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Denuncia calunniosa: quando scatta il risarcimento?

Un imprenditore ha chiesto il risarcimento a una società appaltante per i danni subiti a seguito di una denuncia per false dichiarazioni in una gara d’appalto, dalla quale era stato poi prosciolto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per ottenere un risarcimento per denuncia calunniosa, non basta l’assoluzione, ma è necessario dimostrare il dolo, ovvero la consapevolezza del denunciante dell’innocenza dell’accusato. La denuncia, in assenza di tale prova, è considerata un atto legittimo e non una fonte di responsabilità.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Denuncia Calunniosa e Risarcimento: L’Onere della Prova è del Denunciato

Subire una denuncia e affrontare un procedimento penale, per poi essere assolti, è un’esperienza pesante. Sorge spontanea la domanda: chi mi risarcisce per i danni subiti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità per denuncia calunniosa, sottolineando che l’assoluzione non è sufficiente per ottenere un risarcimento. È necessario un elemento in più: la prova del dolo del denunciante.

I Fatti di Causa: una Gara d’Appalto e una Denuncia

La vicenda nasce da una gara d’appalto indetta da una società pubblica. Un imprenditore, amministratore di una società partecipante (in associazione temporanea d’imprese), si aggiudica l’appalto. Successivamente, a seguito di una segnalazione, la stazione appaltante revoca l’aggiudicazione e presenta una denuncia alla Procura della Repubblica. Il motivo? Uno degli amministratori della società dell’imprenditore aveva subito in passato una condanna penale (patteggiamento), una condizione ostativa alla partecipazione alle gare secondo la normativa dell’epoca (art. 38 del d.lgs. 163/2006). A nulla vale un documento di chiarimenti, inviato prima della denuncia, con cui si specificava che i poteri a tale amministratore erano stati revocati prima della presentazione dell’offerta.

L’imprenditore viene prosciolto nel procedimento penale, ma nel frattempo la sua società subisce una crisi economica che la porta al fallimento. Ritenendo la denuncia e la conseguente revoca la causa dei suoi danni, cita in giudizio la società appaltante chiedendo un cospicuo risarcimento.

La Decisione della Corte: Nessun Risarcimento Senza Prova di Dolo

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingono la domanda. La questione arriva dinanzi alla Corte di Cassazione, che conferma le decisioni precedenti. I giudici supremi rigettano il ricorso dell’imprenditore, ribadendo un principio fondamentale: la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio non è fonte di responsabilità civile, anche in caso di successivo proscioglimento, a meno che non si configuri il reato di calunnia. L’onere di provare la natura calunniosa della denuncia spetta a chi chiede il risarcimento.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi sulla Denuncia Calunniosa

La Corte articola il suo ragionamento su alcuni punti cardine, spiegando perché, nel caso specifico, non si potesse parlare di una denuncia calunniosa e, di conseguenza, di un diritto al risarcimento.

L’Interruzione del Nesso Causale

Il punto centrale della decisione è che la presentazione di una denuncia per un reato perseguibile d’ufficio innesca l’attività della magistratura. È l’azione penale, esercitata da un organo pubblico (il Pubblico Ministero), a interporsi tra la denuncia del privato e il potenziale danno subito dall’accusato. Questa attività pubblicistica ‘assorbe’ l’iniziativa del denunciante, interrompendo il nesso causale tra la denuncia stessa e il danno. L’unica eccezione a questa regola si ha quando la denuncia è fatta con la consapevolezza dell’innocenza altrui, integrando così il reato di calunnia.

L’Onere della Prova del Dolo

Di conseguenza, chi si ritiene danneggiato deve provare non solo che la denuncia era infondata (l’assoluzione non basta), ma anche che il denunciante ha agito con dolo, ovvero con la precisa intenzione di accusare qualcuno che sapeva essere innocente. Nel caso in esame, l’imprenditore non è riuscito a fornire questa prova. La Corte ha ritenuto che la società appaltante, di fronte a una situazione oggettivamente dubbia (la presenza di un amministratore con una pregressa condanna), avesse agito in modo legittimo nel segnalare i fatti all’autorità giudiziaria, adempiendo a un dovere civico. La successiva presentazione di documenti di ‘chiarimento’ non era sufficiente a rendere la denuncia dolosa, poiché la valutazione della loro rilevanza spettava alla magistratura.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprenditori e Aziende

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: non si può essere chiamati a rispondere civilmente per aver esercitato il diritto/dovere di denunciare un fatto che ha l’apparenza di un reato. Per gli imprenditori e i cittadini che si ritengono ingiustamente accusati, la strada per il risarcimento è in salita. È necessario intraprendere un percorso probatorio complesso, volto a dimostrare in modo inequivocabile la malafede del denunciante. La semplice infondatezza dell’accusa non apre automaticamente le porte a un indennizzo per i danni, anche gravi, che possono derivare da un procedimento penale.

Quando una persona assolta in un processo penale può chiedere il risarcimento dei danni a chi l’ha denunciata?
Può chiedere il risarcimento solo se riesce a provare che la denuncia era calunniosa, ovvero che il denunciante ha agito con la consapevolezza della sua innocenza (dolo). La sola assoluzione o il proscioglimento non sono sufficienti.

Perché la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio, anche se infondata, di solito non comporta responsabilità per il denunciante?
Perché l’attività di indagine e l’esercizio dell’azione penale sono svolti da organi dello Stato (Procura della Repubblica). Questa attività pubblica si sovrappone a quella del denunciante, interrompendo il legame di causa-effetto tra la denuncia e il danno subito dalla persona accusata.

Quale prova deve fornire chi sostiene di essere stato vittima di una denuncia calunniosa?
Deve fornire la prova sia dell’elemento oggettivo (l’infondatezza dell’accusa) sia, soprattutto, dell’elemento soggettivo (il dolo). Deve cioè dimostrare che il denunciante, nel momento in cui ha sporto denuncia, era certo dell’innocenza della persona accusata e ha agito con lo scopo di incolparla ingiustamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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