Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5078 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14831/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 700/2019 depositata il 26/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.la srl RAGIONE_SOCIALE, già convenuta n primo grado, ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze n.700 del 2019 con cui, per quanto interessa, è stato respinto l’appello proposto da essa ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Lucca con cui era stata disposta, su domanda della srl RAGIONE_SOCIALE, la demolizione parziale di una terrazza realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE modificando il tetto del proprio edificio, senza rispettare le distanze di cui all’art. 9 del d.m. 1444 del 1968;
la srl RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 156 e 161 c.p.c.
La ricorrente espone di avere ricevuto dalla cancelleria della Corte di Appello di Firenze alle ore 11,43 del 27 marzo 2019 comunicazione di una prima versione della sentenza, composta di 10 pagine e recante due dispostivi -uno a pagina 6, di rigetto dell’appello e uno, facente seguito ad una parte motiva ulteriore rispetto a quella precedente il primo dispositivo, a pagina 10, di parziale accoglimento dell’appello -e di avere ricevuto una successiva comunicazione, alle ore 13,08 dello stesso giorno, di una seconda versione della sentenza, composta di 7 pagine e di rigetto del proprio appello. La ricorrente deduce che la sentenza è nulla in entrambe le versioni non essendo possibile stabilire quale decisione la Corte di Appello abbia adottato;
2. con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt.323 e 352 c.p.c. Si deduce che la Corte di
Appello di Firenze, una volta emessa ‘la prima sentenza comunicandola alle ore 11,43 …, non aveva alcuna legittimazione ad intervenire sul testo della sentenza’ ;
il terzo motivo di ricorso reca questa rubrica: ‘Ex art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio’.
Sotto questa rubrica non viene in realtà effettivamente prospettata una questione di omissione o insufficienza o contraddittorietà (circa un fatto decisivo per il giudizio) della motivazione dell’una e dell’altra versione della sentenza. Tale questione, peraltro, non è più prospettabile alla luce della riformulazione dell’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (v. ai sensi del Sez. U, sentenza n.8053 del 07/04/2014).
Viene invece riproposta la questione già sollevata con il primo motivo di ricorso, di contrasto irriducibile tra le motivazioni delle due versioni della sentenza, considerata, della prima versione, la parte a sostegno del dispositivo di accoglimento dell’appello;
questi tre motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati infondati.
Il documento che la ricorrente afferma di aver ricevuto alle 11,43 del 27 marzo 2019 non contiene una (versione della) decisione della Corte di Appello. Si tratta, infatti, di un documento privo di firma, una sorta di modello, che la cancelleria della Corte di Appello ha inviato per errore. La cancelleria, con la comunicazione della sentenza composta di 7 pagine e firmata in calce dal Presidente estensore, delle ore 13.08, scrive ‘ invio sentenza definitiva in sostituzione del precedente invio erroneo ‘. La controricorrente evidenzia che nell’estratto del fascicolo telematico del procedimento di appello è inserita solo una sentenza ossia appunto quella comunicata alle 13.08. Il documento di cui alla prima comunicazione non esiste come sentenza perché, come dispone
l’art . 161 c.p.c., la sentenza mancante della sottoscrizione del giudice non è nulla, ma è giuridicamente inesistente (v. tra le tante, Sez. 2 – , Sentenza n. 7546 del 23/03/2017); cade così tutta la ricostruzione fatta dalla ricorrente.
5. con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e 2907 c.c. Si deduce che la Corte di Appello sarebbe incorsa nel medesimo vizio di ultra-petizione in cui era incorso il giudice di primo grado disponendo la demolizione della terrazza per la parte sopraelevata rispetto al tetto preesistente sebbene la RAGIONE_SOCIALE Lago avesse chiesto la ‘riduzione in pristino’ e non la demolizione del tetto ed avesse fondato la domanda ‘sul fatto costitutivo dell’effettuazione di una nuova costruzione’ mentre i giudici di merito avevano fondato l’ordine di demolizione su ‘l’accertamento non richiesto di una sopraelevazione’.
6. il motivo è infondato.
‘Il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori’ (Cass. Sez. 2, sentenza n.8048 del 21/03/2019; Sez. 2, Ordinanza n.20932 del 05/08/2019).
Nel caso di specie il vizio non sussiste: la srl RAGIONE_SOCIALE, con l’originaria citazione, aveva dedotto, per quanto interessa rispetto al motivo in esame, che la srl RAGIONE_SOCIALE aveva costruito una terrazza laddove in precedenza esisteva una copertura a falda inclinata, che la terrazza, costituente una nuova opera, non rispettava la distanza prevista dal d.m. 1444/1968 o, in subordine la distanza prevista dall’art. 873 c.c., ed aveva chiesto che la srl RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al ripristino dello stato dei luoghi ovvero, in subordine, ad arretrare la terrazza a distanza di legge. Il Tribunale riteneva ‘irrilevante’
qualificare la terrazza come nuova opera dato che la terrazza, per la parte edificata a quota sopraelevata rispetto alle falde, era senz’altro soggetta alle distanze di cui al d.m.1444/1968 art.9 rispetto all’immobile della attrice e condannava la RAGIONE_SOCIALE alla ‘demolizione della terrazza per tutta la sua maggiore altezza rispetto alle preesistenti falde del tetto’.
La Corte di Appello, decidendo del motivo di appello con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva censurato la decisione del Tribunale per ultrapetizione, ha evidenziato che il vizio non sussisteva perché i fatti costitutivi della decisione del Tribunale erano quelli dedotti dalla attrice, cioè il mancato rispetto delle distanze di cui all’art. 9 del d.m. 1444/1968, con riferimento alla parte della terrazza ‘che costituisce sopraelavazione’, e il provvedimento emesso, la condanna alla demolizione parziale della terrazza, attribuiva una utilità non eccedente ma ‘compresa’ nella più ampia richiesta di riduzione ‘della terrazza a copertura a falda inclinata’.
Rispetto al motivo di ricorso ora in esame, il Collegio ha solo da ribadire quanto evidenziato dalla Corte di Appello in riferimento alla decisione di primo grado tenuto conto della corrispondenza tra contenuto sostanziale della pretesa attorea, di riduzione in pristino della terrazza, e contenuto della sentenza di appello che ha ordinato la demolizione della parte della terrazza ‘ottenuta rialzando il setto murario’;
il quinto motivo di ricorso reca la rubrica di ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c.’
La ricorrente espone di aver richiesto senza avere risposta, in primo grado e poi in appello, una nuova CTU in quanto dalla relazione del consulente nominato nel procedimento di accertamento tecnico che aveva preceduto l’inizio del giudizio di merito, non risultava chiaro se l’intervento edilizio in questione fosse da qualificarsi come ristrutturazione o come nuova costruzione;
8. il motivo è infondato.
Merita ricordare che questa Corte ha affermato (Sez. 3, sentenza n.22799 del 29/09/2017) che ‘in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova ctu, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto’. Ed ancora ha affermato (Sez. 2, ordinanza n.21525 del 20/08/2019) che ‘Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione’.
Nel caso di specie la richiesta del ricorrente, basata sulla presunta incertezza lasciata dalla relazione del consulente del procedimento di accertamento tecnico preventivo su se l’intervento edilizio della RAGIONE_SOCIALE fosse una nuova costruzione, è stata, se non rigettata in modo espresso, disattesa implicitamente laddove la Corte di Appello (pagina 4 della sentenza) ha affermato che, ‘considerate le conclusioni del CTU’ relative alle variazioni di sagoma dell’edificio della RAGIONE_SOCIALE, era ‘evidente’ che l’intervento ‘non poteva che essere
qualificato come nuova costruzione’ con conseguente assoggettamento all’art. 9 del d.m. 1444/1968;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza; sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4 .000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 23 gennaio 2025.