Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27779 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25639/2022 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato presso l’avvocato DI RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE (EMAIL), che lo rappresenta e difende.
–
ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso gli avvocati COGNOME NOME (EMAIL) e COGNOME NOME, che lo rappresentano e difendono.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 111/2022 depositata il 08/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/07/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 9 aprile 2021 la Corte di Cassazione cassava con rinvio, ai soli effetti civili, la sentenza della Corte d’Appello di Trento, che, dando atto della sopravvenuta prescrizione del reato, aveva assolto, per insussistenza del fatto, NOME dal delitto di calunnia in danno della parte civile COGNOME NOME e revocato le disposizioni civili.
COGNOME NOME riassumeva la causa davanti alla corte d’appello; si costituiva resistendo NOME.
1.1. Per quanto rileva nella presente sede, questi i fatti di causa.
Il 27 novembre 2009 veniva presentata presso gli uffici PAT-A.P.E., a nome di NOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, domanda di contributo per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, con allegata dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la conoscenza del divieto di cumulo con altre agevolazioni.
Il 27 gennaio 2010 NOME NOME, allora collaboratore di NOME, presentava agli stessi uffici una dichiarazione di rinuncia alla domanda di cui sopra, allegando una delega a firma di COGNOME NOME per il compimento di tale atto; di questa firma lo NOME successivamente disconosceva la paternità, denunziando il NOME.
Nella stessa data il COGNOME, delegato dallo COGNOME con atto a sua firma, presentava presso gli uffici RAGIONE_SOCIALE-ARAGIONE_SOCIALE la domanda per ottenere il diverso e maggiore contributo A.P.I.A.E. per il medesimo impianto, con allegata dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sottoscritta da COGNOME NOME, attestante la conoscenza del ‘divieto di presentare altre domande di agevolazione per la medesima iniziativa e l’obbligo di rinunciare ad altre domande eventualmente già presentate’.
In data 8 febbraio 2010, a riscontro della comunicazione PAT-A.P.E. del
1°febbraio 2010, lo COGNOME, con atto recante la sua firma ma in realtà sottoscritto da COGNOME, ribadiva di avere rinunziato al relativo contributo il 27 gennaio 2010.
In data 20 settembre 2010 RAGIONE_SOCIALE concedeva a NOME il contributo di Euro 88.374,60 e il 3 novembre 2010 chiedeva allo stesso di fornire una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante il fatto ‘di non aver presentato altre domande di contr ibuto per le medesime spese’.
Il 2 febbraio 2011 RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, preso atto della rinunzia al contributo avvenuta il 27 gennaio 2010, comunicava a NOME l’archiviazione della relativa domanda.
NOME, presa visione il successivo 9 febbraio della documentazione relativa alla rinuncia alla domanda A.P.E., presentava in data 11 febbraio 2011 denuncia avverso il COGNOME per avere falsificato la sua firma, apposta all’atto con cui lo delegava il 27 gennaio 2010 a rinunziare al contr ibuto A.P.E. Il querelante ipotizzava che il COGNOME, indispettito dalla sua decisione di allontanarlo come collaboratore della propria impresa, avesse falsificato per ripicca l’atto di delega con lo scopo di da nneggiarlo.
Il 14 febbraio lo COGNOME comunicava a PAT-A.P.E. di contestare l’archiviazione della domanda, allegando la denunzia di falso contro COGNOME, ed affermando di avere ancora interesse al contributo richiesto, ciò ribadendo con successiva nota del 4 aprile 2011. Nello stesso tempo presentava la documentazione necessaria per ottenere il già concesso contributo A.P.I.A.E., allegando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio datata 14 dicembre 2011, da lui sottoscritta, con la quale attestava ‘di non avere presentato altre domande di contributo relativamente alle spese oggetto dell’istanza’.
In data 6 marzo 2012 NOME comunicava a RAGIONE_SOCIALE la volontà di revocare la domanda del relativo contributo.
1.2. Con sentenza n. 111/2022 dell’8 luglio 2022, la Corte d’Appello di Trento, quale giudice del rinvio, rigettava la domanda proposta da COGNOME NOME nei confronti di NOME, in particolare affermando: ‘La denuncia presentata nei confronti del COGNOME è stata di certo atto incauto,
gravemente colposo e fonte di sicuro pregiudizio per quest’ultimo; ma, nelle strette coordinate della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità civile da condotta calunniosa, che impone sia raggiunta la prova anche della consapevolezza, da pa rte del denunciante, dell’innocenza dell’accusato, non vi è spazio per una pronuncia di responsabilità, deponendo anzi gli elementi acquisiti in senso opposto a quello dedotto da parte attrice. La domanda deve quindi essere rigettata’.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a otto motivi.
Resiste con controricorso NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa; la memoria del controricorrente non è tale in quanto si limita a richiamare il contenuto del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame della comunicazione effettuata con raccomandata a.r., effettivamente ricevuta e conosciuta da NOME, con cui l’ufficio RAGIONE_SOCIALE comunicava al medesimo l’effettiva concessione del contributo del 20% pari ad € 88.376,00 sulla spesa occorsa per realizzare l’opera’.
Deduce che ‘Il fatto storico che NOME fosse a perfetta conoscenza sin dal 3 novembre 2010 che la pratica contributiva RAGIONE_SOCIALE era andata a buon fine e che gli erano stati concessi € 88.374,60 per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, giusta determinazione n. 682 del 20 settembre 2010, pari al 20% della spesa ammessa, è stato totalmente omesso nella sentenza impugnata, sia nella ricostruzione del fatto, sia nella motivazione della decisione’.
Lamenta che l’impugnata sentenza ha omesso di considerare la perfetta
conoscenza di NOME di aver già ottenuto la concessione del contributo, prima di presentare la querela nei confronti del COGNOME.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame del fatto decisivo per cui NOME riceveva la racc omandata dell’Ufficio PAT APE in data 3.2.2011 come lui afferma testualmente in querela, con cui l’ufficio comunicava la archiviazione della relativa domanda contributiva, e si recava negli Uffici della Provincia PAT APE solo in data 9.2.2011 e cioè a 6 giorni di distanza dalla notizia dell’archiviazione’. Lamenta che la impugnata sentenza ha affermato la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo nel comportamento tenuto da NOME, sul rilievo per cui, una volta ricevuta in data 3 febbraio 2011 la NOME dell’ufficio PAT APE di archiviazione della su a pratica contributiva APE, egli non aveva reagito immediatamente, ma si era recato dall’avvocato per proporre la querela nei confronti del COGNOME solo dopo alcuni giorni.
Lamenta che il convincimento della corte di merito si rivela manifestamente erroneo, avendo la stessa omesso di considerare che il distacco temporale tra la lettura della NOME, la richiesta di documenti e la richiesta di redazione della querela, era stato di soli sei giorni, per cui, lungi dal dover essere valorizzata, ai fini dell’esclusione del dolo, l’assenza di reazione immediata ed istantanea, doveva invece essere considerato il meditato calcolo criminoso.
Con il terzo motivo, articolato in più censure, il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. per: a) Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame del fatto decisivo per cui NOME ha ricevuto la comunicazione della erogazione del contributo PAT RAGIONE_SOCIALE solo il 15 maggio 2012 e quindi non prima del 7 maggio 2012, data in cui NOME ha revocato la richiesta di riammissione della pratica contributiva APE per il timore di perdere il contributo RAGIONE_SOCIALE a seguito degli accertamenti in corso. b) Omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, per cui prima che NOME revocasse la propria istanza di riammissione nella
domanda APE in data 7.3.2012, vi erano indagini in corso da parte degli uffici RAGIONE_SOCIALE per controllare che i soggetti che avevano ottenuto la concessione del contributo RAGIONE_SOCIALE non avessero presentato domanda di ottenimento contributi anche all’Ufficio PAT APE . c) Omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, che nessuna comunicazione ha effettuato l’Ufficio PAT RAGIONE_SOCIALE a NOME NOME tra la data del 3.11.2010 -e cioè la data della ricezione della NOME con cui si comunicava la concessione del contributo di € 88.374,60 e le condizioni per l’effettiva erogazione e cioè l’invio dei moduli ad essa allegati, compilati e sottoscritti-, e la data del 7 marzo 2012 -in cui NOME NOME NOME revocò l’istanza alla riammi ssione APE- che desse ulteriore certezza a NOME della erogazione del contributo RAGIONE_SOCIALE‘.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame del fatto decisivo costituito dal contenuto delle accuse mosse da COGNOME NOME NOME COGNOME NOME NOME l’atto di querela depositato in data 11.2.2011: e cioè la falsa accusa di ‘patente falsificazione della firma ‘, quando era evidente che la firma era vera -come in effetti lo era – e la falsa accusa di avergl i ‘dolosamente generato un rilevantissimo danno economico’, pur sapendo di essere stato da questi arricchito.
Lamenta che la corte territoriale ha omesso di considerare che alla data del 3 novembre 2010 e cioè ben prima dell’11 febbraio 2011, data di presentazione della querela, NOME già era perfettamente consapevole di aver ottenuto -dalle iniziative del COGNOME nel presentare la domanda RAGIONE_SOCIALE e nel ritirare la domanda APE- un arricchimento del 20% della spesa occorsa per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame del fatto decisivo per cui è pacifico tra le parti in causa che NOME non abbia dimenticato di aver firmato la delega al ritiro della procedura contributiva APE’.
Lamenta che l’impugnata sentenza avrebbe del tutto inventato il fatto,
inesistente, della dimenticanza di NOME di aver firmato la delega al RAGIONE_SOCIALE.
Lamenta inoltre che la corte di merito ha omesso di considerare che, nei suoi scritti difensivi, NOME non ha mai dedotto di aver dimenticato di aver sottoscritto la delega per il ritiro della pratica TARGA_VEICOLO, ma al contrario deduce -seppure infondatamente -che egli intendeva riscuotere entrambi i contributi o che comunque riteneva che le due pratiche fossero compatibili.
6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Omesso esame dei comportamenti di COGNOME NOME costituenti i reati di falso in autocertificazione e tentata truffa ai danni della Provincia di Trento. Creazione di un fatto inesistente quale la cattiva coscienza amministrativa dello NOME. Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3. Nullità della sentenza per motivazione abnorme che ritiene esistente la mala fede nella condotta della NOME e contemporaneamente la buona fede del medesimo limitatamente alla querela contro COGNOME NOME.
Lamenta che nell’impugnata sentenza la corte di merito è addivenuta a rigettare la domanda attorea, sul rilievo della ‘cattiva coscienza’ dello NOME, qualificando come mera ‘irregolarità amministrativa’ il fatto che egli avesse omesso di riferire di aver presentato la domanda RAGIONE_SOCIALE sia nel parlare con l’addetto all’ufficio APE sia con il suo avvocato al fine di presentare la querela. Invece, avrebbe dovuto essere considerata ‘la dolosa condotta illecita, tenuta ripetutamente dallo NOME, di falso in autoce rtificazione integrante l’ipotesi di reato di cui all’art. 483 cod. pen. e la tentata truffa aggravata ai danni della Provincia di Trento, integrante i reati di cui agli art. 56 e 640 cod. pen.’
7. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 4 per violazione dell’art. 111 Cost. e per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. Nullità della sentenza a causa della sostanziale omissione di motivazione determinata dalle gravi ed inconciliabili contraddizioni motivazionali, dalla plurima omissione di valutazione di fatti decisivi per la decisione e dalla creazione di fatti inesistenti in giudizio, dalle radicali utilizzazioni di criteri illogici e dalla perples sità dell’iter logicogiuridico seguito
dalla Corte di merito’.
Deduce altresì la nullità della sentenza per violazione del giudicato di cui alla sentenza della Corte di Appello di Trento n. 412/14, nei seguenti termini: ‘Tutto l’impianto motivazionale adottato dalla Corte di merito nella impugnata sentenza è palesemente erroneo, in palese contrasto con l’intero compendio probatorio assunto nel processo, è afflitto da contraddizioni ed afasie gravi ed evidenti, è tra l’altro contrastante anche con il giudicato della sentenza della Corte di Appello penale di Trento in cui è stato assolto il COGNOME) n. 412/14, ed alla fine la motivazione della sentenza impugnata risulta apparente, gravemente contraddittoria, inidonea a svolgere il compito giuridico che l’art. 111 Cost e l’art. 132 c.p.c. le impongono’.
Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per intervenuta violazione del giudicato della sentenza della Corte di Appello penale di Trento n. 412/14 Reg. Sent., proc. pen. n. 5/14 Reg. Gen., di assoluzione di COGNOME NOME dall’accusa di falso in scrittura privata a seguito della querela calunniosa de quo e conseguente condanna in primo grado. Errore di diritto costituito dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 368 codice penale’.
Lamenta che la corte territoriale ha violato il giudicato della sentenza della Corte d’Appello penale di Trento che aveva assolto COGNOME NOME per insussistenza del fatto, a seguito della querela calunniosa proposta dallo COGNOME.
Deduce inoltre che anche la Cassazione Penale, con la sentenza n. 552/2021 con cui ha annullato la sentenza di assoluzione di COGNOME NOME emessa dalla Corte di Appello penale di Trento, ha ritenuto sussistente il dolo di calunnia nello COGNOME NOME nel presentare la querela avverso COGNOME NOME ma anche tale fatto non è stato considerato dalla Corte di Appello civile di Trento, quale giudice del rinvio, nell’impugnata sentenza.
Il primo motivo è inammissibile.
Anzitutto, deduce il vizio di omesso esame in presenza di cd. doppia conforme, non avendo il ricorrente dimostrato che siano diverse le ragioni delle pronunce in primo ed in secondo grado, con conseguente violazione dell’art.
348ter cod. proc. civ. (v. Cass., 09/08/2022, n. 24508: ‘Nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dall’art. 348 ter cod. proc. civ., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’; v. anche Cass. 5528/2014).
E’ poi ulteriormente inammissibile, in primo luogo perché sollecita un nuovo esame delle motivate valutazioni svolte dal giudice di merito sul fatto e sulla prova, precluso a questa Corte di legittimità (Cass., 29/03/2019, n. 8763; Cass., 30/11/2016, n. 24434; Cass., 20/06/2006, n. 14267).
In secondo luogo , perché svolto in violazione dell’art. 360 -bis cod. proc. civ.
La corte di merito, con motivata ed insindacabile valutazione in fatto, ha anzitutto ritenuto che la NOME del 3 novembre 2010 non costituiva la notizia della certa erogazione del contributo RAGIONE_SOCIALE e comunque non era stata, come tale, interpretata dal signor COGNOME.
Sulla base di siffatte valutazioni, la corte di merito si è poi pronunciata conformemente al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui perché sorga una responsabilità civile per danni a carico di chi denunci un reato perseguibile d’ufficio o pr oponga querela per un reato perseguibile solo su iniziativa di parte, in caso di proscioglimento o di assoluzione, è necessario che la denuncia possa considerarsi calunniosa. Essa deve quindi contenere sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo del reato di calunnia, ovvero deve contenere tutti gli elementi per rendere astrattamente attribuibile la commissione di un fatto reato a carico del denunciato, unitamente alla consapevolezza della loro non veridicità (in tutto o in parte) in capo al denuncia nte, poichè, al di fuori di tale ipotesi, l’attività pubblicistica dell’organo titolare dell’azione penale si sovrappone all’iniziativa del denunciante, interrompendo così ogni nesso causale tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denuncia to. Spetta quindi all’attore, che in sede civile chieda il risarcimento dei danni assumendo che la denuncia era calunniosa, dimostrare che la controparte aveva consapevolezza
dell’innocenza del denunciato (v., tra le tante, Cass., 30/11/2018, n. n. 30988; Cass., 12/06/2020, n. 11271; Cass., 10/06/2016, n. 11898).
10. Il secondo motivo è inammissibile.
Nuovamente deduce la violazione di omesso esame in presenza di doppia conforme e nuovamente tenta di contrapporre una propria interpretazione del fatto a quella svolta dal giudice di merito.
11. Il terzo motivo, in tutte le censure in cui è articolato, è inammissibile.
Nuovamente deduce il vizio di omesso esame di molteplici circostanze di fatto in presenza di cd. doppia conforme, e dunque in violazione dell’art. 348 -ter cod. proc. civ.
Tenta di contrapporre una propria ricostruzione dei fatti a quella motivatamente svolta dalla corte di merito, che ha spiegato le ragioni per cui, quando presentò la denuncia-querela, lo COGNOME era convinto di aver interesse alla contemporanea erogazione di due contributi e quindi di non aver mai sottoscritto una delega per il ritiro della domanda RAGIONE_SOCIALE.
12. Il quarto ed il quinto motivo sono inammissibili.
Entrambi, sotto l’invocazione del vizio di omesso esame, finiscono per sollecitare un riesame delle motivate valutazioni di fatto svolte dalla corte di merito (come dimostra l’emblematica prospettazione di cui a p. 48 del ricorso: ‘Vi è totale omissione di valutazione del fatto costituito dalla persona di COGNOME NOME, così come descritto nelle sue difese dal suo stesso difensore negli atti difensivi di cui al processo civile e soprattutto nella memoria di costituzione e risposta’), riesame che è invece pre cluso in sede di legittimità.
13. Il sesto motivo è inammissibile.
Tutte le doglianze che lo compongono mirano ad un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità.
In ogni caso, risulta che NOME non ha goduto di entrambi i contributi, ma solo di quello RAGIONE_SOCIALE, visto che nel 2012 ha revocato formalmente la domanda per il contributo PAT-API.
14. Il settimo motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare che ‘… a seguito della riforma del 2012
scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contradditt orietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, a condizione che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
Il motivo deduce invece il vizio in relazione alle estrinseche risultanze istruttorie, tra le quali anche annovera la sentenza, asseritamente passata in giudicato, della Corte d’Appello penale di Trento, e dunque in maniera conforme al sopra citato orientamento di legittimità.
15 . L’ottavo motivo è infondato.
Come già rilevato in sede di scrutinio del motivo precedente, il ricorrente invoca l’autorità di giudicato della sentenza della Corte d’Appello penale di Trento, ma omette di produrne la relativa attestazione, dunque in violazione del costante orientamento di questa Corte, secondo cui ‘colui che afferma il passaggio in giudicato di una decisione resa in altro giudizio deve dimostrare l’avvenuta formazione del giudicato. Non è sufficiente a tale scopo la produzione della sentenza, essendo invece necessario che la stessa sentenza sia corredata di idonea certificazione, dalla quale risulti che non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere né che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della ci rcostanza, né che sia onere di quest’ultima dimostrare il secondo elemento dell’unica fattispecie costituente il giudicato (sentenza non impugnabile)’ (v. Cass., 28/12/2023, n. 36258; Cass., 19/03/1999, n. 2524; Cass., 09/07/2004, n. 12770; Cass., 01/03/2018, n. 4803; Cass., 23/08/2018, n. 20974).
In relazione alla invocata pronuncia di cassazione con rinvio, va rilevato che il motivo omette di confrontarsi con quanto statuito dalla impugnata sentenza, che in particolare afferma l’autonomia del giudizio di rinvio rispetto al giudizio penale, richiamando Cass., 15 ottobre 2019, n. 25918 (secondo cui,
in motivazione, ‘data la peculiarità della translatio dell’azione civile dalla fase penale a quella civile che è ad essa più connaturale, nella valutazione, il giudice di merito non deve sentirsi vincolato da eventuali indicazioni date dal giudice di legittimità in ordine al significato da attribuire ad alcuni elementi di prova, le quali assumono di necessità valore precipuamente orientativo perché, altrimenti, si finirebbe con l’ammettere un apprezzamento dei fatti precluso in sede di giudizio di legittimità ‘).
Tale ratio decidendi non risulta essere stata specificatamente impugnata e pertanto rispetto ad essa la motivazione dell’impugnata sentenza si consolida. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugna zione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27.07.2017, n. 18641; Cass. 14.02.2012, n. 2108; Cass. 3.11.2011, n. 22753).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del
comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione