Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26084 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26084 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17834/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , domiciliato ope legis in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 998/2018 pubblicata il 04/12/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n.998/2018 depositata il 04/12/2018, con riferimento alla appellata NOME COGNOME ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per la domanda di assegnazione alle mansioni di assunzione (assistente alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, Area seconda, Fascia retributiva F3 C.C.N.L. Comparto ministeri). Nel resto ha rigettato il gravame proposto dal RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi: RAGIONE_SOCIALE) nella controversia con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, confermando integralmente la sentenza appellata.
La controversia ha per oggetto il diritto di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla assegnazione delle mansioni di assunzione (assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, Area seconda, Fascia retributiva F3 C.C.N.L. Comparto ministeri); all’accertamento del demansionamento per il periodo dalla assunzione (12/05/2010) sino alla data della domanda giudiziale (04/02/2015), conseguente alla adibizione allo svolgimento di mansioni di mera custodia, vigilanza ed accoglienza, di cui alla fascia retributiva F1 della medesima area; al risarcimento del danno cagionato per effetto del demansionamento.
Il Tribunale di Firenze accoglieva integralmente il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, e condannava il
RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno da demansionamento, liquidato in misura pari a 25% della retribuzione per l’intero periodo richiesto.
La Corte d’appello ha proceduto al raffronto tra le mansioni dell’operatore alla custodia, vigilanza ed accoglienza (titolo di studio richiesto: scuola dell’obbligo) e quelle dell’assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza (titolo di studio richiesto: scuola secondaria superiore) , come previsti dall’accordo integrativo del 20/12/2010. All’esito ha concluso, come già il giudice di prime cure, che all’operatore sono attribuiti compiti meramente esecutivi, mentre all’assistente spettano compiti ulte riori, più qualificati e diversi dalla sola vigilanza, e che, nell’ambito della vigilanza , richiedono comunque l’uso di strumenti più complessi, con la responsabilità della documentazione di atti e del coordinamento di altre persone.
Con riferimento alle RAGIONE_SOCIALE di extra-vigilanza la Corte territoriale ha ritenuto pacifico che queste RAGIONE_SOCIALE -pure svolte dai lavoratori- li avessero comunque impegnati «per un tempo residuo del loro orario di lavoro». Su questo punto la Corte d’Appe llo ha ritenuto che l’Accordo locale Amministrazione -Sindacato dell’aprile 2011, laddove prevedeva che le RAGIONE_SOCIALE di extra-vigilanza non potessero svolgersi per più di un giorno a settimana, non potesse derogare alla norma imperativa prevista dall’art.52 d.lgs. 30/03/2001, n.165, e quindi giustificare la sistematica attribuzione agli appellati di mansioni inferiori.
La Corte territoriale ha dunque ritenuto provati il demansionamento ed il danno e congrua la sua liquidazione in misura pari al 25% della retribuzione percepita.
Per la cassazione della sentenza ricorre il RAGIONE_SOCIALE prospettando due motivi di ricorso. Resistono i lavoratori con controricorso,
illustrato da memoria nella quale sollevano questione di legittimità costituzionale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE prospetta il vizio ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 2103, cod. civ., nonché dell’art. 1 del d.l. n. 146 del 2015, con v., con mod., nella legge n. 182 del 2015, dell’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990. Apparente motivazione su un fatto decisivo per la controversia.
Deduce il RAGIONE_SOCIALE che le mansioni svolte dai lavoratori in prevalenza ma non in via esclusiva – vigilanza sale e ambienti, compiti di apertura e chiusura delle sale e dei bagni, sorveglianza del museo chiuso per consentire le operazioni di pulizia e di rifornimento della caffetteria – sono ricomprese nel loro profilo professionale, come espressamente previsto dall’Accordo RAGIONE_SOCIALE -OO.SS del 20 dicembre 2010, concernente l’individuazione dei nuovi profili professionali. In ragione di detto Accordo, l’assiste nte alla fruizione, accoglienza e vigilanza svolge: RAGIONE_SOCIALE di vigilanza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei luoghi assegnati, RAGIONE_SOCIALE di regolazione degli accessi e vigilanza sui comportamenti del pubblico, partecipazione diretta alle turnazioni, RAGIONE_SOCIALE di salvaguardia.
Sulla base di questa premessa il RAGIONE_SOCIALE lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il demansionamento, in quanto le mansioni svolte erano previste nel profilo professionale di assunzione e non vi era il diritto dei lavoratori a vedersi assegnate mansioni tutte le mansioni del proprio profilo professionale. Deduce il RAGIONE_SOCIALE che -al contrario- i criteri di funzionalità dell’azione amministrativa e gli obiettivi di efficienza ed
efficacia (come previsti dagli artt. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 e art. 1 della legge n. 241 del 1990) portano a ritenere ragionevole il principio secondo il quale al lavoratore possono legittimamente essere assegnate solo alcune -ma non tutte- le mansioni del profilo di appartenenza.
Il RAGIONE_SOCIALE allega che l’art.1 d.l. n. 146 del 2015 attribuisce priorità all’RAGIONE_SOCIALE di sorveglianza, custodia e protezione degli ambienti museali e delle opere d’arte in essi contenuti, su qualsiasi diversa RAGIONE_SOCIALE dell’Amministrazione. Solo garantita questa priorità istituzionale, gli assistenti possono essere adibiti ad RAGIONE_SOCIALE ulteriori e diverse dall’apertura dei musei (Accordo 2 aprile 2011).
Infine deduce che gli operatori di vigilanza appartengono alla medesima Area II in cui sono inquadrati gli assistenti, di talché ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, non potrebbe sussistere demansionamento (CCNL Comparto ministeri 2006-2009 del 14 settembre 2007, art. 6, secondo cui ogni dipendente è tenuto a svolgere le mansioni considerate professionalmente equivalenti all’interno dell’Area, salve quelle per il cui espletamento sono richieste specifiche competenze).
Con il secondo motivo il RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2697 e 2729, cod. civ., nonché dell’art. 125, cod. proc. civ., sotto il profilo dell’art.360 comma primo num.3 cod. proc. civ. Il RAGIONE_SOCIALE lamenta la motivazione apparente circa la prova del danno alla professionalità, oltre che la erronea qualificazione dello stesso quale danno di natura patrimoniale. Sul punto il RAGIONE_SOCIALE deduce che tale danno, qualificabile quale danno non patrimoniale, necessita di una prova ad hoc , del tutto mancata nel caso in esame alla Corte territoriale.
Con riferimento agli specifici motivi di ricorso, ed alla controversia sottesa (vicenda del personale assunto presso la Galleria degli Uffizi in Firenze per le mansioni di assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza, di seconda Area fascia economica F3) si intende dare continuità all’orientamento espresso da Cass. Sez. Lav. 16/01/2024, nn.1665 e 1669 e 19/07/2024, n. 19990, che in questa sede si richiamano anche ai sensi dell’art.118 disp. att. cod. proc. civ.
In particolare, secondo Cass. 1669/2024 cit.: «4. Va precisato che il RAGIONE_SOCIALE, con il primo motivo di ricorso, svolge una duplice censura, da un lato prospetta che le mansioni svolte dai lavoratori rientravano anche nel loro profilo professionale, dal l’altro che comunque essendo ricomprese nell’Area di appartenenza potevano costituire oggetto di ius variandi . 5. Dunque il thema decidendum , come definito dalle difese delle parti in relazione alle statuizioni di appello, è costituito dalla determinazione del perimetro del legittimo esercizio dello ius variandi con riguardo alla mansione del profilo professionale di appartenenza e alle mansioni ricomprese nell’Area di appartenenza 6. Preliminarmente, occorre riepilogare il quadro negoziale e legale che regola la fattispecie in esame e a cui fanno riferimento le parti. Il CCNL Comparto Ministeri 14 settembre 2007, all’art. 6 ha previsto che «1. Il sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi delle amministrazioni, è articolato in tre aree (…).2. Le aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area medesima. Le stesse corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di RAGIONE_SOCIALE lavorative, secondo quanto previsto dall’allegato A del presente CCNL. 3. All’interno di ogni singola area, sono collocati i profili professionali che, in quanto riconducibili ad un medesimo settore di
RAGIONE_SOCIALE o ad una medesima tipologia lavorativa o professionale, possono essere tra loro omogenei o affini.4. I profili professionali, secondo i settori di RAGIONE_SOCIALE, definiscono i contenuti tecnici della prestazione lavorativa e le attribuzioni proprie del dipendente, attraverso una descrizione sintetica ed esaustiva delle mansioni svolte, dei requisiti e del livello di professionalità richiesto». In ragione dell’affermata omogeneità delle competenze, conoscenze e capacità richieste per l’inquadramento in c iascuna area, la declaratoria allegata al CCNL, Comparto Ministeri, del 2007, descrive le specifiche e i contenuti professionali per l’accesso alle Aree, superando le precedenti diversificazioni all’interno dell’area stessa, con la conseguenza che nel nuovo sistema le fasce retributive rappresentano mere progressioni economiche riconosciute «in relazione all’arricchimento professionale conseguito dai dipendenti nello svolgimento della propria RAGIONE_SOCIALE» (art. 6, comma 8) e, quindi, non implicano una diversità di contenuto delle mansioni assegnate (Cass., n. 33141 del 2019).
Se si raffronta il testo originario dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 con quello risultante all’esito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2009, si può rilevare che la tornata contrattuale 2006/2009 ha anticipato la riscrittura della norma di legge, che, nella versione novellata, fa esclusivo riferimento all’area e considera qualifica superiore acquisita dopo l’originario inquadramento solo quella ottenuta a seguito del superamento delle procedure di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), non già quella, valorizzata dal testo originario della norma, conseguente allo ‘sviluppo professionale’. Ed infatti, ai sensi dell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato: ‘Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito (…)’. L’art. 52 cit. assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza dell e mansioni,
con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacarne la natura equivalente, inapplicabile essendo nel pubblico impiego l’art. 2103, cod. civ. (ex aliis, Cass., n. 11503 del 2022). 7. L’Accordo RAGIONE_SOCIALE e OO.SS. del dicembre 2010, per quanto qui rileva, definisce i profili professionali della II Area stabilendo che: ‘La II Area è articolata in complessivi 7 profili con due diverse fasce retributive di accesso -n. 3 profili professionali con fascia retributiva di accesso F1; n. 4 profili professionali con fascia retributiva di accesso F2’. 7.1. Tra i profili professionali con fascia retributiva di accesso F1 vi è quello di «operato re alla custodia, vigilanza e accoglienza». L’operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza, nella struttura organizzativa di appartenenza, cura e svolge: RAGIONE_SOCIALE di vigilanza e custodia dei RAGIONE_SOCIALE, delle strutture e degli impianti dell’Amministrazione, al fine di assicurarne l’integrità, secondo le modalità di orario stabilite dall’Ufficio d’appartenenza, partecipando alle turnazioni; gestione e verifica degli impianti dei servizi generali e di sicurezza, di uso semplice; RAGIONE_SOCIALE di sorveglianza degli accessi e controllo della regolarità del titolo di accesso; regolamentazione del flusso del pubblico fornendo le opportune informazioni operazioni di prelievo, partecipando alla distribuzione e ricollocazione di materiale bibliografico e archivistico; svolgimento, ove previsto, delle funzioni di casierato, con tutte le mansioni incluse nel relativo disciplinare con la fruizione dell’alloggio di servizio; svolgimento di tutte le RAGIONE_SOCIALE strumentali e complementari a quelle inerenti allo specifico profilo. 7.2. Tra i profili professionali con fascia retributiva di accesso F2 vi è quello di «assistente alla fruizione, accoglienza, vigilanza». Nella declaratoria contrattuale delle mansioni, riportata integralmente nella sentenza di appello, tra le altre sono indicate le seguenti mansioni: ‘RAGIONE_SOCIALE di vigilanza e custodia dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei luoghi assegnati (musei, monumenti, aree archeologiche, biblioteche,
immobili, RAGIONE_SOCIALE ed impianti), con la redazione, la custodia e la trasmissione, anche con mezzi informatici, della documentazione di servizio, dei rapporti, delle segnalazioni, con la consegna delle chiavi di accesso ai locali e agli impianti al personale subentrante o al responsabile indicato; RAGIONE_SOCIALE di regolazione degli accessi e vigilanza sui comportamenti del pubblico secondo i regolamenti e disposizioni di servizio’ (…) ‘RAGIONE_SOCIALE di salvaguardia degli edifici e del loro contenuto (security) e di sicurezza dei fruitori e del personale interno (safety), utilizzando anche apparecchiature complesse e sistemi tecnologicamente avanzati di controllo, anche a distanza, con la verifica, secondo i previsti protocolli, degli standard di sicurezza ambientale e stru tturale, in base alla normative vigenti’. 8. In ragione dell’esame delle declaratorie contrattuali e dell’accertamento di fatto sulle RAGIONE_SOCIALE svolte in concreto, la Corte d’Appello ha affermato che le mansioni svolte dai lavoratori, per cui è causa, sopra richiamate nei ‘Fatti di causa’, come accertate dal Tribunale, fossero prive di quella qualificazione richiesta dal profilo professionale di appartenenza ed esulassero dallo stesso, attenendo al profilo professionale di ‘operatore’, e da ciò ha fatto disc endere la sussistenza del prospettato demansionamento. 9. Tale statuizione è erronea perché la declaratoria delle mansioni del profilo professionale ‘assistente alla fruizione accoglienza e vigilanza’, prevede RAGIONE_SOCIALE di vigilanza e custodia dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei musei, monumenti, aree archeologiche, biblioteche, immobili, RAGIONE_SOCIALE e impianti, in cui possono essere sussunte anche quelle accertate dal Tribunale (giova ribadirlo: ‘prendono in consegna la sala assegnata, verificano l’integrità delle opere esposte, degli ambienti e degli impianti, comunicando rispettivi responsabili, eventuali danni o malfunzionamenti, sorvegliano le opere e controllano il comportamento dei visitatori, sorvegliano gli accessi e alcune vie d’uscita, l’apertura e la chiusura di alcu ni locali, assistono i visitatori, in particolare disabili, nell’utilizzo degli ascensori, sorvegliano
l’edificio con apertura e chiusura dei locali, regolano il flusso dei visitatori’), che come si evince dal controricorso venivano effettuate dai lavoratori presso la sede museale della Galleria degli Uffizi (si cfr., in particolare pag. 19 del controricorso). 9.1. Va ricordato in proposito come la nozione di bene culturale è prevista dal legislatore (art. 2 del d.lgs. n. 42 del 2004): ‘sono RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà’, e ha una sua precisa connotazione rispetto a quella di ‘bene dell’Amministrazione’, oggetto di ‘vigilanza e custodia’ da parte degli ‘operatori’.1 0. Tanto premesso, si osserva che l’assegnazione non in via esclusiva di alcune mansioni del profilo professionale di appartenenza rispetto ad altre, come riconosciuto dalla stessa Corte d’Appe llo nel richiamare l’accordo dell’aprile 2011, non integra demansionamento, atteso l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui in ipotesi di esercizio dello ius variandi nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego privatizzato, il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 52, assegna rilievo al solo criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, da valutarsi con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, prescindendo dagli specifici contenuti professionali e comunque dal rilievo gerarchico e funzionale che implicavano quelle di provenienza, senza che il giudice possa, dunque, sindacare sotto tale profilo la natura equivalente della mansione assegnata, non trovando applicazione la norma generale di cui all’art. 2103, cod. civ. (ex aliis, v. Cass., n. 22026 del 2022 e giurisprudenza ivi richiamata).Né nella specie è stata accertata in concreto una sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nell’ambito del pubblico impiego, atteso che, come si è accennato, la stessa Corte d’Appello richiama l’accordo dell’aprile 2011 sulla turnazione nelle mansioni del profilo di
appartenenza di assistente (si v., Cass., n. 11499 del 2022). 11. La Corte d’Appello, inoltre, non ha tenuto conto del nuovo sistema di classificazione in Aree e dei principi affermati in ordine allo stesso dalla giurisprudenza di legittimità, che confermano il principio da ultimo richiamato. Come già posto in evidenza dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 29624 del 2019, n. 33141 del 2019, 21485 del 2020), la previsione del nuovo inquadramento in aree funzionali, al cui interno la progressione economica è regolata esclusivamente sulla base di fasce di merito (art. 52, comma 1-bis), in una con la persistente previsione per cui i trattamenti economici (che come è normale sono scanditi sulla base della tipologia del lavoro svolto) sono definiti dalla contrattazione collettiva (art. 45, comma 1) e soprattutto con la generale competenza di tale contrattazione rispetto alla disciplina del rapporto di lavoro (art. 40, comma 1), realizza, con tutta evidenza, una forma di ampia flessibilità del lavoro esigibile, la cui definizione in sede di trattative collettive è ritenuta dal legislatore tale da assicurare il raggiungimento di equilibri tra flessibilità, costi, incentivi e tutela della professionalità cui inevitabilmente deve tendere una regolazione «secondo disposizioni di legge» al fine di assicurare il «buon andamento» (art. 97 Cost.) della P.A., e ciò non irrazionalmente proprio per la naturale idoneità dell’ambito sindacale a consentire di determinare i possibili bilanciamenti tra i contrapposti interessi. Il CCNL 14 settembre 2007 ha ridisegnato il sistema di classificazione del personale in Aree di inquadramento, nelle quali sono confluite le ex posizioni economiche, e al fine di realizzare l’obiettivo della massima flessibilità nella gestione delle risorse umane ha previsto che le aree «corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di RAGIONE_SOCIALE lavorative» (art. 6, comma 2, CCNL 14 settembre 2007, 2006-2009, Comparto Ministeri) con la conseguenza che «ogni dipendente è tenuto a svolgere le mansioni considerate professionalmente
equivalenti all’interno dell’area, fatte salve quelle per il cui espletamento siano richieste specifiche abilitazioni professionali» (art. 6, comma 5, CCNL 2006-2009 Comparto Ministeri). 12. In ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso non è lu ogo al risarcimento del danno, la cui statuizione di appello ha costituito oggetto del secondo motivo di ricorso, che va accolto.».
Nella memoria ex art.380 bis.1 cod. proc. civ. i controricorrenti chiedono in via principale alla Corte di rivedere l’orientamento delle ordinanze nn.1665/2024 e 19990/2024, per le puntuali ragioni ivi spiegate.
Ritiene la Corte che le questioni sollevate siano sovrapponibili a quelle già delibate da Cass. 1669/2024, sopra richiamata per esteso, ed in parte anche da Cass. 19990/2024. Non vi sono pertanto ragioni sufficienti per determinare un mutamento dell’or ientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Nella stessa memoria i controricorrenti hanno chiesto alla Corte, in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art.52 d.lgs. n.165/2001, per violazione dell’art.97 Cost. oltre che delle disposizioni della Carta sociale europea quale parametro interposto dell’art.117 comma primo Cost..
La questione è manifestamente infondata, ex art.23 legge n.87/1953.
Con riferimento al paventato contrasto con l’art.97 Cost., giova richiamare l’interpretazione della disposizione sospetta di incostituzionalità -e dunque: la norma giuridica -compiuta dalle ordinanze sopra richiamate, ed in particolare dalla interpretazione di sistema compiuta da Cass. 19990/2024.
All’esito di tale ricostruzione deve ritenersi che l’art.52 d.lgs. 165/2001, così come interpretato da Cass. 1669/2024 e Cass. 1665/2024 sia funzionale proprio al perseguimento del principio del buon andamento dell’azione amministrativa, ex art.97 comm a primo Cost., in quanto espressione dell’obiettivo di massima flessibilità nella gestione delle risorse umane, ed al tempo stesso della necessità del superamento dell’eccessiva parcellizzazione del sistema di classificazione del personale antecedente al C.C.N.L. del 2007, in ragione dell’affermata omogeneità delle competenze, conoscenze e capacità richieste per l’inquadramento in ciascuna area.
Deve dunque ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in parte qua dai controricorrenti, perché la necessità di una interpretazione dell’art.52 d.lgs. 165/2001 costituzionalmente orientata al principio di buon andamento della azione amministrativa conduce necessariamente alla norma giuridica divisata da Cass. 1669/2024 e Cass. 1665/2024.
E’ manifestamente infondata anche la questione relativa al contrasto con l’art.117 comma primo Cost., avuto riguardo al parametro interposto della Carta sociale europea.
La Carta sociale europea (riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996 e ratificata con legge n.30/1999) può costituire parametro interposto nei termini prospettati dai controricorrenti (cfr. Corte Cost., 26/09/2018, n.194).
Tuttavia il riferimento al lavoro «liberamente intrapreso» -di cui alla Parte I, § 1 ed all’art.1 § 2 della Parte II della Carta deve interpretarsi solo nel senso del divieto del lavoro forzato o del lavoro coattivo. Non può invece intendersi quale riconoscimento del diritto
a svolgere una RAGIONE_SOCIALE lavorativa gradita al lavoratore, conforme ai suoi desideri ed alle sue aspettative.
Per questi motivi deve accogliersi il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata.
Sussistono i presupposti previsti dall’art.384 cod. proc. civ. per la decisione della causa nel merito, non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto.
Facendo applicazione dei principi di diritto sopra formulati si deve ritenere che le pretese ab origine azionate dai controricorrenti siano infondate e pertanto devono essere rigettate.
L’orientamento giurisprudenziale sfa vorevole ai controricorrenti si è consolidato solo dopo la proposizione del ricorso per cassazione e del deposito del controricorso. Ritiene la Corte che ciò sia ragione sufficiente per la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, con assorbimento del secondo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta tutte le domande originarie dei controricorrenti. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 25/09/2024