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (Cass., Sez. III, 13 gennaio 2005, n. 567); tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di relazioni peritali effettuate; l’accertamento relativo, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto (Cass., Sez. II, 16 gennaio 2020, n. 777; Cass., Sez. II, 22 febbraio 2010, n. 4249; Cass., Sez. I, 1 febbraio 2008, n. 2460).
Parte ricorrente mira ad ottenere un inammissibile nuovo apprezzamento della valutazione di merito sul fatto storico costituito dal dies a quo rilevante ai fini della denuncia ex art. 1669 cod. civ., su cui la Corte d’appello ha effettuato la sua valutazione, ritenendo che la presenza di infiltrazioni di acqua nella sua abitazione nella primavera del 2008 non potesse farsi coincidere con la conoscenza oggettiva della gravità dei vizi della costruzione e della loro attribuibilità a una causa determinata, riconducendo la manifestazione esteriore dei vizi e dei difetti solo successivamente, dalla data del 28 aprile 2009, in presenza di acqua proveniente dalle pareti laterali di cui era cosparsa la cantina dell’abitazione.
3. -Con il quinto motivo di ricorso si prospetta la nullità della sentenza, in relazione agli art. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att cod. proc. civ., per motivazione illogica, contraddittoria e incongrua e comunque violazione e falsa applicazione di tali norme; in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. e comunque violazione falsa applicazione di tali norme; omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; violazione e falsa applicazione de ll’ art. 1669 cod. civ. (art. 360 n. 3, 4 e 5). Il motivo censura il capo della sentenza con cui è stato accolto il terzo motivo di appello e quindi il gravame per il richiamo alla prima C.T.U., già riconosciuta carente sotto molteplici profili e di cui è stata disposta l’integrale rinnovazione, e l’irriducibile contrasto tra la riconosciuta assenza, in esito alla seconda C.T.U., di umidità nei locali ai piano-interrato e la ritenuta esistenza del grave difetto costruttivo e la conseguente e pure arbitraria condanna al risarcimento dei danni. Il motivo denuncia, inoltre, l’errata percezione di circostanze desumibili da elementi istruttori acquisiti
agli atti tramite C.T.U. alle quali riconduce conseguenze confermative del motivo di appello, segnatamente l’esistenza del grave difetto costruttivo, e l’omessa considerazione di circostanze, dedotte in giudizio e decisive per il suo esito, quali l’indicata (dall’attore) provenienza delle infiltrazioni dalle pareti (e non dal pavimento) e la natura non abitabile del vano interrato e, quindi, la sua inidoneità a pregiudicare in modo apprezzabile il godimento dell’abitazione .
Con il sesto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza in relazione agli artt. 132 cod. proc. civ. 118 disp. att. cod. proc. civ. per motivazione carente e incongrua e violazione (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). Il motivo censura la sentenza per l’incongruo riconoscimento, in presenza di vizi ritenuti emendabili, di un’indennità per la diminuzione di valore dell’immobile e comunque l’arbitrarietà della conclusione in assenza di prove di un qualche pregiudizio residuo per la funzionalità di un vano (la cantina) dall’accertata natura accessoria; nonché l’arbitraria quantificazione di parte del risarcimento operata discostandosi, senza fornirne alcuna plausibile motivazione, dalle indicazioni della C.T.U.
3.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Al di là della presenza di plurime censure all’interno del medesimo quinto motivo, che renderebbero di per sé inammissibile la censura cumulativa, non sussistono le doglianze lamentate poiché la Corte d’appello, tenuto conto delle risultanze istruttorie e delle due consulenze tecniche d’ufficio espletate, ha affrontato motivatamente la questione del merito dell’azione di garanzia e della quantificazione del risarcimento del danno alla luce delle opere necessarie per rimediare al vizio riscontrato e addebitabile alla società costruttrice. Anche in questo caso parte ricorrente mira a conseguire una inammissibile rivalutazione dell’apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità a fronte di una specifica motivazione
resa sul punto, il che esclude la violazione del ‘minimo costituzionale’ , soggetto allo scrutinio di questa Corte (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
4. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione