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Demolizione per distanze: Cassazione e proporzionalità

La proprietaria di un immobile, condannata alla demolizione per violazione delle distanze minime, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, pur confermando la violazione, ha accolto il motivo relativo all’eccessività della sanzione. È stato stabilito che, in applicazione del principio di proporzionalità, il giudice deve prima valutare se un arretramento parziale della costruzione sia sufficiente a ripristinare la legalità, ricorrendo alla demolizione totale solo come ultima risorsa. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Demolizione per distanze: la Cassazione sceglie la proporzionalità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto immobiliare: la sanzione per la violazione delle distanze legali tra costruzioni. La pronuncia chiarisce che la demolizione per distanze non è sempre la soluzione automatica. Il giudice deve, infatti, applicare il principio di proporzionalità, valutando se un arretramento parziale dell’edificio possa essere sufficiente a ripristinare la legalità, evitando così la drastica misura della demolizione totale.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una causa intentata da un proprietario contro i suoi vicini, accusati di aver edificato un manufatto senza rispettare le distanze minime previste dal regolamento edilizio locale. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione all’attore, ordinando la demolizione dell’opera.

Successivamente, la nuova proprietaria dell’immobile in questione proponeva appello, contestando sia la violazione delle distanze sia la mancata acquisizione del regolamento edilizio comunale. La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva il gravame, confermando la violazione della distanza minima di dieci metri e l’ordine di demolizione.
La proprietaria decideva quindi di ricorrere in Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi principali: l’errata applicazione delle norme sulle distanze e, soprattutto, l’eccessività della sanzione della demolizione totale.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso in modo distinto.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla presunta errata applicazione delle norme, i giudici lo hanno ritenuto infondato. La Corte ha confermato che la Corte d’Appello aveva correttamente individuato la normativa applicabile (le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale locale) e accertato in fatto che la distanza tra i fabbricati era inferiore ai 10 metri prescritti. Le contestazioni sulla misurazione e sulla presunta assenza di ‘frontalità’ tra gli edifici sono state respinte, in quanto implicavano una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

La questione della demolizione per distanze e il principio di proporzionalità

Il secondo motivo di ricorso, invece, è stato accolto. La ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente confermato la demolizione totale senza considerare la possibilità di una soluzione meno drastica, come la riduzione in pristino limitata alla sola parte in violazione.

La Cassazione ha dato ragione a questa tesi, affermando che in materia vige il principio di proporzionalità. Questo principio impone al giudice di scegliere la misura che, pur tutelando pienamente il diritto leso, comporti il minor sacrificio possibile per la parte obbligata.

Di conseguenza, la condanna alla demolizione totale è giustificata solo quando un arretramento parziale non sia in grado di tutelare integralmente gli interessi protetti dalla legge, come il rispetto delle distanze o il diritto di veduta. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva confermato la demolizione in modo ‘drastico’, senza verificare se un semplice arretramento della costruzione fosse una soluzione praticabile e sufficiente.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale che privilegia la tutela giurisdizionale più efficace con il minor danno per il debitore. Ordinare la demolizione di un intero fabbricato quando la violazione potrebbe essere sanata arretrandolo di pochi metri è una misura sproporzionata. Il provvedimento giudiziale non deve avere una funzione punitiva, ma ripristinatoria. L’obiettivo è ripristinare la situazione di legalità, non infliggere una sanzione eccessiva. Pertanto, il giudice del rinvio dovrà accertare se la domanda della parte attrice possa essere integralmente soddisfatta attraverso l’arretramento della costruzione, limitando la demolizione solo se strettamente necessario.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà attenersi al principio di proporzionalità e valutare concretamente la possibilità di una riduzione del manufatto nei limiti delle distanze legali, invece di procedere con la demolizione totale. Questa decisione rappresenta un importante monito per i giudici di merito a non applicare in modo automatico la sanzione più grave, ma a cercare sempre la soluzione più equilibrata tra la tutela del diritto violato e il sacrificio imposto alla controparte.

Quando una costruzione viola le distanze legali, deve essere sempre demolita completamente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la demolizione totale è una misura estrema. Il giudice deve prima applicare il principio di proporzionalità e verificare se un arretramento parziale della costruzione sia sufficiente a ripristinare il rispetto delle distanze legali.

Cosa stabilisce il principio di proporzionalità in caso di demolizione per distanze?
Il principio di proporzionalità stabilisce che il provvedimento del giudice deve realizzare l’interesse protetto (il rispetto delle distanze) con il minor sacrificio possibile per la parte obbligata. Pertanto, tra la demolizione totale e l’arretramento parziale, si deve preferire quest’ultimo se è sufficiente a tutelare integralmente il diritto della parte lesa.

Cosa succede dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello?
La causa viene rinviata a un’altra sezione della Corte d’Appello (giudice di rinvio). Questo giudice dovrà decidere nuovamente la questione, ma è vincolato a seguire il principio di diritto stabilito dalla Cassazione. Nel caso specifico, dovrà valutare la possibilità di ordinare un arretramento anziché la demolizione totale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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