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Denuncia infondata: quando spetta il risarcimento?

Un imprenditore, assolto dall’accusa di contraffazione a seguito della denuncia di un concorrente, ha chiesto il risarcimento dei danni. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, ribadendo che una denuncia infondata non genera automaticamente diritto al risarcimento, a meno che non si provi che essa integri il reato di calunnia, con dolo specifico del denunciante.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Denuncia infondata: quando spetta il risarcimento?

Una denuncia infondata può avere conseguenze devastanti per la reputazione e l’attività economica di un individuo o di un’azienda. Tuttavia, ottenere un risarcimento per i danni subiti non è automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: la responsabilità civile del denunciante sorge solo se la sua azione integra il reato di calunnia. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi applicati.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine durante un’importante fiera di settore, dove un’azienda specializzata in articoli per parrucchieri viene accusata da un’impresa concorrente di esporre e vendere asciugacapelli contraffatti, imitazioni di un loro modello registrato. La denuncia porta all’intervento della Guardia di Finanza, al sequestro dei prodotti e all’avvio di un procedimento penale a carico dell’amministratore della società accusata.

Al termine del processo, l’imprenditore viene assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. Ritenendo di aver subito un ingente danno patrimoniale e non (lesione della reputazione, dell’immagine e perdita di affari), l’imprenditore e la sua società decidono di intentare una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni dall’azienda che li aveva denunciati.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello, però, rigettano la richiesta di risarcimento. La questione arriva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Responsabilità per denuncia infondata: Solo in caso di Calunnia

Il cuore della controversia ruota attorno a una domanda fondamentale: quando una denuncia che si rivela essere infondata fa scattare l’obbligo di risarcire il danno? I giudici di legittimità, confermando le decisioni dei gradi precedenti, hanno fornito una risposta netta, basata su un orientamento consolidato.

Il Principio Giuridico Applicato

La Corte ha stabilito che la presentazione di una denuncia (o di una querela) per un reato può costituire fonte di responsabilità civile per il denunciante solo se ricorrono gli elementi, sia oggettivi che soggettivi, del reato di calunnia. In altre parole, non è sufficiente che l’accusato venga prosciolto o assolto. Chi chiede il risarcimento ha l’onere di provare che il denunciante lo ha accusato di un reato pur sapendolo innocente, agendo quindi con dolo.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che l’azienda denunciante avesse agito sulla base di una percezione soggettiva di somiglianza tra i prodotti, condivisa inizialmente anche dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero. L’assoluzione finale era maturata solo dopo una consulenza tecnica approfondita. Mancava, quindi, la prova della consapevolezza dell’innocenza dell’accusato, elemento indispensabile per configurare la calunnia.

L’Interruzione del Nesso di Causalità

Un altro aspetto fondamentale evidenziato dalla Corte è l’interruzione del nesso di causalità. Al di fuori dell’ipotesi di calunnia, l’attività del pubblico ministero, che ha l’obbligo di esercitare l’azione penale, si sovrappone a quella del denunciante. È l’iniziativa dell’organo inquirente a dare impulso al processo, interrompendo così il legame diretto tra la denuncia del privato e il danno subito dall’accusato. La denuncia diventa una mera “occasione” che innesca l’azione della giustizia, non la causa diretta del danno.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso sulla base di due pilastri fondamentali. Primo, la necessità di non scoraggiare il dovere civico dei cittadini di segnalare alle autorità fatti che ritengono illeciti. Se ogni denuncia infondata comportasse un rischio di risarcimento, molti sarebbero restii a collaborare con la giustizia, frustrando l’interesse pubblico alla repressione dei reati. Secondo, come già accennato, l’attività del pubblico ministero si interpone tra la denuncia e il danno, spezzando il nesso causale. L’imputazione e il conseguente processo sono atti propri dell’autorità giudiziaria, non una conseguenza automatica e diretta della segnalazione del privato. Pertanto, in assenza della prova del dolo specifico richiesto per il reato di calunnia, la domanda risarcitoria non può essere accolta.

le conclusioni

Questa ordinanza conferma un importante principio di bilanciamento tra la tutela di chi subisce un’accusa ingiusta e la protezione del diritto/dovere di denunciare i reati. Per chi si ritiene danneggiato da una denuncia infondata, la strada per ottenere un risarcimento è in salita: non basta dimostrare di essere stati assolti, ma è necessario provare in sede civile che il denunciante ha agito con la precisa intenzione di accusare un innocente. Questo pone un onere della prova molto gravoso a carico del danneggiato, limitando di fatto le azioni di risarcimento ai soli casi di palese e provata malafede.

Se vengo assolto da un’accusa penale, ho automaticamente diritto a un risarcimento da chi mi ha denunciato?
No, l’assoluzione non dà automaticamente diritto a un risarcimento. Secondo la Corte, per ottenere un risarcimento è necessario dimostrare che la denuncia integrava gli elementi del reato di calunnia, ovvero che il denunciante era consapevole della sua innocenza.

Cosa si deve provare per ottenere un risarcimento per una denuncia infondata?
Si deve provare l’esistenza degli elementi costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, del reato di calunnia. In particolare, bisogna dimostrare il dolo del denunciante, cioè la sua piena consapevolezza che la persona accusata era innocente al momento della presentazione della denuncia.

Perché l’intervento del pubblico ministero è rilevante in questi casi?
L’intervento del pubblico ministero è rilevante perché, al di fuori dei casi di calunnia, la sua attività si sovrappone a quella del denunciante e interrompe il nesso di causalità tra la denuncia e il danno. L’azione penale è un’iniziativa autonoma dello Stato, e la denuncia del privato ne costituisce solo l’occasione, non la causa giuridica diretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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