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Denuncia calunniosa: quando spetta il risarcimento?

Un dipendente pubblico, assolto da accuse penali mosse dal suo datore di lavoro, ha chiesto un risarcimento per denuncia calunniosa. La Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che il risarcimento è dovuto solo se si prova il reato di calunnia, con dolo del denunciante. In assenza di ciò, l’azione del Pubblico Ministero interrompe il nesso causale tra la denuncia e il danno subito.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Denuncia calunniosa: quando una querela infondata giustifica il risarcimento?

Essere sottoposti a un procedimento penale a seguito di una denuncia e poi venire assolti è un’esperienza logorante. Sorge spontanea una domanda: si ha diritto a un risarcimento per i danni subiti? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna sul tema, delineando con precisione i confini della responsabilità civile per denuncia calunniosa e chiarendo quando il denunciante è tenuto a risarcire il denunciato.

I Fatti del Caso: Una Denuncia e la Richiesta di Risarcimento

Un dipendente di un Ministero, anche rappresentante sindacale, veniva denunciato dal proprio datore di lavoro per un presunto uso anomalo del badge. Il procedimento penale si concludeva con l’assoluzione del lavoratore. Ritenendo di aver subito un grave danno alla sua reputazione professionale e personale a causa di quella che considerava una denuncia ingiusta e strumentale, il dipendente agiva in sede civile, chiedendo un risarcimento di 75.000 euro.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la domanda del lavoratore. I giudici di merito sottolineavano un principio fondamentale: la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio non è, di per sé, fonte di responsabilità per il denunciante. L’unica eccezione si verifica quando la denuncia integra gli estremi del reato di calunnia, ovvero quando si accusa qualcuno di un reato sapendolo innocente. In tutti gli altri casi, l’iniziativa del Pubblico Ministero, che esercita l’azione penale, si sovrappone a quella del denunciante, interrompendo il nesso causale tra la denuncia stessa e i danni lamentati dall’accusato, anche se poi assolto.

L’Analisi della Cassazione sulla responsabilità per denuncia calunniosa

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha confermato la decisione dei giudici d’appello, rigettando il ricorso del dipendente e fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per ottenere un risarcimento.

Il Principio di Diritto: Quando una Denuncia Genera Responsabilità?

La Suprema Corte ribadisce un orientamento consolidato: chi agisce per ottenere un risarcimento per una denuncia calunniosa ha l’onere di provare la sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, del reato di calunnia (art. 368 c.p.). Denunciare un fatto illecito è un dovere civico e, in alcuni casi, un obbligo giuridico (come per i pubblici ufficiali, ex art. 361 c.p.), rispondente a un interesse pubblico. Ammettere una responsabilità civile per denunce semplicemente inesatte o che si rivelano infondate frustrerebbe questo interesse.

Il Criterio della Calunnia come Unico Fondamento per il Risarcimento

L’azione civile per i danni derivanti da una denuncia infondata può avere successo solo se si dimostra che il denunciante ha agito con la consapevolezza dell’innocenza del denunciato. Non basta l’assoluzione nel processo penale. Al di fuori di questa specifica ipotesi, l’attività investigativa e processuale del Pubblico Ministero diventa la causa autonoma del potenziale danno, interrompendo ogni legame diretto con la condotta del querelante.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto infondati i motivi di ricorso del lavoratore. I giudici hanno evidenziato che l’amministrazione non aveva presentato una denuncia manifestamente infondata o grottesca. Al contrario, esistevano elementi (un fumus di reato) che giustificavano la segnalazione all’autorità giudiziaria, tanto che il dipendente era stato inizialmente rinviato a giudizio. L’assoluzione finale, basata anche sulla ritrattazione di un testimone, non era sufficiente a dimostrare la malafede originaria del datore di lavoro. L’accertamento sulla sussistenza del reato di calunnia spetta al giudice penale e, in assenza di una condanna in quella sede, il giudice civile non può automaticamente desumere la responsabilità per danni. La Corte ha quindi escluso la presenza di un comportamento calunnioso da parte dell’amministrazione, confermando che il giudizio penale, sebbene conclusosi con un’assoluzione, non era di per sé prova di un illecito civile del denunciante.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di notevole importanza pratica: non ogni assoluzione dà diritto a un risarcimento. Per poter chiedere i danni a chi ci ha denunciato, è necessario intraprendere un percorso probatorio complesso, dimostrando che la denuncia non era solo infondata, ma mossa dalla precisa e dolosa volontà di accusare un innocente. In mancanza di tale prova, il diritto-dovere di segnalare i reati prevale, e l’eventuale danno subito a causa del processo penale non può essere addebitato al denunciante.

È possibile chiedere un risarcimento danni ogni volta che si viene assolti da un’accusa penale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’assoluzione da sola non è sufficiente per ottenere un risarcimento. È necessario dimostrare che la denuncia originale costituiva il reato di calunnia.

Cosa deve provare chi chiede un risarcimento per una denuncia calunniosa?
Chi chiede il risarcimento ha l’onere di provare la sussistenza di tutti gli elementi del reato di calunnia, sia oggettivi (la falsità dell’accusa) sia soggettivi (il dolo, cioè la consapevolezza del denunciante che l’accusato era innocente).

Che ruolo ha l’azione del Pubblico Ministero nel rapporto tra denuncia e danno?
L’attività del Pubblico Ministero, che è il titolare dell’azione penale, si sovrappone all’iniziativa del denunciante. Questo interrompe il nesso causale tra la denuncia e l’eventuale danno subito dall’imputato, a meno che, appunto, la denuncia non sia stata dolosamente calunniosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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