Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4068 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4068 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28822-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE I PAGAMENTI IN RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 576/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/03/2020 R.G.N. 1218/2016;
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.28822/2020
COGNOME
Rep.
Ud.08/01/2025
CC
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
che, con sentenza del 16 marzo 2020, la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione resa dal Tribunale di Venezia e rigettava le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del decreto n. 49/2013 e di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti che nell’attribuire gli incarichi di posizione organizzativa aveva pretermesso gli istanti -il COGNOME, esperto tecnico di categoria D5 titolare di P.O. dal 2004 al 2013 e responsabile vicario dell’Agenzia datrice, il COGNOME, dipendente della Regione Veneto dal 1979, specialista tecnico di categoria D4, dal 2003 responsabile informatico dell’Agenzia e dal 2004 anc he lui responsabile vicario della stessa, trasferito nei ruoli dell’Agenzia con incarico di responsabile della ‘Funzione vitivinicolo’ e con compiti di coordinamento della Macrofunzione OCM Produzioni vegetali -, l’accertamento del demansionamento subito anche rispetto alla categoria rivestita ed il conseguente danno patrimoniale e non patrimoniale, la disapplicazione del decreto e la condanna dell’Agenzia a reintegrare gli istanti nelle mansioni di cui al livello posseduto e riferite alla professionalità acquisita, anche con attribuzione di P.O. di fascia A o di fascia B;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’appello proposto dagli istanti ammissibile ma infondato nel merito dovendo valutarsi, in difetto della mancata richiesta di rinnovo della procedura selettiva che si assume viziata e del risarcimento del danno da perdita di chance, carente di interesse la domanda di annullamento del decreto di conferimento delle P.O., non comportando ciò l’attribuzione di
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quegli incarichi agli istanti, inconfigurabile il lamentato demansionamento in relazione al mancato rinnovo dell’attribuzione della P.O. non integrando la violazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 e comunque, non ravvisabile alla luce dell’espletata istru ttoria, confermativa dello svolgimento da parte degli istanti di mansioni proprie della categoria di appartenenza a prescindere dall’espletamento dell’incarico di P.O., in ogni caso correttamente espletata la procedura comparativa, omessa solo nei confronti degli istanti, i quali, tuttavia, non dando conto delle ragioni di una diversa scelta e non denunciando la violazione dei criteri di correttezza e buona fede, non consentono alla Corte medesima la verifica della legittimità di tale omissione;
che per la cassazione di tale decisione ricorrono gli originari istanti, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, l’AVEPA;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1218 e 1375 c.c., 8 e 9 del CCNL per il comparto Regioni e Autonomie Locali e 97 Cost., imputano alla Corte di aver erroneamente ritenuto assolto da parte dell’AVEPA l’onere probatorio in ordi ne all’avvenuto espletamento della procedura comparativa prevista ai fini dell’attribuzione delle P.O. sulla base di documentazione (il verbale relativo allo svolgimento della procedura) che si limita a dichiarare che si è proceduto in tal senso senza dar conto delle operazioni a tal fine compiute e degli esiti valutativi;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., i ricorrenti ribadiscono la medesima censura in merito all’erronea valutazione da parte della Corte territoriale della valenza
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probatoria della documentazione di cui al motivo che precede, richiamando la pronunzia del Tribunale di Rovigo che quella procedura aveva dichiarato illegittima per difetto della comparazione;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2907 c.c. e 99 c.p.c., i ricorrenti lamentano a carico della Corte territoriale di aver erroneamente ritenuto l’inammissibilità della domanda volta all’accertamento dell’illegittimità della procedura di conferimento delle P.O. trattandosi di domanda di mero accertamento contemplata dal nostro ordinamento per di più funzionale all’accertamento ulteriormente richiesto quanto al patito demansionamento ed alla conseguente pretesa risarcitoria;
che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. è prospettata con riferimento alla mancata esplicitazione da parte della Corte territoriale, limitatasi a riprodurre senza argomentarne le ragioni le conclusioni del primo giudice, dell’iter logico -giuridico posto a base della motivazione che si rivela pertanto meramente apparente con conseguente nullità dell’impugnata sentenza;
che, con il quinto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, anche in relazione alla declaratoria del livello D di cui all’allegato A al CCNL di comparto 31.3.1999 lamentando a carico della Corte territoriale di aver pronunciato in punto di demansionamento sulla base di quanto a riguardo deciso dal primo giudice senza procedere ad una verifica sulla base del parametro dato dalla declaratoria contrattuale;
che i primi due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, risolvendosi le censure sollevate dai ricorrenti
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nella mera confutazione della valutazione operata dalla Corte territoriale, nel suo discrezionale apprezzamento del materiale istruttorio, circa la valenza probatoria del verbale riepilogativo della procedura di conferimento delle P.O., del resto irritualmente impugnato senza riferimento alcuno alla violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e, comunque, congruamente valorizzato dalla Corte territoriale avendo questa considerato la decisività di tale documento ai fini della riforma in grado di appello della pronunzia del Tribunale di Rovigo dichiarativa dell’illegittimità della procedura in questione, ancora in questa sede invocata dal ricorrente a sostegno della formulata censura;
che conseguentemente infondato risulta il terzo motivo, avendo la Corte territoriale, alla luce di quanto sopra rilevato, puntualmente vagliato e correttamente rigettato la domanda di accertamento della illegittimità della procedura comparativa prevista ai fini del conferimento delle P.O.;
che parimenti infondato deve ritenersi il quarto motivo, ampiamente riflettendo la motivazione dell’impugnata sentenza il percorso valutativo seguito dalla Corte territoriale per quel che riguarda la pronunzia relativa sia, stante quanto sopra rilevato, alla piena legittimità della procedura comparativa, sia all’inconfigurabilità del lamentato demansionamento sotto il duplice profilo dell’inconferenza su tale piano del mancato rinnovo della P.O. e della non ravvisabilità in relazione all’accertato impiego d ei ricorrenti in mansioni coerenti con l’inquadramento posseduto nel livello D;
che, di contro, nuovamente inammissibile si appalesa il quinto motivo sostanziandosi la censura mossa ancora una volta nella confutazione della valutazione del materiale istruttorio operata dalla Corte territoriale, valutazione rimessa alla discrezionalità del giudice del merito, che, non concretandosi per quanto sopra
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detto in una motivazione meramente apparente, non è sindacabile in questa sede;
che il ricorso va dunque rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 gennaio 2025
La Presidente (NOME COGNOME