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Demansionamento PA: limiti allo ius variandi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1669/2024, ha chiarito i contorni del demansionamento PA. Ha stabilito che non sussiste demansionamento se a un dipendente pubblico vengono assegnate mansioni che, pur appartenendo anche a un profilo inferiore, sono ricomprese nella medesima Area contrattuale del suo inquadramento. La Corte ha valorizzato il criterio dell’equivalenza formale, confermando l’ampia flessibilità gestionale (ius variandi) del datore di lavoro pubblico all’interno della stessa Area di classificazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Demansionamento PA: quando le mansioni sono equivalenti?

Il tema del demansionamento PA è cruciale nel diritto del lavoro pubblico, poiché tocca l’equilibrio tra la tutela della professionalità del dipendente e le esigenze di flessibilità dell’Amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sui limiti del cosiddetto ius variandi, ovvero il potere del datore di lavoro di modificare le mansioni dei propri dipendenti. La pronuncia stabilisce che l’assegnazione di compiti ricompresi nella stessa Area di inquadramento contrattuale non costituisce demansionamento, anche se tali compiti sono previsti anche per profili professionali inferiori.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal ricorso di un gruppo di dipendenti di un’importante istituzione museale, inquadrati come “assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza” (Area II, fascia economica F3). I lavoratori lamentavano di essere stati adibiti in via quasi esclusiva a mansioni di mera sorveglianza e custodia, quali il controllo delle sale, la gestione del flusso dei visitatori e l’apertura/chiusura dei locali. A loro avviso, tali attività erano proprie del profilo professionale inferiore di “operatore alla custodia, vigilanza ed accoglienza” (fascia F1), configurando così un illecito demansionamento.

Il Percorso Giudiziario

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori. I giudici di merito avevano ritenuto che le mansioni concretamente svolte fossero prive della qualificazione richiesta dal profilo di appartenenza degli assistenti, condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno da dequalificazione professionale. La Corte d’Appello, in particolare, aveva sottolineato come le due figure professionali si differenziassero per i compiti e per il diverso titolo di studio richiesto, concludendo per la sussistenza del demansionamento.

Analisi del demansionamento PA secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione del sistema di classificazione del personale nel pubblico impiego, così come riformato dalla contrattazione collettiva. Secondo i giudici, il sistema è articolato in “Aree” che raggruppano profili professionali con competenze, conoscenze e capacità omogenee. All’interno della stessa Area, le mansioni sono considerate professionalmente equivalenti.

Questo principio di “equivalenza formale”, sancito dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, implica che il datore di lavoro pubblico può legittimamente adibire il dipendente a una qualsiasi delle mansioni previste per l’Area di appartenenza, senza che ciò configuri demansionamento PA. La scelta di assegnare determinate mansioni piuttosto che altre rientra nel perimetro della discrezionalità gestionale del datore di lavoro.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la declaratoria contrattuale del profilo di “assistente” prevedeva espressamente attività di vigilanza e custodia dei beni culturali. Sebbene queste attività fossero comuni anche al profilo inferiore di “operatore”, esse rientravano a pieno titolo nel bagaglio professionale degli assistenti. La Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro non ha l’obbligo di assegnare al lavoratore tutte le mansioni del suo profilo, ma può legittimamente assegnarne solo alcune, purché ricomprese nell’Area di inquadramento. L’orientamento consolidato della Corte afferma che nel pubblico impiego privatizzato, a differenza del settore privato, non si applica il criterio della equivalenza sostanziale (art. 2103 c.c.), ma quello dell’equivalenza formale basata sulla classificazione del CCNL. Di conseguenza, il giudice non può sindacare la natura della mansione assegnata se questa rientra nell’Area di appartenenza del lavoratore. La Corte ha ritenuto erronea la statuizione dei giudici di merito perché non avevano tenuto conto del nuovo sistema di classificazione in Aree e dei principi di flessibilità che lo governano.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: l’ampia flessibilità del datore di lavoro nell’utilizzo del personale all’interno della medesima Area contrattuale. La pronuncia stabilisce un chiaro discrimine: non si può parlare di demansionamento se le mansioni, per quanto semplici o ripetitive, sono formalmente previste come equivalenti dal contratto collettivo per l’Area di inquadramento. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, limitando la possibilità per i dipendenti pubblici di contestare l’assegnazione di compiti ritenuti meno qualificanti, a condizione che questi rientrino nel perimetro definito dalla contrattazione collettiva per la loro Area di appartenenza.

È considerato demansionamento PA se un dipendente pubblico svolge solo alcune delle mansioni previste dal suo profilo, pur essendo queste ricomprese anche in un profilo inferiore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non si configura demansionamento se le mansioni assegnate, anche se comuni a un profilo inferiore, sono comunque incluse nel perimetro del profilo professionale di appartenenza e, soprattutto, rientrano nella medesima Area contrattuale, dove vige un principio di equivalenza formale.

Come si valuta l’equivalenza delle mansioni nel pubblico impiego privatizzato?
Nel pubblico impiego privatizzato, l’equivalenza delle mansioni si valuta sulla base di un criterio di “equivalenza formale”. Ciò significa che sono considerate equivalenti tutte le mansioni che rientrano nella stessa Area di classificazione definita dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), a prescindere dal loro contenuto professionale specifico.

Il datore di lavoro pubblico è obbligato ad assegnare a un lavoratore tutte le mansioni del suo profilo professionale?
No. Il datore di lavoro pubblico non è obbligato ad adibire il lavoratore a tutte le mansioni previste dal suo profilo. Rientra nel suo potere gestionale assegnare solo alcune di queste mansioni, purché siano ricomprese nell’Area di appartenenza, senza che ciò costituisca demansionamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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